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Autore: _apefrizzola_    30/06/2019    7 recensioni

«Sei più pettegolo della buon’anima di Bertha Jorkins, Ramoso»
«Ma come ti permetti, canide perfettamente riuscito?»
«Bertha Jorkins è morta!?»
«No, Peter... era per dire... visto che non è più a scuola...»
«Cosa te ne frega cosa si dicono Bones e McKinnon, James?»
«Se solo ci fossi stato, quel giorno davanti alla porta chiusa dell'ufficio di Silente, adesso staresti origliando dietro quello scaffale come il segugio quale sei»

«Barty, parlo sempre di te a Bella»
«Ma non l'hai ancora convinta! Così come non ho convinto del tutto voi, soprattutto da quando mio padre ha dato agli Auror il permesso di uccidere! Lo vedo nelle vostre facce, non sono stupido. E sappiate che lui non si fermerà, è sempre più pazzo. Svegliati, Regulus, sono quello messo peggio tra voi!»


«Stavo salendo le scale, lui è sprofondato da solo in quel gradino» esordì Liv per mettere subito in chiaro le cose come ogni volta che si ritrovava lì, a spiegare il motivo per cui aveva usato la bacchetta.
"Il Prefetto Malfoy ha detto che ho un cognome da Sanguesporco";
"Mulciber ha attaccato Mary";
"Rosier ha chiamato Dirk Cresswell mancato Magonò";
"Piton ha insultato Lily, l'ha chiamata schifosa Sanguesporco."
Genere: Commedia, Guerra, Romantico | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het | Personaggi: I Malandrini, Lily Evans, Nuovo personaggio, Regulus Black, Severus Piton | Coppie: James/Lily
Note: Lemon, Missing Moments | Avvertimenti: Tematiche delicate, Violenza | Contesto: Malandrini/I guerra magica
Capitoli:
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- Questa storia fa parte della serie 'I Malandrini'
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Nelle risposte alle recensioni ho detto che avrei pubblicato oggi e quindi pubblico oggi nonostante l'ora tarda (ci sono stati degli imprevisti, per questo non ho aggiornato nel pomeriggio come faccio di solito).
A qualcuna di voi ho detto anche che questo capitolo avrebbe dato meno spazio all’amore. Mi ero completamente scordata di San Valentino (sono single da anni, capitemi) quindi tratteremo il mistero della sparizione di Alan Morgan nel prossimo.
 
Chi ha letto altro di mio sui Malandrini, qui riconoscerà un momento speciale a cui avevo accennato in una One Shot. Non dico quale per non rovinarvi la sorpresa.
 
Ultima cosa:
Allarme rating arancione, mettete a dormire i bambini (se dopo aver letto pensate sia meglio alzarlo a rosso ditemelo pure).
 
 
 
 
 
 
 
 

 
Capitolo 44
 
SCOPA BAGNATA, SCOPA FORTUNATA


 
 
 
 
Lily sapeva di essere ormai sveglia ma rimase con gli occhi chiusi, senza staccare la testa dal cuscino. Si era data della stupida più volte in un quarto d’ora eppure continuava a stare così, abbandonata ad uno stato di strano rilassamento diverso da quello abituale delle solite domeniche.
Non aveva bisogno di aprire gli occhi per puntarli sul comodino alla sua destra dove il mazzetto di margherite la osservava ogni mattina dal bicchiere pieno d’acqua.
Non aveva bisogno di aprirli nemmeno per osservare le sue iniziali d’oro sul distintivo accanto a quello da Caposcuola, se lo sentiva appuntato dentro come la sua cerva splendente.
Il fatto che molto probabilmente quello sarebbe stato il giorno dell’espulsione di Piton dalla scuola contribuiva al tutto, certo, ma la guancia toccata la sera prima dalle labbra di James formicolava ancora e per il suo cervello non era come se fosse più importante, lo era solo per il cuore che aveva deciso di smettere di battere ad un ritmo sensato.
«Quanto lo odio» sussurrò tra i denti.
«Chi?».
L’improvvisa voce di Mary la fece irrigidire sotto le coperte.
«Sei sveglia, quindi»
«No, Lily, è la tua coscienza che ti sta parlando»
«Buongiorno, Coscienza»
«Buongiorno, mia cara. Chi odi?»
«James Potter»
«Oh! Mia cara, come ti capisco. Quanto odio Remus Lupin! Non lo immagini nemmeno…».
Lily aprì gli occhi alla luce del sole che entrava dalla finestra, sporgendosi un poco dal letto per vedere oltre una colonna del letto a baldacchino e scoccarle un’occhiata senza sollevare la testa dal cuscino. Mary aveva la sua che spuntava dalle coperte del letto di fronte, il caschetto biondo spettinatissimo e un sorriso sornione che comprendeva anche gli occhi nocciola piccoli per il sonno.
«Noi due non odiamo Remus Lupin, Coscienza»
«Non mi hai ancora detto se bacia bene»
«Devi dirmelo tu se Remus Lupin bacia bene o no, Mary».
Un cuscino arrivò tristemente sul tappeto, sopra le sue ciabatte, mancandola di parecchi centimetri. Lily ridacchiò.
«Abbiamo qui la nuova Grande Cacciatrice, signori e signore» la prese scherzosamente in giro.
«Il vero Grande Cacciatore, James Potter, bacia bene?» sbottò l’altra ricascando stancamente tra i cuscini e sparendo dalla sua vista.
«Non l’ho baciato»
«L’hai baciato»
«Non l’ho baciato»
«Sei una bugiarda, Lily?»
«Non sono una bugiarda»
«Allora l’hai baciato»
«Non l’ho baciato»
«Mia cara, stai continuando a proteggere la tua sanità mentale…»
«Non l’ho baciato»
«… e per questo ti ho sempre rispettato»
«Non ho baciato James Potter»
«Ma, vedi, è successo due settimane fa e negare ancora non si può più chiamare protezione…»
«Non l’ho baciato, ho provato ad ucciderlo»
«Certo, Lily»
«Era l’arma più letale che avevo a disposizione»
«Naturalmente. Allora, dimmi, come muore James Potter?»
«Non lo so, è rimasto immobile»
«L’hai ucciso all’improvviso, certo. La prossima volta conta fino a venti, almeno, giusto per vedere se rantola qualcosa nel mentre, se tenta di difendersi, se ricambia la voglia di uccidere…»
«Se ci sarà una prossima volta»
«Vuoi dire che non provi più istinti omicidi verso James Potter?».
Un silenzio assoluto calò sulla stanza, tipico di Lily quando pensava. Mary sorrise furbescamente al soffitto.
«Voglio dire» esordì Lily «Che ho appurato l’inefficienza di quell’arma ed ho appena deciso che la prossima sarà il coltello del burro a colazione… Ahi!»
«Le stronzate in questa camera si pagano con le cuscinate, dal primo anno»
«Soltanto quando arrivano a destinazione, come adesso ma non come prima»
«Ho finito i cuscini. Immaginane uno enorme che ti arriva in pieno naso in questo preciso momento»
«Prendi quelli di Liv… a proposito, dov’è Liv?».
Entrambe le teste si sollevarono, in allerta, i nasi puntati verso il letto dell’amica. Restarono sorprese dal materasso vuoto ed ordinato.
«Credo proprio diventerà la nuova normalità, questa» preannunciò Mary mettendosi seduta sul letto con un sorrisetto malizioso «Sarà il caso di cominciare a farle regali seri, d’ora in poi»
«Ci deve pensare Black a quelli. Parte del corpo sua, responsabilità sua» sentenziò Lily nel suo più deciso tono femminista.
Mary rise in uno sbadiglio mentre Lily buttava fuori dal letto le gambe.
Le margherite le diedero l’ennesimo buongiorno e il cigolio della porta che si apriva da sola e con cautela spezzò il momentaneo silenzio.
«Fai pure come tuo solito, Liv, siamo sveglie» esclamò mettendosi in piedi per fare i due passi che la separavano dal letto accanto in modo tale da poter sbirciare i nomi degli spasimanti dell’amica e magari rubare qualche dolce dopo averlo scrupolosamente analizzato.
La porta allora si aprì del tutto senza alcun riguardo e Liv fece il suo rumoroso ingresso.
Era in divisa da Quidditch ma con i capelli sciolti. Una pacata rilassatezza la rendeva radiosa senza nessuna esagerazione, lo si percepiva dall’accennato sorriso sulle labbra e dallo sguardo incredibilmente luminoso. Più succhiotti erano chiaramente visibili sul lato del collo libero dagli ondulati capelli scuri spettinati.
«Vi siete dati alla pazza gioia nell’aula di pozioni?» esordì Mary guardandola indagatrice.
r Il piccolo sorriso di Liv si sollevò ulteriormente, le labbra non si aprirono e non raccontò niente a loro di quel momento che solo lei e Sirius avrebbero custodito per sempre; immagini, odori, sensazioni, emozioni e suoni, però, continuarono a scorrere nella sua mente.
 
«Aspetta» sussurrò sulle sue labbra Sirius in un ringhio affannato. Pigiò piano le dita sui capelli ormai sciolti sotto le mani ai lati della testa di Liv, spingendo la fronte sulla sua per separare le loro labbra fameliche, parlare e cercare di mantenere il controllo.
«Sei sicura?» gli chiese ansante nonostante sentiva che sì, era sicura; Sirius percepiva il suo corpo chiamarlo, attirarlo senza più nessun ostacolo davanti.
«Sicura» gli rispose in un soffio spezzato Liv, anche lei con lo sguardo stordito dalle forti emozioni, anche lei con un leggero strato di sudore freddo su tutta la pelle, le ondate di calore a pervaderla; anche lei con il controllo del proprio corpo e della mente pari a zero, dovuto a quella stretta vicinanza che pretendeva un contatto sempre maggiore, a quei baci e quei respiri che scioglievano la pelle, rendevano molli, facevano impazzire il cuore e sparire il resto del mondo per far spazio a loro soltanto. Anche lei schiava dell'accecante desiderio di lasciarsi andare in tutti i sensi, con lui.
«Tengo a te, Olivia, e non ho mai smesso un istante di farlo... mai» ansimò lui senza smettere di scrutarla con attenzione perforante, finalmente sincero, sentendo di non riuscire più a trattenersi.
Qualcosa spinse da dentro il petto impazzito, fin dietro le labbra, gridandogli che quel verbo non bastava, non era del tutto preciso. Lui non "teneva" soltanto, lui faceva anche molto di più. Un di più che faceva tremare e che sentì impresso addosso, attraverso gli occhi scuri davanti.
«Ho avuto tante occasioni per smettere di farlo, di tenere a te» sospirò Liv con sempre meno fiato, sentendo le mani di lui attirarla a sè e il cuore esplodere di quel di più che sembrava gridarle di correggere. «Tutte le volte che tu chiami i tuoi sbagli... ma non ho mai smesso nemmeno io, mai».
Sirius la guardò come non aveva mai fatto, uno sguardo indescrivibile tanto era intenso. Sembrava quello di qualcuno che aveva appena trovato qualcosa che aveva cercato da una vita.
La baciò impetuoso, possessivo, intenso, aumentando la presa delle mani sopra le sue orecchie coperte dai capelli per assicurarsi di averla tutta per sé in un bacio profondo, ardente di desiderio carnale e qualcos'altro che, dolce e bruciante allo stesso tempo, sembrava amalgamarsi ed assemblarsi alla perfezione.
Le lasciò la testa soltanto per infilare le mani sotto il maglione rosso e oro della squadra, marcando gelosamente con palmi e dita ogni parte e curva del suo corpo coperta di brividi, bollente, mentre il respiro si faceva più pesante ed affannato.
Arrancando all'indietro senza smettere di baciarsi e toccarsi con un'urgenza colma di desiderio bruciante, entrarono dentro l'aula di Pozioni. Sirius chiuse la porta con un piede, annaspando sulla bocca di Liv e con le sue braccia attorno al collo per abbassarlo e portarlo alla sua statura. Con una mano sul suo fianco sinistro la strinse a sè ricambiando quel bacio voglioso, smanioso, e con l'altra riuscì a prendere la bacchetta dai jeans per chiudere la porta soltanto dopo diversi tentativi.
Sospirò pesantemente, eccitato, quando furono liberi di spogliarsi godendosi appieno ogni sensazione stordente, ogni lembo di pelle scoperto che diventava malleabile sotto ai loro tocchi, ma spinti da un insopprimibile bisogno di unirsi, di sentirsi totalmente l’uno dell’altra, di appartenersi nel modo più assoluto possibile come per mettere in chiaro ogni cosa senza più incomprensioni, fraintendimenti, bugie, trappole.
Un bisogno mai sentito prima da nessuno dei due.



