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Autore: Abby_da_Edoras    29/06/2019    5 recensioni
Con questa long fic vado a infastidire anche la prima stagione della serie TV "I Medici", ma per un buon motivo: come sempre, salvare la vita ai personaggi che mi sono piaciuti e, anche in questo caso, uso la tecnica della leggerezza, della parodia, e inserisco un personaggio originale, Giovanni Uberti, il cui prestavolto è l'attore che interpreta Jeremy Gilbert in The Vampire Diaries (non c'entra niente, ma mi piaceva!). Dunque, Giovanni arriva a Firenze per motivi tutti suoi, personali e familiari, e si troverà suo malgrado proprio nel bel mezzo delle lotte intestine tra Medici e Albizzi. Nonostante all'inizio non voglia assolutamente farsi coinvolgere, poi si troverà fin troppo coinvolto! E sarà lieto fine per tutti, perché io scrivo per questo.
Voglio mettere in chiaro che in questa storia mi ispiro esclusivamente alla serie TV e che non voglio minimamente arrecare offesa a qualunque personaggio storico venga nominato. Per le parti relative agli Uberti e alla loro storia, mi ispiro al romanzo "Il Cavaliere del giglio" di Carla Maria Russo.
Non scrivo a scopo di lucro e personaggi e situazioni appartengono a autori, registi e produttori della serie TV "I
Genere: Angst, Commedia, Parodia | Stato: completa
Tipo di coppia: Slash | Personaggi: Altri, Nuovo personaggio
Note: AU, What if? | Avvertimenti: nessuno
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- Questa storia fa parte della serie 'Medici Abby's Version'
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Capitolo sesto

 

Ma cambiami tu, ci riesci di più
Di tutte le parole della gente
Sei la cosa più bella e importante che ho
Non ne devi abusare però

La differenza sostanziale
È che con te mi sento di nuovo bene
Ogni giorno di più è il potere che hai tu
Di accendere e riequilibrare
La conseguenza naturale
È che non c’è più niente che mi trattiene
La seconda metà, sei la mia libertà
Ma il fatto è che non può bastare
Se non so più amare.

(“Non so più amare” – Marco Carta)

 

A Palazzo Medici regnavano davvero la confusione, la rabbia e la disperazione e Giovanni si recò subito da Piero e Lucrezia che, oltre a questo, avevano anche dovuto superare la perdita del bambino che la ragazza aspettava.

Giovanni abbracciò gli amici.

“Piero, Lucrezia, mi dispiace veramente tanto per il vostro bambino” disse loro, “ma non voglio che a questo dolore dobbiate aggiungere anche la preoccupazione per Messer Cosimo. Non ci sono prove della sua colpevolezza, l’arresto è stata una totale assurdità e il Gonfaloniere Guadagni è un uomo saggio, farà liberare Messer Cosimo il prima possibile, ne sono convinto.”

Nel frattempo era arrivato anche Lorenzo. Anche lui abbracciò Giovanni, ma con molto meno ottimismo dipinto in volto.

“Non ne sarei così sicuro. Albizzi ha convocato l’assemblea della Signoria per questo pomeriggio per presentare le accuse contro Cosimo” spiegò in tono cupo.

“Messer Albizzi le cose se le sogna la notte, a quanto pare, e poi le condivide con chiunque voglia starlo a sentire” ribatté il ragazzo, ancora irritato. “Tuttavia non ha alcuna prova, si farà soltanto ridere dietro. Firenze ama Messer Cosimo e non certo lui!”

Lorenzo scosse il capo, ancora poco convinto. Ma anche Giovanni, in realtà, non era così sicuro di ciò che affermava. La storia della sua famiglia gli aveva insegnato fin troppo bene che non c’era affatto bisogno di prove se gli accusatori riuscivano ad avere dalla loro parte la maggioranza delle famiglie, anche tramite menzogne, inganni e corruzione. Così era andata per gli Uberti…

Era talmente disilluso (e forse non soltanto per l’arresto di Cosimo…) che quel pomeriggio non volle nemmeno partecipare alla prima arringa di Albizzi contro il Medici, al Palazzo dei Priori. Quando Lorenzo e Piero tornarono, non sembravano molto ottimisti, tuttavia il giovane Medici era agguerrito, aveva tirato fuori tutto il suo carattere e si dichiarò disposto a fare di tutto per cercare delle prove che scagionassero suo padre.

“Se vuoi posso aiutarti” si offrì Giovanni, “dimmi cosa devo fare.”

