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Autore: Biker    04/07/2019    2 recensioni
Abbastanza buono non è mai abbastanza. E così che Robin Mask è cresciuto: dare il meglio di sé per ottenere la gloria e l'onore.
Ma a cosa è disposto a rinunciare?
Genere: Generale, Introspettivo | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Robin Mask
Note: nessuna | Avvertimenti: Tematiche delicate
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Il sole sorgeva su quella giornata uggiosa di novembre. Il cielo plumbeo preannunciava pioggia e il vento sferzava insistente sugli alberi e sulla terra fredda. Lo si sentiva soffiare attraverso le finestre, agli angoli della casa e battere forte sul tetto. In questi momenti la casa tradiva la sua età, rivelando fessure nascoste, pavimenti cigolanti, corridoi freddi. Il fuoco era stato acceso dalle prime luci dell'alba per cacciar via l'umidità della notte. Alisa ascoltava, in un silenzio quasi religioso, la pioggia che iniziava a scrosciare. Tutto era immobile. Persino lei, tanto da sembrare un pezzo di arredamento in quella stanza. Una statua di freddo marmo. Solo gli occhi infossati erano segno di vita e il suo lento respiro. A rompere quel silenzio ovattato fu una porta aperta con forza e una voce di donna troppo alta che gridava in direzione della povera giovane: « oh piccola mia! Piccola mia! » la madre, una signora piccola di statura, con i capelli biondi accuratamente sistemati in un abito lungo ed elegante, la portò a sé, accarezzandogli i capelli mentre le baciava le guance. Lei cadde di nuovo in un pianto ininterrotto. Un uomo apparve all'uscio, aveva una figura slanciata con capelli bianchi brizzolati tirati all'indietro. Le prese la mano nella sua stringendo con delicatezza. Lei piagnucolò « padre » « Bambina, mia principessa. Non piangere.» Sopraggiunse Robin avvisato dell'arrivo dei suoceri dal maggiordomo. Un atmosfera di ghiaccio si creò quando le due parti si incontrarono. Nessun gesto cortese di benvenuto, solo un profondo silenzio. La madre di Alisa guardava quell'uomo con sdegno, prese la figlia sotto braccio e la portò via con sé. La donna finse indifferenza nel passargli accanto come se lì non ci fosse nessuno. I due uomini rimasti soli si fissavano con astio. Non avevano mai potuto sopportasi. I rapporti con il tempo erano andati sempre peggiorando. Da quel momento in poi sarebbero stati definitivamente irrecuperabili. « Ho sempre pensato che tu non fossi adatto a mia figlia... ti ho sempre visto come un villano che cerca di ostentare un eleganza e una vita che non ti appartiene.» «Sei stato capace di farti odiare da tutti: da tua moglie e da tuo figlio persino. Con mio sommo piacere vedo che avevo ragione sul tuo conto.» «Come posso biasimare quel povero ragazzo, anch'io scapperei di casa se avessi un padre spregevole come te. Ritorna dai tuoi amici, specialmente da quel Warsman o come diavolo si chiama. Solo uno come te può avere come amico un animale, una bestia.> Robin lanciava saette dagli occhi ridotti a fessure. Stringeva i pugni per non avventarsi sul piccolo uomo che li stava davanti. Ancora abbastanza lucido da sapere di non dover far nulla: « la questione non ti riguarda. Questa è casa mia e comando io. In quanto padre educo mio figlio come ritengo opportuno. Non provare a mettere Alisa contro di me. Ricordati che lei è mia moglie.» Si girò e andò via prima che la situazione gli sfuggisse di mano. Lasciò la casa. Aveva bisogno di respirare. Camminò a lungo per le strade di Londra e quando si fermò in un bar era calato già il buio. Bevve molto provando a stordirsi con l'alcool. Ma non funzionò, finì solo per ubriacarsi. Le parole iniziarono a vorticargli nella testa. Continuava a sentire la voce di quell'uomo. La rabbia ribboliva dentro di lui. Si diresse alla palestra della M.L. si spogliò e scaricò tutta la tensione sui sacchi. Immerso nell'allenamento non sentii l'amico avvicinarsi dietro di lui. Solo quando ebbe finito si accorse della sua presenza. « Robin, amico mio, ho saputo. Ne sono veramente dispiaciuto. Sai quanto affetto provo per tuo figlio.» « Sono stato informato dal vecchio maggiordomo. Sapevo che ti avrei trovato qui.» « Warsman io ho fatto solo il mio dovere di padre.» anche Robin piangeva tutto il dolore accumulato. Aveva trascorso tutta la notte fuori. Quando rientrò seppe che Alisa era andata via insieme ai genitori a vivere nella casa paterna. Robin si abbandonò su una poltrona, percepì il vuoto intorno a lui. Era solo. Si tolse la maschera, la lasciò a terra ai suoi piedi. chi non avesse mai visto il suo viso, non avrebbe mai immaginato che dietro a quel elmo medievale ci fossero due occhi color nocciola profondi e dal taglio dolce e delicato. Ancora una volta quegli stessi occhi erano immersi nelle lacrime, silenziose come la casa che lo circondava.
   
 
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