«Sì, nell’aula di Pozioni. Quando si dice ’chimica’, Mary, o ’alchimia’ se preferisci…» rispose in ritardo Liv, mal trattenendo un sorriso; la luce negli occhi scuri a Lily e Mary fece intendere molto di più di semplice malizia da sesso. Qualsiasi cosa fosse successa durante il rapporto era stata profonda e seria, non superficiale.
«Dimmi su quale banco non poggiarmi, domani siamo lì alla prima ora» disse Lily mettendosi le mani sui fianchi.
«La cattedra» rispose schiettamente Liv. Così come il fatto di non avere addosso il completino in pizzo, il posto e l’atmosfera non avevano avuto alcuna importanza. A nessuno dei due erano passati per l’anticamera del cervello quando ad essere perfetto era stato il battito dei loro cuori finalmente in sincronia.
Lily rise apertamente sciogliendo la postura severa mentre gli occhi di Mary diventavano grandi quanto quelli del drago sul calendario dietro di lei.
«Siete pazzi, tu e Black» commentò saltando giù dal letto «Voi due siete pazzi e la cosa drammatica è che insieme create due pazzi complici».
A ridere stavolta fu Liv che si chiuse la porta alle spalle, conscia del fatto che le chiacchiere si sarebbero presto fatte più intime.
«State insieme?» le chiese Lily mentre lei attraversava la camera per raggiungere il suo baldacchino.
«Non ne abbiamo parlato, eravamo troppo occupati a fare altro»
«Nemmeno quando avete finito?»
«Siamo crollati, abbiamo dormito».
Sia Lily che Mary sapevano il perché dell’enfasi sull’ultima parola, quanto fosse importante per lei che non dormiva da più di un mese.
Liv si piegò sulle ginocchia per aprire il baule e rovistare tra gli indumenti puliti mentre risentiva la stoffa pesante della sua tunica rossa da Quiddicth separare la sua schiena nuda dal legno della cattedra, il piacere estremo pervaderla completamente, i loro cuori scoppiare, lo sguardo grigio offuscato dall'estasi perso nel suo e quel bacio sulla fronte; il respiro di Sirius che da affannato sul suo profilo e sulle sue labbra si era fatto più lento e regolare sull’incavo della sua spalla e poi nel punto più sensibile dietro l'orecchio, soffermandosi lì in una cascata di brividi intensa e calore, bacio dopo bacio sulla pelle, così dolce e focoso insieme da sorprenderla; il deciso profumo maschile misto al suo a mandarla ancora più in tilt, il calore della pelle a contatto diretto con la sua, i brividi che avevano continuato a pervaderli, i suoi occhi che l'avevano osservata in silenzio per minuti interi; le sue braccia protettive attorno a lei, la mano che saliva e scendeva lungo tutto il braccio nudo in un movimento esausto e premuroso, l'irrefrenabile sensazione di benessere e fiducia che le aveva fatto chiudere gli occhi.
Si era addormentata stretta al suo petto senza neanche accorgersene, avvolta dal suo calore e col battito del suo cuore addosso.
«Dormito sulla cattedra di Lumacorno?». La riscosse la voce allibita di Mary.
«Sì»
«Ripeto, siete pazzi»
«Non avete parlato nemmeno quando vi siete svegliati?»
«Sono andata via, Lily»
«Cosa
«Mi sono rivestita e me ne sono andata»
«Liv». La voce e l’espressione della migliore amica erano intrise d’ammonimento.
«Cominciamo bene» l’appoggiò Mary nascondendosi gli occhi con una mano mentre Liv rideva, divertita e furba.
«Non c’è niente da ridere!»
«Permaloso com’è!»
«Ha riso anche lui!» le rassicurò non riuscendo a trattenere un sorriso forse fin troppo dolce per i suoi canoni. Diede le spalle ad entrambe per riassaporare da sola, ad occhi chiusi, quel momento.
 
«Volpe».
La sua bassa voce profonda, calda e roca per il risveglio era divertita come se quel suo comportamento non facesse altro che eccitarlo, interessarlo e fargli perdere la testa ancora di più.
Liv, acciuffando come se niente fosse il reggiseno dalla spalliera della sedia del professore, l’aveva guardato da sopra una spalla con sguardo scaltro sentendo la punta delle sue lunghe dita sfiorarle languidamente una fossetta sui lombi, facendole fremere le gambe.
Sirius era immobile come l’aveva lasciato, steso pancia sopra e nudo, gli occhi intesamente posati su di lei e un sorriso sghembo sul volto che faceva intendere non solo divertimento ma anche profondo compiacimento, stupore per quell'amplesso che li aveva sconvolti senza riuscire nemmeno a trovare le parole per descriverlo.

Era la volpe ed era anche per questo che voleva lei, così com’era. Liv adesso lo percepiva non soltanto addosso, anche dentro.
 
