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Autore: ArrowVI    01/07/2019    0 recensioni
L'Arcadia, un luogo idilliaco dove chiunque vive in tranquillità ed armonia, la nazione con meno criminalità e la qualità di vita migliore fra tutte...
Fino a quando rimani all'interno delle mura della sua capitale.
Dietro la facciata di "Nazione perfetta", si cela un lugubre teatro dove chi non è considerato utile alla nazione viene rapidamente allontanato, un mondo dove coloro che sviluppano abilità speciali sono considerati demoni e prontamente eliminati.
Si dice che la luce della speranza possa nascere anche nei luoghi più bui... Sarà veramente così?
Genere: Avventura, Drammatico, Fantasy | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het
Note: nessuna | Avvertimenti: Violenza
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Capitolo 6-4: Giuramento [1-2]

 


Rimanemmo per meno di cinque minuti, fuori da quella stanza, attendendo impazientemente, accompagnati da Levyathan stesso, che Mirajane lasciasse la stanza con i risultati dell'ispezione su Diana, avendo ricevuto il compito di cercare qualsiasi segno che potesse indicare fosse o meno un membro dei Ribelli.

Quando finalmente le due ragazze uscirono da quella porta, notai un grosso sorriso soddisfatto sul volto di Mirajane, e una espressione infastidita stampata nel volto di Diana, che evitò perfino tutti i nostri sguardi, ringhiando.

Mirajane ci disse che fosse tutto apposto: non trovò, infatti, neanche un singolo tatuaggio, o segno, nel corpo di Diana.
Non appena la ragazza disse quelle parole, Levyathan sembrò andare su tutte le furie: le ordinò rapidamente di fare un secondo controllo, ripetendo ripetutamente che "sicuramente non aveva prestato abbastanza attenzione durante il controllo".

Mirajane controbatté più volte, confermando che avesse cercato in ogni singolo angolo, dopo averle chiesto di togliersi tutti i vestiti, e che non ci fosse assolutamente nulla, ma le sue parole sembrarono non raggiungere il Generale... Sembrava quasi che sapesse che Diana fosse un membro dei ribelli.


In quell'istante Levyathan si voltò nella mia direzione, ordinandomi di fare un secondo controllo. Prima che potessi rispondergli qualsiasi cosa, però, fu Mirajane a intromettersi: "Non permetterò che sia un maschio, specialmente a lei sconosciuto, a vederla nuda!" esclamò, aggiungendo poi, subito dopo, che il fatto che Levyathan non si fidasse della sua ispezione fosse una grande mancanza di rispetto e di fiducia nei suoi confronti.



<< Non posso lasciare un compito così delicato a dei ragazzini di cui ancora non conosco il giudizio e le capacità. Ho bisogno di accertarmi che l'ispezione sia fatta da una persona competente, di cui io possa fidarmi ciecamente. >>
Disse Levyathan, a Mirajane, mandandola su tutte le furie.

<< Non si fida del mio controllo? Le ho chiesto di togliersi i vestiti esplicitamente per assicurarmi del fatto che non ci fosse quel maledetto tatuaggio! >>
Esclamò Mirajane, con un tono infastidito.

<< Avrei preferito se si fosse trattato di Orion a fare il controllo, fin dal principio. >>
Le rispose il generale, senza scomporsi troppo davanti al tono della ragazza.

<< E ti sembra giusto che un ragazzo debba vedere il corpo di una ragazza senza il suo consenso?! Dovresti fidarti del mio controllo, che motivo avrei di nascondere qualcosa, dopotutto? >>
In quell'istante notai Blake poggiarle una mano sulla spalla, sussurrandole poi qualcosa all'orecchio.
Per un istante notai una espressione strana, quasi preoccupata, apparire nel volto della ragazza.

<< Per prima cosa, non mi sembra di averti dato mai il permesso di rivolgerti a me dandomi del "tu", ragazzina. >>
Ringhiò Levyathan, muovendosi con passo minaccioso verso di lei.
Mirajane abbassò lo sguardo.

<< Come seconda cosa, a me non interessano neanche lontanamente questi "problemi" che vi state facendo. Se sei preoccupata dal fatto che io, o uno dei miei soldati, possa mettere le mani addosso a quella ragazza contro la sua volontà, allora quello è un grosso insulto e mancanza di rispetto nei modi che ho inculcato loro. >>
Continuò subito dopo.

<< Non è quello che intendevo dire...! >>
Gli rispose Mirajane.

<< E allora cosa volevi dire, con quelle parole? Ho visto crescere Orion con i miei stessi occhi, e se pensi a lui possa importare qualcosa di vedere la pelle nuda di qualcuno allora non hai la minima idea di che genere di soldato sia. Non sto dicendo che non mi fido del tuo giudizio o che tu stia mentendo: voglio solamente assicurarmi del fatto che tu non abbia fatto un esame superficiale, considerando quali sono i rischi. È davvero una cosa così difficile da capire? >>
Concluse il generale.

