Il
principe e il
sirenetto
Chris
si
stiracchiò le braccia contratte per il lungo viaggio in
mare. Il sole, alto
sopra di loro, scaldava il legno del ponte e contribuiva
all’olezzo perenne di
pesce e alghe marce che aleggiava nell’aria. Le sartie
scricchiolavano pigre al
vento di ponente e al rollio della nave. Si avvicinò a
grandi passi al capitano
Andersen, un uomo dal ventre largo e gonfio e un paio di grossi baffi
spioventi
sotto il naso a patata. Era un ottimo navigatore e con molta esperienza
alle
spalle, consigliato da suo padre in persona quando gli aveva espresso
il
desiderio di quel viaggio nei gelidi mari del nord. Fino a quel momento
era
sempre stato una compagnia amichevole e si era prodigato in tutti i
modi
affinché la sua permanenza sulla nave mercantile fosse
piacevole e priva di
intoppi.
«Quando arriveremo
al porto?» chiese, avvicinandosi a poppa. Il nostromo era in
piedi dietro il
timone, i muscoli delle braccia tesi sotto la pelle cotta dal sole.
Il capitano gli
fece un largo sorriso da sotto i baffi rossi.
«Presto, altezza,
credo entro il calare del sole se il vento mantiene questa direzione e
questa
forza. Dico bene, signor Morris?»
«Dite bene, capitano.
Il mare è tranquillo, oggi, non dovremmo avere
problemi.»
Chris annuì e
incrociò le braccia dietro la schiena. La brezza leggera gli
si insinuò tra i
lunghi capelli candidi e gli accarezzò la pelle sotto le
vesti leggere. Ebbe un
brivido.
«Posso sapere in
quale porto attraccheremo?» chiese, di nuovo, per distrarsi
dal lento rollio
della nave che iniziava a irritarlo. Ormai era più di una
settimana che erano
in mare e, per quanto avesse gradito il viaggio, non vedeva
l’ora di poggiare
piede su un molo solido.
«Havn» gli rispose
il nostromo.
«Non
preoccupatevi, mio principe» si intromise Andersen,
«faremo comunque in modo
che mettiate piede a terra sano e salvo.» Gli fece un largo
sorriso e tornò a
scrutare il mare davanti a loro. Un grosso addensamento di nuvole nere
si
stagliava in lontananza sull’azzurro dell’acqua e
del cielo.
«Quelle nubi mi
piacciono poco» mormorò il signor Morris.
«Credo ci convenga navigare sotto
costa.»
«Mmh» grugnì il
capitano. «Sì, hai ragione, non piacciono neanche
a me. Sembra una tempesta.»
Chris gli scoccò
un’occhiata tesa. «Non conviene gettare
l’ancora?»
«E restare alla
fonda mentre quel vento ci colpisce in pieno?» Il capitano
scoppiò in una
grassa risata che lo irritò. «Perdonate le parole
di questo umile marinaio, mio
principe, ma lasciate che noi uomini di mare ci occupiamo
dell’unica cosa che
sappiamo fare bene. Non temete, ho giurato a vostro padre il re di
riportarvi
sano e salvo a casa e così farò.»
«Bene» disse
Chris, incrociando le braccia dietro la schiena. «Allora mi
affido alle vostre
mani, Andersen. Mi auguro che la mia fiducia sia ben riposta.»
«Non temete,
altezza.»
Chris annuì. Scese
le scale del ponte di poppa, senza distogliere gli occhi dalla massa
nera in
lontananza, e si infilò nello stretto corridoio che portava
ai suoi alloggi. Una
volta qui si lasciò cadere sul letto. Stando al programma
che aveva stilato con
il capitano Andersen e il lord ciambellano Thornhorpe, sarebbero dovuti
rimanere attraccati in quel porto per un paio di settimane, il tempo
necessario
per fare rifornimenti e incontrare il lord castellano di quelle terre.
Non
aveva idea di chi fosse adesso, le notizie negli ultimi anni
viaggiavano lente
all’interno dei confini del regno di suo padre. Era
abbastanza sicuro che lord
Darrel avesse rinunciato al ruolo, ma non sapeva se in favore del
figlio Gustav
o del nipote Karl. O forse era succeduto qualcun altro ancora. Scosse
la testa
e iniziò a riempire i suoi bagagli con tutto ciò
che gli sarebbe potuto tornare
utile una volta a terra. Gli abiti di rappresentanza, qualche cambio,
quelli
per la notte, la toeletta e un sacco di libri, penne e pergamene per
mettere su
carta tutto ciò che avrebbe visto in quella parte di regno.