«Sei sicura che faccia sul serio?» le chiese Mary.
«Sì» rispose Liv senza nessuna esitazione. Era assolutamente certa. Non si spiegava il perché ma lo era, lo sentiva dopo quella notte che ancora la invadeva dentro.
Quell’unione di corpi sembrava fosse stata anche un lungo chiarimento tra loro, un deciso e convinto ‘’Ci sono, stai con me, stiamo insieme, voglio davvero che tu sia mia, mio’’ dopo tutto il desiderare, l’aspettare, il faticare per ottenere quello che finalmente avevano tra le mani, sulla bocca, nell’aria che respiravano.
«Nudo è davvero bello come dicono?»
«Di più».
«Davvero bravo
«Di più».
Non riusciva a capire certi resoconti sentiti nei bagni che descrivevano un Sirius Black esclusivamente esperto perché con lei aveva fatto l’amore intensamente, un’intensità focosa e passionale del tutto estranea a Charlie Wood. Un’ intensità che aveva coinvolto visceralmente entrambi e che lentamente si era fatta insopportabile sfociando in una passionale, focosa e animalesca violenza che li aveva portati al limite ed oltre. Sirius Black voleva tutto: corpo, cuore, mente, anima. E dava anche tutto. Non era stata una sua semplice sensazione, lui lo faceva capire senza dubbi o esitazioni.
E dolce, Sirius Black era stato perfino più dolce ed attento del premuroso Charlie durante la sua prima volta.
«La pozione è riuscita, quindi» dedusse Lily osservando l’amica con un certo divertimento. Non l’aveva mai vista ridotta in quello stato dopo un incontro con Wood.
«Riuscitissima, credimi…» rispose ancora una volta Liv prendendo intimo ed indumenti puliti per farsi una doccia. Dalla sua voce, anche Mary capì che era rimasta profondamente segnata.
«Ok, ci basta questo» rise scambiandosi un’occhiata con Lily che però non sembrava del tutto soddisfatta del racconto.
«Che misura di mestolo ha Black?»
«Lily!» sbottò scandalizzata Mary lanciandole direttamente la coperta.
Liv rise, enigmatica e maliziosa, portando lo sguardo riservato ma vivace su di loro, la fossetta ben in vista su una guancia.
Quando scesero in Sala Comune, un’ora dopo, si accorsero che i pochi presenti sparsi tra poltrone e divano avevano il volto coperto da un giornale in pergamena lilla.
«Allock non scherzava affatto» pigolò sconcertata Mary avvicinando il piccolo naso alla prima pagina tra le mani di chissà chi. La foto di Gilderoy era così grande da lasciare spazio soltanto al nome del giornale, La Gazzetta dell’Esteta, e all’evento della giornata: “San Valentino”.
«Interessante, non ho mai visto così tante sciocchezze tutte insieme» esordì Lily chinata a leggere dietro una spalla di Daisy che sfogliava lentamente le pagine lilla profumate di lavanda e decorate per l’occasione da cuori e cornici di fiori disegnati piuttosto bene, a dirla tutta. A metà giornale c’era addirittura un poster autografato che lo ritraeva sulla scopa, in divisa da Cercatore Corvonero.
«Liv, ci sei anche tu» la informò la compagna di squadra con voce piuttosto perplessa.
«Scherzi?» fece lei distogliendo lo sguardo sconcertato dalla bacheca per avvicinarsi a lei «Fa’ vedere». L’espressione schifata sul suo volto attento non si fece attendere.
Allock aveva scritto tre parole in croce riguardo la partita del giorno prima perché evidentemente aveva una fissa per le foto, foto che invadevano le pagine, foto di se stesso con i giocatori così piccoli dietro di lui da riconoscersi a mala pena.
«Quella potresti benissimo essere tu, Daisy… o Parkinson»
«Parkinson è un maschio ed aveva la divisa verde…»
«Perché, riesci a distinguere tratti e colori che non siano ‘biondo grano’ e ‘blu cielo d’agosto’ in questa foto?».
Daisy rise strizzando gli occhi per cercare di vedere meglio il puntino dietro il faccione dal sorriso angelico di Allock. Liv, invece, sentì due mani infilarsi nelle tasche anteriori dei jeans per avvicinarla al bacino di qualcuno mentre un naso sprofondava sul suo collo.
Sorrise riconoscendo la presa, il tocco, il respiro, il naso, il profumo; rise, sentendosi trascinare all’indietro.
Il fiato mancò e fu come riavere addosso i suoi occhi grigi totalmente rapiti dalle curve del suo corpo nudo, sentire i brividi scatenati al primo contatto diretto della loro pelle che sembrava andare a fuoco, avere il seno sotto le sue mani esperte ma stranamente tremanti, la pancia schiacciata sugli addominali.
Rivedeva il suo sguardo liquido ed offuscato ma fermo ed intenso nel suo mentre affondava lentamente e poi incalzante dentro di lei, l'immensa emozione e sensazione di pienezza che l'aveva invasa in quel preciso momento in cui erano diventati una cosa sola cancellando l'intero resto del mondo. Sembrava di sentire i loro respiri affannati trasformati in gemiti incontrollati, quel ‘’Olivia” sospirato all’orecchio, le ardenti vampate di calore ad ogni spinta impetuosa colma di desiderio quasi violento, il corpo avvinghiato al suo sciogliersi. Poteva percepire la sua lingua sul collo e poi sempre più giù; la dedizione e la passione con la quale l’aveva accarezzata, toccata, esplorata, presa, respirata.
Poteva risentirlo gemere contro la sua bocca e il suo seno, sentire le sue mani attorno alla testa che le avevano accarezzato i capelli con dolcezza mentre si muoveva in lei lento, intenso e poi impetuoso, animalesco, bisognoso come se fosse tutto ciò che lo teneva in vita in quel preciso momento, come se volesse fondersi con lei. Rivedeva i suoi muscoli tendersi, gli attraenti lineamenti del suo viso contratti e rilassati dal piacere, le nere ciocche di capelli a ricadergli sugli occhi sempre addosso a lei oppure chiusi; lo stupore che li aveva accesi una volta raggiunto il piacere, di fronte a ciò che era esploso unendosi insieme.
Nella penombra dietro la porta che dava sulle scale dei dormitori femminili, lì dove l’aveva trascinata lontano dagli occhi di tutti, Liv si voltò verso di lui passandogli una mano dietro la testa per allacciare le dita ai capelli neri e baciarlo intensamente, lasciandosi andare con tutta se stessa come aveva fatto in quei precisi momenti sempre più vividi nella mente e come invece non aveva mai fatto con Charlie.
Sirius sorrise contro quella bocca squisitamente passionale ed istintiva come la sua, infilando senza indugi le mani nelle tasche posteriori dei suoi jeans per portarsela addosso e palparle con disinvoltura il sedere che l'aveva mandato fuori di testa.
Ricambiò il bacio per assaporarla ancora meglio e fu come risentire le sue lisce e toniche cosce nude attorno ai fianchi muoversi sinuosi con lui, la pelle d’oca del basso ventre a contatto con la sua, le sue unghie affondate sulla schiena, i respiri affannati, le sue mani tra i capelli e dappertutto, il suo modo di muoversi, le sue labbra baciarlo tra i gemiti, quel “Sirius” ansimato all’orecchio e il suo naso che si sfregava proprio lì dietro facendo esplodere tutto; la sua lingua sul collo e poi sempre più giù fino a farlo impazzire di desiderio bruciante; il suo seno pieno tra le mani e le curve ipnotiche anche alla vista e non solo al tatto, il profumo inebriante della sua pelle vellutata che lo richiamava senza che lui potesse resistere minimamente; quella pelle che reagiva alla sua, a lui. Quella pelle incredibilmente morbida alla quale non riusciva a non pensare.
Percepiva ancora il sentirsi una cosa sola ad ogni spinta, movimento, bacio, carezza, sguardo, respiro. Liv l'aveva sorpreso, sconvolto.
«Ehm… ragazzi? Giovani amanti di belle speranze?» li richiamò James.
Liv allontanò di malavoglia le labbra da quelle di Sirius che mugugnò infastidito, del tutto contrariato, per affacciarsi oltre lo stipite ed osservare non solo Mary, Remus e Peter imbarazzati ma anche tutti gli altri che avevano abbassato il giornale lilla guardandoli allibiti come se fossero una di quelle pagine. Cindy Wood, in lacrime, scappò fuori dalla Sala Comune.
«Qui i fanciulli e le fanciulle vergini si stanno scandalizzando immaginando le peggiori cose pornografiche dietro quella porta» spiegò James alla neo coppia. Lily gli diede una leggerissima gomitata.
«Ahi» si lamentò lui portando una mano sul costato ancora bendato sotto il maglione.
«Non fare il melodrammatico, Potter, Madama Chips ha detto che non senti più nessun dolore. E se lo dice lei…»
«Evans, sei rossa anche tu, o sbaglio?»
Traditrici, le guance di Lily dal rosa cicca passarono al rosso fenice. James restò a fissarla, incuriosito.
«Andiamo? Ho fame» tagliò corto lei superandolo con una certa velocità sotto il suo sguardo inquisitorio.
Con al seguito Peter, Remus e Mary presi per mano, s'incamminarono verso il buco del ritratto ed uscirono dalla Sala Comune. Liv e Sirius, invece, non si mossero dal loro nascondiglio.
Sirius le prese il viso tra le mani e Liv gli circondò la vita con le braccia.
«Presa» le mormorò con una luce accesa negli occhi, la stessa in quelli scuri davanti.
Sirius era andato a cercarla e se l’era ripresa mettendo in chiaro la sua scelta di averla sul serio, di volerla con lui.
E Liv sorrise, segretamente commossa, lasciandosi andare alle spaventose emozioni che la invasero ancora una volta.
«Non puoi stare in mezzo a tutti dopo la doccia» le mormorò ancora, Sirius, sistemandole una lunga ciocca di capelli dietro l’orecchio ed osservandola con lo sguardo colmo di quelle stesse stordenti emozioni.
«Perché no?»
«Perché il tuo buon odore è ancora più percepibile»
«E che problema c’è?».
Sirius sospirò pesantemente tra i suoi capelli, premendole gelosamente la fronte sulla sua.
«Fa impazzire».
Un brivido percorse interamente Liv a quella voce bassa e calda, al sentire le sue labbra parlare sulla pelle, ed altre immagini della notte appena passata ripresero ad ossessionare entrambi.
«E tu non farti più la barba prima di scendere a colazione». Liv gli morse il mento, provocandogli la contorsione delle viscere e una lunga vertigine più in basso. Olivia era audace anche in quello, Sirius era rimasto spiazzato più volte quella notte ed era una cosa l'aveva mandato in tilt. Lo adorava.
«Credo che l’unica cosa da fare, allora, sia rinchiuderci in camera per un po’» propose Sirius con una certa urgenza nella voce portando le mani ai lati della sua testa lasciandole un bacio sulla pelle morbida della fronte.
Un sorriso divertito contro il suo pomo d’Adamo fu la risposta di Liv che sollevò lo sguardo verso di lui, trovando non solo la stessa ardente e totale intesa della notte, ma anche un’ondata di emozioni, dalle più erotiche, avide e provocanti alle più dolci. Ci stavano annegando dentro quel fuoco, quell’acqua, quell’adrenalina non paragonabile nemmeno alla velocità massima della motocicletta e della Nimbus.
Liv sorrise ancora sentendo le labbra di Sirius scendere lungo il profilo del naso e sentì la testa girare quando Sirius la baciò con foga sollevandola dai fianchi, trasportandola di nuovo in Sala Comune e poi verso le scale dei dormitori maschili, sorridendo sul suo sorriso aperto.
Arrivarono nella stanza dei Malandrini senza sapere come, con le bocche che continuavano a cercarsi e prendersi, avide, mentre la porta si apriva e poi richiudeva sotto il peso della schiena di Liv e di Sirius che la teneva schiacciata contro il legno con un bacio lento ma profondo, sensuale.
Sfilandosi i maglioni freschi di bucato, avanzarono a tentoni verso il baldacchino di Sirius senza riuscire a separarsi, ignorando del tutto le scatole infiocchettate che si ritrovarono a calpestare.
La schiena nuda di Liv sprofondò sul morbido materasso insieme alla sua cascata castana di capelli, Sirius le andò sopra subito dopo con le braccia tese per non farle del male.
E lì, in quella comodità e totale privacy si soffermarono a guardarsi negli occhi perforanti e persi l’uno nell’altra come se l’intimità trovata in quel letto fosse la stessa che percepivano tra loro.
Sirius si abbassò a baciarla con calma, sospirando insieme a lei al rinnovato contatto diretto dei loro corpi.
Perlustrò con il naso il collo, attratto dal suo buon odore, andando in tilt. Liv chiuse gli occhi avvertendo il suo respiro morbido e caldo sulla pelle, facendole battere freneticamente il cuore, toglierle l'aria.
Sirius era incapace di resistere alla morbidezza della sua pelle resa profumata dalla densa nota vellutata, sensuale ed inebriante del narciso nella sua crema corpo.
Con le mani risalì, accarezzando le cosce nude che lo accolsero, per affondare poi nella carne morbida mentre con le labbra seguiva la curva della gola, scivolando lascivamente sul punto preciso nello sterno palpitante facendo tremare Liv, completamente abbandonata a lui. Lì il suo cuore pulsava con un'intensità tale da percepirla col solo sfiorarle la pelle, per lui.
Il cuore di Sirius perse un battito al percepirlo e al sentire le sue mani ai lati del torace e sui bassi addominali, ritrovandosi ad annaspare sulla sua spalla che baciò il secondo dopo, occhi chiusi e cuore aperto.
La pelle di entrambi, dopo la doccia, era incredibilmente liscia ed intrisa della loro essenza più intensa; nuove sensazioni fortissime li travolsero, facendo perdere ancora una volta il controllo. Liv ribaltò con decisione le posizioni prendendogli possessivamente il viso tra le mani nello stesso momento in cui Sirius, piacevolmente sorpreso, prendeva il suo baciandola voracemente.
 
