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Autore: WhiteLight Girl    06/07/2019    1 recensioni
Dopo gli eventi di Nella tela del ragno, Adrien non si dà pace e parte per la Cina. Il suo viaggio, però, prende una piega inaspettata quando un varco si apre sotto i suoi piedi e lui finisce in una dimensione sconosciuta. Rimasto solo con Plagg, osa sperare che questo l'abbia portato più vicino a Marinette di quanto lo sia stato nei mesi precendenti, per una volta la fortuna sembra girare a suo favore, ma è davvero così o c'è di nuovo qualcosa o qualcuno che manovra i fili di ciò che gli sta accadendo attorno?
Genere: Avventura, Romantico | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Adrien Agreste/Chat Noir, Marinette Dupain-Cheng/Ladybug, Nuovo personaggio
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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Verità

Adrien passò il resto della mattinata aggirandosi nei dintorni del dormitorio femminile, là dove Jonas aveva trovato ad Emma un posto per dormire. Con tutti in giro a svolgere le loro mansioni, rimasero solo lui, Plagg ed i rumori del bosco. Per un po’, Adrien si guardò attorno in cerca di qualcosa di interessante, poiché continuava ancora a domandarsi quali bizzarre creature sconosciute si muovessero tra le fronde ed i cespugli. Riuscì a scorgere qualcosa che si arrampicava sulla parete di roccia della grotta, aveva le dimensioni di un grosso topo ed un’ampia coda piatta che lo faceva somigliare ad uno scoiattolo volante. Con uno sbuffo, il ragazzo realizzò che non l’aveva visto abbastanza chiaramente da poter essere sicuro che non fosse davvero un ratto.

I pensieri tornavano sempre ad Emma, alle decine di domande che non riusciva ad evitare di farsi su come fosse cresciuta, chi avesse incontrato durante la sua vita e quali torti avesse subito senza che nessuno che teneva a lei potesse proteggerla. Cosa era successo nei pochi giorni in cui si erano separati? Per lei il tempo era passato davvero così velocemente oppure lo scorrere del tempo differente aveva avuto effetto solo sul suo corpo?

Passarono ore, le chiome degli alberi nascondevano quasi totalmente il cielo, ma ormai Adrien era quasi certo che non vi avrebbe trovato il sole in ogni caso. Realizzò di apprezzare davvero il silenzio di Plagg solo dopo questo pensiero, allora lo cercò con lo sguardo e lo scoprì intento a fissare la porta del dormitorio, là dove Tikki si era rifugiata insieme ad Emma, e sospirò nel fermarsi a pensare davvero, forse per la prima volta, a quanto probabilmente anche lui avesse sofferto per essere stato separato dalla sua metà.

Quando il sottobosco si permeò di un calore quasi insopportabile, lo stomaco di Adrien iniziò a brontolare; fu l’unica ragione per cui riuscì a capire che probabilmente l’ora di pranzo si avvicinava, ma non aveva alcun orologio o riferimento per confermarlo. Il velo di sudore sulla pelle lo spinse a passarsi un lembo della maglia sul viso, l’impazienza lo faceva fremere.

Avrebbe voluto fare a Tikki decine di domande ma, per la prima volta, iniziava a pensare che Jonas avesse ragione; non era più sicuro di voler conoscere le risposte. Cosa avrebbe fatto se avesse scoperto che Marinette era morta e che erano rimasti solo lui, Plagg, Tikki ed Emma?

Scrollò per l’ennesima volta il capo, scacciando quel pensiero e ripetendosi che avrebbe potuto benissimo non essere sua figlia, che certamente l’avrebbe sentito prima, se lo fosse stata.

Si appoggiò alle rocce accanto all’ingresso del dormitorio, la porta era stata scavata nella pietra ed era incassata alla meglio in modo da riparare l’interno dalla temperatura esterna. Ogni stanza, in quella base, era stata ricavata ai piedi di un’alta montagna che dava sulla foresta. Adrien si chiese se avrebbe potuto sbirciare all’interno, giusto per capire se Emma e Tikki stessero bene, ma ripensò agli orecchini ora al sicuro nella tasca dello zaino e sospirò, rinunciando all’idea.

