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Autore: Blackberry23    04/07/2019    2 recensioni
Ichigo aveva capito che poteva farcela benissimo da sola e che non aveva bisogno di lui. Non le serviva un uomo che decidesse ogni aspetto della sua vita, non voleva diventare una semplice casalinga come sua madre. Così, il “per sempre” le era sembrato una minaccia. E aveva osato: aveva rifiutato la sua proposta di matrimonio, lasciandolo. A nulla erano valse le sue proteste, lei era stata irremovibile. Era cresciuta. E aveva voglia di ricominciare a vivere.
Genere: Angst, Malinconico, Romantico | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Altri, Ichigo Momomiya/Strawberry, Kisshu Ikisatashi/Ghish
Note: AU | Avvertimenti: nessuno
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– Sono una deficiente, sono una deficiente, sono una deficiente!
Ichigo aveva deciso di tornare al laboratorio, ma... si era persa tra gli innumerevoli corridoi dell’edificio governativo extraterrestre, girovagando a vuoto e tornando sempre davanti alla porta della sala di allenamento numero 7, ormai vuota.
« Grandioso! » pensò, mettendosi le mani nei capelli.
Era così stanca: era atterrata su un pianeta sconosciuto, aveva litigato con dei vecchi alieni bisbetici e dopo dieci anni di inattività si era ritrovata a dover combattere contro Kisshu...
Il cuore le batteva ancora forte per via dell’incontro da poco conclusosi. Troppe emozioni, che diamine! E poi le faceva male dappertutto, aveva dovuto annullare la trasformazione per recuperare un po’ di energie. Aveva solo voglia di farsi una doccia bollente e buttarsi sul letto. Ma ciò non era proprio possibile: non era a casa sua e doveva ritrovare le amiche. Che fosse stato tutto un piano di Kisshu per allontanarla dalle altre?
Baka! Ma perché non mi sono fatta dare prima delle indicazioni?
 
***​

– Ma dove caspita è finita? – chiese spazientita Mew Minto, svolazzando vicino alle compagne davanti all’ingresso del laboratorio. I soldati le avevano informate che gli ordini erano cambiati di nuovo e che dovevano attendere il ritorno di Mew Ichigo. Era da tanto che aspettavano la leader del gruppo e tutte cercavano di ingannare il tempo e attenuare la tensione nel modo a loro più congeniale: Mew Purin facendo capriole, Mew Retasu intrecciandosi i capelli, Mew Zakuro riposando appoggiata al muro con le braccia incrociate e Mew Minto inveendo contro una certa ragazza dai capelli rossi.
– Non si è nemmeno portata dietro Mash, quell’oca giuliva?
Uno scienziato alieno basso e goffo si avvicinò titubante alla Mew lorichetto. Portava un paio di occhiali dalle lenti molto spesse e dalla montatura verdastra. Sul camice aveva appuntata una targhetta identificativa con su scritto “Cardamome”.
– Ehm... signorine Mew Mew... signorina Mew Minto... noi siamo pronti per cominciare... aspettiamo l’altra signorina ma... ma se volete, potete accomodar... – disse l’alieno, tentando nervosamente di abbozzare un discorso.
– No. Non si discute. Dobbiamo esserci tutte! – lo interruppe la ragazza, con tono perentorio.
– C... capisco signorina... c... certo! – balbettò Cardamome, arrossendo copiosamente e indietreggiando di qualche passo.
Mew Minto serrò i denti in una smorfia di dolore: non volava da dieci anni e il fatto di non essere più padrona del 100% del suo corpo rendeva il tutto più difficile, tanto che le ali stavano cominciando a farle male per lo sforzo. Quasi rimpiangeva la sua carrozzina, dimenticata nella galleria sovrastante...
Notando la sofferenza dell’amica, Mew Retasu le sussurrò con fare apprensivo: – Non va bene che ti affatichi così. Mentre aspettiamo Mew Ichigo, dovresti ritrasformarti e... ecco, mi ricordo di aver visto nel laboratorio una sedia con lo schienale di fronte ad un grosso monitor! Sono sicura che agli alieni non dispiacerà se la usi un attimo... non è vero Cardamome-san? Anzi, sareste così gentili da portarci direttamente la sedia a rotelle che abbiamo lasciato di sopra?
