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Autore: _Woodhouse_    10/07/2019    4 recensioni
❝Lo osservò dormire, sfiorando di tanto in tanto le linee insidiose delle sue costole, incastrata negli occhi di un altro, nel ricordo del suo respiro, affogata, vittima masochista del piacere che le procurava il ricordo della tensione che si librava fra i loro corpi e della complicità che aveva avvertito, mentendo insieme a lui, due volte e senza ragioni.❞
Genere: Angst, Introspettivo, Romantico | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het
Note: Lime | Avvertimenti: Tematiche delicate, Triangolo | Contesto: Contesto generale/vago
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Capitolo 19.
parte II


                          


 
I tuoi occhi
saranno una vana parola,
un grido taciuto, un silenzio.

Cesare Pavese

 






La musica, improvvisamente, si fece invadente, un tormento di bassi. Jo sentì le gambe venir meno e James, senza preavviso, l'afferrò per il braccio e la trascinò fuori attraverso un'uscita secondaria. Entrambi furono lieti di respirare l'aria rinfrancante della sera. Jo lasciò andare la schiena contro la parete ruvida e friabile del rudere, rilasciando un sospiro, ormai vinta dai capogiri, ma salda, determinata a non lasciarsi soverchiare da lui.

Si osservarono come due fiere pronte al duello, stringendo in un pugno l'uno la maschera dell'altra. Lo sguardo di James era quello di un predatore, aguzzo e feroce, intensificato dal sogghigno spaventosamente inquietante e malevolo che gli piegava le labbra. Jo non avrebbe saputo dire cosa lo rendesse tanto sprezzante e beffardo al tempo stesso, pronto a mordere. Lei, dal canto suo, forse per via dell'acol o forse perché punta dalla vibrazione sadica che percorreva i lineamenti dell'uomo di fronte a sé, sollevò il mento e sorrise, con aria beffarda. Atteggiamento che per un solo, brevissimo, istante lo destabilizzò.

– Mio dio, – sputò James con aria arrogante. – Tutto mi sarei aspettato, ma questo... – La squadrò da capo a piedi, con sdegno.
– Questo cosa? – La voce di Jo, arrochita e tagliente, ribatté immediatamente.
– La piccola, ingenua Josephine coi suoi vestitini da bambolina improvvisamente si rivela per quella che è. – La voce sardonica di lui la nauseò. – Una bambolina cattiva.

La mano di Jo ghermì convulsamente la maschera che teneva tra le dita: avrebbe voluto disintegrarla per sopperire, almeno in parte, al desiderio di disintegrare la faccia da impunito del suo interlocutore.

– Cattivissima! Ballare e cantare in un locale mi precluderà certamente la strada per il paradiso, che disdetta!

La testa, probabilmente per la veemenza della replica rivoltagli, ricominciò a pulsare e a vorticare insieme, facendole chiudere gli occhi solo per un attimo. La risata tetra e derisoria di lui, tonante nel silenzio della natura notturna, però, le diede la forza per non cedere a quelle ondate di stordimento. Con uno sforzo non indifferente, tornò a puntargli gli occhi dritti in mezzo alle iridi – quella sera, finalmente, profondamente verdi. Lui si accorse di quel piccolo cedimento e reagì assumendo un'aria, se possibile, ancor più tronfia.

– Non ti reggi nemmeno in piedi. Non raggiungeresti il bagno, figurati il paradiso.
– Queste battute di second'ordine le insegnano a Cambridge?
– E che ne sai tu di Cambridge, Birkbeck? – sbuffò con aria altera.
Jo lo trafisse col più truce degli sguardi. Come si permetteva?

– Sei solo un damerino! Cambridge o Birkbeck, tu rimani comunque un pallone gonfiato! – ribatté, perdendo il controllo della voce e sentendo la testa vorticarle sempre più furiosamente.
James mosse un passo verso di lei con uno scatto tale da farla sobbalzare. Le sue labbra erano di nuovo così vicine, arricciate in un sorriso obliquo, intelligente e meschino.