Alla fine, Plagg si appollaiò nel taschino della sua giacca, proprio sopra al petto, cosa che non faceva ormai da diversi anni, e iniziò a tenerlo d’occhio con un cipiglio per niente camuffato.

«Smettila, sto bene.» sbottò Adrien alla fine incrociando le braccia.

Plagg gli accennò un sorriso ed abbandonò il taschino, facendo un giro attorno alla sua testa e poi piazzandosi a mezz’aria ad un soffio dal suo naso.

«Non so cosa stia passando in quel tuo cervelletto da umano» gli disse. «ma di certo non stai bene.»

La sincerità di quelle parole, però, non fece che abbattere Adrien ancora di più.

«Starò bene quando saprò che cosa è successo a Marinette.» dichiarò.

Plagg annuì, ma non sembrò affatto soddisfatto dalla risposta. «A meno che non scoprirai che è morta.» disse.

Adrien si lasciò scivolare contro le rocce e sedette sul muschio umido. «Almeno troverò pace.» Incrociò le braccia e posò la fronte contro le ginocchia, nascondendo il volto.

Non voleva che Plagg lo vedesse mordersi il labbro per trattenere le lacrime, anche se di sicuro aveva capito che stava mentendo. Se Marinette fosse morta, Adrien era certo che non ci sarebbe stata più nessuna ragione per vivere, per lui.

«Lei è fortunata.» sentì dire a Plagg. Adrien sollevò il capo, confuso, allora il Kwami continuò. «è la coccinella fortunata, ci sono buone probabilità che sia viva.»

Adrien gli sorrise, sperava davvero che fosse così.

Plagg si allontanò, Adrien non fece in tempo a domandargli cosa avesse in mente che lo vide sparire all’interno del dormitorio. Pochi istanti dopo ne uscì trascinando Tikki per una delle zampette.

«Ci serve un piano per trovare Marinette, ci serve la tua fortuna.» disse il Kwami.

L’espressione contrariata di Tikki si sciolse all’istante, un velo di tristezza le coprì lo sguardo, ma sorrideva. Poi guardò Adrien.

«Cosa vuoi sapere?» gli domandò.

Adrien sentì la voce mancargli, ma mise a tacere le proprie preoccupazioni, ignorando il battito tuonante del proprio cuore e la sensazione di formicolio che gli stava percorrendo tutto il corpo a causa dell’emozione e dell’ansia.

«Cosa è successo quando vi hanno portate via?» chiese.

Troppe volte aveva provato ad immaginarlo, sognando Marinette che veniva uccisa, incatenata o rinchiusa in piccole celle. Quelle visioni gli facevano mancare il fiato.

«Non ricordo molto.» ammise Tikki. Si poggiò sul suo ginocchio e si mise a sedere a capo chino, pensierosa. «Ci hanno fatto qualcosa mentre eravamo nel varco e noi ci siamo addormentate... Ladybug si è addormentata... e noi siamo rimaste così, bloccate nella trasformazione per mesi fino a quando ci hanno svegliate e costrette a fuggire.»

Si interruppe, forse pensando a come raccontare quello che era successo. O forse, pensò Adrien dubbioso, a come non farlo.

«Continua, non tralasciare nulla.» raccomandò.

Tikki sospirò e si sporse verso di lui.

«Adrien.» disse. «Voglio che tu sappia che non avresti potuto impedirlo, la donna ragno quel giorno sapeva esattamente cosa fare o dire a Marinette per avere la sua resa totale e incondizionata.»

Questo Adrien l’aveva già capito da tempo, grazie ai racconti dettagliati di Rena Rouge. Se lo era fatto ripetere talmente tante volte che aveva vissuto quel momento nella sua testa fino alla nausea ed ora non riusciva a capire se era solo immaginazione o i ricordi gli stessero tornando.

«Come ho detto a Plagg, starò bene quando saprò.» disse. «Cosa le ha detto? Perché Ladybug si è arresa?»

Tikki gli volò incontro e gli sfiorò la guancia con una zampetta, ma quel gesto non gli diede alcun conforto, anzi gli parve utile solo a fermare per un istante il suo cuore nel petto. Il dolore ai polmoni gli rendeva difficile respirare, ma lui si costrinse ad inspirare forte, perché l’incertezza di Tikki gli dava la certezza che questa fosse una delle risposte che non voleva sentire.