Sarebbe stato
emozionante! Dopo anni trascorsi a studiare per diventare un buon re,
adesso
poteva respirare un po’ di libertà. Sarebbe stato
un breve momento, ma era il suo
momento, la sua avventura. L’ultima e unica prima
dell’incoronazione.
Un violento
scossone fece oscillare la chiglia della nave. Chris si
trovò a sedere sul
pavimento della cabina, in mezzo agli abiti e ai libri che erano caduti
dalla
libreria. Il legno gemette, mentre in lontananza rimbombava il vociare
animato
dei marinai. Si rimise in piedi, tenendosi a una parete con entrambe le
mani, e
fece un paio di passi in avanti. Un nuovo scossone e il pavimento si
inclinò di
diversi gradi. L’armadio alle sue spalle cadde in terra con
un tonfo sordo,
trascinando con sé la libreria e i numerosi libri. Chris
fece raccoglierli, ma
la nave si inclinò dalla parte opposta e lui si
trovò di nuovo in terra, in
mezzo alle sue cose e a ciò che rimaneva del comodino,
rimasto schiacciato
sotto l’armadio. Un rumore di passi che si avvicinavano lo
costrinsero a
rimettersi in piedi e a spolverarsi i pantaloni di velluto. Doveva
essere
presentabile in qualsiasi situazione, persino durante una tempesta.
La porta si
spalancò e il volto pallido del capitano Andersen fece
capolino nella luce
calda della cabina. Il vociare dei marinai era diventato una cacofonia
di grida
e urla, di cui Chris non comprese neanche mezza parola.
«La tempesta»
ansimò Andersen, tenendosi il petto con una mano grassoccia.
«E’ arrivata… La
stiamo…» Tossì un paio di volte,
rischiando di strozzarsi con la sua stessa
saliva.
«Prendete un
respiro profondo e iniziate da capo» lo interruppe Chris.
«Ma siate preciso e
veloce nella spiegazione.»
Il capitano annuì.
Si asciugò il volto e la bocca e prese un profondo respiro.
«Come vi dicevo, la
tempesta è arrivata» iniziò,
«stiamo cercando di domarla, ma la situazione è
critica. Sono venuto solo per chiedervi di non uscire sul ponte.
E’ per la
vostra sicurezza, mio signore, questa cabina è il luogo
più sicuro di tutta la
nave.»
Chris sollevò un
sopracciglio. «Sicura? Ho appena rischiato di rimanere
schiacciato sotto
l’armadio.»
«Sul ponte
rischiate di farvi trascinare in acqua da un’onda. Siete il
nostro futuro re,
non posso…»
«Sciocchezze! Se
può farlo quello scalmanato di mio fratello, posso farlo
anche io.»
«Con tutto il
rispetto, ma il principe Thomas viaggia in nave fin da quando era un
ragazzino,
voi non…»
«E’ un ordine, capitano,
non una richiesta» lo interruppe Chris, corrugando la fronte.
«Starò in poppa
con voi e il signor Morris.»
L’uomo aprì bocca,
forse per replicare, ma Chris lo fermò subito, scostandolo
di lato e
incamminandosi verso le scale che portavano sul ponte. Non aveva alcuna
intenzione di rimanere chiuso in cabina. Era il principe ereditario, lo
sapeva,
ma non era un codardo. Nelle sue vene scorreva il sangue dei Leoni
Rossi di Seax,
non poteva fuggire. Ne andava dell’onore suo e della sua
famiglia.
Non appena mise
piede sul ponte venne travolto da raffiche gelide. L’acqua
che scendeva dal
cielo si mescolava con quella che saliva dal mare e insieme si
accanivano senza
sosta sul ponte ormai allagato e sugli uomini bagnati fino alle ossa.
Cavalloni
alti quasi quanto l’albero maestro si stagliavano, cupi, sul
nero delle nubi. Era
senza dubbio più spaventosa di quanto avesse immaginato
poc’anzi. Non aveva
idea di come facesse la nave a essere ancora tutta intera.
Deglutì, nel
tentativo di scacciare la morsa che si era serrata intorno al suo
stomaco, e si
impose di mantenere l’aspetto distaccato e stoico che aveva
imparato a
indossare. Non poteva permettersi il lusso di lasciarsi andare alla
paura, o di
cedere alle emozioni. Era il futuro re, e i re dovevano sempre
mantenere i
nervi saldi, in ogni situazione. Doveva dimostrare di essere
all’altezza di
quella corona, di essere come suo padre. Serrò i pugni,
celando il tremore che gli
aveva strappato il controllo sulle dita, e cercò di farsi
strada verso la poppa.
