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Autore: evil 65    07/07/2019    17 recensioni
La guerra contro Thanos si è conclusa da cinque anni, e la Terra sta ormai uscendo dal difficile periodo antecedente allo schiocco che cancellò metà della vita nell’universo.
Dal profondo dello spazio, tuttavia, sta per giungere una nuova e antica minaccia.
L’uso delle Gemme dell’Infinito ha causato il risveglio di una creatura che dormiva negli abissi del cosmo, e che ora, dopo aver provocato carestie e devastazioni su vari pianeti, si dirige minacciosa verso la Terra.
Una furia immensa e bestiale, una divinità antidiluviana e una maledizione, che il mondo imparerà a temere col nome di King Ghidorah…
( Crossover Avengers x Godzilla )
Genere: Drammatico, Fantasy | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Carol Danvers/Captain Marvel, Doctor Stephen Strange, Peter Parker/Spider-Man, Thor, Wanda Maximoff/Scarlet Witch
Note: AU, Movieverse | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
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- Questa storia fa parte della serie 'Avengers Assemble'
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Ecco un nuovissimo capitolo!
Come sempre, vi consiglio di visitare le note piè di pagina, nel caso vi sentiate confusi da alcuni contenuti o informazioni inserite nella storia.
Ero piuttosto indeciso su quale musica usare per accompagnare lo scontro devastante che avverrà nel capitolo, ma alla fine penso di aver fatto la scelta giusta.
Vi auguro una buon lettura, e spero che troverete il tempo di lasciare una recensione!
 
 
Capitolo 6
 
Nel laboratorio di biologia al terzo piano delle Pym Industries, Scott Lang , 40 anni, abbassò lentamente nella gabbia di vetro le pinze di plastica. Poi, con un colpo secco, immobilizzò il centopiedi afferrandolo dietro la testa.
L’artropode sibilò e squittì furioso, mentre Scott allungava la mano, lo teneva stretto dietro le antenne filiformi e lo tirava su verso la fiala per la mungitura.
Strofinò la membrana della fiala con un tampone impregnato d’alcol, vi fece affondare le mandibole uncinate dell’animale e stette a guardare mentre il veleno giallognolo colava nel recipiente di vetro.
La dose raccolta era deludente, appena pochi millimetri. Gli sarebbe servita una mezza dozzina di centopiedi per poter estrarre sufficiente veleno per i suoi studi, ma non laboratorio non c’era spazio per accoglierli.
Esisteva un terrario a San Francisco, ma gli animali tendevano ad ammalarsi e Scott voleva avere gli esemplari a portata di mano, così da poterne controllare la salute.
Il veleno veniva facilmente contaminato dai batteri : per questo aveva disinfettato la membrana con l’alcol e teneva la fiala posata su uno strato di ghiaccio.
La ricerca di Scott verteva sulla bioattività di certi polipeptidi presenti nel veleno  dei centopiedi e il suo lavoro s’inseriva in un vasto progetto che comprendeva serpenti, rane, ragni, e tutti quegli animali che producevano tossine neuro attive.
Scott aveva appena rimesso il centopiedi nella gabbia, quando nel laboratorio entrò una seconda figura. Una donna alta e dai lineamenti delicati, con lunghi capelli neri raccolti in una coda di cavallo. Si trattava di Hope Lang, moglie di Scott e partner del supereroe Antman, nota con il nome di Wasp.
<< Vedo che non indossi i guanti >> osservò la mora, con un cipiglio scontento.
<< Nope >> replicò Scott, il volto adornato da un sorriso impertinente. << Ho acquistato una certa sicurezza >>
<< Ne sono sicura >> ribattè l’altra, baciandolo rapidamente sulla guancia. << Ma l’ultima cosa che voglio è dover trascinare mio marito all’ospedale per il morso di una scolopendra gigante…anche se sarebbe molto divertente da raccontare a papà >>
L’uomo arricciò le labbra in un broncio, come se le parole della donna lo avessero realmente ferito. Quest’ultima si limitò a roteare gli occhi. Scott era sicuramente una persona dalla mente brillante, ma a volte si comportava proprio come un bambino.
<< Hai già dato da mangiare al nostro amichetto? >> chiese con circospezione, mentre procedeva ad indossare il camice da laboratorio.
Scott lanciò una rapida occhiata in direzione del centopiedi e fece una smorfia.
<< Ugh, lo sai che detesto vedere quella roba >>
<< Ricordami il perché >> disse l’altra, incrociando ambe le braccia davanti al petto e lanciando al compagno un sorriso divertito.
L’uomo scrollò le spalle.
<< Mi sembra talmente crudele >>
<< Tutti devono mangiare, Scott >> ribattè Hope, tirando fuori un barattolo contente alcuni grilli ancora vivi.
