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Autore: Ghost Writer TNCS    06/07/2019    1 recensioni
Da quando la sua famiglia è stata uccisa, Tenko ha combattuto ogni giorno, decisa a sopravvivere solo per compiere la sua vendetta. Ma il suo nemico è il Clero, la più potente istituzione del mondo, fondata dagli dei per garantire pace e prosperità a tutti i popoli.
Vessata dal destino, Tenko dovrà affrontare i suoi sbagli, le sue paure così come i suoi nemici, per scoprire che – forse – un modo esiste per distruggere il Clero: svelare le vere origini del loro mondo, Raémia.
Ma dimostrare le menzogne degli dei non sarà facile. Il Clero è pronto a schierare tutte le sue forze per difendere la dottrina, e gli dei stessi non si faranno scrupoli a distruggere chiunque metta in dubbio la loro verità.
La sua è una guerra persa, un suicidio, o peggio. Ma che importa? Quando ti tolgono tutto, non hai più nulla da perdere.
Genere: Avventura, Azione, Fantasy | Stato: completa
Tipo di coppia: Nessuna
Note: nessuna | Avvertimenti: Tematiche delicate, Violenza
Capitoli:
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- Questa storia fa parte della serie '1° arco narrativo'
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29. Magie e presagi

Il soffio gelido impattò contro la barriera magica, ricoprendola con uno strato di ghiaccio.

Leonidas scattò di lato, l’arco teso. Scoccò la freccia. Di nuovo il dardo rimbalzò sulle scaglie bianche del rettile-lupo, ma la scarica elettrica riuscì ugualmente a stordire la creatura per alcuni preziosi secondi.

«Andiamo!» ordinò il felidiano, indietreggiando a passo svelto. Se si fossero allontanati abbastanza dalla grotta, probabilmente il mostro avrebbe smesso di attaccarli.

Persephone lo imitò in silenzio, anche lei attenta a non perdere di vista il predatore. Lanciò un rapido sguardo attraverso la foresta, dove sapeva che si nascondeva il sole. Mancava poco all’alba: presto la benedizione di Horus le avrebbe donato nuovamente pieni poteri.

Secondo alcune voci, al tempo dei Primi Dei il dio falco regnava anche sul cielo notturno, ma l’arrivo di Tsukuyomi[14] – dio della luna – lo aveva costretto a rinunciare a metà del suo dominio. Parlare di quel periodo non era ben visto dal Clero, quindi le informazioni a riguardo erano vaghe e contraddittorie.

Intanto il lupo si era ormai ripreso e tornò all’attacco con un balzo, ma impattò contro l’ennesima barriera di Persephone. Era una fortuna che i suoi scudi magici non dipendessero dalla presenza del sole.

Il mostro usò gli artigli per cercare di aprire una breccia e Leonidas ne approfittò per scagliare un’altra freccia. La punta metallica, avvolta da un vortice d’aria, questa volta riuscì a scalfire la corazza del lupo, strappandogli uno zampillo di sangue.

La creatura indietreggiò, scoprendo le zanne. Il dardo era riuscito a conficcarsi nella carne, ma per un mostro alto più di tre metri quella era poco più di una fastidiosa scheggia.

«Sto finendo le frecce!» imprecò Leonidas.

Persephone evocò la magia di Horus, ma subito capì che la benedizione era strozzata dalla mancanza del sole. Scagliò ugualmente il raggio luminoso, un bagliore rettilineo che riuscì per lo meno ad abbagliare il lupo.

«Dobbiamo resistere ancora un po’» esalò.

E così fecero: resistettero per un tempo che parve infinito, limitandosi a difendersi, confondere il nemico e poi cercare di guadagnare un po’ di distanza. Questo finché i primi raggi di sole non filtrarono tra i tronchi, scaldando Persephone con il loro mite tepore.

La metarpia avvertì la magia di Horus divampare dentro di lei, la incanalò verso le sue mani e la plasmò in un globo lucente. Il lupo soffiò un getto gelido e l’inquisitrice rispose con il suo raggio di luce. Il fascio incandescente vaporizzò i cristalli di ghiaccio e disegnò un solco nella neve, andando a centrare in pieno il mostro. L’impatto lo scagliò all’indietro, sporcando di nero le sue scaglie candide.