 
 
 


 
*
 
 
 




 
«Che intenzioni avete, piccioncini, in questo giulivo giorno di festa
«James, se la tua intenzione è quella di apparire menefreghista e per niente geloso delle coppie sappi che non ci stai riuscendo»
«Remus, perché devi sempre vedere messaggi nascosti dietro ogni comportamento?»
«Non è affatto nascosto il tuo “vorrei essere come voi”»
«Come? Io? Come voi? Ma nemmeno se mi offrissero in cambio un posto da Cacciatore nei Tornados»
«Non li sopporti…»
«Allora, che accidenti dovete fare?!»
«Dato che l’uscita a Hogsmeade è stata cancellata dopo il tuo “incidente”, io e Mary abbiamo optato per una passeggiata al parco»
«Sì, sarà perfetto lo stesso. Anche se si gela c’è un bel sole, la neve sta cominciando a sciogliersi e…»
«Che originalità, ragazzi, ci stanno andando tutti»
«Potter, finiscila»
«Di fare cosa, Evans
«Di rovinare il giorno di San Valentino a due persone che vogliono stare insieme»
«Rovinando? Io
«Sì, tu»
«Mi sto interessando a loro! In questo giorno diventano tutti egoisti verso il mondo che continua ad esistere attorno al loro nido, tana, giaciglio, groviglio di rami secchi e rifiut…»
«Sta’ zitto e basta»
«Siamo nervosette, Evans
«Parla il maestro di meditazione»
«Chi accidenti sarebbe? Mi stai insultando?»
«Quasi, Potter, ci sono quasi»
«Di nuovo l’originalità che la fa da padrona! Non chiedo nemmeno cosa i qui presenti “Non voglio ragazzi in mezzo ai piedi” e “Tutte le ragazze mi annoiano” vogliono fare, qualcosa d'incredibilmente egoistico in cui devono essere presenti solo loro due»
«Ci mancherebbe, Potter»
«Non è vero, Liv? Felpato? Dove cavolo sono quei due pervertiti!?»
«Non ci stavano seguendo?»
«Direi di no, Evans, hai bisogno degli occhiali?!»
«Usa di nuovo quel tono, Potter, e ti farò ingoiare i tuoi!»
«Ragazzi, calma…»
«Ma sono pazzi? Non hanno neanche cenato ieri sera!»
«Hanno un altro tipo di fame, Peter».
Peter, incredulo, si lasciò spingere gentilmente dalla mano di Remus posata sulla schiena e seguì gli altri per poi bloccarsi subito dopo insieme a loro perché la Sala Grande era nel completo caos.
Un ammassamento di gufi di ogni grandezza e colore mai visto prima e cartoline di San Valentino in tutte le sfumature del rosso e del rosa invadevano l'aria e i tavoli, il pavimento, perfino gli stendardi delle quattro Case, il tavolo dei professori e i camini. Il tavolo di Corvonero era quello messo peggio in quel turbine di piume, lettere, escrementi e studenti nel panico.
«È un incubo, sono come minimo centinaia» mormorò sconvolto James, spostandosi di lato per far passare la fila di studenti schifati e terrorizzati che cominciarono ad abbandonare la colazione con giornali e tracolle a riparare la testa, scappando dalla Sala dove una professoressa McGranitt furiosa intimava tutti di uscire alla svelta.
Il volto di Lily, se possibile, era ancora più disgustato del suo.
«Lui» disse semplicemente riferendosi al colpevole che non poteva essere altri che il tizio in divisa Corvonero, in fondo alla Sala proprio davanti ad una professoressa McGranitt in piedi e rigida come un manico di scopa dietro il suo posto, al tavolo dei professori sconvolti. Vitious, una minuscola mano a coprirsi gli occhi, era quello più mortificato di tutti. Lily era certa che, per la prima volta in vita sua, ringraziava il suo essere così piccolo da potersi nascondere dietro i tavoli.
Vide la professoressa McGranitt aprire bocca, e subito dopo venti zaffiri salirono verso l'alto nella clessidra Corvonero scatendando rimproveri pesanti contro Allock da qualche Corvonero nell'ormai affollata Sala d'Ingresso.
Quando Lily si girò di nuovo verso la Sala Grande vide Allock sfilare tra il tavolo dei Tassorosso e quello dei Grifondoro, ormai deserti come i restanti altri due, borbottando qualcosa senza però abbassare il sorriso.
«Io, fare una cosa del genere, pazzesco» stava dicendo con aria fintamente oltraggiata avvicinandosi a loro, tra le mani una manciata di cartoline e sui capelli biondi piume ed escrementi come sulla marea di teste della massa di studenti che lo fulminò da lontano prima di sparpagliarsi per i corridoi, le scale, i Sotterranei e il parco.
«Provate a dire che me le sono inviate da solo, avanti!» esordì Allock distribuendole a James, Lily, Mary e Peter.
Remus ne prese una, perplesso tanto quanto James al suo fianco, osservandola attentamente. La confrontò con quella di Mary notando effettivamente la grafia diversa, ma quella di Peter invece era identica alla sua.
Allock doveva aver passato notti a scriverle, cambiando grafia ogni tanto. Non c'era da stupirsi, spesso passava l'intervallo a riempire centimetri su centimetri di pergamene con differenti versioni della sua firma.
Oppure aveva convinto i suoi compagni di dormitorio e chissà chi altro a scrivere cartoline diverse, insieme a lui. Remus si chiese però come, dato che nessuno gli dava retta in quella scuola. Doveva aver usato un buon incantesimo* Confundus o uno di Memoria, si disse evitando accuratamente di guardarlo per non scoppiargli a ridere in faccia.
«Allora?! Cosa dite?!» «Diciamo che sei pazzo» rispose semplicemente James rigirandosi la cartolina tra le dita con espressione a metà tra il per niente sorpreso e il divertimento. «Che nessuna ti corre dietro e che una cosa del genere non succede nemmeno a Sirius che ha praticamente quasi l'intera popolazione femminile di questo castello ai piedi».
Il sorriso smagliante di Allock si abbassò e, man mano che lo sguardo turchese scorreva con aria critica lungo le loro intere figure, perse ogni briciolo d'entusiasmo.
«Ma come?» esordì Gilderoy, palesemente deluso. «Non avete letto la Gazzetta dell’Esteta?».
Mary e Remus sembrarono improvvisamente trovare interessante le cartoline, indicando il putto che sparava coriandoli a forma di cuore ogni tanto, mentre Peter quasi piangeva dal dispiacere nel vedere la pancetta abbandonata sui tavoli sotterrata da piume, coriandoli e cacche di gufo.
«I vestiti! I capelli! E il sorriso, per Merlino! Dove sono i vostri sorrisi?! Ho scritto dieci pagine solo sul sorriso come accessorio fondamentale per passare un perfetto San Valentino! Un sorriso perfetto fa innamorare chi vorreste accanto e rende felice quello che invece avete la fortuna di avere già! Non può mancare oggi!».
Il ribollire della risata trattenuta di Lily, James sembrò percepirlo sulla pelle della mano che quasi sfiorava il pugno chiuso di lei. Frenò ogni impulso di avvolgerlo con le dita.

 
 
 
 


 
*
 
 
 
 


