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Autore: Nana_13    30/06/2019    0 recensioni
"...Fa male. Un dolore lancinante mi attraversa tutto il corpo e mi sento quasi morire. Però devo resistere. Non posso permettere che lui mi scopra. Non ancora almeno. Devo dare il tempo agli altri di fuggire o il mio sacrificio non sarà servito a niente…"
Come promesso ecco il secondo capitolo della saga Bloody Castle. Claire, Juliet e Rachel hanno dovuto affrontare di tutto per salvarsi la vita. Una vita che ormai, è evidente, non è più quella di tre semplici liceali. Riusciranno a cavarsela anche questa volta? Non dovete fare altro che leggere per scoprirlo ;)
Genere: Angst, Romantico, Sovrannaturale | Stato: completa
Tipo di coppia: Het
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
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Capitolo 9 - 
Parte della famiglia­
 

Nella tranquillità offerta dalla tenda adibita a laboratorio, Laurenne stava preparando l’occorrente per praticare l’iniezione giornaliera a Jamaal, che aspettava seduto dietro di lei.

Dopo aver studiato i suoi atteggiamenti e la sua espressione pensierosa, Jamaal si decise a indagare. “C’è qualcosa che ti preoccupa?” le chiese pacato.

Laurenne si voltò, lanciandogli una rapida occhiata, mentre riempiva la siringa di liquido. “Non voglio appesantirti con altri problemi.”

Lui però non gettò la spugna e poggiò gli avambracci sul tavolo, come per farle capire che la stava ascoltando. “Avanti, sono qui per questo. Sai che è meglio non nascondermi niente.”

“Sono in pensiero per le ragazze.” confessò allora Laurenne con un sospiro. “Le ho lasciate che stavano litigando, anche se cercavano di gridare a voce bassa per non farsi sentire.”

Jamaal rifletté un istante sulle sue parole. “Pensi che abbia a che fare con la storia di Bran?” le chiese poi.

La sciamana annuì. “Sono in angoscia per i loro amici prigionieri e l’attesa le sta logorando. Hai ricevuto qualche notizia?”

“No. Il primo e ultimo falco è arrivato qualche ora dopo la partenza di Tareq, per informarmi che erano arrivati e che tutto era tranquillo, almeno per il momento. Poi più niente.” rispose, assumendo un’aria preoccupata. “Sono passati giorni da allora e c’è stato anche il plenilunio. Non voglio fare il pessimista, ma comincio a temere il peggio.”

I loro sguardi si incontrarono ed entrambi vi lessero la stessa ansia. Comunque, nessuno dei due aggiunse altro, preferendo tenere per sé i cattivi pensieri.
Quando la siringa fu pronta, gli fece scoprire la schiena, tamponando prima la parte interessata con dell’ovatta imbevuta di alcol. “Ecco. Ora non muoverti.” si raccomandò.

Mentre l’ago penetrava nella carne, Jamaal fece una smorfia di dolore.

“Ancora non ti ci sei abituato?” gli chiese, fingendo disappunto. “Un guerriero forte e valoroso come te?”
Ultimata l’operazione, lo lasciò a rivestirsi, mettendosi a sistemare gli attrezzi del mestiere.

“Ho il braccio tutto intorpidito.” si lamentò lui, stiracchiandosi.

Laurenne arricciò le labbra, riflettendoci un momento. “Hai fatto qualche sforzo di recente?”

In risposta Jamaal abbozzò un mezzo sorriso imbarazzato.

“Ma davvero?” intuì lei, alzando un sopracciglio.

“Sì, beh…Non ho mica fatto voto di castità.”

Quell’affermazione provocò l’ilarità della sciamana. “Certo, scusami. È solo che dopo quello che è successo pensavo non fossi ancora pronto per quel genere di cose. Comunque, mi fa piacere. Sono contenta per te.” concluse, rivolgendogli un sorriso caloroso.

Jamaal ricambiò, anche se era evidente quanto il ricordo del passato lo mettesse ancora a disagio. “Le perdite subite sono state un duro colpo, per tutti noi.” ammise malinconico, poggiandole la mano sul braccio in un gesto di conforto. Gli occhi della donna si fecero lucidi. “Ma penso che sia arrivato il momento di andare avanti. Anche perché da quel giorno le responsabilità mi sono arrivate tra capo e collo e in tutto questo non ho avuto la possibilità di conoscere qualcuno che mi facesse stare bene.”

“Fino ad oggi.” precisò Laurenne.

Jamaal ridacchiò. “Adesso non cominciare. Non sto per sposarmi…”

“E invece dovresti.” lo redarguì, assumendo un cipiglio severo. “Nelle tue condizioni hai bisogno di un erede, o quando non ci sarai più la tribù finirà in mano a qualche mahwus alharb.”

Cogliendo l’allusione, lui sospirò paziente, guardandola storto. “Tareq non è un maniaco della guerra. È solo…”

“Uno convinto che brandire una spada e tagliare teste sia la soluzione a qualunque problema.” continuò la sciamana, completando la frase.

A quel punto, Jamaal sollevò la mano, facendole segno di tacere. “Se può farti stare tranquilla, ho in mente un’alternativa.”

