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Autore: Mr Lavottino    02/07/2019    1 recensioni
Zoey è stata appena lasciata da Mike, suo ragazzo storico. A farne le spese è Gwen, sua amica, la quale riceve ogni giorno chiamate da parte sua, durante le quali lei non fa altro che piangere e lamentarsi. Così una sera decide di far uscire l'amica di casa.
Nel bel mezzo della serata, Gwen decide di lasciare la rossa da sola per provarci con un ragazzo e lei, arrabbiata, alza un po' troppo il gomito.
Per una serie di coincidenze, Zoey verrà rapita da Duncan, autore di una rapina e fuggitivo, e da quel momento la rossa diverrà ostaggio del punk.
DAL TESTO:
"Zoey non sapeva precisamente come era finita in quella situazione. Una marea di ipotesi, tutte piuttosto irrilevanti, le attraversarono la mente venendo però immediatamente accantonate da quella parte di buon senso a cui si sentiva ancora strettamente legata.
Era a lei che si affidava ogni qual volta un dubbio le sfiorava la mente. Riflettendoci con calma, e con la dovuta attenzione, riusciva sempre a trovare una soluzione che le andasse bene, eppure questa volta era diverso. Sentiva in cuor suo che, qualunque fosse stata la sua mossa, avrebbe sbagliato comunque.
Com'era cominciato tutto? Con un sbronza."
Genere: Avventura, Azione, Thriller | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Chris McLean, Duncan, Noah, Scott, Zoey | Coppie: Bridgette/Geoff
Note: nessuna | Avvertimenti: Contenuti forti | Contesto: Contesto generale
Capitoli:
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- Quando manca per arrivare a Winnipeg?- domandò Scott, addentando il suo hamburger. La salsa del panino gli cadde e sfiorò i suoi jeans, portandolo a pulirsi la macchia con il tovagliolo, anch'esso sporco, e facendo quindi ancora peggio.
- Ne abbiamo ancora per un po'.- Duncan continuò a mangiare le sue patatine con lo sguardo perso verso l'ingresso dell'autogrill in cui si erano fermati per cena. Nella sua testa si erano formati diversi pensieri che lo avevano fatto preoccupare ancora di più.
La colpa era, anche se indirettamente, di Courtney. La castana li aveva contattati qualche ora prima per dirgli che, a causa di un incidente piuttosto grave, la strada principale per Winnipeg era stata chiusa e quindi per quel giorno si sarebbero dovuti fermare a dormire da qualche parte.
- Stiamo perdendo un sacco di tempo.- sussurrò, per poi appoggiare la testa sul tavolo con fare sconfitto.
- Se c'è una cosa che il mio lavoro da sgherro mi ha insegnato, è che se ci si trova davanti ad un ostacolo basta aggirarlo.- Scott, per essere più chiaro, prese una patatina e con essa circumnavigò la sua lattina di cola.
- Mi stai invitando a passare per le praterie?- l'altro alzò un sopracciglio e lo guardò poco convinto.
- Parole tue.- si limitò a dire il rosso, dopodiché ingoiò l'ultimo boccone dell'hamburger e provò ad asciugarsi le mani sul tovagliolo, ridotto in condizioni pessime - Vado a lavarmi le mani. - si alzò e si diresse verso il bagno, lasciando il punk da solo.
Per Duncan avere quei due minuti di solitudine era stata una manna dal cielo. Grazie a quei centoventi secondi, ebbe modo di riflettere attentamente sulla situazione.
Innanzitutto doveva preoccuparsi per la salute di Zoey e Noah, entrambi più che in pericolo, poi doveva anche elaborare una fuga successiva all'operazione di salvataggio, ma per quello aveva ancora tempo.
Fu durante quel breve lasso di tempo che, osservando la vetrata, si rese conto di un poliziotto che stava passeggiando con fare intimidatorio intorno alla loro auto. Teneva in mano un taccuino e sembrava tutt'altro che allegro.
- Scott, dobbiamo andare.- gli disse, non appena in rosso fu tornato dal bagno, ed indicò il tizio in divisa fuori dall'autogrill. I due pagarono rapidamente il conto, della bellezza di quindici euro a testa e che fece ridere entrambi, i quali pensavano i ladri fossero loro due.
- Agente, ha qualche problema?- domandò Duncan, cercando di essere il più cortese e gentile possibile.