<< Mi faccia controllare ancora una volta, allora. >>
Propose Mirajane.
Levyathan la fissò per qualche istante senza proferire parola.


<< Vuole che sia io a fare un secondo controllo, Generale? >>
Domandai a Levyathan, notando il suo silenzio.
In quel preciso istante mi fece un cenno con una mano.

<< No, non è necessario, Orion. Dovrò comunque pur cominciare da qualche parte a dar loro fiducia. >>
Mi rispose.

<< Così sia. Fa pure un secondo controllo, e che sia ancora più accurato del primo. >>
Aggiunse subito dopo, rivolgendosi a Mirajane, la quale gli rispose rapidamente con un cenno positivo del capo.


Notai una espressione infastidita apparire nel volto di Diana, mentre tornò di nuovo all'interno di quella stanza... Una espressione che ben presto avrei cominciato a vedere molto spesso.



Quando finalmente uscirono da quella stanza, per la seconda volta, Mirajane disse solo due parole: "È pulita."

Levyathan sembrò infastidito da quelle parole, ma per qualche motivo non controbatté.
Ci diede le spalle, allontanandosi e dirigendosi verso uno dei sui uffici, non dopo, però, di avermi ordinato di portare Mirajane in una cella, e di tenerla sotto sorveglianza.

Mirajane detestò le parole del Generale, ma Levyathan non ascoltò alcuna delle sue proteste.
Ci lasciò indietro, dopo avermi dato quell'ordine, e non potei fare altro che seguire le sue indicazioni.


Dalla distanza lo sentii mormorare qualcosa, sottovoce, con un tono infastidito.
Sembrava quasi avesse detto "Deve trattarsi di uno scherzo."


Nonostante le proteste e gli insulti di Mirajane, che mi aiutarono finalmente a capire il motivo che si nascondeva dietro quel suo soprannome "Leona", di cui lei stessa mi parlò durante la missione che Levyathan ci diede, accompagnai quella ragazza in una cella, lasciandomi Blake e Mirajane alle mie spalle.


Non esistevano celle pulite, nel palazzo, ma sapevo ce ne fosse una abbastanza spaziosa, usata pochissime volte, con un letto ancora vivibile, un lavandino e una panca in legno.
Si trovava all'inizio del corridoio che portava alle segrete, prima delle scale, e non era quasi mai utilizzata proprio a causa della sua distanza dalle altre celle, e per il fatto che fosse al piano terra e non al di sotto.
Il sole poteva entrare tranquillamente da una finestra sbarrata sul muro parallelo alle sbarre, e dava sul giardino verde del palazzo.
Nonostante fosse una cella, il fatto che fosse così in bella vista e poco utilizzata la faceva sembrare quasi come una stanza da letto di basso livello.


Quella ragazza, Diana, non disse neanche mezza parola per tutto il tempo: mi seguì senza fare storie, entrando all'interno di quella cella e sedendosi sul bordo del letto, evitando anche di guardarmi negli occhi.

Non appena chiusi la cella a chiave presi una sedia che si trovava nelle vicinanze, e mi sedetti davanti alle sbarre, prendendo un piccolo libro che ero solito tenere in una tasca all'interno della mia divisa.
Dopotutto, mi era stato dato il compito di tenerla sotto stretta sorveglianza.


Era un piccolo libricino che mia madre mi diede quando ero piccolo e che ero solito portarmi appresso, nonostante fosse per bambini e l'avessi letto ormai così tante volte da aver imparato ogni riga a memoria.


Non so per quanto tempo rimanemmo li a ignorarci, ma per qualche motivo quel silenzio non mi diede assolutamente fastidio.
Non sentii la necessità di farle alcuna domanda, o di provare a dirle nulla.
Pensai che, in quel momento, l'ultima cosa che quella ragazza avrebbe voluto sentire era la voce di uno sconosciuto che l'aveva rinchiusa in una cella.

Piuttosto che rischiare farla innervosire ancora di più, o di darle fastidio con la mia voce, pensai che la cosa migliore da fare fu lasciare che fosse lei, in caso, a decidere di parlarmi.

Quindi rimasi li, seduto in silenzio a sfogliare le pagine di quel libro per non so quanto tempo, finché non fu lei ad attirare la mia attenzione.



<< Devi davvero rimanere li? Sei abbastanza fastidioso. >>
Sentii dire, a un certo punto.
Non appena sentii quella voce piatta come il mare calmo, quasi annoiata e priva di sentimenti.


Quel suo tono attirò la mia attenzione, per qualche motivo che non riuscii a capire.