Lei lo guardò confusa; poi il ragionamento la portò pian piano a capire e il suo volto si fece serio. “Sei sicuro di volerlo fare? Molti potrebbero non vedere di buon occhio questa tua decisione.”

“Che parlino pure. Scegliere chi dovrà sostituirmi è un mio diritto e nessuno potrà impedirmi di decidere da me.” ribatté risoluto. “Anzi, ho intenzione di dare l’annuncio proprio stasera.”
 
-o-
 
Era arrivata l’estate a Bran e finalmente si poteva godere di temperature più miti e stare fuori fino a tardo pomeriggio. A Elizabeth quel periodo dell’anno piaceva in modo particolare, molto più dei gelidi inverni che era costretta a trascorrere tra le mura del castello. Chiuse gli occhi e si godette i caldi raggi del sole sul viso, mentre Nickolaij legava i cavalli al tronco di un salice nelle vicinanze.

In seguito lo vide sistemarsi sotto la sua ombra, al riparo dal caldo, e gli rivolse un’occhiata interrogativa.
“Non amo molto la luce del sole.” le rispose, senza alcun bisogno che lei parlasse; poi le fece segno di raggiungerlo.

Elizabeth inclinò il volto da un lato, guardandolo con aria eloquente. Riusciva già a sentire la voce di Margaret che la rimproverava per essersi sporcata gli abiti di terra, ma quando lo vide rivolgerle uno dei suoi sorrisi, ogni timore scomparve con la stessa velocità con cui era sorto e andò a sedersi accanto a lui.

Per un po’ rimasero entrambi in silenzio, circondati solo dal frinire dei grilli e dallo scorrere lento del fiume. I rami sfioravano il pelo dell’acqua, mossi da una lieve brezza che ne increspava appena la superficie.
C’era dell’altro però a catturare l’attenzione di Elizabeth. I raggi del sole che filtravano tra le fronde andavano a posarsi sui capelli ramati di Nickolaij, creando splendidi giochi di luce. Restò a fissarli rapita, finché lui, sentendosi osservato, si voltò a guardarla.

“Che c’è?” le chiese curioso.


Elizabeth arrossì. “Nulla.” si affrettò a dire, volgendo lo sguardo da un’altra parte.

Divertito dal suo imbarazzo, Nickolaij si abbandonò a una risata. “Non mentire. Mi stavi fissando, ammettilo.” la incalzò.

Il fatto che le desse del tu contribuiva a metterla a disagio, anche se ormai erano arrivati a quel livello di confidenza da diverso tempo. Soltanto in pubblico si premuravano di mantenere un certo distacco, per non destare l’attenzione indesiderata dei curiosi. Tuttavia, doveva ancora abituarcisi. “Parola mia, non è così.” gli assicurò in tono altezzoso, scuotendo la testa. “Ammiravo le bellezze del paesaggio, nulla di più.”

Lui rise di nuovo, ma poi lasciò correre, tornando a guardare il fiume.

Sollevata, Elizabeth si lasciò andare a un sospiro. Erano rari i momenti in cui si sentiva del tutto spensierata e libera di essere se stessa. Nickolaij era l’unico capace di farle provare certe emozioni. “Detesto l’idea di dover tornare al castello.” si sfogò. “Quanto vorrei che il mondo si fermasse a questo istante per sempre.”

A quel punto, i loro occhi si incontrarono e poco dopo la mano di Nickolaij cercò la sua, fino a stringerla amorevolmente. “Mia adorata, sai bene quanto anch’io lo voglia. Ma se non ti riporto indietro ho idea che le tue sorelle mi darebbero la caccia per assicurarsi che la mia testa finisca infilzata su una picca.” scherzò.

Stavolta fu lei a ridere. “Dubito seriamente che Delia sarebbe mai capace di tanto.” –Piuttosto Margaret…-

Forse dal suo repentino cambio di espressione, Nickolaij dovette intuire i suoi pensieri. “No, hai ragione. È un’altra la nipote del principe che non sembra gradire la mia presenza.” Dicendo questo si fece scuro in volto e abbassò lo sguardo, colto improvvisamente da malumore.

Come spesso accadeva da quando aveva capito di amarlo, anche Elizabeth si sentì invasa dalle sue stesse emozioni. Dentro di sé provava rabbia mista a imbarazzo per l’atteggiamento di Margaret nei confronti dell’uomo che lei aveva ormai scelto come marito, ma tentò comunque di giustificare la sorella. “Lo fa solo per proteggermi. Si comporta come una madre sin da quando ero bambina e pensa che tu non sia adatto a me a causa delle tue origini.” gli spiegò; poi, vide l’espressione di Nickolaij farsi ancora più seria e sentì il legame tra le loro mani sciogliersi lentamente, così corse subito ai ripari, stringendogliela con più decisione.

“Io non la pensò affatto come lei.” lo rincuorò, assicurandosi che la guardasse negli occhi. “Te lo giuro, non lascerò mai che il suo giudizio influenzi i miei sentimenti per te. Alle mie sorelle non è stata concessa la libertà di scegliere chi sposare e ora pensano che anche a me debba toccare la stessa sorte, ma io ho la ferma intenzione di deluderli tutti.”