Il continuo rollio della chiglia e il ponte reso scivoloso
dall’acqua di mare lo
facevano incespicare ogni due passi, ma alla fine riuscì a
raggiungere le scale
di poppa e a sistemarsi di fianco al nostromo.
«Com’è la
situazione?» gli urlò, nel tentativo di sovrastare
l’ululato del vento e farsi
udire.
«Sotto controllo,
signore!» Morris diede in una grassa risata, mentre i muscoli
delle braccia
continuavano a tendersi sotto la pelle. «Ah! Figuriamoci se
mi lascio inculare
da una puttana simile! Non temete, tra qualche ora ne saremo
fuori!»
Chris sollevò un
sopracciglio: parlava proprio come suo fratello. Doveva essere un vizio
degli
uomini di mare usare linguaggi così scurrili. Una volta
passata la tempesta
avrebbe dovuto spiegargli le buone maniere e l’etichetta.
«Morris» tuonò il capitano,
affiancandosi al nostromo. «Accosta di venti gradi a tribordo
e mantieni la
rotta il più possibile. Uomini! Ammainate quelle cazzo di
vele e datevi una
mossa! Non vorrete diventare cibo per pesci, vero?»
«A tribordo?» esclamò
Morris. «Siete impazzito? Ci schianteremo sulla
costa!»
«Doppiamo trovare
riparo tra gli anfratti! La tempesta è troppo
potente!»
«E’ una follia!»
«Ubbidisci agli
ordini, marinaio!»
Il signor Morris digrignò
i denti e fece forza sul timone. Le vene sul collo e sulle braccia
dell’uomo si
ingrossarono a vista d’occhio. Chris sgranò gli
occhi: non aveva mai visto
niente del genere in vita sua. L’uomo ruotò la
ruota del timone di quanto gli
era appena stato ordinato, senza distogliere lo sguardo dalla bussola
incassata
lì accanto. Il legno della chiglia gemette e la nave si
inclinò di lato; le
onde continuavano a colpirla sul fianco, spingendola sempre
più a dritta. Sulla
sua destra intravide il profilo frastagliato delle scogliere; si
avvicinavano a
vista d’occhio. Strinse le mani intorno al parapetto e
lanciò un’occhiata agli
uomini che si affrettavano sul ponte di prua. Ciascuno di loro era
impegnato
con qualcosa, l’unico a starsene con le mani in mano era lui.
Anche volendo,
non c’era niente che avrebbe potuto fare; era troppo occupato
a mantenere i
nervi saldi per pensare di rendersi utile con qualche cima.
«Capitano! Siamo a
qualche miglio dalla costa!» urlò il signor
Morris. «C’è una baia proprio di
fronte a noi!»
«Dirigiti lì!»
Il nostromo puntò
i piedi sulle assi di legno e, facendo forza con le braccia,
ruotò la ruota del
timone a sinistra. Le vene sul collo divennero ancora più
gonfie. L’intera nave
scricchiolò e si inclinò sul lato destro. Chris
si aggrappò a un passamano, nel
tentativo di non scivolare in mare. Il vento ruggiva sopra di loro,
sferzando
l’albero maestro e le vele ormai ammainate. Furono lunghi
secondi, poi la nave
si raddrizzò e una cacofonia di esclamazioni e bestemmie si
sollevò dal ponte
di prua. Anche Chris non poté fare a meno di sospirare: la
baia era in vista,
erano salvi.
All’improvviso,
un’onda più alta delle precedenti si
schiantò sul fianco sinistro. Il parapetto
si frantumò sotto la forza del mare, l’acqua
invase il ponte. L’imbarcazione si
inclinò su un lato, imbarcando altra acqua e inclinandosi
ancora di più. Alcuni
uomini scivolarono in acqua, il secondo albero si spezzò
sotto la forza del
vento, una nuova onda si infranse sul fianco, schiantandolo. Il gemito
del
legno e le urla degli uomini sovrastò persino
l’ululato del vento.
Chris fece per
allungare una mano, ma la nave si fracassò contro gli
scogli. Il fianco destro
si frantumò sotto i suoi occhi, il pavimento del ponte gli
mancò sotto i piedi
e vide il volto del capitano diventare ancora più cereo.
Lunghi secondi dopo si
trovò nel mare gelido, sballottolato di qua e di
là dalla furia del mare.