Poi, afferrò un paio di pinze e le usò per inserirne uno all’interno della gabbia del centopiedi.
Non appena l’insetto atterrò nel terrario, l’artropode si drizzò di colpo e fece scattare le fauci, agitando le antenne. Sembrava quasi un serpente sul punto di attaccare.
Il grillo cominciò a saltare da una parte all’altra del contenitore, mentre il centopiedi si avvicinava alla preda con passo furtivo. Una volta che la distanza tra i due animali venne ridotta a soli pochi centimetri, l’artropode balzò in avanti e affondò gli uncini nel ventre del grillo, iniettando copiose quantità di veleno nel suo organismo.
L’insetto iniziò a contorcersi e il centopiedi lo avvolse con le sue spire in un abbraccio mortale, impedendo ogni tentativo di fuga. Il tutto sotto lo sguardo disgustato di Scott.
<< Vedi, è proprio per questo che sono diventato vegetariano >>
<< Non credi che le piante provino sentimenti? >> ribattè Hope, con tono canzonatorio.
Il marito la fissò stizzito e abbaiò una finta risata.
<< Ah, ah, molto divertente >> borbottò a bassa voce.
Hope si limitò a sorridergli. Poi, si fermò davanti ad una tavola di dissezione e cominciò a lavorare con il bisturi su un grosso coleottero nero.
<< Cos’hai lì? >> chiese Scott, affiancandosi alla moglie e osservando il suddetto animale con estrema attenzione.
<< Un coleottero bombardiere >> rispose lei, senza mai distogliere lo sguardo dall’esemplare. << Un Pheropsphus australiano che spruzza in modo esplosivo >>
<< E che cos’ha di speciale ?>> domandò l’uomo, visibilmente incuriosito. Dopotutto, aveva già visto Hope lavorare su certi animali, ma questa specie non gli era familiare.  
I coleotteri bombardieri traevano il loro nome dal fatto che erano in grado di sparare fuori un getto di fluido caldo e nocivo, puntandolo in tutte le direzioni, da una specie di torretta rotante posta sull’estremità dell’addome. Il fluido era sufficientemente sgradevole da tenere lontani i rospi e gli uccelli che avrebbero voluto mangiarseli e abbastanza tossico da uccidere sul colpo gli insetti più piccoli.
Le modalità del meccanismo erano state studiate fin dai primi anni del XX secolo ed erano ormai note.
<< Grazie a certe sostanze immagazzinate nel corpo… >> spiegò la donna, << i coleotteri producono uno spruzzo bollente di benzochinone. Hanno due sacche nella parte posteriore dell’addome : le sto sezionando adesso, le vedi? La prima sacca contiene l’idrochinone e l’ossidante, il perossido d’idrogeno. La seconda sacca è una camera di reazione, rigida, contenente enzimi, catalisi e per ossidasi. Quando viene attaccato, tramite un muscolo il coleottero riversa il contenuto della prima sacca nella seconda, dove tutti gli ingredienti si combinano dando origine ad un getto esplosivo di benzochinone >>
<< E questo particolare coleottero? >> chiese Scott, sedendosi accanto a lei.
Hope iniziò ad aprire il torace dell’animale.
<< Nel suo armamento c’è qualcosa in più. Produce anche un chetone, il 2-tridecanone. Il chetone possiede proprietà repellenti, ma agisce anche da tensioattivo, agente bagnante che accelera la diffusione del benzochinone. Voglio sapere da dove viene fabbricato, in modo da poterlo replicare e usarlo come arma. Un po’ come con i miei attacchi ad energia, potrebbe rivelarsi molto utile in battaglia >>
<< Non credi che lo fabbrichi il coleottero?>>  domandò l’altro, con un’espressione contemplativa.
Hope scrollò le spalle e comincio ad incidere la parte inferiore dell’addome.
<< Non necessariamente, no. Potrebbe aver immagazzinato dei batteri in grado di confezionare il chetone >>
Scott annuì comprensivo.
In fondo, succedeva abbastanza spesso in natura. Produrre sostanze chimiche per difendersi consumava energia, perciò se un animale poteva incorporare batteri in grado di fare il lavoro al posto suo, tanto meglio.
Mentre la moglie era intenta a dissezionare l’insetto, l’uomo estrasse il cellulare dalla tasca dei pantaloni e cominciò a far scorrere le notizie del giorno. In un mondo come il loro era diventato un buon modo per tenersi aggiornati sulle potenziali situazioni che richiedessero il loro intervento, o quello di altri umani dotati di capacità fuori dal comune.