Di lì a poco, seppe di essere riuscita a convincerlo, perché con suo grande sollievo vide un sorriso dipingersi sul suo volto. Sorriso che ricambiò, rimanendo per un istante impietrita quando Nickolaij si fu avvicinato e, senza che potesse rendersene conto, le sfiorò le labbra con le sue. Un bacio casto, puro, ma pieno d’amore.

Come sempre stupita da tanta audacia, Elizabeth non rispose subito e si accorse di tremare solo quando sentì la sua mano toccarle la guancia per rassicurarla.

Lo sguardo che le rivolse subito dopo la lasciò senza fiato e non fu più in grado di parlare. Restò a guardarlo, mentre rivolgeva di nuovo l’attenzione al paesaggio.
“Lo sai, ho sempre parlato con franchezza e non mancherò di farlo neanche questa volta.” disse Nickolaij con un sospiro. “Trovo ipocrita da parte di tua sorella opporsi alla nostra unione per questioni di rango, quando il suo stesso matrimonio sarà fondato sulla disparità, anche se di altro genere.” le confessò. “Che senso ha parlare di titoli nobiliari se la nostra gente è continuamente costretta a mescolarsi con chi le è inferiore?”

Elizabeth lo ascoltava, come sempre rapita dalla capacità che aveva di esporre il suo punto di vista. Era a conoscenza delle opinioni di Nickolaij sul modo di vivere dei Danesti e del fatto che non condividesse la loro propensione a intrattenere rapporti con gli umani, spesso perfino a sposarli. Per quanto la riguardava, era abituata da sempre a vederli a corte e con alcuni aveva anche rapporti di amicizia, ma da quando lui aveva iniziato a farla riflettere sull’argomento, doveva ammettere di non essere più così sicura che mantenere segreta la loro vera natura agli occhi degli umani fosse davvero la cosa più giusta.

“Riesci a immaginarlo, Liz?” proseguì lui, mentre il suo sguardo si perdeva lontano. “Un mondo in cui potremmo essere liberi di essere ciò che siamo, senza più aver bisogno di nasconderci. Un mondo dove saremmo noi a dettare le regole, finalmente padroni di noi stessi…”

Man mano che continuava, la sua espressione si faceva più cupa e il suo tono di voce carico di risentimento.

Non lo aveva mai visto così e la cosa la spaventò. “Nickolaij?” lo chiamò per riportarlo alla realtà.


Lui allora si voltò, sbatté le palpebre un paio di volte e poi sembrò tornare lo stesso di sempre. “Perdonami, Liz.” si scusò, notando la sua aria preoccupata. “Faremmo meglio a rientrare. Non manca molto al tramonto.” Dopo essersi alzato, le porse la mano per aiutarla a tirarsi su; poi entrambi salirono a cavallo e si avviarono di nuovo verso il castello.

Elizabeth diede un leggero colpo di tacco e lo seguì, mentre avvertiva uno strano senso di inquietudine farsi strada dentro di sé...
 

Claire si svegliò con un peso sul petto. Stavolta non era stato un sogno come gli altri. Sembrava che la duchessa le avesse trasmesso il suo stato d’animo, una strana sensazione di disagio che non sapeva spiegare. Oltretutto, per la prima volta aveva avuto occasione di assistere alle reali capacità manipolatorie di Nickolaij, la sua incredibile abilità nel portare le persone a ragionare come lui senza darlo troppo a vedere. Era talmente impressionata dalla concretezza di quanto aveva appena visto che ci mise un po’ a riprendersi.

Doveva essere molto presto, perché sia Rachel che Cordelia dormivano ancora, così si preparò il più in fretta e silenziosamente possibile, per poi scendere di sotto. La cucina era deserta e semibuia, illuminata solo dal lieve chiarore che filtrava dalle fessure lasciate aperte dalla tenda.
Si sentì sollevata di essere sola. Dopo la discussione avuta con Rachel non aveva alcuna voglia di vedere né parlare con nessuno. In tanti anni che si conoscevano non era mai arrivata a un tale grado di insofferenza nei suoi confronti. Quasi la odiava per quello che le aveva detto.

–A questo punto, penso che Cedric non avesse tutti i torti nella stalla- Quella frase non faceva che risuonarle nella testa, dandole il tormento. Già era stata dura doverla sentire da lui, figurarsi da una delle sue migliori amiche. Era vero, aveva sbagliato ad andare da Jamaal, questo era innegabile, ma non meritava di essere trattata così. E senza aver fatto niente di tanto atroce, per di più. Se la mente di Rachel era troppo bigotta per accettarlo, pazienza. Per quanto la riguardava, avrebbe anche potuto fare a meno del suo parere sulla questione.

Sfogò la rabbia pestando i chicchi di caffè dentro il mortaio; poi mise dell’acqua a bollire in un pentolino e con un fiammifero accese il fuoco.