 
Come ad ogni metà febbraio, la neve aveva cominciato a sciogliersi nel desolato parco attorno a Hogwarts. L’aria era diventata più umida nonostante il freddo continuasse ad essere rigido facendo venire la pelle d’oca sotto i mantelli.
Dopo pranzo, grossi nuvoloni gravavano sulle montagne e gli spioventi tetti delle torri oscurando il sole con uno spesso strato plumbeo non più da neve ma tipico delle gelide piogge del periodo.
Le due piccole figure di Remus e Mary passeggiavano nell’immensa riva del Lago Nero come altre coraggiose coppie sparse sul pendio scivoloso e sdruccioloso per via del fango misto alla neve.
«Dici che oggi uno dei due cederà?» rise Mary stringendosi al braccio di Remus per non cadere mentre camminava sopra dei sassi in riva.
Lui intrecciò le dita della mano aggrappata al suo polso, per sorreggerla meglio.
«Ho cercato di farlo capire a Lily, prima, ma sarà dura. Dico che se non succederà finirà molto male per tutti noi» rispose in un sorriso affabile prima di aggiungere un sincero ‘’Povero Peter’’ rivolto all’amico in quel preciso momento seduto tra James e Lily nel divano della Sala Comune.
Mary rise, una risata cristallina che gli fece sparire i brividi di freddo, mentre saltava giù dal masso bagnato per mettersi davanti a lui. I suoi occhi nocciola erano così luminosi da rispecchiare gli sfuggenti ed ultimi scorci di sole che le rendevano i capelli biondi più lucenti del solito.
Era sempre più bella e Remus non si era ancora abituato alla meravigliosa sensazione di averla accanto, di poterle toccare il piccolo naso all’insù che adorava, baciarle il viso delicato, di poterla abbracciare.
Non si era ancora abituato a quelle morbide labbra che lo baciarono anche in quel momento.
Ricambiò quel dolce contatto al sapore di cioccolato alle nocciole, pensando non ci fosse niente di meglio.
Era in assoluto il primo San Valentino per entrambi e nessuno dei due sapeva cosa accidenti si doveva fare per renderlo “speciale”. Bastava davvero un sorriso perfetto come aveva detto Allock?
Allontanando le labbra da lei e vedendo il suo, emozionato e tutto per lui, Remus si disse che, sì, bastava quello. L’abbracciò di slancio, circondandole la testa per lasciarle un bacio tra i capelli mentre lo sguardo volava davanti a lui, lì dove la collina s’incontrava con la Foresta Proibita e il Platano Picchiatore.
La strinse ancora più forte a sé, a quella vista.
«Ti voglio bene anch’io» sussurrò lei sul suo petto, in quel piccolo spazio di mondo sempre più accogliente.
Tra i ciuffi biondi, le labbra pallide di Remus si stirarono in un fugace sorriso.
«Vieni» le disse poi, sciogliendo la stretta ed afferrandole una mano.
«Dove?» rise lei lasciandosi però trascinare.
Risalirono tutto il pendio a fatica, incespicando sulla neve sciolta e sul fango ma senza scivolare grazie alle loro mani saldamente intrecciate.
E quando arrivarono in cima Mary si ritrovò a scostarsi con grande difficoltà i capelli dal volto arrossato per colpa del violento spostamento d’aria creato dai furiosi rami del Platano Picchiatore davanti a loro.
«Remus!» lo chiamò spaventata osservando il ragazzo allontanarsi un attimo da lei per andare a recuperare un lungo bastone da terra.
«Non ti preoccupare, stai tranquilla» la rassicurò lui sorridendole «Guarda».
E Mary guardò. Guardò la punta del bastone toccare un nodo del grosso tronco dell’albero impazzito che subito dopo bloccò i rami nell’aria.
Rimase a bocca aperta davanti a quello spettacolo.
«Andiamo?» la invitò Remus con voce divertita dalla sua espressione. Le posò una mano sulla schiena per spingerla delicatamente verso le radici e lei si lasciò trascinare ancora una volta, lo sguardo incredulo a vagare sopra le loro teste dove l’intreccio dei rami immobili sembrava minacciarla.
«Mi stai portando
«Ti sto portando lì».
Oltrepassarono la fessura sul tronco e il buio nel tunnel di terra umida li avvolse. Remus non fece in tempo ad accendere la bacchetta perché delle esili braccia lo strinsero forte.
«Ti voglio bene anch’io» mormorò in un sorriso visibile alle orecchie di entrambi. Remus sentì quello di Mary contro la guancia.
“Lumos” disse mentalmente perché senza voce dall’emozione, e dalla bacchetta di cipresso si accese ed espanse una tremula luce azzurrina.
Il viso di Mary davanti a lui era disteso in un’espressione di profonda riconoscenza, i suoi occhi nocciola lucidi ma ridenti sembravano accarezzarlo. Sapeva quanto Mary desiderasse far parte del suo ‘’Piccolo Problema Peloso”.
Le sorrise in risposta, baciandola a fior di labbra prima di farle strada.
«Prego, da questa parte» scherzò con voce da maggiordomo, facendola ridere.
Percorsero tutto il tunnel sottoterra in silenzio, l’emozione in Mary era così forte da zittirla.
Arrivati alla botola, Remus sbucò dentro la Stamberga per primo per poi allungarle una mano che lei prese al volo venendo subito sollevata.
Le stanze che Mary si ritrovò davanti le fecero capire senza più incertezze quanto in realtà il lupo soffrisse lì dentro.
Ogni cosa era distrutta, graffiata, scrostata, strappata ed incrostata di sporcizia dovuta all’abbandono ma anche al sangue secco, il colore non lasciava spazio ai dubbi. Una fitta le trapassò il cuore alla vista di un punto particolarmente sporco del tappeto nella camera al piano di sopra.
La luce entrava a strisce dalle finestre sbarrate con assi chiodate, la carta da parati era scollata, il grande letto baldacchino occupava gran parte dello spazio insieme al pianoforte a cui mancavano diversi tasti. Sul pavimento polveroso qualcosa attirò la sua attenzione. Vicino alle sue scarpe sporche di fango c’era quella che era a tutti gli effetti un’impronta di cane.
«L’unica cosa che mi fa più male della Luna Piena» esordì Remus, pacato, dietro di lei.
E accanto alle impronte di cane ce n’erano altre, zoccoli e piccolissime zampette sottili.
«È vederti soffrire per me» continuò Remus, l’emozione a rendergli malferma la voce. «Il mese scorso, in infermeria, eri davvero preoccupata. Avevi le occhiaie, eri pallida e so che hai pianto».
Mary, senza fiato, si girò verso di lui incontrando gli occhi ambrati più tremolanti che mai.
«Per me»
«Certo, Remus, prova a metterti nei miei panni! Sapevo che eri qui, da solo, a soffrire per i dolori atroci che non dipendono da te ed anche per quelli che dipendono da te, quelli che ti autoinfliggi!»
«Non ti sto rimproverando, Mary» si affrettò a mettere in chiaro lui prendendole le mani e stringendogliele con apprensione. Era spaventata da quel posto, Remus lo vedeva, continuava a guardarsi attorno con gli occhi nocciola spalancati e il fiato corto. E la capiva benissimo.
«Ti ho portata qui apposta»
«Per farmi sentire parte di te, lo so, e non immagini quanto io apprezzi questo tuo gesto, Remus».
Il suo sorriso di nuovo riconoscente e una lacrima solitaria sulla guancia lo spinsero a baciarla con trasporto.
«Proprio così» confermò dopo poco sulle sue labbra per poi allontanare il viso giusto per guardarla negli occhi.
«Ed anche per rassicurarti»
«Nascondete qualcosa, tu e gli altri»
«Sì»
«Un lupo mannaro è agonizzante all’alba, il manuale di Cura delle Creature Magiche ha i disegni. Per questo prima di vederti sorretto da Madama Chips ma in piedi sulle tue gambe ero preoccupata, pallida, con le occhiaie. Sempre per questo ho pianto tutta la notte»
«E proprio per questo io ti dico che ogni notte di luna piena io non sono solo».
Vide il volto di Mary irrigidirsi, gli occhi dilatarsi.
«Che significa?» esalò lei, fissandolo.
«James, Sirius e Peter stanno con me»
«Non è possibile, nessun essere umano può stare con un Licantropo le notte di luna piena senza venire ucciso»
«Un Eccezionale in Cura delle Creature Magiche e Difesa, Mary» le mormorò in un sorriso Remus scatenando in lei un’improvvisa espressione confusa.
«Cambia materia, adesso» le suggerì senza riuscire a smettere di sorridere davanti al volto attento della ragazza.
«Loro tre non possono aiutarti in alcun modo, Remus, con nessun incantesimo, nessuna pozione, nessuna Runa…»
«Sì che possono, Mary, con la Trasfigurazione». Le accarezzò lievemente le guance scrutando i suoi begli occhi muoversi impercettibilmente come se stesse sfogliando nella mente tutti i libri di testo della McGranitt studiati dal primo anno.
E quando quel viso pensieroso sfuggì alla sua presa per abbassarsi veloce verso il pavimento, una forte e calda sensazione si espanse nel petto. Non riuscì a capire se fosse per il fatto che la sua ragazza finalmente avrebbe smesso di soffrire per niente o se per l’immenso orgoglio ed affetto rivolto ai suoi tre migliori amici.
Mary risollevò lo sguardo spalancato verso di lui che le annuì dolcemente e i suoi occhi nocciola parvero sciogliersi, brillare di luce propria.
«Animagus?» sussurrò sconvolta ma con un tremulo sorriso meravigliato che lo tranquillizzò all’istante facendogli capire che lei era d’accordo, che non sarebbe andata a dirlo a nessuno.
«Ma non è possibile, Remus. A lezione, l’anno scorso, la McGranitt ci ha detto che il processo è difficilissimo e pericolosissimo, oltre che illegale»
«Ho provato a farli ragionare» continuò pazientemente Remus senza riuscire a trattenere un sorriso «ma “difficilissimo, pericolosissimo ed illegale” non sono altro che parole senza alcun significato per dei “Consiglieri ed Alleati dei Magici Malfattori”». Le fece cenno di osservare di nuovo il pavimento e Mary, sconvolta, lo fece.
«”Ramoso, Felpato, Codaliscia”… cervo, cane e to…». Remus lasciò la frase a metà, restando spiazzato dal pianto silenzioso di Mary.
«Mary». Preoccupato, si chinò su di lei per cercare di calmarla e passarle le dita sulle guance bagnate.
«Sono solo…» singhiozzò lei sollevando le mani tremanti per asciugarsi da sola le lacrime «Sollevata». Sentì il sorriso di Remus sui capelli e poi il pulsare frenetico del suo cuore quando la abbracciò con forza.
«Posso ringraziarli, quei pazzi?» gli chiese con la voce soffocata per via delle labbra premute sul suo maglione.
«Non sanno che avevo intenzione di dirtelo, in realtà non lo sapevo nemmeno io prima di mezz’ora fa, ma tempo fa mi avevano proposto di dirti tutto. Stasera ci parlerò e allora potrai dirgli quello che vorrai basta che non tenti di abbracciare o baciare Sirius, fidati».
Mary rise, una risata acquosa come i suoi occhi di nuovo in quelli di lui.
«Ti amo, Remus».
 
 


 
 
 
 
*
 
 
 