Poi, come dal nulla, un servizio ben specifico attirò l’attenzione del supereroe.
Aprì il suddetto file…e rimase come pietrificato da ciò che mostrava l’articolo.  Fu costretto a rileggerlo più volte, per essere sicuro che non fosse un qualche tipo di bufala.
Tuttavia, il fatto che alla fine dello scritto fosse stato inserito pure un video riguardante l’evento…bhe, fu la prova definitiva di ciò che stava accadendo a New York in quel preciso istante.
<< Ehm…amore >> disse con voce tremante, attirando lo sguardo della donna.<< Penso che dovresti vedere questo. E sarà anche il caso di recuperare subito le tute >>
 
                                                                                                                                                    * * *
 
Facendosi schermo con una mano dal fulgore del sole, Daisy Johnson, nome in codice Quake, posò gli occhi color nocciola sullo spettacolo del gabbiano che planava elegantemente nella scia della nave da crociera, volteggiando sopra il picco di carico poppiero.
Ammaliata, rimase diversi minuti a contemplare l'ineguagliabile grazia con cui l'uccello marino si librava in volo, finché, con moto subitaneo d'impazienza, non si drizzò a sedere sulla malandata sedia a sdraio consumata dalla salsedine. Senza che se ne accorgesse, sulla schiena abbronzata apparvero i segni rossi, distanziati a intervalli regolari, impressi dalle stecche dello schienale.
Si guardò intorno, ma del personale addetto al ponte di coperta neanche l'ombra, perciò ne approfittò per riassettarsi pudicamente il reggiseno a balconcino del succinto bikini e mettersi così più a suo agio.
Era diventata un’Avenger poco meno di due anni fa, ma aveva lavorato per lo Shield dalla prima invasione di Chitauri avvenuta nel 2012.
Da quel momento in poi, aveva avuto ben poche occasioni di godersi una meritata vacanza, motivo per cui era intenzionata ad approfittare di questa crociera offerta dall’agenzia il più possibile, prima che la prossima ed ennesima crisi globale la richiamasse al fronte.
Con un sospiro contento, si accasciò ancora una volta sulla sdraio, quando…
BZZZZZZ
Il comunicatore che si portava sempre appresso cominciò a suonare.
Era un dispositivo collegato ad un canale riservato, ragion per cui sapeva esattamente chi la stesse contattando. E dato che aveva avvertito più volte quella persona di non chiamarla a meno che il mondo non fosse sull’orlo della catastrofe più totale…bhe, diciamo solo che la donna divenne presto consapevole del fatto che la giornata stava per prendere una piega alquanto diversa da quella che aveva inizialmente sperato.
Daisy afferrò il comunicatore e se lo portò all’orecchio, con uno sguardo visibilmente stizzito.
<< Phil Coulson, giuro che se questa non è la fine del mondo, io…>>
<< Mi dispiace dovertelo dire… >> annunciò la voce di un uomo che secondo i record ufficiali dello Shield era morto nel 2012 per mano di Loki Laufeyson, << ma penso proprio che potrebbe esserlo >>.
 
                                                                                                                                                               * * * 
 
Budapest non era certo nuova alla guerra.
In molti secoli di sangue, la capitale ungherese era stata contesa e occupata da una lunga serie di conquistatori -unni, goti, magiari, turchi, asburgici, nazisti e sovietici — prima di ottenere, alla fine del Ventesimo secolo, la tanto agognata indipendenza.
Ma quei semplici conflitti durati appena pochi anni erano ben poca cosa, in confronto all'oscura guerra senza tempo che si combatteva tra le ombre della città : la guerra al terrorismo. E attualmente stava prendendo piede in una strada per lo più abbandonata, situata nella periferia ovest del complesso urbano.
Al centro della schermaglia vi erano due figure dalle fattezze assai inusuali.
La prima apparteneva ad un uomo alto e ben piazzato, dalla muscolatura prominente e dai lunghi capelli castani che gli arrivavano fino alle spalle. Tratto distintivo era il braccio destro, metallico e lucente sotto i raggi del sole pomeridiano, simbolo inconfutabile della sua identità : Bucky Barnes, il Lupo Bianco, ex agente dell’Hydra conosciuto come il Soldato d’Inverno.
Ad affiancarlo era un uomo di colore poco più basso di lui, indossante una spessa armatura cremisi, la cui parte posteriore era adornata dalla presenza di una coppia di ali rivestite in kevlar e acciaio temprato.
Costui era uno dei primi Avengers che presero posto nella squadra dopo la crisi Ultron avvenuta nell’ormai lontano 2014 : Sam Wilson, alias Falcon.
Sotto il rumore dei colpi, il rinomato supereroe sentì alcuni uomini abbaiare degli ordini.