Di lì a qualche minuto, sentì i passi di qualcuno che scendeva dal piano di sopra e si sporse dalla cucina giusto quel poco per capire che si trattava di Rachel. Quindi tornò subito al suo caffè, decisa a non rivolgerle la parola. Colata la bevanda scura dentro una tazza, si avviò al tavolo proprio mentre lei stava arrivando e per fortuna a quel punto arrivò anche Laurenne, che impedì all’atmosfera di farsi tesa.

Finito di fare colazione, Claire ne approfittò subito per uscire di casa, salutando tutte tranne Rachel, che la raggiunse al campo qualche minuto più tardi. Con suo sollievo, quella mattina Najat decise di separarle, mettendole in coppia con altri due guerrieri, e la giornata sembrò già prendere una piega diversa.

Si stavano allenando ormai da qualche ora quando Claire vide arrivare Jamaal e per un attimo perse la concentrazione. Lo guardò mettersi seduto in un angolo all’ombra, da dove poteva godere di una visuale completa del campo di addestramento.

Anche Najat lo vide e gli andò incontro, ordinando loro di continuare da sole. Adorava impartire ordini, soprattutto perché sapeva che non avrebbero potuto ribattere. Se l’avessero sfidata in combattimento, infatti, non ci sarebbe stata partita.

Quando vide Jamaal, Rachel si trattenne dallo sbuffare scocciata. Era chiaro come il sole per chi fosse venuto. Non era la prima volta, ma da quando aveva saputo di lui e Claire la cosa le dava particolarmente fastidio.
Ripensando a quanto successo il giorno prima, doveva ammettere di essersi pentita di averle dato della ragazza facile, ma ancora non se la sentiva di scusarsi. In fondo, se l’era meritato dopo il suo comportamento.

In tutto questo, Najat doveva aver intuito che qualcosa non andava, probabilmente perché erano fredde l’una con l’altra, così ne aveva approfittato per divertirsi a loro spese. Aveva mandato a farsi una passeggiata i due guerrieri che si era portata per aiutarla e le aveva messe in coppia l’una contro l’altra. Per la prima volta da quando si allenavano con lei, le aveva fatte combattere con i bastoni, disciplina per cui non avevano tardato a dimostrare un’incapacità totale.

“Beh, state battendo la fiacca? Non vi avevo detto di continuare?” le incalzò di lì a poco. “Il capo vuole vedere come combattete. Forza!”

Cercando di trattenersi dal darglielo in testa, Rachel impugnò di nuovo il bastone a due mani, preparandosi al duello.
Dalla parte opposta Claire fece lo stesso.
Si studiarono per qualche secondo, faticando reciprocamente a guardarsi negli occhi, poi iniziò il combattimento vero. Nonostante fossero furiose l’una con l’altra, nessuna aveva il coraggio di colpire troppo forte, nel timore di ferire l’amica.

Najat se ne accorse e subito cominciò a spronarle, invitandole a metterci più energia e convinzione. Girava loro intorno, dando indicazioni su come muoversi e correggeva gli errori di postura, senza perdere occasione per prenderle in giro. “Che state facendo? Avanti, muovetevi! O avete paura di farvi male perché siete amichette?”

Intanto, dal suo posto appartato Jamaal sembrava divertito, mentre la guardava sfotterle.
A quel punto, Rachel capì che non poteva più rimandare e sferrò il primo attacco, che però Claire riuscì a schivare. Lei non si diede per vinta e con più violenza assestò un altro colpo con il bastone, che stavolta la prese di striscio, prima che riuscisse a scansarsi.

“Bene! Immaginavo che volessi picchiarmi dopo quello che ci siamo dette, ma non pensavo ne avresti avuto il coraggio.” commentò Claire in tono provocatorio. “D’altra parte, te la sei sempre cavata meglio con le parole che con i fatti.”

“Andiamo, meno chiacchiere!” la rimbeccò Najat.

Ignorandola, Rachel si concentrò sul fatto che Claire le avesse dato della codarda. All’istante perse ogni timore di ferirla e reagì. “Sempre meglio di te che preferisci infilarti nel letto del capo tribù, piuttosto che affrontare il problema.” Le parole le uscirono di bocca come un fiume in piena, senza curarsi della presenza di Jamaal.

Nel giro di pochi istanti, l’atmosfera intorno a loro cambiò e la tensione salì fino a farsi palpabile. Claire vide Najat restare di sasso; poi spostò lo sguardo su Jamaal, la cui espressione tradiva lo spaesamento più totale. A quel punto, sentì la rabbia salirle fino alla punta dei capelli. Come aveva potuto spifferare il suo segreto ai quattro venti? Qualcosa che le aveva confidato da amica, convinta che, nonostante le incomprensioni, sarebbe rimasta tra loro. E in quel modo poi. Fuori di sé, si scagliò contro Rachel, con tutta l’intenzione di farle male.

Lei sollevò il bastone giusto in tempo, tentando di parare il colpo, talmente inaspettato da farla finire con il sedere per terra. Completamente spiazzata, guardò Claire dal basso con gli occhi sgranati, incapace di credere a quello che aveva fatto.

Claire, dal canto suo, aveva il fiato grosso e il bastone ancora a mezz’aria, mentre gli occhi dell’amica la infilzavano come coltelli. Man mano che sentiva la rabbia sfumare, cominciò a rendersi conto di aver esagerato.