<< Perdonami, sto solamente svolgendo il mio lavoro. >>
Le risposi, tornando a sfogliare le pagine di quel libro.

<< E il tuo lavoro sarebbe quello di sederti davanti a una cella a leggere un libro? Stai facendo davvero un ottimo lavoro. >>
Decisi d'ignorare quella sua provocazione.


<< Come ti chiami? >>
Mi domandò dopo alcuni secondi di silenzio, sicuramente capendo che non avrei reagito a nessun tipo di provocazione.

<< Orion Karna. Il tuo? >>
Le risposi rapidamente, abbassando quel libro e posandolo sulle mie gambe.

<< Conosci già il mio nome. >>
Ringhiò, evitando il mio sguardo.

<< Preferirei sentirlo da te, non da qualcun altro. >>
La mia risposta sembrò attirare la sua attenzione.

<< Diana. >>
Mi rispose, poco dopo, sospirando.

<< Cognome? >>
Domandai subito dopo.

<< Non t'interessa. >>
Aggiunse subito dopo, con un tono infastidito.

<< Ok, Diana Nont'interessa. È un piacere fare la tua conoscenza. >>
Lei non sembrò divertita da quel mio tentativo di battuta.

<< Quanti anni hai? >>
Le chiesi subito dopo, cercando di ottenere più informazioni possibili che potessero aiutarmi a capire se potesse, o meno, trattarsi di un membro dei Ribelli.

<< Circa venti. >>
Mi rispose, sembrandomi piuttosto cooperativa.

<< Da quanto tempo facevi parte dei Ribelli? >>
Non appena le feci quella domanda, però, una espressione cupa e furiosa apparve improvvisamente nel suo volto.
Rimase a fissarmi in silenzio con una smorfia stampata in faccia, ringhiando come un animale in gabbia.

<< Stavo solo controllando se, inconsciamente, mi avresti dato una risposta. Non prenderla sul personale: devo assicurarmi che tu non sia effettivamente un membro dei ribelli. >>
La mia spiegazione non sembrò comunque andarle a genio.
Continuò a fissarmi senza aggiungere altro per i successivi secondi con quei suoi occhi ardenti, cadendo in un silenzio assordante.

<< Come si chiamava tuo padre? >>
Non appena sentì quelle mie parole, l'espressione furiosa di Diana venne rapidamente sostituita da una malinconica. 
Evitò rapidamente il mio sguardo, girando di scatto il capo.

<< ... John. >>
Mi rispose, finalmente, dopo non so quanti secondi di silenzio.

<< Cosa è successo, esattamente? Dove vivevi prima d'incontrare Levyathan e Blake? >>
Continuai quel mio interrogatorio, stavolta, però, alla ricerca di informazioni che potessero confermarmi non fosse un membro dei ribelli.
Per qualche motivo, cominciai a prenderla inconsciamente in simpatia.

<< T'importa davvero, o stai solo cercando di strapparmi informazioni che possano giocare a vostro favore? >>
Le sentii domandarmi, senza però voltarsi verso di me.

<< Se non vuoi rispondermi, sei libera di non farlo. Non sono un tuo nemico, puoi credere alle mie parole. >>
Le dissi.
Non mi rispose nulla, non si voltò neanche verso di me.

<< Feci un giuramento, quando accettai di diventare un soldato: avrei usato le mie capacità per proteggere le altre persone, per aiutarle quando e dove necessario. Permettimi di provare a fare lo stesso con te. >>
Continuai subito dopo.


Diana mi rispose con un singolo verso, non so se fosse una sottile risatina o avesse sbuffato.

<< Si, certo. Proprio come con quel bastardo. >>
Ringhiò, parlando sicuramente di Levyathan.
La mia curiosità era all'apice. 

<< Cosa è successo, poco fa, esattamente? >>
Le domandai, ancora una volta.

<< Quel bastardo ha ucciso mio padre, l'ha sparato in testa. Ha detto che stesse per "afferrare il suo coltello"... Non farmi ridere...! >>
Ringhiò subito dopo.

<< Mi dispiace sentirtelo dire. >>
Le risposi.


In quell'istante Diana mi diede le spalle, per poi distendersi sul letto.

<< Lasciami in pace, ora. Non voglio parlarti. >>
Digrignò subito dopo.
Da quel momento in poi, nessuno di noi aprì più bocca per almeno un ora, ovvero fino a quando non fu Levyathan a tornare a farci visita.

Per qualche motivo, non appena lo vidi, mi sembrò che qualcosa nei suoi occhi fosse cambiato.
Inconsciamente mi domandai cosa fosse accaduto in quell'ora durante la quale Levyathan si chiuse nel suo ufficio.

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Fine del capitolo 6-4, grazie di avermi seguito e alla prossima!

   
 
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