Prese le armi e balzò a mezz’aria, le ali meccaniche che si aprivano come un ventaglio. Le pistole automatiche spararono ciascuna due, quattro, sei, otto scariche prima che avesse toccato terra nello spazio che si era aperto in mezzo ai combattenti nemici.
Con un rapido calcio spaccò le mascelle di due avversari. Un calcio rotante ne fece cadere a terra altri tre.
A pochi metri da lui, Bucky risistemò le pistole nelle fondine, si portò il braccio metallico alla schiena e afferrò due manganelli. Uno scatto di ciascuno polso e si allungarono di sessanta centimetri.
Iniziò a frantumare le teste dei terroristi con rapida e spietata efficienza.
Le armi cominciarono a ruotare, ora pervasi da un bagliore bluastro. Ogni volta che entravano in contatto con un corpo, questo veniva attraversato da una forte scarica di volt, non abbastanza forte da uccidere una persona ma comunque sufficientemente potente da impedirgli di rialzarsi.
L’uomo rotolò dietro ad un ammasso di calcestruzzo, seguito rapidamente dal compagno.
<< Come diavolo siamo finiti in questa situazione ?! >> urlò Sam, ricevendo un’occhiata visibilmente stizzita da parte dell’ex agente dell’Hydra.
<< Ci siamo finiti perché tu hai fatto saltare la nostra copertura! >>
<< Stavano per sparare all’ostaggio! >>
<< E adesso sparano a noi! >> ribattè l’altro, indicando brevemente la zona circostante.
Affianco a lui, il supereroe fece per controbattere ma si ritrovò incapace di argomentare.
<< Io la considero una vittoria >> borbottò amaramente.
In quel preciso istante, una sonora esplosione riecheggiò alle loro spalle, sollevando pezzi di terriccio e polvere.
Bucky lo fissò seccamente.
<< …Ok, forse poteva andare meglio >> ammise Sam, mentre il compagno riprendeva a sparare con un sonoro : << Tu dici ?! >>
La situazione era ormai disperata. Entrambi gli uomini sapevano bene che non sarebbero durati a lungo senza l’arrivo di rinforzi, ma l’intervento di forze armate statunitensi avrebbe potuto causare un incidente diplomatico. Erano da soli…e con le spalle al muro.
All’improvviso, il comunicatore che Sam portava sulla cintura cominciò a lampeggiare, segnalando l’inoltro di una chiamata.
Con un ringhio sommesso, l’uomo afferrò il dispositivo e se lo portò alla bocca.
<< Siamo un po’ impegnati in questo momento! >> urlò attraverso la cacofonia degli spari, mentre un proiettile gli passava ad appena pochi millimetri dalla testa.
<< Mollate quello che state facendo e tornate alla base >> ordinò una voce femminile dall’altro capo della linea.
Per un attimo, Sam credette di aver sentito male.
<< Quale parte di “ impegnati” non hai capito?! >>
<< Il fuoco di copertura è in arrivo>> ribattè freddamente la voce, sorprendendo il supereroe.
Questi volse la propria attenzione nei confronti di Bucky, il quale sembrava a sua volta piuttosto perplesso a causa delle parole fuoriuscite dal comunicatore.
<< Quale fuoco di copertura? >> domandò Sam. La risposta non tardò ad arrivare.
Lo sentirono arrivare: un mugolio crescente che giungeva dal lato ovest della volta celeste, un mmmm che crebbe fino a diventare un MMMMM nello spazio di pochi secondi.
Dal cielo stava cadendo qualcosa di piccolo e molto veloce. Sospese nell’aria restavano spirali di fumo bianco che fuoriuscivano dalla parte posteriore. Sembrava quasi un jet in miniatura.
Poi, qualcosa si schiantò rumorosamente nel quartiere, scalzando pezzi di strada e terroristi.
Entro appena pochi secondi, il drone sganciò altre quattro bombe a breve raggio, annientando ogni opposizione in un tempo talmente breve che perfino Bucky si ritrovò incapace di trattenere la propria ammirazione per quel piccolo e letale aggeggio.
<< …Ne voglio uno >> disse Sam, dopo un momento di silenzio. E, in cuor suo, il Lupo Bianco non potè fare a meno di pensare la stessa identica cosa.
L’uomo fuoriuscì lentamente dal nascondiglio, il fucile sempre puntato in direzione dell’area nemica. Squadrò l’intera zona con occhi fin troppo attenti per quelli di un semplice essere umano e, dopo aver constatato che gli avversari fossero stati completamente annientati dall’attacco, fece segno al compagno di abbandonare la copertura.
Questi rilasciò un sospiro di sollievo e cominciò a sgranchirsi le gambe.