“In realtà c’è un altro modo in cui puoi cercare di aiutare mio fratello e questo puoi farlo soltanto tu” intervenne Lorenzo. “Cosimo mi ha raccontato che Albizzi sta sviluppando una certa qual simpatia per te in qualche suo modo contorto, so che sei stato al suo palazzo, che ti parla spesso… Forse potresti aiutare Cosimo proprio tentando di convincere Albizzi a desistere dal suo proposito. Io ci credo poco, quel mascalzone non si lascerà persuadere tanto facilmente, ma non si sa mai, no? E’ comunque un’altra strada. Ognuno di noi proverà a portare a termine il suo compito e, in questo modo, avremo più possibilità di liberare Cosimo.”

Evidentemente Lorenzo non era al corrente degli ultimi sviluppi e del fatto che Giovanni non intendesse più rivolgere la parola a Rinaldo Albizzi perlomeno fino al Giorno del Giudizio Universale… Ma in ballo c’era la vita di Cosimo e Giovanni non era un egoista. Trasse un sospiro e cedette.

“Va bene, Messer Lorenzo, proverò a parlare con Messer Albizzi, ma non fatevi illusioni e continuate ad agire su altri fronti perché io sono sicuro che questo metodo non funzionerà mai.”

La mattina successiva era prevista la seconda arringa di Rinaldo Albizzi contro Cosimo de’ Medici e, questa volta, Giovanni seguì Lorenzo e Piero al Palazzo dei Priori per assistere… e per dire la sua. Sì, beh, il ragazzo aveva pensato a un modo tutto suo per respingere le accuse di Albizzi a Cosimo senza doversi esporre più di tanto con lui…

Albizzi quel giorno diede il meglio di sé (o il peggio, a seconda di come lo si voglia vedere). Aveva fatto portare al Palazzo dei Priori perfino la statua del David di Donatello come reperto A o qualunque cosa pensava che fosse, ed era talmente infervorato da proporre addirittura tre capi d’accusa. Forse Giovanni aveva ragione e lui veramente se le sognava la notte!

La povera statua del David venne esibita come prova della corruzione e immoralità di Cosimo che, di conseguenza, stava inquinando le tradizioni di Firenze e la coscienza dei bravi cittadini.

“Questa scultura è un’oscenità” pontificava Albizzi, dimostrando ancora una volta che il suo gusto artistico era pari a zero… “Il David è il simbolo di Firenze, ma qui è stato rappresentato come un ragazzino effeminato che può soltanto indurre pensieri lascivi nelle menti delle persone. Cosimo è un perverso corruttore dei costumi della nostra città!”

La seconda accusa era, come ovvio, quella di usura, la più cara e sentita da Albizzi! Cosimo venne accusato di essersi arricchito estorcendo denaro con gli interessi a povera gente e perfino ad un convento. Cosimo era dunque anche un imbroglione, un ladro e un usuraio (già sentita…).

La terza accusa, però, fu la perla della giornata.

“C’è però una cosa ancora più grave di queste” dichiarò l’uomo in tono ispirato, facendo pure una pausa a effetto per attirare ancora di più l’attenzione. “Cosimo de’ Medici ha ostentato grande generosità verso gli ammalati di peste durante l’epidemia, ma il suo vero scopo era molto più losco: lui vuole conquistare il popolo per poi tentare un colpo di Stato, distruggere la Signoria e diventare l’unico tiranno, padrone incontrastato di Firenze. E questo, signori miei, si chiama alto tradimento e deve essere punito con la pena di morte!”

Cosimo ascoltava le accuse, allibito. Invece Lorenzo non poté più trattenersi e interruppe la tirata di Albizzi.

“E voi, invece, Messer Albizzi, che cosa avete fatto durante l’epidemia di peste?” domandò.

“Ecco Lorenzo de’ Medici che tenta di difendere suo fratello, ma le sue parole non serviranno a niente” replicò Albizzi, sarcastico, per poi affondare il capolavoro della giornata. “Non sono io sotto processo. Io sono solo un onesto cittadino che ama Firenze e vuole il bene della città. Io non sono il padrone di Firenze, io ne sono l’umile servitore!”

Parliamoci chiaro, ma quello credeva davvero di convincere qualcuno con questa stronzata? Ci sarebbe stato da ridere, se non fosse stato da piangere, e anche il Gonfaloniere fece una faccia che sembrava voler dire ci mancava solo il povero martire

Nei pochi istanti che seguirono questa sparata, mentre Albizzi teneva ancora la mano sul cuore e il capo chino e tutti aspettavano in silenzio, risuonò un applauso ostentato e una vocetta scanzonata e ironica spezzò l’incantesimo.