“D’accordo, può bastare per oggi!” L’arrivo provvidenziale di Jamaal impedì alla situazione di degenerare. Si avvicinò a Rachel e le offrì la mano per aiutarla a rialzarsi. “Tutto bene?” le chiese.

Evitando di guardarlo in faccia, lei annuì, prendendo a spolverarsi i vestiti. Dopodiché, senza rivolgere la parola a nessuno, girò i tacchi e si avviò verso casa. Era sicura che se fosse rimasta lì solo per un altro secondo non avrebbe risposto delle sue azioni.

“Me ne vado anch’io.” annunciò Najat subito dopo. “Ho altro da fare che stare qui a perdere tempo con delle incapaci.”

Nonostante i suoi modi non fossero poi così diversi dal solito, dallo sguardo che rivolse a Jamaal prima di andarsene Claire si accorse che stavolta qualcosa doveva averla turbata. Comunque, lui non fece in tempo a dirle nulla, che stava già lasciando il campo.
Con un sospiro frustrato, appoggiò le mani al recinto di legno che ne delimitava il perimetro, prendendo a fissare il suolo con aria pensierosa.

“Okay, mi sono persa qualcosa. Che le è preso?” gli chiese Claire confusa.

Lui non rispose subito, prendendosi ancora del tempo. Alla fine la guardò. “Credo di saperlo.”

L’espressione eloquente di Claire lo invitò a continuare.

“È una questione tra me e Najat.” spiegò sbrigativo. “Più tardi andrò a parlarle.”

A quel punto, lei intuì che non le avrebbe detto altro. In fondo, il loro non era un rapporto tale da poter pretendere chissà quale confidenza. Anzi, a dire la verità si conoscevano meglio da un punto di vista fisico che personale. Quindi decise di non insistere. Piuttosto, sentiva crescere il sospetto che tra quei due ci fosse qualcosa di irrisolto e che Najat avesse reagito in quel modo perché aveva saputo della sua quasi relazione con Jamaal. Che fosse gelosa? Ci mancava solo che si ritrovasse in un triangolo amoroso. Tutto quel casino per un paio di bicchieri di troppo.

“Mi dici cosa è successo poco fa?” le chiese invece lui, riferendosi al suo scontro con Rachel. “So che negli ultimi tempi avete avuto dei problemi, ma…”

“Lo sai?” reagì Claire, presa alla sprovvista. Non ci mise molto però a capire chi potesse avergliene parlato. “Laurenne ti ha detto qualcosa, vero?”

Lui non ebbe bisogno di confermarlo a voce. Bastò la sua faccia.

Claire sbuffò seccata, incrociando le braccia. “Poteva tenerlo per sé.”

“È solo preoccupata per voi.”

“Beh, non serve.” replicò, punta sul vivo. L’ultima cosa che le serviva in quel momento era un’altra madre che le stesse col fiato sul collo. C’era già Rachel per questo. “Se qui abbiamo finito, scusami ma…” Avvertendone l’impulso irrefrenabile, fece per andarsene, ma Jamaal glielo impedì, afferrandola per un braccio e riportandola davanti a sé.

“Ehi, ehi.” le sussurrò, costringendola a guardarlo negli occhi. “Non voglio litigare con te, perciò non ce ne andremo da qui senza aver chiarito.”

Claire rimase colpita dalla sua determinazione, ma ancor più dalla sensazione che questa suscitò in lei. Dove aveva già visto quello sguardo? Quella voglia di mettersi in discussione, senza paura di esprimere i propri sentimenti? Si spaventò per averci pensato e si chiese se quello fosse un chiaro segnale e come avrebbe dovuto interpretarlo.
Fu un attimo. Quei pensieri svanirono non appena la mano di Jamaal scivolò lentamente verso la sua, stringendola. Un brivido la colse.

“Scusa. Non è giusto che me la prenda con te. Tu non c’entri.” mormorò malinconica, abbassando lo sguardo.

Lui le sollevò il mento perché lo guardasse e la sua espressione si addolcì. “Non importa. Va tutto bene.” la rassicurò sorridente. “Voglio solo che tu sappia di poter contare su di me. Se hai bisogno di parlare, io ci sono.”

Claire ricambiò il sorriso e, commossa, annuì. Magari più avanti avrebbe colto l’invito, ora non se la sentiva.

“Bene. Ora che è tutto sistemato, volevo chiederti se ci sarai stasera.”

“Stasera?” domandò lei, alzando un sopracciglio.

“Festeggiamo l’anniversario della nascita della nostra tribù.” le spiegò. “Tu e le altre siete invitate. Di solito non concediamo agli stranieri di partecipare, a meno che non siano guerrieri di altre comunità, ma stavolta ho chiesto agli anziani di fare un’eccezione. Anche perché ormai siete parte della tribù” scherzò.

Claire abbozzò un sorriso. Per fortuna che gli Jurhaysh erano un popolo festaiolo e pensò che quella sarebbe stata una buona occasione per distrarsi, così non perse altro tempo a rimuginarci sopra. “D’accordo, ci sarò.” sentenziò infine decisa.