- Sì, decisamente.- il poliziotto lo guardò con aria autoritaria, portando il punk a desiderare ardentemente di spaccargli il muso, poi indicò la ruota dell'auto - La vostra macchina non è parcheggiata bene.- concluse.
- E quindi?- replicò il moro, ancora non cosciente della situazione. Aveva parcheggiato la macchina in fretta e furia, motivo per cui la ruota anteriore destra risultava leggermente fuori dalla striscia bianca.
- E quindi devo farvi una multa.- estrasse la penna dalla tasca ed iniziò a scrivere sul taccuino - I vostri nominativi?- chiese, ignorando gli sguardi increduli dei due.
- Mi stai prendendo in giro?- chiese Duncan, dimenticandosi anche di dargli del lei. Tenne i pugni stretti e, se non fosse stato per Scott che lo reggeva per una spalla, lo avrebbe già scassato di botte.
- No, assolutamente. Vi arriverà una multa salata di settantacinque dollari e ventinove. Dovrete pagarla presso l'ufficio del comune.- spiegò quello, con una calma assurda.
- Scusi agente, credo che stia esagerando. Non potremmo...- Scott provò ad intervenire, sorprendendosi per essere riuscito a coniugare bene dei verbi e per aver addirittura dato del lei al poliziotto, ma venne bruscamente interrotto da quest'ultimo.
- Io con i rossi di capelli non ci parlo. Stai zitto.- sentendo quelle parole, Duncan soffocò una risatina, mentre Scott iniziò ad arrabbiarsi.
- Ma che diavolo...- tentò, civilmente, di replicare, ma venne nuovamente zittito.
- Parli ancora? Mi sa che non hai capito con chi hai a che fare. Volete andare in caserma? Perché questo è il buon modo per farlo.- Scott strinse i pugni fortissimi e pregò tutte le divinità esistente per far sì che se ne andassero da lì il più presto possibile - Guarda te, questi rossi bastardi. Portano solamente sfortuna e fanno anche...- il poliziotto aggiunse un carico da novanta, però non riuscì a finire la frase.
Scott, completamente rosso in volto, lo colpì con un pugno in faccia. Duncan lo guardò per qualche secondo, per poi accorgersi che una volante della polizia stava venendo nella loro direzione. Visto ciò, salì in macchina e invitò l'altro a fare lo stesso.
Partirono alla velocità della luce, lasciando il poliziotto per terra svenuto, senza una direzione precisa, con il solo obiettivo di allontanarsi il più possibile da quel posto.
- Quel figlio di puttana!- urlò Scott, ripensando al trattamento che aveva subito dall'agente.
- Siamo nella merda. Adesso ci faranno gli identikit e vedranno che siamo ricercati.- Duncan era letteralmente in crisi. Ticchettò sul volante con le dita, cercando di decidere quale sarebbe stata la mossa migliore da fare.
Sapeva esattamente dove andare a rifugiarsi, ma era altrettanto consapevole che, se le cose non fossero andate come voleva, la situazione sarebbe potuta addirittura peggiorare.
- Abbiamo bisogno di un posto per la notte, altrimenti rischiamo di venire presi.- Scott sembrò leggergli nel pensiero. Il rosso aveva un sorriso soddisfatto in volto ed era più che fiero di ciò che aveva fatto poco prima, nonostante avesse rischiato di aggravare la situazione. Duncan non se la sentì di dirgli nulla, d'altronde lui avrebbe fatto lo stesso.
- Sì, lo so. - non aggiunse altro, troppo distratto dalla battaglia psicologica che si stava svolgendo nella sua testa. Provarci o non provarci? Beh, peggio di così non sarebbe potuta andare, quindi si mise il cuore in pace e decise di ripercorrere la strada che ormai da anni non faceva.
Nonostante non la percorresse da tantissimo tempo, ricordava perfettamente come arrivare a quella casa.
- Dove stiamo andando?- chiese, legittimamente, Scott, stranito dall'espressione pensierosa del moro.
- Da una mia conoscente.- Duncan restò sul vago. Non perché non volesse effettivamente dirglielo, ma perché nemmeno lui voleva sentirsi dire dove erano diretti.
- Faremo come l'ultimo volta?- domandò l'altro, ricevendo un'occhiata confusa come risposta - Sai, da quella bionda. Quella volta ci ha fatto entrare solo perché c'erano Zoey e Dawn. - ridacchiò, portando anche il punk a farlo.