“Bravo, bravo, bravissimo, che grande interpretazione, Messer Albizzi!” fece Giovanni, applaudendo e sorridendo. “Avete sbagliato mestiere, lo sapete? Sareste stato un grandissimo attore, mi sono quasi commosso! E probabilmente la vostra grande esibizione ha impedito al Signor Gonfaloniere e ai Messeri qui presenti di rendersi conto di quanto ogni vostra accusa si possa ritorcere contro di voi con una facilità irrisoria.”

L’intervento di Giovanni fu talmente spiazzante da impedire a chiunque una reazione. Lo stesso Albizzi restò interdetto e, con la sua esitazione, diede modo al ragazzo di procedere con la sua esposizione. Del resto, gli altri Priori e Messeri si guardavano allibiti e Lorenzo si voltò verso Piero, che continuava a prendere appunti, come a voler dire che forse far intervenire Giovanni non era stata poi quella bella pensata…

Il Gonfaloniere Guadagni, invece, sembrava compiaciuto: ultimamente, grazie a quel ragazzino imprevedibile, le assemblee della Signoria erano diventate molto più movimentate ed era curioso di sentire cosa avrebbe detto stavolta.

“Tu non puoi parlare, non hai un seggio nella Signoria e non hai alcun diritto di oltraggiarmi pubblicamente in questo modo!” reagì infine Albizzi, ma era troppo tardi.

“Invece lo ascolteremo tutti, Messer Albizzi. Abbiamo stabilito già la volta scorsa che il giovane è un discendente degli Uberti e, come tale, ha pieno diritto di parlare in questa assemblea in difesa di Messer Cosimo, se così desidera” tagliò corto il Gonfaloniere.

“Vi ringrazio, Signor Gonfaloniere” disse Giovanni prima di iniziare, sempre molto divertito. “Bene, cominciamo da quella povera statua che non vi ha fatto niente e che voi, Messer Albizzi, avete preso in antipatia proprio come avete fatto con la cupola.”

Qui qualche risatina soffocata si fece sentire tra i Priori, con grande dispetto di Albizzi.

“E’ vero, questa statua rappresenta David come un ragazzino, ma vedete… ecco, se voi aveste letto veramente la Bibbia, invece di usarla come vostro scudo senza conoscerla nemmeno, sapreste che David era, in effetti, solo un fanciullo quando affrontò Golia. L’episodio della Bibbia mette bene in risalto il fatto che il profeta Samuele, quando fu mandato da Dio a scegliere un campione da opporre al gigante, fu il primo a restare stupito, perché Dio non scelse uno dei fratelli maggiori, grandi e forti, bensì il pastorello David, un ragazzino dall’aspetto fragile” spiegò il giovane, e la sua precisazione, così dettagliata, attrasse l’attenzione anche dei più scettici. “Perciò io trovo che la statua rappresenti perfettamente il vero David così com’è descritto nella Sacra Scrittura. Quanto al fatto che questa rappresentazione ispiri pensieri lascivi nella gente… beh, per me non è così e non credo che sia così nemmeno per la maggior parte dei presenti.”

Ovviamente tutti si affrettarono a negare…

“Bene, dunque, se questa statua di un David giovane e apparentemente debole induce pensieri osceni in voi, Messer Albizzi… oserei dire che questo è piuttosto un problema vostro e non della statua, non vi pare?” e con questa allusione Giovanni vendicò su due piedi l’offesa ricevuta due giorni prima dall’uomo, di essersi venduto a lui. Ora, se non altro, erano pari.

Dall’assemblea della Signoria si levarono grandi risate, anche il Gonfaloniere dovette farsi notevole violenza per smettere di sghignazzare e cercare di riportare l’ordine e perfino a Cosimo scappò un sorriso. Decisamente non aveva sbagliato a puntare su quel ragazzo, comunque fosse finita quella brutta storia…

“In quanto al fatto che Messer Cosimo abbia praticato l’usura… beh, io forse non avrei osato toccare l’argomento” riprese Giovanni, quando le risate si furono placate. “Dimenticate forse, Messer Albizzi, che voi stesso avete dichiarato pubblicamente che avreste sfamato e pagato chiunque avesse lavorato per distruggere la cupola? Credo che vi abbia sentito tutta Firenze. E sono certo che molti qui presenti potrebbero testimoniare di aver ricevuto da voi l’offerta di una posizione di prestigio o terre o qualsiasi altra cosa purché avessero votato contro Messer Cosimo. Io questa la chiamo corruzione… o forse la Signoria fiorentina le dà un altro nome?”

Qui le sghignazzate si fecero più forti, ma diversi tra i sostenitori di Albizzi, e qualcuno anche tra quelli di Cosimo, abbassarono lo sguardo, segno che le offerte le avevano ricevute eccome!