– E' questa che sei, non è così? – le disse tra i denti, protervo. – Una bugiarda che finge di non conoscere peccati. – Allargò le braccia teatralmente. – E guarda quanti ne hai commessi soltanto stasera, Josephine.

Le labbra di lei, come papaveri schiusi, soffiarono su di lui un vento caldo, come la luce che le diluiva lo sguardo scuro, rendendolo luminoso, vivido, intenso come non era mai stato prima.
E' questa che sei, non è così?
Scarmigliati, oscuri rampicanti, i lunghi capelli ondulati le ricadevano addosso come edera, confondendosi al nero intenso dell'abito e a quello della notte; mentre altri, umidi, si erano insinuati nella scollatura accennata e nivea, dall'aspetto inaspettatamente tornito, proprio come le curve che ricordava di aver scorto quel pomeriggio d'agosto, trovandola adagiata sul letto col vestito arricciato sulle cosce, inconsapevole della sua presenza sulla soglia della porta.
In quel momento, contro ogni previsione, James sentì irradiarsi nel petto un calore mordace.

– Sei ubriaca, senza contegno, – ruggì caustico. – Ti sei messa persino a flirtare con uno sconosciuto!
– Devi essere davvero abituato male per credere che quello fosse flirtare, – ribatté irridente.

James schioccò la lingua, guardandosi intorno come a convidere col mondo il suo dileggio.
– Tu non puoi nemmeno immaginare in che modo sono abituato.

Alla voce improvvisamente bassa e arrochita di James, il corpo di Jo rispose con un brivido. Una mano, al centro dello stomaco, le strinse le viscere al pensiero di lui e di quali o di chi potessero essere le sue abitudini.

– Nemmeno mi interessa.
– Secondo me sì.

Il respiro di entrambi si mozzò per un istante per ragioni diverse, ma profondamente intrecciate tra loro. James, inorridito dalla speranza che scoprì di nutrire, incattivì lo sguardò, restituendole il più tracontante dei suoi sorrisi.

– Chissà cosa ne direbbe Robb. Secondo te la penserebbe come te o come me?
Jo sentì crescerle nel petto un'ansia scalpitante.
– Robb non ti degnerebbe nemmeno d'attenzione, – fece sicura.
– Almeno sa che sei qui?
– Certo che lo sa e non gli importa. Perché a te, invece, importa tanto? – chiese stizzosa.
– Perché? – Ridacchiò, perfido. – Forse perché, per quanto non lo vorrei, tu sei la fidanzata di mio fratello? Che dici?

Per un attimo, quella frase suonò alle orecchie di entrambi carica di un significato diverso. Ma ricacciarono il pensiero da dov'era venuto, affinando lo sguardo.

– Come pensi che reagirebbe sapendo quello che hai combinato stasera?
– Lasciami stare, James, – mormorò, sconnessamente.

L'uomo, che camminava con le mani in tasca di fronte a lei, stretto nei pantaloni grigi e nella camicia di un punto di blu particolarmente scuro, la guardò con aria di scherno.

– Non fare la furba con me.
– I tuoi giochetti non mi interessano. – Era stremata, tutti i suoi sforzi erano tesi a mantenere un contatto visivo con lui che risultasse convincente e determinato.
James la derise con una smorfia e cominciò a muoversi con lentezza teatrale verso di lei, di nuovo.

– Pensi gli piacerebbe sapere che ti sei seduta accanto ad un avvenente uomo mascherato per duettare con lui una canzone come quella?
– Piantala, – mormorò, incastrata nel suo sguardo.
– Eri molto civettuola a quel pianoforte, lo sai?
Jo trattenne il respiro, stordita dai capogiri, dal suo odore improvvisamente potentissimo, dal tono sinuoso della sua voce. Gli sferrò un'occhiata torva.

– Strano però, credevo ti fosse piaciuta quella civittuola con cui hai duettato. L'hai persino presa tra le braccia per ballarci e chissà che altro avresti fatto con questa civetta, eh dongiovanni?