- Beh, sì. Potrebbe succedere.- tenne lo sguardo ben fisso verso la strada finché, in lontananza, non vide la famigerata casa giallastra illuminata da dei lampioni. Giunsero davanti all'abitazione e, dopo un rapido giro per trovare parcheggio, si incamminarono davanti all'entrata.
Duncan sentì un enorme senso di disagio soltanto nell'avvicinarsi, eppure represse il suo orgoglio con forza per il bene di Zoey, Noah, Dawn, e anche del suo e di Scott. Trasse un grosso respiro e provò a calmarsi, il tutto accanto al rosso che non stava capendo il perché di tutta quell'esitazione.
Poi, proprio nel momento in cui Duncan bussò alla porta, l'occhio gli cadde su di un piccolo pezzo di legno appeso accanto al campanello: "Fred Nelson e Marta Nelson". Lì per lì non ci fece molto caso, fu solo quando una signora, alta, bionda e dagli occhi azzurri come il mare, aprì la porta che si rese conto della situazione.
- Duncan?- domandò lei, guardando il moro con gli occhi quasi socchiusi per cercare di capire se si trattasse veramente di lui.
- Sì, mamma, sono io. - il punk si grattò i capelli ed abbassò lo sguardo verso il basso, mentre un leggero sorrisetto di imbarazzo si delineò sul suo viso.
- Perché...- la madre di Duncan provò a parlare, ma le parole le si bloccarono in gola. Presa dal momento abbracciò il figlio e, quando venne ricambiata, sentì delle gocce calde scenderle sulle guance.
- Mi sei mancata.- sussurrò il moro, sperando di non farsi sentire da Scott.
- Anche tu. - aumentò leggermente la stretta, quasi come se avesse paura che il figlio potesse andarsene da un momento all'altro.
Per Scott quella scena fu sia imbarazzante che dolorosa. Sentiva di essere un terzo incomodo, ma al contempo avrebbe voluto poter fare lo stesso con la sua famiglia, che invece lo aveva abbandonato a se stesso quando era piccolo.
- Che ci fai qui?- domandò la donna sottovoce al figlio, quasi come se non volesse farsi sentire.
- Abbiamo bisogno di un posto dove dormire. - Duncan indicò Scott, il quale si limitò a rivolgerle un saluto con fare imbarazzato.
- Siete fortunati, oggi Fred non c'è. Entrate pure.- la bionda rivolse un sorriso raggiante verso il rosso, facendolo sentire molto più tranquillo, dopodiché fece strada ai due verso l'interno dell'abitazione.
La mamma di Duncan era molto simile al figlio, eccezion fatta per i capelli biondi, al punto che a Scott era bastato guardarla in volto per capire la loro parentela. Era leggermente più bassa del figlio e, nonostante l'età, aveva ancora un fisico invidiabile. Una donna che, sin dall'apparenza, gli era sembrata più che affidabile.
Passarono per l'ingresso, tappezzato da cima a fondo di foto, fino ad arrivare nel salotto, dove la bionda li fece accomodare.
- Grazie mille, ehm...- il rosso provò a ringraziarla, ma non era sicuro di come avrebbe dovuto chiamarla.
- Marta.- lo aiutò lei, sorridendogli cordialmente - Allora, Duncan, in che guaio ti sei cacciato sta volta?- incrociò le braccia al petto e si lasciò affondare nel divano tenendo lo sguardo rivolto verso il figlio.
- Eravamo qui vicino a cena in un autogrill ed un poliziotto voleva farci una multa. Abbiamo avuto un diverbio e, beh... diciamo che non è andata benissimo.- spiegò, omettendo completamente la parte più importante.
- È vivo?- chiese, leggermente spaventata.
- Sì, probabilmente avrà solo il setto nasale rotto.- sentendo quelle parole, Scott rise, contagiando anche l'altro.
- Per caso era un uomo basso, sulla sessantina, con i capelli grigiastri ed un'aria altezzosa?- domandò Marta.
- Credo di sì. - rispose Scott, che il volto dell'agente se lo ricordava bene.
- Oh, allora deve essere stato Wallace. È un collega di tuo padre, un vero bastardo! Fa multe in continuazione, anche per i motivi più stupidi. Avete fatto bene.- i due si guardarono negli occhi per qualche secondo, per poi scoppiare a ridere di gusto.
- Lui quando torna?- chiese poi Duncan, una volta che le acque si furono calmate, senza specificare chi fosse il soggetto.