Tikki annuì, comprensiva.

«Voglio solo che tu capisca che non è e non sarà mai colpa tua.» disse.

Adrien scosse il capo. «Lascia che sia io a giudicarlo.»

Tikki premette le zampette contro le sue guance e gli afferrò il volto perché continuasse a guardarla, ma Adrien non voleva guardare da nessuna altra parte.

«La carovana non ha mai voluto te, i Miraculous, Carapace, Rena Rouge o Queen Bee.» spiegò il Kwami. Adrien questo l’aveva già capito da tempo, ma lasciò che continuasse. «La carovana non voleva neanche Ladybug.»

Adrien strinse i pugni, ecco la risposta che non voleva sentire, quella che rimbombava prepotente nella sua testa nonostante Tikki non lo avesse ancora detto ad alta voce, perché da quello che aveva capito c’erano solo due motivi per cui la gente veniva trascinata in quell’universo.

«La carovana voleva il vostro bambino.»

Adrien sentì la testa che girava, la nausea lo colse impreparato. Perse l’equilibrio e dovette sorreggersi alla parete di roccia per non cadere, Tikki distolse lo sguardo e lanciò un’occhiata verso il dormitorio. Il pensiero di Emma da sola in quel mondo divenne tutto d’un tratto soffocante, il desiderio di proteggerla ancora più impellente.

Dischiuse le labbra per avere conferma di ciò che aveva iniziato a pensare nelle ultime ore, ma Tikki si era già distratta a pensare a Plagg.

«È lei?» domandò comunque.

Tikki lo guardò confusa.

«Emma.» chiarì Adrien.

Tikki sgranò gli occhi. «Lei? Oh!»

Non gli sorrise, la sua espressione si fece anzi mesta e colpevole. Non quella in cui Adrien avrebbe sperato dopo averle posto una domanda simile, vista la risposta che pensava avrebbe avuto. Alla fine, Tikki scosse il capo. «No, Marinette ha avuto un maschio.»



Marinette si sentiva leggera, quasi fluttuante, era al caldo e l’aria profumava di fiori. La sensibilità alle dita tornò poco a poco, così come la consapevolezza che c’era qualcuno attorno a lei che parlava e dava ordini. Fu il pianto di un neonato, però, a farle sentire il bisogno di tornare alla realtà. Spalancò gli occhi, scoprendo un complesso intreccio di fiori e rampicanti appesi sopra la sua testa e strinse le dita sulle lenzuola per riflesso.

Voleva chiedere dove si trovasse, voltarsi a cercare con lo sguardo le persone che sapeva essere lì con lei, assicurarsi che il bambino che stava piangendo stesse bene. Si rese conto di conoscere quel pianto, di essere responsabile di quella piccola vita anche se non le apparteneva direttamente.

«Emma...» sussurrò. Ogni lettera le graffiava la gola con forza. «Dov’è Emma?»

Prese lo slancio per alzarsi, ma diverse mani la tennero giù e Tikki entrò nel suo campo visivo con le braccine tese, come se fosse pronta a trattenerla con quelle persone sconosciute.

«Non muoverti, Emma sta bene, ora sei tu che hai bisogno di aiuto.»

Una mano le si posò sulla guancia, era piacevolmente calda ed estremamente gentile mentre la aiutava a voltarsi. La donna di cui Marinette incrociò lo sguardo sorrideva mesta.

«Ci prenderemo cura di Emma per te, lo prometto.» disse.

Una fitta di dolore trafisse Marinette, spingendola ad urlare.

«Calma. Stai calma.» disse la donna. «Il bambino sta per nascere.»

Sollevando il capo per cercare ancora una volta di guardarsi attorno, Marinette non poté evitare di guardare dritto davanti a sé, dove la sua pancia gonfia nascondeva il ragazzino che, nell’angolo opposto della stanza, cercava di cullare Emma come meglio poteva.

Quando arrivò la fitta successiva, Marinette sentì le prime lacrime scorrerle sulle guance. Qualcuno le afferrò una mano e lei la strinse involontariamente, desiderando con tutto il cuore che fosse quella di Adrien.

   
 
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