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Autore: insiemete    05/07/2019    0 recensioni
sei un tuffo in un mare di guai
[storia breve] Trailer: https://www.youtube.com/watch?v=tZa-W54CoYc&feature=youtu.be
Genere: Romantico, Sentimentale, Triste | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Contesto generale/vago, Scolastico
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Buona lettura

 
Quando mamma ci ha abbandonati, io non ho versato una lacrima. Sapevo quanto odiasse vivere con noi e questo suo risentimento aveva portato me, la sua primogenita, ad odiare lei. C'erano giorni che volevo sul serio sparisse. La sua presenza in casa stava diventando sempre più passeggera.
Un giorno i miei desideri si sono avverati.
E nel voler perdere lei, ho perso i miei fratelli.
Prendo gli occhiali dal comodino e mi alzo dal letto.
È un altro giorno, un'altra mattina. Vado in bagno e mi sistemo. Devo preparare la colazione per quattro persone.
Scendo le scale controvoglia e metto su della legna nel camino.
Noto una figura distesa sul divano.
«Papà» la mia voce lo desta dal sonno. Corro verso di lui e gli butto le braccia al collo.
«Finalmente sei tornato» dico, con le lacrime agli occhi.
Lui non mi stringe. Sento freddo.
«Che cosa succede?» chiedo, guardandolo malinconica.
Di solito mi stringe e non mi lascia più. Quando non lo fa, è triste.
«Ho perso dieci pecore.»
Il gregge è composto da centinaia di animali, ma anche dieci fanno la differenza.
«La nebbia, il temporale, le ha spinte giù per il dirupo. Blake non è riuscito a fermarle.»
Mi mordo il labbro. Il suo viso è rivolto verso il pavimento.
«Ne compreremo altre.»
«No, tesoro. Non ho soldi nemmeno per sfamare i miei figli, come puoi pretendere che compri altri animali?»
Gli carezzo una nocca ruvida. «Te l'ho detto, troverò un lavoro.»
«Ma io non voglio.»
«Sono grande abbastanza per farlo.»
Scuote la testa e mi sposta una ciocca bruna dietro l'orecchio. «Sei la mia donna.»
Gli bacio una lacrima che gli è sfuggita. «Voglio che tu sia felice.»
«Felice? Non lo sarò mai dopo quello che ti ho fatto.»
Non voglio che tiri fuori quell'argomento, così mi alzo. Lui mi segue. Si siede su una sedia e punta i gomiti sul tavolo della cucina. «Ti ho negato una delle cose a cui tenevi di più.»
Prendo un bicchiere dal lavello. Lo riempio di succo. «Non importa, ormai non ci penso più.»
Che falsità, ci penso ancora tutti i giorni. Ci penserò tutta la vita. Lo sa che la tristezza mi divora gli organi. Ma non posso farci niente. E' meglio che sia infelice io che tutti gli altri.
«Mi sento colpevole.»
Metto il caffè nella moka e mi giro verso il suo viso provato. «Io sto bene, papà.»
E' lui che non lo è: felice.
Poggio la bevanda fumante sotto il suo naso. Prende un cucchiaino dal porta posate e la grappa dalla mensola. Affoga un cubetto di zucchero all'interno.
«I ragazzi mi odieranno» dice, mescolando.
Guardo fuori dalla finestra, ammutolita.
«Tornerò a casa il mese prossimo.»
Spalanco la bocca. «Cosa? Perché?» irrompo, sedendomi di fronte a lui e guardandolo con gli occhi velati di lacrime.
«Non posso portare giù le pecore, tesoro. E' troppo pericoloso. Ne perderò per strada. Non posso permetterlo, ora che il gregge si è ridimensionato.»
Gli prendo una mano e la porto alla bocca. «Non ce la posso fare senza di te.»
Lui si rabbuia, poi alza il tono della voce. «Non dirlo nemmeno per scherzo.»
Non sarebbe stato facile, ma per lui ci avrei provato. Immaginarlo lontano da noi fa male, persino per me. Cosa avrei fatto senza di lui? Se Jimmy si fosse ammalato? Se i gemelli avessero rotto qualcosa? Io cosa potrei fare? Papà dice che io trovo sempre una soluzione a tutto. Ma, per la prima volta, sono costretta a dissentire.
«Sei più vicina a loro più di quanto lo sia mai stato io.»
Ma non ci tengono quanto dovrebbero.
«Quando partirai?» domando, speranzosa di sentirgli dire il più tardi possibile.
Lui mi bacia il palmo della mano. «Finito il caffè.»
«E i ragazzi?» reclamo.
«Ho scritto un bigliettino e l'ho lasciato sui loro comodini. Ho fatto un regalo a Jimmy, è sopra il suo armadio. Daglielo domani.»
E' il suo sesto compleanno.
Ingoia l'ultimo sorso e mette la tazzina nel lavello.
«Sono così fiero di te, tesoro» dice, stringendomi in un abbraccio e baciandomi i capelli.
Lo attiro quanto posso a me. Ora non sento più freddo.
Rimaniamo così per qualche attimo, poi si allontana, senza girarsi più.
Papà? Mi manchi già.

 

 
Perdonate l'imperdonabile ritardo.
Mi trovate sempre su wattpad come whatlou.

  
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