- Domani pomeriggio verso le quattro, è andato ad un convegno a Winnipeg.- spiegò Marta, facendo spagliare i due.
- Perfetto. Possiamo restare qui stasera? Ce ne andremo domani mattina.- Duncan guardò sua madre con il tipico sguardo di un bambino che vuole un giocattolo al supermercato, motivo per cui la bionda non poté rifiutare.
- Va bene, vado a prepararvi i letti.- disse, per poi alzarsi ed incamminarsi verso il piano di sopra lasciandoli da soli.
Scott approfittò di quel tempo per guardarsi bene intorno. Le mura erano tappezzate di foto, per lo più del padre di Duncan, un uomo dai capelli grigi, gli occhi marroni ed uno sguardo severo in volto. In più occasioni lo si vedeva con addosso la divisa da ispettore, oppure con l'uniforme militare. Invece di foto di Duncan ce n'era giusto una, dove lui era bambino ed era assieme ai due genitori, tutti e tre sorridente e felici.
- Quindi tuo padre è uno sbirro. Veramente il colmo.- lo prese in giro, ricevendo una risata ironica come risposta.
- Esatto, è la stessa cosa che mi ha detto lui.- era palese che il punk e suo padre non andassero d'accordo e ciò era aggravato dal fatto che Duncan era un ricercato ed il papà aveva l'obbligo di arrestarlo.
- Immagino sia molto felice.- disse il rosso ironicamente.
- Tantissimo. Pensa che quando ho compiuto diciotto anni mi ha dato un calcio in culo e mi ha gettato per strada.- rise nel ripensare a quel giorno, con lui ubriaco fradicio ed il padre, in piena crisi di nervi, con in mano una lettera di denuncia nei confronti del figlio per "atti osceni in luogo pubblico" - Invece tuo padre che tipo è?- chiese poi, cercando di tenere a galla la conversazione.
- Mio padre? Uno stronzo di prima categoria. Quando avevo dieci anni mi ha cacciato di casa e da allora non l'ho più visto.- Scott disse quelle parole con il tono più piatto possibile. Non riusciva mostrarsi né arrabbiato né triste, d'altronde sapeva che non era colpa del suo vecchio se era finito in quelle condizioni, nonostante avesse comunque influito.
Nel parlare della sua famiglia sentiva come un nodo in gola. Almeno Duncan aveva una madre su cui poteva contare, la sua invece era una tossicodipendente con sei figli ed un marito violento che la picchiava. Per di più non si curava nemmeno delle sue creature, lasciandole prede "della bestia", così Scott aveva rinominato suo padre, pur di non essere colpita. D'altronde poco si poteva aspettare da una prostituta e lui, proprietario di una fattoria, era noto per i suoi problemi di alcolismo.
L'unica cosa che gli mancava del suo nucleo familiare erano le tre sorelle ed i suoi due fratelli più grandi, con cui non era più stato in grado di riprendere i contatti.
- Non devi avere passato una bella infanzia.- Duncan capì che non fosse il caso di portare troppo avanti il discorso.
- No, decisamente no. - Scott si lasciò andare ad un grosso sospiro, perso in quei ricordi che, di giorno in giorno, si facevano sempre più appannati ed offuscati. A malapena si ricordava il volto del padre e della madre.
- I letti sono pronti, andate e dormire. La stanza la ricordi, giusto?- Marta fece l'occhiolino al figlio, il quale si limitò di farle un cenno positivo con la testa. Scott si avviò su per le scale, seguito dal punk che, messo il primo piede sul legno, si girò verso la madre.
- Mamma... grazie.- mantenne il contatto visivo per qualche secondo, fino a quando l'imbarazzo non prese il sopravvento.
- Per te questo e altro, figliolo.- gli rivolse il sorriso più radioso possibile, per poi salutarlo con un cenno della mano ed invitarlo a salire.
 
 
 
ANGOLO AUTORE:
Signori e signore, vi presento la mamma di Duncan! La sua personalità ed il suo aspetto sono basate dalla "lettera a casa" che fecero per A Tutto Reality: L'isola.
Capitolo pieno di emozioni, il cui titolo è House of Memories, titolo di una canzone bellissima dei Panic At the Disco che vi consiglio caldamente.
Ah, se vi stesse chiedendo perché ho aggiornato così è tardi è perché... pensavo fosse Lunedì.
   
 
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