– Oh, noi... naturalmente.
– Perfetto! Grazie mille! – esclamò la Mew neofocena con un gran sorriso.
– È tutta colpa di quella stupida gattaccia! Come si fa ad essere così stupidi? Andare da sola da Kisshu... in un posto sconosciuto... senza volere nessuna di noi... ma come si fa? – disse la giovane dai capelli corvini, annullando la metamorfosi e appoggiandosi alle amiche prima di sistemarsi sulla sua sedia a rotelle, prontamente recuperata dagli scienziati extraterrestri. L’ingenuità di Ichigo la faceva arrabbiare: perché non aveva preteso di essere accompagnata? Si era fatta valere con il Consiglio, però non aveva detto nulla quando quel maniaco del Capitano Kisshu l’aveva fatta convocare per parlarle in privato. Da quando in qua ci si poteva fidare di lui? Sbuffando, si tolse il traduttore automatico e portò il ciondolo da Mew Mew alla bocca.
– Minto chiama Ichigo, ripeto, Minto chiama Ichigo. Hey, vecchiaccia, ci sei? Mi ricevi? 
Dopo qualche istante e fruscio di fondo, la voce di Ichigo si fece sentire.
– Minto! Sì, ti ricevo! Perché non ho pensato prima a usar... hey, aspetta un momento! A chi hai dato della vecchiaccia?
– Ho aspettato fin troppo e sì, ho dato proprio a te della vecchiaccia. Vecchiaccia, ritardataria, sciocca e imprudente! Sei fortunata che queste vecchie spille funzionino ancora! Si può sapere dove ti sei cacciata?
– Senti, non lo so dove mi sono cacciata, se proprio lo vuoi sapere, mi sono persa... sì, mi sono persa, va bene? Questi maledetti corridoi sono tutti uguali e non ci capisco più niente, mi sembra di stare in un labirinto! Sono da sola, Kisshu si deve essere teletrasportato da qualche parte e...
– Ci avevano detto che per motivi di sicurezza è vietato teletrasportarsi in questo edificio! Se qualcuno ci prova, scatta l’allarme! E perché non c’è nessuno lì con te?
– La sala di allenamento numero 7 è un’eccezione alla regola. Non c’è nessuno perché... perché... perché è una lunga storia, insomma! Sto cercando di tornare al laboratorio, sto girando da parecchio e anche se mi impegno... ritorno sempre vicino a questa stanza che serve ad allenarsi... o almeno credo...
– Cosa? Non muoverti, resta ferma dove sei! Mash ti verrà a prendere!
A quelle parole, il robottino si attivò con un bip-bip e, dopo aver girato su se stesso sbattendo le ali per intercettare il segnale, si diresse alla ricerca di Ichigo.
– Stupida, dovevi chiamarci subito! In tutto questo tempo, ho sforzato il mio corpo a volare!
– Cosa? La stupida sei tu! Perché non hai annullato immediatamente la trasformazione? Vuoi farmi preoccupare e basta, vero? Baka!
– No, sei tu che mi fai preoccupare e basta, baka! – esclamò la mora, chiudendo la comunicazione.
– Avete un modo del tutto particolare di dimostrarvi affetto, eh! – affermò Mew Purin, mentre Mew Retasu e Mew Zakuro annuivano in silenzio.
Siccome Minto si era tolta il traduttore simultaneo, gli scienziati e i sorveglianti, accorsi fuori dal laboratorio a causa delle sue urla, non avevano capito bene a cosa avevano appena assistito. Solo Cardamome sembrava essere a disagio, i suoi occhiali verdi si abbinavano perfettamente al rossore che si stava facendo largo sul suo viso.
« Chissà, forse parla la nostra lingua... » pensò Minto, mentre estraeva dalla tasca del suo vestito un pacchetto di sigarette malconcio e un piccolo accendino blu cobalto. Fortunamente li portava sempre con sé e fortunatamente il rapimento e il viaggio spaziale non li avevano danneggiati. Ne aveva bisogno adesso più che mai. Alieni maleducati e maniaci, ribelli satanisti, scienziati pazzi, fantomatici esperimenti contro un virus letale, dolori tremendi per via di una gatta stupida, niente tè... insomma, in quel momento c’erano tutti gli ingredienti necessari a farle salire il crimine. Posata la spilla sul grembo, si mise in bocca una sigaretta e fece per accenderla... quando il ciondolo cominciò a vibrare, distogliendola dall’intento.