Fatto questo, afferrò ancora una volta il comunicatore.
<< Allora, quale sarebbe il problema? >>
<< Penso che sarà meglio discuterne una volta che sarete qui >> rispose la voce, suscitando un sopracciglio inarcato da parte dell’uomo.
<< Roba grossa? >> chiese con tono colmo d’anticipazione.
La voce sembrò esitare per qualche istante.
<< Oh, credimi…è decisamente MOLTO grossa >>.
 
                                                                                                                                                          * * *

New York 
 

Ghidorah si spinse in avanti verso la figura di Peter, con le mascelle aperte.
Tuttavia, poco prima che le fauci del mostro potessero assaporare la carne del vigilante, una sfocatura dorata colpì la bestia sul fianco, mandandola a schiantarsi contro il grattacielo più vicino.
L’impatto risuonò per tutta la città, mentre l’edificio crollava a terra e riversava cocci e detriti nella piazza come pioggia cadente.
Con il cuore che ancora gli batteva a mille, Peter riuscì a mettere a fuoco l’identità del suo salvatore.
Di fronte a lui aveva appena preso posto la figura di Carol Danvers, avvolta da una luminosa quanto calda luce abbagliante.
Gli dava le spalle e aveva lo sguardo fisso in direzione del grande drago disteso a terra.
<< Sai… questa cosa del salvataggio all’ultimo minuto sta diventando ripetitiva >>  commentò l’arrampica muri, mentre camminava fino alla bionda.
Girò la testa verso Ghidorah, che aveva cominciato a scrollarsi di dosso i pezzi di fabbricato.
<< E’ parecchio forte, meglio approfittare di questo momento per… >>
<< Tu prendi i civili e vattene da qui >> lo interruppe lei, zittendolo all’istante. << Me ne occuperò io >>
<< Sì… ascolta… >> disse il vigilante, con una voce che trasudava insicurezza e timore per la vita della donna che amava, << So che sei potente, ma credimi, questo tipo potrebbe essere troppo anche per te. Quando me lo sono trovato davanti…bhe, il mio senso di ragno è completamente impazzito! Non ho mai provato niente di simile, nemmeno in presenza di Thanos >>
<< Peter, per favore…vai, prima che si rialzi >> continuò l’eroina, lanciandogli una rapida occhiata. << Non farmelo ripetere un’altra volta >>
Spiderman esitò per qualche istante, ma alla fine decise di darle ascolto. Non era mai una buona idea contestarla quando usava quel tono.
Tornò dentro l’edificio che pochi minuti prima aveva usato come rifugio e afferrò saldamente la madre e le figlie.
Una volta fuori, volse brevemente lo sguardo in direzione di Carol.
Avrebbe tanto voluto combattere al suo fianco, ma sapeva che sarebbe stato più un peso che un vero aiuto. Internamente, si maledì per non essere abbastanza forte da sostenere un simile scontro.
Durante la guerra civile non aveva combinato niente, contro Thanos si era rivelato inutile…e adesso la situazione non era cambiata. Tony era morto e lui rimaneva il solito ragazzino che non poteva fare nulla senza l’aiuto di persone più potenti.
Ma quello non era certo il tempo di dolersi, non quando c’erano ancora così tante persone bisognose di assistenza. Così, prese con sé la madre i suoi pargoli, sparò una ragnatela e si dileguò lontano, lasciandosi dietro Carol.
( Track 7 : https://www.youtube.com/watch?v=YcwdjuQ3UR4 )
Nel mentre, Ghidorah si era rialzato da terra, apparentemente inalterato dalla potenza del colpo subito.
Le tre teste osservarono la nuova minaccia con ardito interesse, in silenzio.
Probabilmente, un cultore d’arte non avrebbe avuto alcun problema a paragonare quella scena ad una rappresentazione vivente di San Giorgio contro il Drago.
<< Chi sei tu, che osi metterti contro di me? >> chiese la testa centrale, con stupore misto a divertimento.
<< Capitan Marvel, protettrice dell’Universo >> rispose Carol, librandosi in volo e fermandosi di fronte agli occhi color sangue della creatura.
 Ghidorah si limitò a scrutarla.
<< Protettrice dell’Universo? Un titolo alquanto presuntuoso, se posso permettermi >> disse dopo un’attenta analisi. Allo stesso tempo, la testa di sinistra scoppiò in una risata isterica, quasi come se trovasse l’intero concetto piuttosto esilarante.
Il drago appiattì il corpo come quello di un serpente e compì alcuni passi in avanti.
<< E dimmi, quel mortale con cui ho avuto il piacere di conversare poco fa…è forse un tuo conoscente? >> chiese indicando brevemente il punto in cui Spiderman si era dileguato.