Sangue, corpi e assi di legno vorticavano intorno a lui,
l’acqua salata gli
bruciava la gola e gli occhi. Annaspò nel tentativo di
mantenersi a galla, ma qualcosa
lo colpì sulla spalla. Una fitta acuta gli
attraversò tutto il fianco sinistro
e un’onda lo sommerse. Tutto intorno a lui fu buio. Un buio
freddo e denso, che
gli si insinuò fin nelle ossa.
***
Chris avvertì uno
strano bruciore propagarsi sul lato destro del volto, poi una fitta
all’altezza
dello stomaco. Spalancò gli occhi e si tirò su di
scatto. Un capogiro
improvviso lo costrinse a chinarsi di nuovo su se stesso; aveva
l’impressione
di avere un cerchio di metallo stretto intorno alle tempie. Si sporse
di lato e
vomitò acqua marina e bile.
«Che schifo!»
sbottò una voce sconosciuta. «Ma cosa sei, una
bestia?»
Chris sollevò la
testa. Un volto pallido e incorniciato da capelli biondi lo fissava
accanto a lui,
sdraiato sul piccolo scoglio su cui si trovavano. Era un ragazzo,
fradicio
dalla testa ai piedi e a torso nudo; la testa era appoggiata su un
palmo, la
parte inferiore del corpo era immersa nell’acqua. Doveva
essere uno dei marinai
sopravvissuti, ma come osava rivolgersi a lui in quel modo? Definirlo
“bestia”?
«Cos’è successo?»
gli chiese.
Il ragazzo fece un
sorriso divertito. «Siete naufragati contro gli
scogli.»
Corrugò la fronte
e si passò una mano sul volto, per asciugarsi
dall’acqua di mare e dalla bile. Siete,
aveva detto? No, aveva capito male, non c’erano altre
spiegazioni.
«Dove sono gli
altri?»
«Altri?»
«Sì, il capitano
Andersen, il nostromo, il cuoco, gli altri
marinai…»
«Ah. Bè, credo
siano tutti morti. Insomma, non sono mai emersi e che io sappia voi non
avete
le branchie.»
Chris impallidì.
Com’era possibile? Il capitano, il nostromo… Tutti
quanti… Si guardò intorno:
il mare era calmo, una leggera brezza fresca spirava sopra di lui,
increspando
appena la superficie. Assi di legno, botti e corde galleggiavano
tutt’intorno;
era tutto ciò che era rimasto della nave. Tutto
ciò che era rimasto del suo
equipaggio. Si lasciò sfuggire un lamento. Doveva
raggiungere la riva e trovare
un villaggio. Doveva comunicare con suo padre, fargli sapere che era
vivo. Che
stava bene. Un castello sarebbe stato più indicato per il
suo lignaggio, magari
avrebbe incontrato qualche nobile che poteva riconoscerlo. Non aveva
niente,
con sé, che potesse testimoniare la sua discendenza;
indossava solo una camicia
di cotone e un paio di pantaloni di velluto, gli anelli erano colati a
picco
insieme al mercantile. Si passò una mano sul volto. Niente
panico, doveva solo
prendere un respiro profondo e ragionare a mente fredda. Non era morto
e non
era ferito, aveva solo bevuto un po’ di acqua e
l’aveva già vomitata. Sollevò
gli occhi verso la spiaggia: era a un centinaio di metri di distanza da
quello
scoglio, avrebbe potuta raggiungerla a nuoto. Una volta lì,
doveva solo cercare
un villaggio, anche una capanna di pescatori andava bene, e farsi
indicare il
lord del luogo. In teoria doveva trovarsi poco lontano Havn. Si
alzò in piedi e
squadrò il marinaio: era davvero a torso nudo, con la parte
inferiore celata
dall’acqua nera del mare.
«Alzati, dobbiamo
raggiungere la riva.»
«Scordatelo, io
non ci vado laggiù.»
Chris serrò le
labbra. «E’ un ordine, marinaio.»
Il ragazzo fece
spallucce.
«Un ordine dal tuo
futuro re» puntualizzò Chris.
«Il mio re è il
mare, umano.» Una coda di pesce dalle scaglie grigie come il
metallo si sollevò
alle sue spalle. «Sono un sirenoide, se non
l’avessi ancora notato. Non prendo
ordini da una scimmia senza peli.»
«Scimmia senza
peli?»
«Non dirmi che non
ne hai mai visto uno» disse l’altro, con fare
annoiato.
«Non di persona.»
Il sirenetto
sbuffò. «Ti pareva non avessi salvato un
tardone.»