 
Seduti tra le lenzuola, ancora avvinghiati, Liv e Sirius si guardavano senza riuscire a smettere, avvolti da quella sensazione impossibile da combattere e che ancora persisteva.
«Che c’è?» mormorò Liv senza allentare la morsa delle dita aggrappate con morbidezza alla nuca di Sirius. Gli occhi grigi si spostavano ardenti su ogni parte del suo viso, intensi e ammaliati come se fosse davanti a qualcosa di immenso che lo stordiva e lo stupiva, sedotto completamente. Si sentiva una dea, Liv, sotto quello sguardo. «Penso» rispose in un sussurro Sirius ancora leggermente affannato, accarezzandole il naso con la punta del suo prima di ricominciare a lasciarle piccoli baci sul viso. Era estasiato, da lei, completamente.
«A cosa?» soffiò Liv sentendo il cuore tremare, la pelle arricciarsi sotto il tocco infuocato di quelle labbra che l'avevano fatta impazzire.
Lui intensificò lo sguardo socchiuso ma sempre fermo su di lei, un braccio ancora attorno alla sua vita ad avvolgerle la schiena per continuare a schiacciare Liv sul suo petto, e l'altra mano aggrappata su uno dei suoi morbidi fianchi che minuti prima si erano mossi maledettamente sensuali, dominanti ed eccitanti sul suo inguine in un vortice di piacere estremo. I lunghi capelli scuri sciolti ad ondeggiare sulla schiena nuda, sfiorando le fossette e la curva irresistibile del fondoschiena pieno.
Era stata una gatta flessuosa e sensuale che gli aveva fatto perdere la testa, stupendolo. Aveva adorato il modo in cui si era mossa su di lui, con lui. «Al tuo sedere» le rispose schiettamente portando le mani proprio lì, sulle attraenti natiche nude di Liv ancora seduta su di lui.
Lei sorrise spingendogli brutalmente il busto giù sul materasso, e Sirius restò disteso ad ammirarla con avida intensità dal cuscino spiegazzato, uno sghembo sorriso compiaciuto stampato in viso.
I lunghi capelli scuri, ondulati ed arruffati da lui e dal loro impetuoso bisogno di aversi, le cascavano sinuosi sulle piccole spalle e le braccia incorniciando sensualmente il pieno seno perfetto per le sue mani grandi; la vita stretta che metteva in risalto le seducenti curve magnetiche e morbide dei fianchi.
Olivia era interamente incantevole, aveva un corpo tremendamente sexy, più di quanto aveva sempre pensato.
Olivia era bella da togliere il fiato, era eccitante da morire e passionale, una passione sfrenata ed intensa che trovava senza inibizioni la sua, focosa ed esplosiva, innescando una completa connessione mai raggiunta prima con nessuna.
Anche il suo inconsapevole modo di guardarlo gli faceva perdere la testa tanto quanto il suon buon odore di pelle, capelli e labbra.
Sirius ci mise poco a ribaltare le posizioni in un ennesimo colpo di reni che tra quelle lenzuola si era alternato come in una lotta tra due animali predatori.
Il sorriso di Liv sembrò dire la stessa cosa e vedendola lì, sottomessa con i lunghi capelli sparsi sul suo cuscino, altre immagini si fissarono in mente facendogli notare che in realtà tra loro non era mancata nemmeno la parte più lenta e profonda, quella parte che ogni volta che ci pensava rendeva tutto più consapevole, intenso.
Provocandole un sommesso sospiro le andò sopra facendo ricombaciare del tutto i loro corpi, circondandole la testa con le braccia e le mani, scrutandola penetrante come se non esistesse nient’altro mentre lei gli infilava dietro un orecchio i neri capelli spioventi ad un lato del viso, accarezzandogli col dorso delle dita il piccolo neo nascosto lì dietro facendolo sussultare e sorridere, tremante, col grigio degli occhi ardente quanto il calore nell'intero corpo; il cuore impazzito e la voglia di baciarla a stringergli la gola. Liv sorrise, altrettanto scossa. Avevano scoperto di avere quel punto sensibile in comune durante la notte, era sorpendente. Fece scorrere le dita fino al mento che lui abbassò di poco per poterle baciare le nocche.
Era bello Sirius, bello da mozzare il fiato. La linea del naso, quella delle sopracciglia e dello zigomo che scendeva seducente fino al mento, le labbra invitanti, il taglio allungato degli occhi, l'iride grigia sempre intensa ed accesa. Era irresistibilmente sexy il suo corpo, il suo modo di muoversi, di guardarla, di toccarla, farla sua e darsi a lei. Focoso ed istintivo, faceva perdere la testa.
«Penso che sei la più bella che abbia mai avuto e visto» mormorò Sirius, una nota calda nella voce profonda. Sentì in modo chiaro il cuore di Liv mancare un battito sotto il suo petto, la sua pancia allontanarsi dai suoi addominali per il tempo di un profondo respiro e poi ritornare a stretto contatto con la sua pelle d’oca, combaciando perfettamente.
«Penso che non avevo mai dormito con qualcuna, tantomeno sulla cattedra di Lumacorno» continuò pacato senza smettere di far scorrere lo sguardo assorto sul suo viso estremamaente dolce, sul goloso marrone ambrato baciato dalla luce della finestra; le nere pupille ben visibili e dilatate fisse sulle sue.
Il sorriso complice e malizioso di Liv lo fece impazzire, attirandolo inesorabilmente. Seguì con un pollice il contorno di quella bella bocca irresistibile prima di premerle il labrro inferiore per aprirglielo e farci sprofondare le sue di labbra, chiudendo gli occhi come lei.
«Penso che sei perfetta per me». Fu un sospiro sulla lingua, nel buio delle palpebre serrate, nell’intimità di essere ancora un tutt’uno, abbandonati all’altro e alle emozioni nate da un sentimento che sembrava non andare via.
Con il cuore a mille Liv gli morse piano un labbro, altrettanto dolce, facendolo sorridere nonostante i denti a trattenerlo.
Il sorriso di Sirius si allargò quando Liv ribaltò ancora una volta le posizioni, piegandosi su di lui con i capelli scuri a cascarle da un lato del collo, ampie onde sinuose dalle punte profumate di fiori d'arancio che gli sfiorarono il profilo, inebriandolo, quando lei lasciò la presa per guardarlo con occhi colmi d’emozione, la stessa che lui sentiva palesarsi dentro di sè.
«Dai, dillo» la sfidò con la curva sfrontata delle labbra libere, un braccio poggiato su una sua spalla nuda per prenderle con dolcezza la parte scoperta del collo, la mandibola, il mento accarezzando la pelle con le dita e lo sguardo di chi sa di star toccando e guardando qualcosa di suo.
L’aperto sorriso di Liv lo incantò attirando lo sguardo di nuovo sul suo viso, i grandi occhi scuri a fondersi con le lunghe ciglia nere, il naso arricciato, la fossetta sulla guancia.
«Sei…» iniziò lei senza fiato per via delle mani di Sirius che avevano cominciato a salire e scendere, lente ed aperte sulle sue cosce sprofondate sul materasso ai lati del suo bacino «… troppo impaziente».
Rise rumorosamente subito dopo per le magre dita indispettite che le pizzicarono senza pietà la pelle della pancia.
Le mani di Sirius si fermarono, immobili come il suo respiro, quando Liv si abbassò su di lui con gli occhi scuri intensi, vibranti; il bel profilo ad un soffio dal suo.
«Sei perfetto per me» gli sussurrò Liv in un respiro spezzato da qualcosa che le stava mozzando il fiato. E le grandi mani maschili dalla sua vita passarono su tutta la sua schiena fino ad aggrapparsi alle spalle per farsela cadere addosso. Sentì il cuore di Sirius esplodere, impazzito sotto il suo.
Restarono abbracciati in una morsa possessiva fatta davvero di incastri perfetti, i respiri irregolari ad abbassare e sollevare all’unisono entrambi i corpi aderenti.
Il cuore di entrambi a rimbombare nel petto dell’altro, a fa pulsare la sensazione di pienezza e completezza assoluta. Ogni singola parte di loro era soddisfatta ed appagata, nutrita da qualcosa che sfamava lasciandola in perfetta estasi, senza alcun bisogno d’altro.
Rimasero così, succubi di quella totale pace come quando si trova la posizione giusta per dormire, come quando si è sicuri di aver trovato il posto giusto.
«Sirius»
«Mh?»
Il silenzio che seguì fece aggrottare le sopracciglia nere a Sirius. Non passò neanche un secondo di più perchè le dita di lui le presero con gentilezza il mento, portandolo verso i suoi occhi grigi totalmente attenti a lei.
«Che c’è?» le chiese accarezzandolo con il pollice.
Liv cercò di distogliere lo sguardo dal suo, ma era impossibile tanto era intenso e ricettivo ad ogni sua più piccola espressione.
«Ehi» la richiamò lui, apprensivo, il girigio degli occhi incupito.
«Non importa, è una stronzata»
«Se si tratta di te non è una stronzata».
Cuore, mente, corpo, anima, cervello. I suoi fermi occhi grigi non facevano altro che dirle quello. Essere totalmente parte di lui era stupefacente. Poter parlare di se stessa con lui, ottenere risposte da lui, conoscere tutti i suoi pensieri. Era stupefacente la sensazione che provava, così forte.
Liv si lasciò scappare un sorriso che il pollice di Sirius accarezzò all’istante.
«Ti aspettavi fossi vergine?»
«Dal cartellino sul reggiseno che ti ho rubato, sì» rispose sinceramente lui senza smettere di osservarla attentamente.
«Sei forse deluso?» chiese Liv senza nessuna vergogna o senso di colpa, un sottile tono di sfida le rendeva decisa la voce indagatrice.
A Sirius venne quasi da ridere.
«Perché dovrei?» le chiese in un sorriso incredulo senza liberare gli occhi scuri dalla presa ferrea del suo sguardo. Quell'insicurezza di Liv gli scatenò qualcosa dentro al petto mai provata prima. Era dolcezza e tenerezza e voglia di proteggerla, rassicurarla. Non l'aveva mai vista così, era deliziosa. Non riuscì a dare un nome a quella forte emozione che quella vista di lei gli diede.
«Ho detto che sei perfetta per me ed intendevo... in tutti i sensi». Il deciso e sensuale movimento di Sirius sotto il suo bacino, nel loro incastro più intimo, la fece sussultare e sospirare pesantemente con la bocca. Travolta da una vertigine al basso ventre ed una vampata di calore, non si trattenne dal morderlo di nuovo affondando le unghie sul suo petto e poi sulle spalle larghe, respirando con la bocca e gli occhi serrati proprio come lui. Sentì chiaramente il cuore di Sirius battere ancora più veloce sotto al suo seno, la pelle andare a fuoco, i loro respiri mischiarsi.
«Tu non hai idea…» mormorò Sirius in un gemito mal trattenuto, lasciando intendere ben altro che con la delusione non aveva niente a che fare. Le accarezzò i capelli al lato del viso con attenzione e cura, spostandoli con cura prima di accarezzarle lascivo la pelle del collo bollente. Liv rabbrividì, respirando a fatica.
«Cosa cambia? La nostra prima volta non ha nulla da invidiare, anzi. O per te ha avuto più valore la tua prima volta in assoluto?».
Liv percepì ogni muscolo, vena e nervo di Sirius reclamarla gelosamente, il cuore e il petto fermarsi, gli occhi immersi nei suoi fremere.
«Nemmeno lontanamente».
Fremere e farsi ridenti, intensi. Si strinse a lui mentre Sirius prendendola per i fianchi e con un abile scatto la portava sotto di lui, riappropriandosi della sua bocca, del suo collo, del suo seno con labbra vogliose, ricominciando a muoversi lentamente in lei accelerando respiro e cuore di entrambi, facendo perdere la cognizione della realtà e il senno.
 
 
 


 
 
 
*
 
 
 
 


 
«Evans»
«…»
«Evans»
«…»
«Ti devo chiedere un favore»
«Non faccio favori, Potter»
«Ma se aiuti sempre tutti»
«Aiutare non è fare un favore. Aiutare è fare qualcosa di tua spontanea volontà. Fare un favore è… non ho voglia di stare qui a spiegarti»
«Allora ti devo chiedere un aiuto»
«Non farò niente di mia spontanea volontà per te, Potter»
«Ma se lo stai facendo adesso, mi stai parlando»
«Mi hai costretto a farlo»
«Non è vero, mica ti ho detto: “Ehy, Evans, mi fai un favore? Mi parli?”»
«…»
«Mi hai risposto da sola»
«…»
«Quindi? Mi aiuti?»
«Ti farò un favore»
«Ragazzi, mi sta venendo mal di testa»
«Zitto, Peter»
«Cosa mi darai in cambio, Potter?»
«Il mio non rivolgerti la parola»
«…»
«Che c’è, Evans? Non ti sta bene?»
«Mi sta benissimo»
«Bene»
«Bene»
«Perfetto»
«Più che perfetto»
«Oltre Ogni Previsione…»
«Eccezionale, oserei dire…»
«Ehm, ragazzi?»
«Zitto, Codaliscia»
«Sai una cosa, Potter?»
«Cosa?»
«Fammelo tu un favore»
«Dipende da cosa vuoi in cambio»
«Vuole che tu esca con lei! Così come tu volevi che lei uscisse con te! Ditevelo, vi prego, non ce la faccio più!»
«Non passerei neanche mezzo San Valentino con lui, Peter»
«In teoria, lo state passando insieme da stamattina»
«Sta’ zitto, Peter»
«È un dato di fatto, Ramoso»
«Bene, allora io me ne vado»
«Grazie mille, Peter»
«Ma che ho fatto?!».
Peter, confuso ed oltraggiato, boccheggiò sul divano vuoto, seguendo con gli occhi James e Lily allontanarsi in due direzioni diverse per poi incontrarsi davanti al buco del ritratto.
Restò a guardarli sbigottito mentre si uccidevano con lo sguardo, puntando l’uscita della Sala Comune per far passare prima l’altro.
Fu Lily a rompere quel circolo vizioso di gesti stizziti e labbra serrate: uscì per prima in corridoio, andando a destra, mentre James, a passo spedito, prendeva la sinistra.
Sul divano, Peter Minus vide il retro del ritratto chiudersi e senza pensarci due volte sfilò la Mappa del Malandrino dalla larga tasca della felpa.
Si mise comodo tra i cuscini cercando i cartigli con i due nomi.
James andò dritto al campo di Quidditch e dal via vai del suo nome entro l’ovale ben disegnato Peter capì che stava volando con la sua scopa.
Il cartiglio di Lily, invece, vagò senza meta per tutto il castello prima di fermarsi mezz’ora in biblioteca ed uscire in tre secondi scarsi quando quello di John Owen le passò davanti di sfuggita.
Gli occhi celesti di Peter continuarono a tenerla sotto controllo, facendosi perplessi nel vederla immobile nella Sala d’Ingresso per un quarto d’ora buono. Ebbero difficoltà a seguirla quando si mosse all’improvviso, varcando il portone ed uscendo in cortile ad una velocità sorprendente.
Quasi la perse di vista mentre apriva una parte della pergamena per avere la visuale del parco.
La vide scendere spedita lungo il pendio, superando la capanna di Hagrid, fino ad arrivare al campo. Ma James non c’era più.
Peter lo cercò, ansioso ed in fibrillazione come sua nonna davanti ad una scena importante di una di quelle telenovelas che guardava in tv.
Lo trovò nei pressi del Lago Nero, molto probabilmente a volare a raso della superficie piatta dell’acqua. Lo faceva sempre quando aveva voglia di stare da solo.
Lo sguardo di Peter ritornò su Lily, ancora ferma al campo, per poi sollevarsi verso la finestra perché delle gocce di pioggia avevano cominciato a picchiettare il vetro.
La prima pioggia dell’anno stava cominciando a cadere e Lily Evans se ne stava ferma in un campo da Quidditch.
Peter vide altri cartigli risalire verso il castello, quasi tutti a coppie, ma non quelli di James Fleamont Potter e Lily Evans, fermi ai loro posti distanti.
Non fu così per troppo tempo, però. Quello di Lily si mosse di nuovo per allontanarsi dal campo e dirigersi verso il lago con una certa decisione, come se anche lei conoscesse i posti preferiti di James.
E quando si fermò sotto il nome di lui, Peter sorrise sobbalzando subito dopo per colpa del secco rumore di una scatola di cioccolatini lanciata di malagrazia sul tavolino davanti.
Una ragazza in lacrime ringhiò, dietro la spalliera del divano, forse delusa per il lancio non preciso visto il suo sguardo assassino puntato alle fiamme vive del fuoco nel camino.
L’unica cosa che lo sguardo di Peter puntava, invece, erano i cioccolatini sparsi sul tappeto.
Buon San Valentino anche a me.
 