– Guarda che lo so cosa vuoi fare! Anche se non sono lì con te, sappi che so cosa vuoi fare e che ti impedirò di farlo! Avevi detto che smettevi! – risuonò la voce di Ichigo.
– Grrrrrr... e piantala! – sibilò furiosa Minto, scaraventando lontano la spilla, che andò a colpire la testa del povero Cardamome.
– Ahi!
– È colpa di Ichigo!
– Non... non... non si preoccupi signorina, io... ecco, tenga! – disse lo scienziato, porgendole la spilla.
« Sì, parla la nostra lingua... » pensò irritata la ragazza, guardandolo a lungo. Notò che l’alieno aveva non solo gli occhiali, ma anche gli occhi di colore verde. Questi, che arrossì nuovamente sentendosi addosso lo sguardo di Minto, si schiarì la voce con un leggero colpetto di tosse.
– Signorina, se permette una parola... la sua collega ha ragione. Il fumo nuoce gravemente alla sal...
– Silenzio! – sbraitò la giovane, lanciandogli contro il dispositivo di traduzione simultanea e facendo cadere la sigaretta ancora inutilizzata sulle sue gambe.
Cardamome fu centrato in piena fronte e non osò continuare oltre la conversazione. 
– Mi dispiace, ma è sempre colpa di Ichigo, non mia! – urlò la mora.
– Minto... me lo avevi promesso... – mormorò dolcemente la Mew lupo.
– Ti prego, non ti ci mettere anche tu!
– Beh... sai, non è mica per la salute che te lo dico... è che ti vengono le rughe! – disse con un sorrisetto Mew Zakuro, indicandole un cestino nelle vicinanze.
Questa volta fu il turno di Minto per arrossire. Senza proferire una parola, la ragazza ripose la sigaretta nel pacchetto e buttò tutto nella spazzatura, assieme all’accendino. In seguito, ritornò alla porta del laboratorio ad attendere insieme alle altre.
Dopo diversi minuti, le ragazze videro spuntare Mash e Ichigo alla fine del lungo corridoio che conduceva al laboratorio.
– Ragazze, mi dispiace! – disse la ragazza dai capelli rossi, correndo incontro alle compagne.
– Dai, non è successo nulla... e poi erano ordini superiori! – si affrettò a dire Mew Retasu, prima che Minto potesse strillare qualcosa. Poi proseguì, posando una mano sul braccio dell’amica: – Piuttosto, cosa voleva da te Kisshu in questa... sala di allenamento numero 7, hai detto?
– Oh, lui... lui voleva... cioè gli alieni... loro... stanno pianificando di attaccare la base dei seguaci di Deep Blue. Kisshu mi ha detto che dovevo essere pronta a combattere anche nel corpo a corpo se volevo partecipare alla missione. Mi ha colpita diverse volte, però alla fine sono riuscita a graffiarlo. E poi... e poi... e poi gli ho detto che non potevate provare gli esperimenti senza di me e me ne sono andata. Ma il soldato che mi aveva accompagnata non era ad aspettarmi fuori dalla sala, suppongo che ci abbia lasciati soli per maggiore privacy e io... non sapevo come fare per tornare da voi.
– Vogliono attaccare la base dei ribelli? Ma... ma per quale motivo vogliono solo te? Voglio dire... insieme siamo una forza: lo dovrebbero sapere, no? – domandò Mew Retasu, visibilmente confusa.
– È quello che ho cercato di far capire a Kisshu... – sussurrò Ichigo, abbassando lo sguardo e concentrandosi sulla sua ombra, proiettata sul pavimento dalla luce artificiale delle potenti lampade del soffitto. Senza rialzare gli occhi, continuò: – Minto, come ti senti? Ce la fai a trasformarti?
– Mi serve un altro traduttore, il mio disgraziatamente si è rotto. Per il resto, sì, penso di farcela. E tu? Ti sei fatta male?