Visibilmente soddisfatto, Jamaal sfoderò un ghigno che la lasciò alquanto spaesata. “Perfetto. Così non ti perderai la mia sorpresa.”

“Che sorpresa?”

“Lo scoprirai stasera.” le disse, prima di baciarle la guancia e congedarsi, lasciandola senza una risposta.

Non appena si fu allontanato, la mente di Claire tornò a Rachel e alla sua uscita poco felice, così si diresse a passo svelto verso casa, decisa a dirgliene quattro. Non l’avrebbe passata liscia questa volta.

Al suo arrivo la trovò seduta al tavolo con una tazza di tè in mano. A malapena fece caso al fatto che era entrata e continuò a rivolgere lo sguardo da un’altra parte, facendole salire più rabbia di quanta non ne avesse già. Per attirare la sua attenzione, sbatté la porta alle sue spalle. “Come diavolo ti è venuto in mente di spifferare ai quattro venti quello che c’è stato tra me e Jamaal?” le chiese furiosa. “Ti rendi conto di averlo messo in imbarazzo?”

Evidentemente, però, la cosa non sembrava toccarla minimamente, perché Rachel continuò a ignorarla e a sorseggiare il suo tè.

A quel punto allora, Claire attraversò la stanza per potersi parare davanti a lei e costringerla a guardarla. “Ehi! Sto parlando con te!”

“Ti ho sentita.” replicò Rachel, senza scomporsi. “Comunque non capisco dove sia il problema. Visto che stai
per diventare la sua first lady, prima o poi verranno a saperlo tutti.” le fece notare ironica.

Claire distolse lo sguardo, sbuffando infastidita. “Hai mai pensato che magari non volessi farlo sapere in giro?”

“E tu hai mai pensato che se volevi tenerlo segreto è perché, magari, te ne vergogni?”

“Vergognarmi di cosa?” ribatté Claire esasperata. Perché continuava ad accusarla di aver commesso chissà quale crimine? Come se avesse ucciso qualcuno. Era davvero stanca di ascoltare le sue prediche. “Non ho fatto niente di male, Ray. È stato solo sesso.”

L’espressione di Rachel si tramutò in ghigno. Sembrava quasi cattiva. “Quindi tradire il tuo ragazzo con un altro per te non è niente di male. Bene, buono a sapersi. Non saresti potuta cadere più in basso.”

Stavolta, però, Claire ne aveva abbastanza. Che diritto aveva di trattarla così? Oltretutto, continuava a parlare di cose che non sapeva. “Adesso piantala, okay? Cedric non è il mio ragazzo, non lo è mai stato! Io non ho tradito nessuno.”

“Ma lui ti piaceva! C’è stato qualcosa tra voi, non negarlo.” replicò lei. “Come puoi comportarti così, senza provare un minimo di rimorso? Non pensi a quanto stia soffrendo rinchiuso là dentro?”

“Certo che ci penso! Ogni singolo giorno! Ma io e lui non siamo una coppia, vuoi mettertelo in testa? Noi non siamo come te e Mark. Quello che provo per Cedric è ben diverso da quello che c’è tra voi, quindi smettila di fare paragoni inesistenti.”

Quelle parole colpirono non poco Rachel, lasciandola interdetta. Per la prima volta si stava rendendo conto che, anche se inconsciamente, doveva aver fatto quel tipo di associazione mentale. Qualche strana ragione l’aveva portata a credere che Claire e Cedric sarebbero finiti come lei e Mark, forse perché voleva a tutti i costi vederla di nuovo felice, dopo quello che aveva sofferto. Ora il fatto che lo potesse essere davvero insieme a Jamaal la infastidiva. Dirsi invidiosa forse era troppo, ma non riusciva a sopportare l’idea che non condividesse con lei la sua angoscia e il suo dolore. Fino a quel momento era sempre stata convinta che le legasse lo stesso destino avverso, invece adesso scopriva che non era così.

“La verità è che voi mi avete sempre spinto tra le sue braccia, come se dovessi per forza innamorarmi di lui.” osservò Claire, distraendola da quei pensieri. “Beh, notizia dell’ultima ora: io non lo amo. Con lui stavo bene, è vero, e se non ci fossimo trovati in questa situazione di merda, magari avrei potuto dargli una possibilità. Ma ora è diverso…”

“Ah sì? E che cosa è cambiato esattamente?” le chiese. “Tu volevi dargliela una possibilità. Gliel’hai detto chiaro e tondo l’ultima volta che vi siete visti. Ero lì, ti ho sentita. Quindi perché ora sarebbe diverso? Ti sei innamorata di Jamaal?”

Per quanto inaspettata, Claire non si stupì di quella domanda. “No! Insomma…È troppo presto per dirlo.” tentennò.

“Supponi che Cedric torni domani e si presenti davanti a te.” insistette Rachel, ormai con il chiaro intento di metterla alle strette. “Che farai? Continuerai a tenerlo sulla corda, perché non sai mettere pace nella tua testa?”