 
 
 
 
 


 
*
 
 
 


 
 
 
«SÍ!» gridò rabbiosamente Lily per farsi sentire sotto la pioggia ormai scrosciante. Il volto rivolto al cielo, gli occhi verdi socchiusi per le fitte gocce d’acqua.
James fermò bruscamente la scopa, guardando giù.
«COSA CI FAI QUI?!»
«SÍ, POTTER
«SÍ, COSA?!»
«, POTTER, VOGLIO ANDARE A HOGSMEADE CON TE!».
James restò a guardarla, incredulo. Lily era fradicia, come lui.
Senza rendersi conto guidò la Nimbus verso il basso, verso di lei. Atterrò sulla riva senza toglierle gli occhi di dosso e quando poggiò le scarpe a terra l’abbracciò di slancio sotto quella pioggia così fitta da non permettere più di vedere.
Ogni nervo teso di Lily si sciolse in quella stretta vigorosa che la riparò dall’acqua.
Schiacciata sul suo maglione zuppo, non riconobbe il ritmo del cuore di James. Era molto più forte, molto più veloce, molto più esplosivo e non soltanto nell’orecchio ma direttamente al posto del suo.
La pioggia battente faceva ormai male ed era gelata, James mollò la presa ma afferrandole una mano rimontò sulla scopa aiutandola a salire, davanti a lui.
Con una decisa spinta delle gambe presero il volo.
Lily, tremante non soltanto per il freddo e l’altezza, strinse le dita attorno al manico sentendo il petto di James sulla schiena, le sue gambe e le braccia avvolgerla come per proteggerla dal vuoto sotto di loro, le mani esperte agguantare il legno vicino alle sue dita per virare tra le nuvole nere e la nebbia senza mai salire troppo in alto, dove i fulmini illuminavano a tratti il cielo scuro.
Il cuore. Tutto quello che Lily sentiva era il suo cuore impazzito battere allo stesso ritmo di quello di James facendo impallidire il frastuono dei tuoni, della pioggia e del vento.
Spalancò gli occhi verdi, nonostante le fitte gocce violente sul suo viso, perché fare lo slalom tra i tetti spioventi e le guglie di Hogwarts le fermò piacevolmente il respiro.
 
 “Non immagini nemmeno quanti luoghi stupefacenti nascondono Hogwarts e il suo Parco, Evans, altro che la scala mobile di Silente”
“Magari mi potresti dire dove si trovano e ci andrò da sola. Eh, Potter?”
“Nemmeno per sogno, Evans. Con me o niente”.
 
James la portò dritta alla Torre dei Grifondoro, davanti alla finestra della camera che condivideva con Liv e Mary.
«ENTRA, VELOCE!» le gridò in un enorme sorriso radioso, a dispetto del temporale.
Lily si sporse verso il vetro, poggiando la bacchetta sulle ante che si aprirono subito dopo. Prima di saltare dentro voltò il busto verso James trovando il suo largo sorriso luminoso, i capelli neri afflosciati sulla fronte, le lenti degli occhiali rotondi picchiettate dalla pioggia, il nocciola degli occhi dietro più vivo che mai.
«CHE C’È, EVANS? INTENDEVI ANDARE A HOGSMEADE PROPRIO ADESSO?».
Rise, Lily. Lily Evans rise sotto la pioggia battente e ghiacciata di febbraio, con i capelli rossi appiccicati alla faccia e al collo, davanti alla finestra esterna del suo dormitorio, sopra una scopa, con James Potter.
Lily Evans rise nonostante tutte quelle cose stupide perché non si era mai sentita più viva di così.
«BASTAVA DIRLO CHIARO, EVANS!».
E dopo quelle divertite ed eccitate parole, un brusco movimento della scopa sotto il perfetto controllo delle mani di James la fece gridare di sorpresa ed aggrappare di nuovo al manico in legno mentre ricominciavano a sfrecciare sotto la pioggia. Il vento ad immobilizzare il viso, il cuore più rumoroso dei tuoni.
Lily chiuse gli occhi con forza, sovrastata dall’adrenalina sullo stomaco alla repentina discesa sopra la Foresta Proibita.
Era bastato dire ‘’Sì’’ a James Potter e dalla desolazione era passata a vivere le sensazioni più forti ed eccitanti della sua vita.
E non doveva pensare, doveva semplicemente fidarsi di lui, di quelle mani esperte perché James Potter era quel fastidio sempre provato nel vederlo e sentirlo, la parte di lei che non voleva pensare, quella che aveva sempre zittito, quella che ogni tanto le faceva fare cose stupide ma vive.
James Potter era un folle volo improvviso sotto un violento temporale, senza sbandamenti, perdite di controllo, paura di cadere. Era sicurezza, era vivere pienamente… era cretino.
Lily spalancò gli occhi verdi mentre la Nimbus s’immergeva a tutta velocità nelle fronde degli abeti per volare poi a zig zag tra gli alti tronchi come se non fosse una completa pazzia.
Lo sentì ridere divertito o semplicemente felice al suo orecchio, la schiena scossa dal suo petto schiacciato sopra.
Sentì lo stomaco contrarsi per un’ulteriore accelerata oppure per quel suono contagioso che le vibrava dentro.
Si sentì ridere, Lily, ridere davvero.
Non pensare, fidati di lui.
Non pensando era arrivata di corsa al campo di Quidditch, al Lago Nero, a gridare “SÍ” a James Potter, a bagnarsi completamente di pioggia, a volare su una scopa dopo sei anni con i piedi per terra.
Sbucarono dagli alberi, ritornando nel cielo aperto, ed Hogsmeade apparve davanti a loro come una promessa mantenuta, come qualcuno che non aveva fatto altro che aspettare loro due per anni.
Fidandosi di lui si era ritrovata a non schiantarsi sugli abeti della Foresta Proibita, a ridere davanti a dei tronchi che avrebbero potuto distruggerle la faccia.
Fidandosi di lui si ritrovò tutta intera ed asciutta seduta ad un tavolo di Madama Rosmerta a sorseggiare una Burrobirra bollente speziata di zenzero, l’adrenalina a tenerle ancora sollevato il sorriso.
«Non salivo su una scopa dal primo anno»
«Le cose più belle capitano quando meno te le aspetti, Lily».
Non si era aspettata la pioggia che mentre stava con John aveva agognato, non si era aspettata di voler sentire quella domanda che invece l’aveva tormentata senza sosta per anni.
“Vuoi venire a Hogsmeade con me?”.
Quella domanda che in realtà era rimasta sempre valida, James l’aveva lasciata nell’aria perché se c’era qualcuno che odiava perdere, quello era James Potter.
E Lily si ritrovò a pensare che James Potter odiava perdere anche sul riuscire o no ad ingurgitare più gelatine al cerume di Sirius ma ciò non toglieva il fatto che per lei non si era mai arreso, nonostante le Piovre Giganti, nonostante il continuo perdere.
Capì anche che con quella perla di saggezza delle quattro del pomeriggio sembrava parlare anche a se stesso, lo vedeva in quel nocciola brillante puntato su di lei e lei soltanto.
Non l’aveva mai visto così bello, così pacatamente felice, serio e al tempo stesso euforico, così vero.
Quello che Lily non sapeva era che James con lei si era arreso eccome, più volte, perché Lily era sempre stata l’unica impresa capace di mettergli quella paura di perdere come nemmeno il processo per diventare Animagus aveva fatto.
«Vi posso portare dell’altro, ragazzi?». Madama Rosmerta continuava a guardarli scioccata ma non tanto perché erano gli unici studenti presenti in tutto il villaggio, Lily ebbe l’impressione fosse abituata a vedere James Potter in un qualsiasi giorno del mese.
«Io sono a posto così, Ros» rispose James senza distogliere lo sguardo da Lily, facendo intendere ben altro.
«Anche io, grazie» fece Lily sentendo che non le mancava proprio niente.
«D’accordo». La voce della proprietaria di Tre Manici di Scopa assunse una nota particolarmente dolce e divertita mentre si allontanava dal loro tavolo.
«Quindi è così che tu e Black prendete gli alcolici ogni volta?»
«No, Evans, per te ho fatto il giro turistico».
Lily sorrise sul vetro caldo del bicchiere fumante.
«Allora come fate?». Sorseggiò la bevanda ristoratrice aspettando una risposta che non arrivò. «Potter, ti ho fatto il favore di uscire con te. Ora tu devi ricambiare con qualcosa. Una risposta, per esempio».
Prese un altro lungo sorso, nascondendo il viso dietro il boccale perché il calore che percepì salire alle guance la stava gentilmente informando che il sorriso di James Potter, lì davanti, era dovuto al fatto di aver appena ascoltato una balla colossale.
«Per il ritorno al castello prenderemo la strada del personale autorizzato, Evans».
 
Non pensare, fidati di lui.
 
«Sempre se sarò ancora viva»
«Giusto»
«Ad un appuntamento con te non si può mai esserne sicure»
«Non so se ricordi quella ragazza al quinto anno, mai ritrovata»
«Pensavo proprio a quella, Potter»
«O quell’altra trovata a pezzi nella Foresta»
«C’ero quasi, prima»
«Non eseguo mai un omicidio uguale all’altro, Evans, tranquilla»
«Allora possiamo andare alla Stamberga Strillante, ci avrai portato tutte»
«Nessuna ha mai avuto il coraggio di avvicinarsi. Tu vuoi davvero andare alla Stamberga?»
«È dalla prima volta che l’ho vista, al terzo anno, che ci voglio andare. Insomma, adesso so di chi sono i lamenti ma in tutti questi anni mi sono sempre chiesta: perché aver paura dei fantasmi se i fantasmi sbucano fuori anche dal gabinetto, a Hogwarts? E come si fa a non essere curiosi di vedere com’è dentro una casa infestata o una Foresta Proibita?».
Al bancone, Madama Rosmerta versando dell’Idromele nel bicchierino di un mago infreddolito restò a guardare i due Grifondoro da lontano.
James Potter e Lily Evans ridevano, parlavano, sorseggiavano Burrobirra, sorridevano e minuto dopo minuto i vetri della finestra accanto a loro si appannavano, celando la bufera in strada.
Quel tavolo nell’angolo più appartato del locale sembrava emanare calore, luce, qualcosa di inspiegabile che un trafelato e sudato Peter Minus stranamente di corsa spezzò all’improvviso.
«JAMES!»
«Peter».
 