Carol strinse le mani in pugni serrati, ma riuscì a mantenere la propria rabbia sotto controllo.
<< Siamo parte della stessa squadra, gli Avengers >> rispose freddamente. << Forse hai sentito parlare di noi >>
Dopotutto, la sconfitta di Thanos aveva fatto notizia in tutta la galassia, rendendo la banda di supereroi piuttosto famosa nella maggior parte dei mondi abitati.
 Il volto di Ghidorah, tuttavia, non traspariva altro che semplice curiosità.
<< Avengers? Non rammento di aver mai udito questo nome, prima d’ora, ma lo trovo altisonante e solenne>> commentò, apparentemente rapito dalle parole della donna.
Poi, il sorriso del drago si fece assai più predatorio.
<< Affrontarti potrebbe rivelarsi un’esperienza illuminante >>
<< Vuoi forse mettermi alla prova? >> ribattè l’altra, assumendo una posizione difensiva. << Fatti sotto, mostro. Ti farò rimpiangere di aver messo piede su questo pianeta >>
<< Ah, una tale fiducia! Spero davvero che tu possa soddisfare le mie aspettative >> disse la bestia, colta da un’insana euforia per la potenza proclamata dalla supereroina.
Era forse vero quello che lei sosteneva di essere? L’antica belva non poteva saperlo con certezza, ma era ansiosa di metterla alla prova.
Con quel pensiero in mente, la creatura spalancò le fauci, rivelando un bagliore rossastro che iniziò lentamente a farsi strada dal fondo della gola. Il ventriglio posto al di sotto del collo cominciò anch’esso ad assumere una colorazione vicino al giallo oro, mentre l’aria intorno alla bestia divenne calda e soffocante.
Carol non perse tempo e si lanciò contro di lui, colpendolo in pieno stomaco e gettandolo a terra, sollevando parte del manto stradale.
Ghidorah si rialzò immediatamente, e la testa di sinistra provò ad azzannare la figura della donna. Quest’ultima fu lesta a schivare il colpo e a contrattaccare con un raggio di energia cosmica.
La testa di destra si mosse appena per evitare il proiettile e ne approfittò per provare a divorarla. Con lieve sorpresa dell’idra, tuttavia, Carol bloccò le fauci a mezz’aria, prima che potessero chiudersi su di lei. Poi, colpì il muso del drago con un poderoso pugno, allontanandolo di alcuni metri.
Il colosso era pesante, perfino per lei, ma non si diede per vinta e attaccò ancora con tutte le sue forze.
Mirò un montante dritto alla testa centrale di Ghidorah, spedendolo nuovamente al suolo.
Il mostro tricefalo si rialzò con un ringhio infastidito, e i suoi colli si illuminarono nuovamente di quel bagliore dorato. Pochi secondi dopo, dalle bocche fuoriuscirono un totale di tre raggi che si condensarono in un unico attacco.
Per nulla intimorita da colpo imminente, la donna allargo le braccia e si limitò a incassarlo. L’azione stupì non poco l’enorme bestia, che manifestò la sua sorpresa attraverso un lieve allargamento degli occhi.
Nel mentre, Carol sfruttò il suo potere innato per assorbire l’energia dei raggi. Poi, mosse le mani in avanti.
Ne scaturì un attacco così forte che, al suo passaggio, gli spettatori rimasti intrappolati nel fuoco incrociato poterono sentire l'ondata di calore scavare nella superficie delle loro pelli.
Stavolta,per respingerlo, Ghidorah fu costretto a evocare dal nulla uno scintillante scudo elettromagnetico scaturito direttamente dalle sue ali.
Il proiettile di luce, quale che fosse l’energia di cui era composto, non provocò danni visibili alla protezione, ma ne trasse un rintocco assordante, molto simile a un gong.
Un altro zampillo di gravitoni scaturì dalle fauci della bestia.
Carol compì una rapida piroetta su se stessa, evitando i raggi. Poi, la testa di destra scattò all’indietro, per poi muoversi in avanti a imitazione di una frusta.
Una lunga fiamma sottile partì dalla sua bocca e cominciò ad attrarre a sé qualunque oggetto metallico presente nella zona circostante, come un magnete. Poco dopo, il gruzzolo di auto, camion e cartelli stradali volò in direzione dell'avversaria.
Questa porse ambe le mani in un movimento quasi di preghiera e le allargò come per respingere l'enorme accozzaglia. In effetti, l’ondata di energia risultante fu abbastanza potente da ridurre in cenere i proiettili sovradimensionati, sparpagliandone i resti per tutto il quartiere.