Persephone era convinta che nemmeno quel lupo così ostinato avrebbe avuto l’ardire di opporsi alla potenza di Horus, e invece il mostro si rialzò nuovamente. Doveva essere davvero molto affamato, o forse l’attacco non era stato abbastanza potente.

L’inquisitrice non avrebbe voluto arrivare a tanto, ma ormai era evidente che solo la morte avrebbe fermato il loro aggressore. Richiamò a sé tutta la magia di cui era capace. Sentiva il calore che cresceva dentro di lei, sentiva la forza del suo dio che scorreva in ogni fibra del suo corpo. Cominciò a brillare di luce propria, così come avvenuto durante lo scontro con gli eretici. La neve sotto i suoi piedi iniziò a sciogliersi, impotente al cospetto del calore che riusciva a emanare.

Il drago partì alla carica e Persephone rispose con una raffica di globi luminosi. I piccoli soli si abbatterono con forza contro il mostro, sprigionando contro di lui tutto il loro calore. La creatura incassò i primi attacchi, poi però capì di dover arretrare e cercò rifugio dietro un tronco. Per un attimo i due guerrieri del Clero credettero di avercela fatta, invece il lupo balzò fuori e scatenò l’ennesimo – e ormai inutile – soffio congelante. Evidentemente l’abitudine a combattere altri mostri lo aveva reso particolarmente tenace.

«Odio la gente insistente» esalò la metarpia. Di nuovo fece fluire la sua magia verso le mani, raccogliendola in una sfera di luce.

Aveva eseguito la stessa tecnica poco prima, ma Leonidas capì subito che adesso stava caricando una quantità enormemente maggiore di energia. Riuscì ad avvertire il netto aumento nella temperatura, come se un grande braciere fosse stato appena acceso di fronte a lui. Non c’erano dubbi: quella era la vera potenza di un’inquisitrice.

Una volta caricato l’incantesimo, Persephone non attese che il mostro uscisse allo scoperto. Il raggio di luce partì fulmineo, squarciò l’imponente tronco dell’albero e travolse il lupo, continuando a distruggere e bruciare tutto ciò che si trovava sul suo cammino.

Quando il bagliore si dissolse e Leonidas riuscì a riaprire gli occhi, non fu nemmeno in grado di stabilire fin dove era arrivato l’incantesimo dell’inquisitrice.

Guardò verso il cadavere del mostro. La robusta pelle era stata completamente bruciata, così come la carne, lasciando scoperte le ossa annerite.

Il felidiano fece per aprire bocca per congratularsi con la metarpia, quando il terreno sotto i suoi piedi cominciò a muoversi. Il sollevamento, dapprima appena percettibile, si trasformò in un vero e proprio terremoto. Un pezzo di suolo si sollevò davanti ai suoi occhi, ergendosi come un muro scuro e minaccioso. La stessa Persephone arretrò, avvicinandosi al suo compagno di viaggio.

«Che sta succedendo?» provò a chiedere il felidiano.

La metarpia, altrettanto preoccupata, rimase in silenzio, sforzandosi di celare il proprio turbamento.

La scossa durò appena pochi secondi, ma tanto bastò per trasformare l’aspetto della foresta intorno a loro. Di colpo calò il silenzio, permettendo loro di udire dei rumori in lontananza: animali spaventati che cercavano un rifugio, ma anche enormi alberi che crollavano, scatenando fragorosi boati.

«Persephone… cos’è successo? Cosa facciamo?»

La metarpia attese qualche altro istante, in allerta, poi lasciò spirare via la magia e il suo corpo smise di brillare. «Il mostro è morto, muoviamoci prima che ne arrivino altri.»

Leonidas, ancora scosso, annuì. «Sì, Persephone.» Consegnò all’inquisitrice la sua sacca, dopodiché prese il pendente per controllare la direzione. «Da questa parte.»

All’inizio il felidiano sembrava il più preoccupato, ma ritrovò un po’ di serenità man mano che procedevano: il rettile-lupo si era rivelato un osso duro, ma alla fine erano riusciti a superare sia lui che il terremoto. Forse quest’ultimo era stato mandato dagli dei per aiutarli, impedendo ad altri mostri di mettersi sulle loro tracce.