 
 
 
 


 
*
 
 
 
 
 

 
 
Il picchiettare della pioggia sui vetri era l’unico rumore rimasto dentro la stanza dei Malandrini perché il cigolare del letto, i gemiti e l’ansimare si erano placati mezz’ora prima per lasciare spazio a lenti respiri silenziosi, profondamente rilassati.
Sirius e Liv se ne stavano sdraiati l’uno accanto all’altra sotto le morbide coperte, dipendenti dei loro profumi e dell'essenza intrigante che creavano combinati insieme. Gli occhi semiaperti, il naso di lei a contatto con quello di lui che con sguardo assorto le tracciava ogni lineamento del viso con l'indice.
«Perché tu e Wood vi siete lasciati?» esordì in tono pacato Sirius sfiorandole la fronte e poi una tempia prima di aprire la mano ed infilare tutt'e cinque le lunghe dita tra i capelli, facendole chiudere gli occhi.
«L’ho lasciato io» mormorò Liv strofinando la punta del naso sul suo collo, attratta dal suo odore. Il corpo di Sirius, il suo calore e il battito del suo cuore la fecero sentire lontano da qualsiasi altra cosa, sembrava che niente del mondo esterno potesse anche soltanto sfiorarla. «Voleva invitarmi a casa sua per le vacanze, farmi conoscere i suoi genitori… non faceva per me» raccontò la verità, Liv, e mordendosi le labbra si tenne per sé il fatto che se non provato interesse per qualcuno era perché lui, Sirius, era sempre stato l'unico, per lei.
Il fugace sorriso di Sirius le lasciò un morbido bacio sulla fronte e Liv aprì un altro po' gli occhi, pigramente.
«Come ti sei fatto le cicatrici?» gli chiese lasciando una breve carezza su una con la mano abbandonata sul suo petto.
«Quali cicatrici?» le mormorò Sirius in un accennato sorriso adesso immerso nei suoi capelli insieme alle dita, inspirando il narciso che lo eccitava e calmava al contempo.
Il tono scaltro non sfuggì alle orecchie di Liv che colse all’istante la sua tacita richiesta di toccarlo ancora.
Gli lasciò un breve bacio sul collo prima di liberarsi dal suo lungo braccio dietro la nuca ed issarsi un gomito, spostando via le coperte dai loro corpi nudi. Si abbassò su di lui col viso, per sfiorargli con dita attente e lievi baci le cicatrici sparse sul petto, le spalle e gli addominali, provocandogli una visibilissima pelle d'oca.
Sentendolo sospirare con sempre meno controllo, gettò un’occhiata furtiva e furba verso il suo viso, trovando il pomo d'Adamo vibrante sul suo lungo collo buttato all'indietro sul cuscino. Liv sorrise, provocante tanto quanto il suo scivolare lentamente sul punto più sensibile della sua stretta e tonica anca, sentendolo annaspare senza riuscire a trattenere un gemito rauco; percependo la calda pelle muoversi e reclamarla sotto le labbra, la sua stessa pelle fremere come ad ogni contatto con quel corpo, con lui.
A quel suono leggero, Sirius risollevò la testa ed un occhio grigio semiaperto e stordito, stupito, tra i ciuffi di capelli neri ricambiò il suo sguardo. «Quanto siamo intraprendenti» sospirò pesantemente senza toglierle gli occhi ardenti di dosso. Gli piacque da morire. A Sirus piaceva da morire, lo mandava fuori di testa quel suo modo di fare.
E quel sorriso fermò per qualche attimo il cuore di Liv; Sirius era più bello che mai. Gli sfiorò una cicatrice più visibile delle altre con dita leggere, lasciandogli scie bollenti sulla pelle.
«Ah, quelle» fece Sirius con voce instabile.
«Proprio queste» fece lei mettendosi a cavalcioni sulle sue lunghe cosce nude con un seducente movimento sinuoso sotto lo sguardo rapito di Sirius che sorrise ancora, dandole della maledetta tentatrice con gli occhi brucianti, affascinati, divertiti.
«Il coniglio ribelle di Remus» rispose con la prima cosa che arrivò alla mente offuscata da lei.
«Remus non ha un coniglio, anche se tutti lo pensano da anni»
«Mh».
Sirius socchiuse gli occhi grigi pensando che forse avrebbe fatto meglio a distogliere l’attenzione dal suo morbido seno in bella vista nonostante le lunghe ciocche di capelli scuri, sinuose quanto quelle curve, a seminasconderlo. Non aveva lucidità per ragionare, non davanti a quella forma tonda e piena, così magnetica.
«Non vuoi dirmelo perché sono tutte state fatte dalle unghie delle tue amanti?» lo canzonò ironicamente lei in un sorriso irriverente facendo sollevare le sopracciglia nere sopra i ridenti occhi grigi adesso puntati sul suo viso.
«Adoro le tue stronzate» rise Sirius sollevando il busto per mettersi seduto senza farla scendere da lui, afferrarle i fianchi e baciarla in un sorriso divertito mentre Liv mal tratteneva una bassa risata appoggiando le mani sulle sue spalle per non cadere all'indietro insieme a lui.
Rimasero a guardarsi, ridenti e vicini, stringendo la presa sul corpo dell’altro come se ancora non credessero di essere lì. E Qualcosa li attirò verso le labbra dell'altro. Sirius le circondò la vita nuda con le braccia e Liv incassò il collo nelle spalle portando le mani tra i capelli neri di lui; un bacio morbido ed intenso, agognato di nuovo, ad unirli. Era spaventoso quel qualcosa, era forte, era ciò che li aveva fatti stare male quando avevano provato a reprimerlo, per anni.
«Mio padre» disse poi Sirius contro le sue labbra portando una mano di Liv sul costato destro, sopra una delle cicatrici più grandi. Non doveva mentire per quella, non era un segreto legato agli altri Malandrini ma soltanto a se stesso e quindi anche a lei, adesso.
Sentì le dita delicate di Liv sfiorare la pelle con gentilezza, i suoi grandi occhi scuri abbaglianti come non mai immersi nei suoi. Toglievano il fiato, tutto il suo viso toglieva il fiato in ogni momento, in preda al piacere ed anche lievemente imbronciato mentre dormiva.
«Dopo una lite per non mi ricordo più cosa, avevo dodici anni, in uno scatto d’ira mi ha spinto con forza sulla sua scrivania» cominciò a raccontare distogliendo lo sguardo assottigliato e fintamente menefreghista da lei che, cogliendo la sua celata difficoltà nel parlare, lasciò quel segno indelebile sulla pelle per accarezzargli le spalle e la nuca sotto i capelli neri.
«Sono finito sul suo tagliacarte e poi al San Mungo. È stata l’ultima volta che mi ha toccato, credo si sia spaventato perfino lui». Fece una pausa, abbassando il volto nel tentativo di nascondere un intenso turbamento.
«Spaventato per la vita del preziosissimo tagliacarte d’argento dei Black, naturalmente» aggiunse sarcastico risollevando il viso e lo sguardo di nuovo verso di lei che non aveva mai smesso di accarezzarlo, fargli sentire la sua presenza. Gli occhi grigi si aprirono leggermente, ardenti, trovando quelli di Liv paurosamente pensierosi. Ed eccoli lì, a capirsi di nuovo.
Decidendo di stare insieme avevano scoperto che non si toglievano l’indipendenza, non si rendevano deboli o diversi. Stare insieme significava poter essere completamente loro stessi con la certezza assoluta di essere capiti, addirittura ammirati, forse amati. Liv era la solita Liv ancora incasinata ed in lotta con la sua nuova vita da affrontare e Sirius era ancora Sirius con i suoi demoni da sconfiggere ma avevano entrambi un degno alleato accanto, un complice.
«A volte mi chiedo se Regulus sarebbe scappato con me se avesse avuto una cicatrice simile» mormorò Sirius senza più nascondere nessuna emozione, incantato da lei.
Le dita di Liv intensificarono le carezze tra i suoi capelli, sulle orecchie, il collo, soffermandosi sulle guance magre. Schiuse la bocca, pronta per parlargli e lui passò fugacemente il polpastrello del pollice sul suo labbro inferiore, pronto per ascoltarla.
«PERVERTITI INSTANCABILI!? CONTO FINO A TRE! SE NON SIETE VESTITI O COPERTI SARANNO AFFARI VOSTRI! UNO… ah, sono andato a Hogsmeade con Lily… DUE…».
All’ultima informazione, dei tipici tonfi da sorpresa fecero sorridere furbescamente James Potter.
 
 


 
 
 
*
 
 
 




 
Alan Morgan rientrò in Sala Comune fischiettando e smise immediatamente nel vedere sette paia d’occhi puntati su di lui.
I Malandrini al completo insieme a Lily Evans, Mary MacDonald e Liv se ne stavano davanti al caminetto, chi a braccia conserte e chi seduto sui braccioli delle due poltrone, con degli sguardi così inquietanti da superare quello di Severus Piton nell’ufficio del Preside, pochi minuti prima.
Alan, turbato, proseguì comunque la sua camminata cercando di fare finta di niente ma si accorse che quegli occhi lo seguivano, persecutori.
Rallentò, cominciando a sentirsi davvero oppresso.
«Vi serve qualcosa?» esordì lanciando un’occhiata guardinga nella loro direzione.
«Vieni qui, Morgan» ordinò James con una pacatezza horror perfettamente in linea con la sua faccia seria illuminata dal fuoco.
«Non voglio entrare a far parte di nessuna setta» mise subito in chiaro Alan sollevando le mani.



















 
 
 
 
 
 
 Note:
 
*La Rowling dice che Allock da giovane, per ottenere la popolarità che a Hogwarts pensava di avere e che invece non ebbe, faceva di tutto per mettersi in mostra. Qui avete potuto ammirare mentre si invia ottocento cartoline di San Valentino creando un ammasso di gufi ed escrementi in Sala Grande tanto da dover far abbandonare la colazione a tutti (la Rowling lo dice su Pottermore, insieme ad altre galiardate di Allock che vedrete sparse nei capitoli).
Ho immaginato i poveri compagni di dormitorio, tra i quali Dirk Cresswell, Confusi e convinti di dover scrivere le parole dettate da Allock.
 
*James riesce ad arrivare a Hogsmeade con la scopa nello stesso identico modo in cui Harry riesce ad arrivare a Londra con i Thestral nel quinto libro. A quanto pare la Foresta Proibita non è tutta protetta. 
 
 
 
 
 
 
   
 
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