Ghidorah sorrise eccitato e si preparò ad infierire di nuovo, mentre Carol fece lo stesso.
Lo scoppio fu come un colpo di cannone e le fiamme dorate che eruppero tra loro, al centro esatto della piazza, segnarono il punto in cui gli attacchi si incontrarono.
Ben presto, i fili d’oro che univano il drago e la supereroina andarono in mille pezzi.
Le teste del mostro e le mani della donna rimasero unite, mentre un centinaio di raggi disegnarono archi al di sopra dei loro corpi, finchè i due non si ritrovarono rinchiusi all’interno di una rete d’oro, una gabbia di pura elettricità statica, oltre la quale qualsiasi cosa sembrava dissolversi nell’oscurità causata dall’uragano.
Le mani di Carol presero a vibrare più intensamente che mai…e anche il raggio tra lei e Ghidorah cambiò.
Era come se grossi zampilli di luce scivolassero su e giù per il filo incandescente che li univa, sollevando pezzi di strada, distruggendo i mezzi di trasporto abbandonati e scalfendo gli edifici.
Carol sussultò, mentre il drago aumentava l’intensità di ogni attacco. Ora il raggio si muoveva verso di lei,allontanandosi dall’avversario.
Mentre gli zampilli si avvicinavano al suo corpo, le dita delle mani iniziarono a farsi più calde e la donna temette che, ben presto, avrebbero iniziato a prendere fuoco.
Con quel pensiero in mente, concentrò ogni singola particella del corpo sullo sforzo di ricacciare i raggi indietro, verso Ghidorah, le orecchie invase da un trillo infernale, gli occhi ardenti, fissi nei confronti dell’avversario.
Compì un rapido movimento con la schiena, spingendo gli attacchi verso l’altro.
Un esplosione di energia riecheggiò per tutta la zona, mentre ambe i raggi andarono a infrangersi nella volta celesta, illuminando l’oscurità che aleggiava sulla metropoli.
Carol sparò verso il cielo e si levò in cerchio al di sopra della bestia.
Ghidorah la seguì con lo sguardo maligno, con le teste che dondolavano sui lunghi colli.
La donna strinse gli occhi e scese a picco proprio mentre l’idra spalancava le bocche ancora una volta. Carol evitò i raggi di gravitoni, ma la punta della coda si alzò sferzante per intercettarla e, mentre deviava a sinistra, una delle lunghe punte gli scalfì la schiena, strappandole parte dell’abito.
La supereroina sentì un bruciore intenso, ma la ferita non sembrava troppo profonda. Sfrecciò attorno al dorso del drago e sparò un altro raggio di energia contro il petto della creatura.
Ghidorah indietreggiò e sbattè violentemente contro un palazzo, facendolo crollare su se stesso.
La nuvola di detriti risultate avvolse l’intera zona nell’oscurità, nascondendo temporaneamente la figura dell’idra alla vista della donna.
<< Ti è bastato, mostro? >> chiese lei, arricciando ambe le labbra in un sorriso vittorioso. Tuttavia, quella sensazione di trionfo fu assai di breve durata.
Il fumo si diradò, e da esso fuoriuscì un Ghidorah completamente incolume.
Internamente, Carol ebbe non poco timore di fronte a quella visione. Cinque anni fa, un attacco di tale portata era stato più che sufficiente per aprire un buco nella nave ammiraglia di Thanos, eppure…quella creatura l’aveva incassato come se nulla fosse.
La testa centrale sorrise divertita.
<< Dimmi una cosa… donna. Ti ritieni davvero degna di essere definita la protettrice dell’Universo? A me sembri solo una stolta ragazza che si dà troppe arie. Ho sfruttato solo un terzo del mio potere, ma se davvero quello era il tuo colpo migliore… lascia che ti mostri il mio! >> esclamò, allargando ambe le ali. 
Queste si illuminarono e, prima che Carol potesse fare qualcosa per difendersi, prima ancora che potesse muoversi, fu colpita da numerose scariche elettriche fuoriuscite dalla punta di ogni falange. E provò dolore.
Era un dolore al di là di qualunque cosa che la giovane donna avesse mai provato. Perfino le ossa parevano in fiamme.
La testa stava per spaccarsi, mentre gli occhi le rotearono fuori dalle orbite.
Voleva che finisse…che si spegnesse…voleva morire. E poi…tutto passò, così com’era iniziato.
La donna cadde a terra e si rimise in  piedi a fatica, mentre le teste di Ghdiorah sorridevano all’unisono.