“Infine, come dimenticare la vostra magistrale interpretazione di umiltà quando vi siete dichiarato servitore di Firenze e al contempo avete accusato Messer Cosimo di volersi fare tiranno. Veramente commovente, ve l’ho detto, come attore avreste un futuro garantito. Peccato che siate tanto teatrale quanto ipocrita, perché le voci che corrono dicono che in realtà siete proprio voi che state organizzando una Signoria tutta nuova, con voi stesso a capo e i vostri alleati come consiglieri. E’ per questo e solo per questo che state cercando di eliminare Messer Cosimo” concluse Giovanni. “Le vostre accuse non stanno in piedi, perché voi stesso potreste essere accusato delle medesime colpe. Cosa ne dite di questo, Messer Albizzi?”

Albizzi avrebbe avuto parecchie cose da dire, ma sarebbero state principalmente parolacce. Così fece uno sforzo per dominarsi e per non mostrare quanto le parole di Giovanni avessero colpito nel segno, indossò di nuovo la sua maschera imperturbabile e si rivolse al Gonfaloniere e ai Priori come un agnello innocente mandato al massacro.

“Signori, dovremo stare ad ascoltare ancora per molto le parole di un ragazzino che non ha nemmeno un seggio nella Signoria eppure osa comunque scagliare accuse contro uno dei suoi membri più nobili ed eminenti?” esclamò, fingendosi scandalizzato. “Signor Gonfaloniere, chiedo che non si tenga conto alcuno della testimonianza di Messer Uberti, che non avrebbe dovuto nemmeno avere il permesso di prendere la parola.”

“Va bene, Messer Albizzi” acconsentì il Gonfaloniere, che si era già divertito abbastanza. “I membri della Signoria non tengano conto delle parole di Messer Uberti!”

Albizzi si rivolse a Giovanni.

“Nessuno terrà conto delle tue parole e delle tue ridicole accuse, ragazzino impudente” gli disse, trionfante.

“Molto bene, tuttavia le hanno sentite” replicò Giovanni, senza perdere il suo sorrisetto. Sì, forse i membri della Signoria avrebbero finto di non credere a ciò che aveva detto, magari molti di loro si erano già fatti corrompere da Albizzi, ma lui era soddisfatto: si era tolto diversi sassolini dalla scarpa e sentiva di aver fatto veramente quello che poteva per difendere Cosimo de’ Medici.

Il Gonfaloniere sciolse l’assemblea, le guardie riportarono Cosimo in cella e Giovanni seguì Lorenzo e Piero che uscivano dal Palazzo dei Priori.

“Hai parlato bene, Giovanni, però non era proprio questo l’aiuto che speravo da te” gli disse Lorenzo, perplesso. “Albizzi potrebbe inasprirsi ancora di più contro Cosimo e…”

Proprio in quel momento, Albizzi in persona piombò in mezzo al piccolo gruppetto, afferrò Giovanni per un braccio e lo strattonò via.

“Tu adesso vieni al mio palazzo, piccolo impertinente. Io e te dobbiamo fare una bella chiacchierata” ordinò, perentorio.

“Non dovremmo lasciarglielo portare via” protestò Piero.

“Non temere, sono certo che non gli farà alcun male” lo rassicurò Lorenzo. “Dopo le accuse all’assemblea, se a Giovanni succedesse qualcosa, Albizzi sarebbe il primo ad essere sospettato e lui non è certo così sciocco. Anzi, forse il nostro giovane amico riuscirà a trovare qualche altro suo punto debole che noi potremo usare per salvare Cosimo.”

Piero non era molto convinto, ma non poté far altro che accettare l’inevitabile e lasciare che Albizzi portasse di nuovo Giovanni al suo palazzo. In fondo lui aveva già abbastanza da fare per recuperare prove che potessero scagionare suo padre…

E Lorenzo de’ Medici aveva ragione: Albizzi era sì indignato per essere stato ridicolizzato alla Signoria, ma ciò che più gli bruciava era che Giovanni si fosse messo, di nuovo, apertamente contro di lui. Non aveva dimenticato quello che era successo tra loro, nel bene e nel male, e adesso si sentiva nuovamente tradito, come vent’anni prima… soltanto che, in questo caso, era consapevole di essersela cercata. Aveva oltraggiato lui Giovanni, lo aveva umiliato e adesso il ragazzo si era vendicato. Forse, dopo tanto tempo, non era più in grado di tenersi accanto le persone?

Rinaldo Albizzi sentiva che valeva la pena cercare di riportare Giovanni dalla sua parte e non solo per liberarsi di Cosimo, c’era anche qualcos’altro… non voleva perdere l’unica persona che, dopo tanti anni, gli aveva fatto pensare di potersi ancora aprire con qualcuno.

Lo avrebbe convinto. Doveva farlo.

Fine capitolo sesto

 

   
 
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