Claire però non avrebbe saputo darle una risposta. Voleva solo finirla di parlare di Cedric. Aveva troppi pensieri che le frullavano nella mente e un senso di malessere alla bocca dello stomaco. “Non lo so, va bene? Non ho idea di quello che farei, non so niente!” svicolò, sulla difensiva. “Anzi, una cosa la so. Devi piantarla di darmi addosso e giudicare le mie scelte, Ray. È la mia vita, so io come gestirla. Tu restane fuori.”

Liquidandola in quel modo le aveva praticamente fatto capire che un’amicizia di anni non valeva niente per lei. Rachel pensava che ormai fossero una cosa sola, che si sarebbero sostenute a vicenda in quei momenti così difficili. Invece, ora la stava tagliando fuori dalla sua vita. Se non poteva intromettersi, infatti, non ne faceva nemmeno parte. Tentando di nascondere quanto fosse rimasta ferita dalle sue parole, assunse un’espressione neutra. “Tranquilla. Non mi avrai più tra i piedi.” concluse freddamente.

Il silenzio che si creò tra loro subito dopo fu spezzato solo dall’arrivo di Cordelia, che entrò proprio in quel momento. “Avete saputo della festa di stasera?” chiese allegra, senza curarsi delle loro espressioni cupe. “Evan mi ha appena invitata. Credo abbia un debole per me.” Lo disse in tono eccitato, ma in un certo senso sembrava come abituata alle avances maschili. “Non so se l’avete notato anche voi, ma qui c’è quasi una festa al giorno. È incredibile, non avrei mai immaginato che i cacciatori fossero un popolo così dedito al divertimento. Nelle storie che ci narravano su di loro apparivano sempre come esseri selvaggi e spietati. Ho dovuto ricredermi.”

Era un fiume in piena. Ormai aveva preso il via e loro non provarono minimamente a fermarla, talmente poco interessate a quello che stava dicendo, finché lei stessa non si accorse che qualcosa non andava.

“Cos’è accaduto?” chiese, mentre il suo entusiasmo andava spegnendosi. Poi sembrò realizzare. “Oh, cielo. Non ditemi che avete ricevuto cattive notizie sui ragazzi.” concluse spaventata, mettendosi una mano sul cuore.

Rachel avrebbe preferito continuare a ignorarla, ma si fece forza e finalmente la guardò. “No, loro non c’entrano stavolta. È una questione tra me e Claire. Ma abbiamo finito.”

Lei le rivolse un’occhiata eloquente, inclinando la testa da un lato. “Non avrete litigato di nuovo, spero.”

“Direi piuttosto che abbiamo chiarito.” precisò Claire glaciale. Con Rachel si scambiarono uno sguardo appena. C’era tristezza mista a risentimento nei loro occhi, il che confermò il fatto che fosse davvero finita.

Come prevedibile, però, Cordelia non colse la verità e si dimostrò entusiasta della cosa. “Meraviglioso! Sono felice che questa assurda faida tra voi si sia conclusa. Immagino che allora verrete alla festa stasera.”

Rachel le rispose con un mezzo sorriso, giusto per non essere scortese. In realtà, in quel momento era tutto fuorché in vena di festeggiamenti, ma del resto aveva bisogno di distrarsi ed evitare almeno per un po’ di rimanere a guardare la sua vita andare in pezzi. Quindi, perché no? “Sì, non vedo l’ora.” mentì.

Quando anche Claire le disse che sarebbe venuta, Cordelia non trattenne l’entusiasmo e iniziò subito a parlare delle modifiche che avrebbe apportato ai suoi vestiti per renderli più adatti e di quello che c’era da fare per rimediare alla "situazione disastrosa in cui si trovavano i loro".

La sua ingenuità era a dir poco invidiabile e Rachel non ebbe cuore di guastarla.
 
-o-
 
La serata era trascorsa come sempre all’insegna di musica e alcol nel villaggio degli Jurhaysh. L’anniversario della nascita della tribù era uno degli eventi più importanti e attesi dell’anno, e ogni cosa era stata organizzata nel migliore dei modi. Tutti ballavano e si divertivano, così quando circolò la voce che Jamaal avrebbe fatto un annuncio importante, la gente ci mise un po’ a radunarsi sotto il palco di legno allestito per l’occasione.

Anche Rachel era lì, accanto a Cordelia, aspettando che si facesse vivo. Per la verità, avrebbe voluto solo tornarsene a casa, ma ormai uscire dalla calca era praticamente impossibile. Durante l’intera serata, aveva tentato in tutti i modi di scacciare i cattivi pensieri, ma non ci era riuscita, al contrario di Cordelia che invece non aveva fatto altro che civettare con Evan e ridere a ogni sua battuta. A Rachel ricordava un tantino il Cedric prima maniera. Una volta arrivate, lo avevano incontrato insieme a Najat e i gemelli, e si erano unite al gruppo. Ma presto si era ritrovata in disparte, prestando a malapena attenzione a quello che dicevano.

L’unica consolazione era che anche Claire sembrava stare male. L’espressione vuota e distante sulla sua faccia gliene aveva dato conferma. Anche lei fingeva di partecipare, in realtà con la testa da un’altra parte. Che si fosse pentita di averla trattata in quel modo? Poteva essere, ma a Rachel non importava. Ormai le loro strade si erano divise.