«Modera il
linguaggio, non sono un plebeo.»
«Infatti sei solo un idiota
ingrato. Ti ho salvato la vita, il minimo che tu possa fare
è inchinarti di
fronte a me e giurarmi fedeltà eterna.»
Chris sollevò un sopracciglio:
stava parlando seriamente?
«Io non mi inchino
a nessuno, neanche a mio padre. Sono il principe ereditario, governo
sulla
terra e il mare, e su tutti gli abitanti.»
«Certo, e poi
anneghi per una tempesta da nulla.»
«Questo è un
affronto!»
Il ragazzo corrugò
la fronte e una scintilla di rabbia gli animò le iridi
grigie.
«L’unico affronto,
qui, è il tuo aspetto» sbottò.
«Ma ti sembra il modo di andare in giro, con
quei capelli lunghi da femmina! Cazzo, ti ho scambiato per una donna e
invece
sei un pomposo reuccio da nulla. Anzi, il figlio pomposo e altezzoso di
un
reuccio da nulla.»
«Fammi capire, mi
hai salvato la vita solo perché credevi fossi una
dama?»
«Certo» gli
rispose lui, annuendo. «A me piacciono le donne. Loro le
salvo, gli uomini no.
Non li sopporto.»
Chris gli scoccò
un’occhiata gelida e si guardò bene dal replicare.
Quel tizio stava mettendo a
dura prova i suoi nervi. Non sopportava nulla di lui, né la
sua faccia, né la
sua lingua tagliente o i suoi modi scontrosi. Gli aveva salvato la
vita, certo,
ma l’aveva fatto solo perché l’aveva
scambiato per una donna.
«Ti ringrazio, ora
tolgo il disturbo e me ne torno sulla terraferma» gli disse,
dandogli le
spalle.
«Non mi chiedi una
mano per raggiungere la riva?»
«Dubito lo
faresti.»
«In effetti avrei
rifiutato.»
Chris si voltò
verso di lui, scandalizzato. Si trovò immerso nei suoi occhi
grigi e gelidi, freddi
come una lama. Il ragazzo aveva ancora una guancia appoggiata sul
palmo, la
coda da pesce che oscillava alle sue spalle.
«Per essere una scimmia
e un principino ingrato non sei poi così male»
mormorò il sirenoide. «Almeno
non hai provato a mangiarmi.»
«Non sono una
bestia.»
«Tu non hai mai
sentito le nostre leggende, vero?»
«No, non perdo
tempo con le storielle del popolo.»
«Bè, dovresti.
Sapresti che voi scimmie vi divertite a pescarci e mangiarci. Credete
che la
nostra carne vi doni la vita eterna, soprattutto quella delle nostre
donne.»
«Sei un tipo
strano» mormorò Chris, sedendogli di fronte.
«Tu non sei da
meno, principino.»
«Hai un nome,
oltre a una lingua tagliente?»
«Kaito» gli
rispose il sirenetto, distogliendo lo sguardo e puntandolo verso il
mare.
«Bene, me lo
ricorderò. Mi hai salvato la vita, è giusto che
ti ricompensi.»
«Potresti darmi
tua sorella in sposa.»
Chris corrugò la
fronte. «Non ho una sorella.»
«Ah, peccato.
Allora tua moglie?»
«Non riesci a
pensare ad altro?»
Kaito fece un
sorriso divertito. «Stavo scherzando, Giovane Leone Rosso del
Seax. Se proprio
vuoi ringraziarmi, potresti vietare la pesca della mia
specie.»
Gli fece un cenno
di saluto con la mano e si immerse nell’acqua, scomparendo
subito dalla sua
vista.
Chris rimase a
lungo immobile, con gli occhi sgranati. Come faceva a sapere il suo
nome? Era
certo di non averglielo mai rivelato. Scosse la testa e si
lasciò cadere sullo
scoglio. Non era stato un incontro piacevole, ma gli aveva comunque
salvato la
vita, senza chiedere nient’altro in cambio se non la promessa
che la sua specie
fosse al sicuro. Sì, era qualcosa che avrebbe potuto fare,
una volta diventato
re. Avrebbe convocato una delegazione con i sirenidi e avrebbe stilato
una
legge per la loro tutela. Aveva già qualche idea in mente. E
poi non era
neanche così antipatico, avrebbe anche potuto farci
l’abitudine. Ammesso che
l’avrebbe mai rivisto.
***
Nda: Ringrazio la carissima Fordmustang69 per l'idea u_u Senza di lei
non avrei
mai partorito un retelling simile