Persephone al contrario, pur avendo la solita espressione seria, non riusciva a non pensare a quanto successo. Il sisma di prima non poteva essere una coincidenza: era iniziato subito dopo che lei aveva scagliato il suo attacco magico, esattamente come la tromba d’aria era arrivata proprio durante il suo scontro con l’eretica. Non era mai successo che la sua benedizione attivasse simili fenomeni naturali, ma in verità prima di allora non era mai stata costretta a usarla a piena potenza: di norma qualche incantesimo era sufficiente per sbaragliare i ribelli di turno. Se quello era un modo degli dei per comunicare con loro, era davvero un modo strano, ma non doveva essere così arrogante da pretendere di capire i loro piani.

Decise di scacciare quei pensieri dalla mente: doveva restare concentrata sul presente se voleva portare a termine la sua missione.

Continuarono a camminare per giorni, forse settimane, sempre all’erta. Ovviamente evitarono con manicale attenzione qualsiasi anfratto che fosse anche solo vagamente simile a una grotta, girarono al largo da qualsiasi traccia riconducibile a un predatore e si limitarono a cacciare il minimo indispensabile per rimanere in forze: non avevano tempo da perdere e, per quanto affamati, non potevano sapere quali piante fossero commestibili e quali no.

«Ci siamo quasi» affermò Leonidas. Il suo pendente ora si muoveva con grande decisione, segnalando senza ombra dubbio la direzione da seguire.

Il fermento del felidiano era evidente, ma anche la metarpia era impaziente di trovare l’eretica. Una volta catturata, sarebbero finalmente potuti tornare a casa. E avrebbe avuto giustizia per il suo occhio sinistro.

Un leggero rumore fece drizzare le orecchie del felidiano. Sollevò un braccio. «Non siamo soli.»

Persephone portò una mano alla spada e si guardò intorno, pronta a evocare una barriera.

I rumori si moltiplicarono intorno a loro e nel giro di pochi secondi i due guerrieri del Clero videro emergere dalla vegetazione una dozzina di creature. Erano ricoperte di pelliccia, ma avevano la postura eretta e impugnavano vari tipi di armi: lance, scudi, archi.

Uno dei teriantropi disse qualcosa, ma i due faunomorfi non riuscirono a capire le sue parole. Il cacciatore ripeté ciò che aveva appena detto, questa volta facendo gesti verso il basso.

«Credo voglia che deponiamo le armi» affermò Leonidas.

«Facciamo come dice» stabilì Persephone. «Forse hanno preso anche gli eretici.»

I due gettarono a terra spade e arco, dopodiché sollevarono le mani in segno di resa. Un teriantropo si avvicinò per raccogliere le armi, e tanto bastò per sottolineare la differenza di stazza tra lui e i due guerrieri del Clero. A occhio e croce un suo braccio doveva pesare quanto Persephone.

Uno dei cacciatori, probabilmente il capo del gruppo, fece loro segno di seguirlo.

«La direzione è quella giusta» notò il felidiano a bassa voce. I teriantropi si erano disposti in cerchio intorno a loro, così da tenerli d’occhio e prevenire un’eventuale fuga. «Cosa facciamo se hanno catturato gli eretici?»

«Cerchiamo di risolvere la questione in maniera pacifica.»

«E se non funzionasse?»

«La risolveremo in maniera non pacifica. Credimi: anche io non vedo l’ora di tornare a casa. E se proprio non riuscissimo a portare via gli eretici, allora mi assicurerò che siano morti prima di andarcene.»


Note dell’autore

Ciao a tutti!

Dopo un’aspra battaglia, il temibile rettile-lupo è stato costretto a riconoscere la superiorità di Persephone e si è arreso. Ciò che ha davvero sorpreso i due soldati del Clero è stato però il terremoto immediatamente successivo: sarà stato un segno divino, o forse è stato l’incantesimo dell’inquisitrice a causarlo in qualche modo?

Se da una parte i misteri non accennano a diminuire, almeno l’estenuante inseguimento sembra ormai volgere al termine. Persephone e Leonidas hanno incontrato un gruppo di teriantropi, il che significa che il nuovo faccia a faccia con Tenko e Zabar è ormai imminente. Chi riuscirà a prevalere questa volta? E quale potrebbe essere il ruolo dei locali in tutto questo?

Nel prossimo capitolo torneremo dai due demoni, alle prese con un importante ritrovamento.

A presto! ^.^


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[14] Dio della luna nella mitologia giapponese.

   
 
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