James aguzzò lo sguardo ed improvvisamente la vicinanza di lei gli risultò insostenibile. La sua bocca era piena, tesa verso di lui e la sua pelle, sotto il riflesso della luna, pareva pane bianco e morbido, d'addentare.

– Ti sarebbe piaciuto scoprirlo? – Non era quella la domanda che avrebbe voluto farle, dovuto farle, ma gli sfuggì dalle labbra come sfugge un singhiozzo, incontrollabilmente.

Jo lo fissò, incredula, incapace di sostenere ancora il suo sguardo troppo intenso; l'angolo dell'elegante mascella, improvvisamente contratta, le rivelò una tensione che cozzava con il suo volto imperturbabile.
– Mi sarei cavata gli occhi dalle orbite, piuttosto, – rispose, finalmente, dopo una manciata di istanti che parve ad entrambi una vita intera.

Di chi stavano parlando? Degli sconosciuti che avevano duettato e ballato vicino, sorridendosi, o di loro due? La corda su cui stavano duellando, scoprirono, era pericolosamente labile.
Dalle labbra di James venne fuori una risata cupa e con un gesto estenuante tirò fuori dalla tasca la maschera di pizzo nero di Josephine, per poi sventolarla con lentezza ipnotizzante sulle loro teste.

– Pensi gli piacerebbe sapere con che canzone hai deliziato tutti noi, stasera?
– Ho deliziato anche te? – domandò, salace, beffarda.
James sogghignò ferino, avvertendo quell'indesiderato calore corrodergli il costato.
– L'idea delizierà davvero poco il tuo fidanzato.
– E' ridicolo, – commentò lei.
Incalzante, lui proseguì, ignorando di proposito ogni parola pronunciata da Josephine.
– Gli piacerà da impazzire sapere con che lascivia mi hai accarezzato il braccio. Per comunicarmi cosa, poi? La febbre?
– Fai sul serio? – L'atmosfera fresca della notte divenne d'un tratto claustrofobica. L'energia emanata dai loro sguardi, il calore dei loro respiri che si mescolavano insieme, divennero un tormento peggiore di quello che si stavano regalando attraverso le parole.

– Per non parlare poi di quella storia del Limbo.

Jo voleva spingerlo via, prenderlo a schiaffi, aggrapparsi al suo collo fino a strozzarlo, ma la sua vicinanza e il tono delle sue accuse, quel gioco che faceva con gli occhi truci e il sorriso obliquo, non fecero altro che incrementare il senso di nausea pressante che provava.

- Cosa volevi dirmi, che lì dentro non importava che tu fossi fidanzata o meno? Eravamo nel limbo e nel limbo sarebbe rimasto quello che poteva succedere?

Le mani di Jo si mossero da sole, come manovrate da un burattinaio invisibile, contro la sua stessa volontà. L'impulso che la colse fu devastante. Gli piantò i palmi sul petto e lo spinse via, ma era evidentemente troppo debole e l'unica cosa che ottenne fu una risata.
Con uno strattone, James le ghermì i polsi, il sorriso fosco, gli occhi di nuovo scurissimi, il verde smarrito.

– Ti dà fastidio che ti dica chi sei davvero, non è così?
– Sei tanto tronfio che non hai pensato nemmeno per un attimo a come potrebbe reagire Robb all'idea del libro di poesie che mi hai messo in borsa? – La voce di Jo gli arrivò ultraterrena e gelida, come altre volte prima di quella sera.
Jo avvertì la pressione sui polsi scemare e una punta di delusione le rimescolò il sangue.
Perché non poteva semplicemente detestarlo, senza desiderare che.
Lui la stava osservando, muto ed impensierito, gli occhi vitrei. Le mani, ancora arpionate ai suoi polsi, si rassegnarono.

– E' un libro, sciocca. Vuoi davvero paragonarmi a te?
– Ammesso e non concesso che io stessi flirtando, James, io ti credevo uno sconosciuto. Tu, quel libro, lo hai dato a me in maniera deliberata.
– Cosa vorresti insinuare?