La vista di Jamaal che saliva sul palco, sovrastando la folla, la distrasse da quei pensieri infelici. Dopo che un guerriero alle sue spalle gli ebbe passato una coppa di vino, la sollevò in alto e gridò qualcosa in arabo, come a voler fare un brindisi, e subito la gente lo imitò, ripetendo a gran voce la stessa parola. Vedere tutte quelle persone così unite nella loro cultura le fece uno strano effetto. Era qualcosa di raro, perlomeno nel mondo occidentale.

Finito il brindisi, Jamaal alzò le mani per ripristinare il silenzio. Poi parlò di nuovo. “Mia amata gente. Sono come sempre felice di trovarmi in mezzo a voi e ancora una volta ringrazio il dio Sole per avermi concesso l’onore di servirvi.

Per fortuna, lì accanto Kira provvedeva a tradurre per loro tutto quello che stava dicendo, altrimenti Rachel si sarebbe limitata a fissarlo come un pesce lesso, senza capire nulla. Nel frattempo, però, non si era accorta che un guerriero si era avvicinato a Najat, mormorandole qualcosa nell’orecchio e poi allontanandosi insieme a lei.

Questa sera ricordiamo e rendiamo grazie ai nostri antenati, che fondarono la tribù per difendere l’umanità dalla piaga degli algul, ma voglio cogliere l’occasione anche per fare un annuncio. Qualcosa per cui sono sicuro gioirete con me.” Detto questo, Jamaal fece un breve cenno con la mano a qualcuno che si trovava sotto al palco.

Non riuscirono a capire di chi si trattasse, finché Najat non lo ebbe raggiunto, affiancandosi a lui alquanto spaesata. Era evidente che neanche lei avesse idea di cosa sarebbe successo.
Intanto Kira traduceva le parole di Jamaal, che stava elogiando le abilità e il coraggio della ragazza, oltre che il grande valore dimostrato sul campo. Dopo un po’, la sua espressione si fece più cupa, mentre ricordava la perdita di numerosi guerrieri durante un grande battaglia di qualche tempo prima. Era chiaro che fosse un avvenimento rimasto nella mente di ogni membro della tribù, perché Rachel li vide rabbuiarsi dietro di lui. Qualcuno perfino piangere.

Jamaal parlava e la voce di Kira continuava a seguire la sua, quando d’un tratto si fermò e la guerriera rivolse un’espressione sgomenta al palco. Rachel la imitò, chiedendosi cosa potesse aver detto per farla restare di sasso.

Io non posso riportare indietro i nostri cari, ma posso rendere onore alla loro memoria. E intendo farlo concedendo a Najat di portare il mio nome. Se lo vorrà.” concluse Jamaal.

Accanto a lui, la ragazza gli stava rivolgendo uno sguardo allibito, lo stesso che avevano anche tutti gli altri.

Rachel sentì Cordelia chiedere a Kira: “Che cosa ha detto?”

La guerriera sbatté un paio di volte le palpebre per riprendersi dalla sorpresa, prima di rispondere. “L’ha riconosciuta come parte della sua famiglia.” spiegò, senza staccare gli occhi dal palco. “È come se ora lei fosse sua…figlia. E quindi sua erede di diritto.”

La rivelazione lasciò Rachel basita per un momento. E non fu l’unica.

“Figlia?” ripeté Cordelia, storcendo il naso. “Ma avranno quasi la stessa età.”

Il suo commento, però, rimase nel vuoto, perché l’attenzione generale si era già spostata su Najat. Ogni singola persona presente pendeva dalle sue labbra per vedere cosa avrebbe deciso.
Dal canto suo, lei non sembrava ancora essersi ripresa dallo shock. Continuava a guardare Jamaal, quasi ad aspettarsi che da un momento all’altro tutta la storia si rivelasse uno scherzo; invece, lui le sorrise benevolo.

Così, dopo aver realizzato che era tutto vero, annuì debolmente. “Ne sono onorata.

Per dimostrare la sua approvazione, Jamaal le mise una mano sulla spalla, mentre con l’altra sollevava la coppa, rivolgendosi alla gente. “Bene, allora. A Najat!” esclamò, invitandoli a brindare con lui.

A Najat!” rispose la folla, per poi esplodere in un coro di applausi e grida di giubilo.

Erano ancora in pieno festeggiamento, quando un guerriero armato di tutto punto cercò di farsi largo a spintoni per raggiungere il palco. Alle sue spalle, i suoi compagni trascinavano due sconosciuti con le mani legate e le teste coperte integralmente da cappucci di stoffa. Quello strano imprevisto non catturò da subito l’interesse della gente, ma ben presto tutti gli sguardi furono puntati sui nuovi arrivati.

Qayid!” gridò il guerriero, ormai al cospetto di Jamaal, che scese rapido dal palco per raggiungere i suoi uomini, seguito a ruota da Najat.

Giunto davanti ai prigionieri, rimase a studiarli, mentre ascoltava il breve resoconto del guerriero sull’accaduto.

Dopodiché, fece cenno agli altri due di togliere loro i cappucci, rivelandone così l’identità.
 
   
 
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