<< Ti piace? >> domandò quella centrale, porgendosi in avanti. << Non uso molto spesso questo attacco, dovresti sentirti onorata. Si chiama Agonia Beam, e stimola direttamente i recettori nervosi del dolore, fino all'ultimo. Immagina il peggior dolore che tu abbia mai sentito nella tua vita, moltiplicato un migliaio di volte. Ora immagina che continui…Per sempre >>
In quel momento, il sorriso sul volto della creatura sembrò farsi più grande.
<< Oh, è vero... non ti serve immaginarlo >> dichiarò con tono di fatto.
E poi, un’altra serie di scariche fuoriuscì dalle ali del mostro, avvolgendo il corpo di Carol come una rete.
La donna cominciò ad urlare. Era troppo doloroso perfino per lei.
Quelle scariche elettriche erano impossibili da assorbire anche col suo potere. La scagliarono al suolo, intaccando il suo sistema nervoso, facendola imprecare in preda ad agonizzanti spasmi.
Per la prima volta nella sua vita avrebbe voluto chiedere pietà… ma Ghidorah non mostrava pietà per nessuno.
Quando la tortura elettrica finì, il drago si mosse in avanti e iniziò a schiacciarla sotto il peso delle sue possenti zampe.
La calpestò più e più volte, come se non fosse altro che un insetto.
Le ossa della donna iniziarono a rompersi come cristalli, gli organi cedettero, perdendo sangue, e i sensi cominciarono ad affievolirsi.
Il drago ripetè l’opera almeno cinque volte. Tuttavia, nonostante lo stato in cui si trovava, la supereroina riuscì comunque a rialzarsi, sebbene a stento.
Ghidorah rise di fronte a quel futile atto di sfida.
La testa di sinistra scattò verso di lei, affondando le zanne anteriori nella sua spalla e facendola urlare con tutto il fiato che aveva in gola. La donna aveva ormai perso l’uso del braccio destro e il suo grido di dolore riecheggiò per tutta New York.
Spiderman lo avvertì, e si voltò verso la provenienza di quella gutturale e spettrale invocazione di aiuto.
A cinquecento metri dal vigilante, Carol era di nuovo per terra, a faccia in giù.
L’odore dell’asfalto le riempiva le narici. Sentiva il suolo freddo e duro sotto la guancia e il cervello che le premeva nelle tempie. Le faceva male ogni centimetro del corpo, e il punto in cui Ghidorah l’aveva morsa era come un livido lasciato da un pugno di ferro.
Si inginocchiò e alzò lentamente lo sguardo, trovandosi di fronte ad una scena alquanto singolare: la testa di sinistra cominciò a sputacchiare, come se l’aver tastato la sua carne le avesse procurato il più grande dei dispiaceri. La stava volutamente umiliando, paragonandola a semplice sporcizia.
<< Il tuo sapore è disgustoso, donna, tanto quanto il tuo ego >> commentò quella centrale. << Non mi hai procurato il benché minimo stimolo. E ora…muori come l’insetto schifoso che sei! >>
Ghidorah aprì nuovamente le fauci, preparandosi a colpirla ancora una volta con i suoi raggi.
Incapace di muoversi, l’eroina conosciuta come Capitan Marvel chiuse gli occhi…e attese la fine inevitabile.
 
 
 
Dum, dum, duuuuuum ! Sì, sono davvero un infame.
Spero che lo scontro tra Carol e Ghidorah vi sia piaciuto, è la prima volta che ne faccio uno di questo genere. Credetemi, non è stato facile far combattere un drago gigante con tre personalità contro una piccola umana dai poteri cosmici, quindi mi piacerebbe molto sapere cosa ne pensate.
E sì, per quanto Carol sia forte, non poteva reggere contro una bestia che si pappa stelle a colazione.
La capacità di Ghidorah di utilizzare raggi che stimolano il dolore è presa direttamente da Mothra 3, anche se un attacco molto simile è stato usato nel nuovo film di Godzilla. Lo scudo elettromagnetico è preso da dal Ghidorah di Godzilla vs Evangelion, mentre la frusta magnetica dal Ghidorah di Godzilla Final Wars.
Daisy Johson, aka Quake, è la protagonista di Agents Of Shield assieme a Phil Coulson, che in realtà non è morto in Avengers 2012 per mano di Loki, ma è sopravvissuto a causa di eventi che vengono narrati nella suddetta serie. Quake è uno dei personaggi MCU più potenti, quindi mi sembrava d’obbligo inserirla nella storia. Dopotutto, contro Ghidorah sarà necessario tutto l’aiuto possibile.
La voce femminile che ha contattato Bucky e Sam appartiene ad una donna comparsa nei film di Capitan America. Vediamo se indovinate chi è…e no, non è Nat. Lei è morta definitivamente.
Nel prossimo cap, scopriamo perché Ghidorah si è recato proprio a New York…
  
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