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Autore: Biker    02/07/2019    1 recensioni
Abbastanza buono non è mai abbastanza. E così che Robin Mask è cresciuto: dare il meglio di sé per ottenere la gloria e l'onore.
Ma a cosa è disposto a rinunciare?
Genere: Generale, Introspettivo | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Robin Mask
Note: nessuna | Avvertimenti: Tematiche delicate
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Robin mask camminava difilato nel corridoio dal parquet lucido del suo immenso magione. Avava tra le mani la lettera consegnatagli dal suo fedele maggiordomo che per una vita aveva servito la famiglia Mask. Vedendo nascere e crescere lo stesso Robin. E anche suo figlio, Kevin. Arrivato davanti ad una porta si fermò. Un breve momento di raccoglimento. Un attimo per riprendere fiato e prepararsi a ciò che lo aspettava al di là dell ingresso. Abbassò la maniglia e spingendo la porta in avanti una leggera luce soffusa lo colpì sulla maschera, facendo luccicare il metallo e i suoi occhi vermigli come sangue fresco. Il salotto era ampio con due vetrate in fondo alla parete, in mezzo un ampio camino acceso, vicino ad esso due poltrone con un tavolino al centro, un tappeto che ricopriva quasi tutto il pavimento al centro della stanza. Una piccola donna era china su se stessa. I capelli calati le coprivano il viso che teneva tra le mani tremanti. Continui singhiozzi e sussulti provenivano dalla sua bocca piegata in una smorfia di atroce dolore. Quando alzò lo sguardo, due occhi piccoli di azzurro chiaro come il cielo terso di una giornata di maggio, gonfi per le continue lacrime, si puntarono freddi su Robin che si sentì pungere come se un pezzo di ghiaccio gli si conficcasse nella carne calda. Mai aveva visto tanto risentimento in quei occhi. Ella, infine, si voltò, fissando il fuoco che scoppiettava vicino a lei. Forse per cercare un po' di calore perso, per sciogliere il freddo e l'odio dei suoi occhi. Robin continuava a guardarla... Alisa... Nascosto in un lato della stanza, dietro ad una credenza, c'era il maggiordomo. Intento ad osservare quella scena silenziosa ma carica di risentimenti non detti. «Signore, il fatto è avvenuto questa sera: il signorino è stato chiamato per la cena con insistenza poiché non si presentava, La governante è andata nelle sue stanze a cercarlo. Trovata la lettera è iniziata una caccia al topo. Ogni angolo delle casa e stata controllata. Persino la cantina e la soffitta. Ma niente. Più volte sono stati perlustrati i terreni intorno. Anche nei dirupi e nei fiumi. Mi dispiace signore ma non c'è traccia di suo figlio.» Sospirò e continuò con voce lenta e strascicata. « Quella lettera trovata dalla governante è l'unica cosa che si è lasciato dietro. Ho mandato un garzone a chiamarla immediatamente.» Mentre l'anziano servitore diceva ciò, Robin guardava la lettera incriminata, solo una frase era scritta sopra: padre vi odio. Quando ebbe finito di parlare uscì di scena nascondendosi di nuovo dietro la credenza. Robin si sedette vicino alla sua amata e bellissima moglie. « È colpa tua. Sei stato tu. L'hai costretto ad andare via da questa casa. Via da me» stringeva con forza il fazzoletto tra le mani. Riggettando la sua rabbia su quel piccolo oggetto. « Ti avevo pregato. Supplicato persino. Ma tu non hai voluto ascoltare. Hai ignorato i segnali.» L'uomo ascoltava quelle parlare di accusa, incassando senza provare a difendersi. « Il mio bambino, tu me l'hai portato via! Non potrò mai perdonarti per ciò che hai fatto. Hai rovinato la mia vita e quella di tuo figlio. Solo per il tuo ego, per il tuo orgoglio e il tuo onore.» adesso urlava con tutta la voce che aveva. Calde lacrime le bruciavano gli occhi. Il fazzoletto completamente stracciato a terra. Robin provava una fitta nel vedere sua moglie in quelle condizioni e sapere che la causa del suo dolore fosse lui. Aveva sempre cercato di dargli tutto ciò che aveva. Di accontentare ogni suo capriccio. Perché alcune volte, Alisa, sapeva essere veramente una bambina capace di mettergli il broncio. E lui adorava quel musetto. Quello era il suo modo di darle attenzioni e dirle che l'amava. E lei lo sapeva. Ma adesso non vi era nulla che poteva fare per placare i suoi fremiti. Non era mai stato un uomo incline a mostrare i suoi sentimenti. Ma in quel momento avrebbe voluto prenderla tra le sue forti braccia. E dirle che andava tutto bene. Che l'avrebbero ritrovato. Ma restava immobile sulla poltrona, senza lasciar trasparire nessuna emozione. Dopotutto Robin non poteva farci niente, questo era il modo in cui era stato educato fin da piccolo da suo padre, come lui aveva cercato di fare a sua volta con suo figlio. Non aveva pensato che quel modo così militaresco non poteva andar bene. Era l'unico che conosceva per far diventare Kevin il degno erede della famiglia Mask. Un educazione improntata sulla disciplina e sulla sofferenza. - non esiste la gloria senza sofferenza e dolore. E lui lo sapeva bene. Quanto sangue aveva versato sul ring. Dietro quel vestito da signore dell'alta società si nascondeva un soldato addestrato alla guerra. Alisa uscì dal salotto. Il maggiordomo la seguì lasciando Robin solo, immerso nei suoi pensieri.
   
 
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