– Stavo meglio prima, ma penso di farcela anch’io. Non sono poi così vecchia! – rispose Ichigo, facendo una linguaccia. Poi aggiunse: – Questo posto è davvero un labirinto sotterraneo! Come fanno a orientarsi?
– Qui siamo nell’area segreta del Palazzo del Consiglio, al centro della capitale aliena – spiegò Mew Purin. – L’ospedale militare, che hanno costruito nell’edificio adiacente a questo, ha le luci di un colore diverso a seconda del settore. Le infermiere mi hanno detto che è stato costruito appositamente per i membri dell’esercito colpiti dal virus: sono loro che provano le cure palliative prima dei civili. Il reparto dove si trova Taruto si affaccia su un’area verde privata e...
Un soldato con una benda sull’occhio destro interruppe bruscamente la scimmietta.
– Umane, il Consiglio è di nuovo in galleria e voi ci siete tutte, quindi gli esperimenti possono iniziare sul serio! Entrate nel laboratorio, alla svelta!
– Mi potete tradurre quello che ha detto? – chiese la mora.
– Dobbiamo entrare, cominciano gli esperimenti. Minto, Ichigo: trasformatevi! – disse Mew Zakuro.
– S... signorina... se... se acconsente... posso...
Lo scienziato si bloccò, mordendosi le labbra e arrossendo violentemente: Minto si era appena trasformata.
– ... posso farle io da... da traduttore... – finì deglutendo.
– Grazie Cardamome, ma la sua traduzione non sarebbe simultanea e non voglio abusare della sua gentilezza. L’ho già colpita due volte oggi, penso possa bastare.
– Oh, lei può... c... cioè... non... non si preoccupi, non è accaduto niente di grave, eh eh... 
– Bene, allora per favore mi procuri un altro congegno.
– S... subito, signorina.
Lo scienziato materializzò un tablet dallo schermo verde, vi digitò sopra una serie di numeri e infine bisbigliò qualche parola all’orecchio di una guardia, che annuì e fece cenno alla ragazza di seguirlo. La condusse alla fine del corridoio, dove c’era un minuscolo magazzino pieno di strani marchingegni elettronici, tra cui dei dispositivi auricolari di traduzione simultanea. Mew Minto si mise il nuovo traduttore e ritornò indietro. I militari alieni all’ingresso la fecero entrare nel laboratorio, dove si trovavano già le altre ragazze: erano distese su dei tavoli metallici al centro della sala. Gli scienziati stavano preparando dei sensori di monitoraggio cardiaco e la giovane riuscì a sentire qualche stralcio di conversazione.
– Che confusione oggi! Prima ci danno l’ordine di iniziare gli esperimenti su una Terrestre e via via sulle altre, poi di esaminarle tutte insieme e, nel caso, di curarle, dopo ci obbligano a non testare niente su Mew Ichigo e adesso ci dicono che possiamo usarle tutte, ma di andarci piano con lei. Ti rendi conto di quanto tempo abbiamo perso, se contiamo pure la rottura dei vetri protettivi? – borbottò uno scienziato alto e calvo, rivolgendosi a Cardamome.
– Gingembre, sai bene che queste... queste non sono circostanze normali. Lo sai bene...
– Sì, ma non mi aspettavo una cosa del genere! Queste Mew Mew... perché deve essere tutto così complicato?
« Avevano ricevuto ordine di non provare nulla su Mew Ichigo? E ora possono farlo ma devono “andarci piano”? Che ci sia lo zampino di Kisshu? » si chiese la ragazza.
– Umana, cosa fai lì impalata? Forza, vola accanto alle tue compagne! – le ingiunse il soldato con la benda.
La ragazza non poté far altro che ubbidire e sistemarsi sul tavolo a lei assegnato, non senza una smorfia di disgusto.
– Esperimento numero 1, preparato a) 37 – annunciò Gingembre, mentre alcuni dei suoi colleghi trasportavano con cautela un grosso contenitore cilindrico pieno di un liquido grigio scuro e gelatinoso. Quando lo aprirono, un tanfo incredibile si diffuse gradualmente in tutto il laboratorio.
« Kami-sama, che schifezza! » pensò Mew Minto, tappandosi il naso.
   
 
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