Forse aveva esagerato, forse si era lasciata scappare più di quanto avesse prima di allora ammesso persino a se stessa. Perché sì, lo aveva pensato, poche volte prontamente castrate, che lui attraverso quel libro, volesse sedurla.

– Cosa pensi che stia insinuando?

Cosa stava insinuando? Cosa stavano facendo, lì, l'uno di fronte all'altra, sputandosi in faccia cattiverie da minuti e minuti, senza darsi tregua? Perché se detestava tanto quell'aria soffocante che si creava standole così vicino, non muoveva un passo? Perché rimaneva saldo sui piedi, incapace di smettere di torturla e torturarsi? In tutto questo, riusciva, suo malgrado, persino a concentrarsi sui dettagli più insulsi, la sua clavicola pallida, la sua pelle bagnata dalla luce della luna. Cosa stavano facendo, lì, fermi nella notte blu? Blu, azzurra come la sua pelle così bianca che si sfumava e si faceva liquida ai suoi occhi, soverchiata dai raggi della luna.

Nuda sei azzurra come la notte a Cuba,

hai rampicanti e stelle nei tuoi capelli,

Pensò a quei due versi con tanta intensità da non riuscire ad impedire alla sua mano di sfiorarle una ciocca di capelli, guardandola negli occhi senza più nessuna foschia, solo ipnotizzato, perso in quella malia, la solita, che era una stregoneria.
Jo lo guardò, stordita, e desiderò di nuovo mettergli le mani al collo, ma stavolta solo per sapere com'era, cosa si provasse a toccarlo.

Hai rampicanti e stelle nei tuoi capelli, Josephine? – La voce di lui le arrivò come una carezza, cogliendo entrambi di sorpresa, facendoli sprofondare sempre più rovinosamente in quell'ipnosi. Per Jo fu come annaspare: aveva riconosciuto quei versi e non capì, non poteva capire, e tremò.

– James, che stai...

Le dita di lui abbrancarono strenuamente una ciocca dei suoi capelli e in uno scatto che la lasciò senza fiato, si scostò, lasciando che la ciocca le precipitasse di nuovo sul petto. Lo vide indietreggiare lentamente, con aria come trasognata, osservandola e puntellando con gli occhi le sue gambe, i suoi fianchi stretti nel vestito da bambola, bambola crudele, bugiarda che lo aveva di nuovo artigliato, disorientato coi suoi occhi foschi e la sua voce da strega. Le rivolse un ghigno, scuotendo la testa. Le mostrò di nuovo la maschera di pizzo scuro, sciupata dalle sue mani grandi e tornò ferino. Jo non riuscì a capire cosa fosse successo, lo fissava immobile, con le mani strette sui lembi del vestito, le gambe ormai molli, liquide, la testa stretta in una tenaglia.
James si rigirava il tessuto ricamato tra le mani, osservandolo come divertito.

– Questa la tengo. Può servirmi, che dici?
– Mi stai minacciando?
– Non sarei così drammatico.

Jo sospirò, non ce le faceva più. Si sciolse contro il muro, fino a sedersi per terra, infischiandosene del terriccio e dello sguardo incredulo e disgustato di James.
– Vattene, – sussurrò.
– Fai la vittima? – James capì che era sul punto di crollare, ormai sconfitta dall'acol, ma non riusciva a trattenere la smania di infliggerle tormento.
– Sto male, brutto sadico, – mormorò a denti stretti, con un filo di voce, non riuscendo più a capire nulla, stordita tra la voglia di strozzarlo e quella di toccarlo. Si guardò le gambe nude contro il terreno ruvido, ed erano blu , proprio come la notte di Cuba. Cosa si erano detti? Perché le infliggeva quella tortura? Non le importava, non in quel momento. Voleva dormire, soltanto, e chiedergli di non smettere, mai.
Lo sentì avvicinarsi, riconobbe le sue scarpe lucide, avvertì il suo corpo chinarsi su di lei. Il resto, da quel momento, fu oscurità.


 

   
 
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