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Autore: kurojulia_    11/07/2019    1 recensioni
Yuki ringhiò, stringendo i denti in una morsa dolorosa. Dannazione. L'unica cosa che potevano fare – l'unica che avesse un po' di senso, per lo meno – era quella di levare le tende. Eppure, la sola idea di lasciarli continuare a vivere, impuniti, la faceva impazzire come il più spregevole dei demoni. Se fosse dipeso da lei, sarebbe rimasta nella neve fin quando essa non le avesse raggiunto le ginocchia, e avrebbe continuato ad ucciderli. Fino all'ultimo.
Genere: Azione, Romantico, Sovrannaturale | Stato: completa
Tipo di coppia: Het
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
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29.

 

 

Quando quella porzione di tetto dell'auditorium venne perforata e poi successivamente aperta in un buco, la folla esplose in un vociare incredulo. Successivamente, grossi detriti caddero a picco sul palco, incassandosi nel pavimento come una meteora, mentre miriadi di sassolini e una tonnellata di polvere schizzavano verso la platea, ad un pelo dalle persone sedute in prima fila.
Trascorsero interminabili momenti di confusione. Solo dopo un po' la situazione parve assestarsi e le voci, agitate e nervose, si calmarono. Gli studenti e i parenti si alzarono in piedi, squadrando il soffitto, da cui ora penetrava un'ampia fascia di calda luce diurna.

 

«Ma cosa... ?».

«Fa parte dello spettacolo, vero?».

«Il tetto è... no, non può essere una cosa organizzata».

«Chi mai approverebbe una cosa del genere?».

 

Yuki, a pochi metri di distanza dai detriti ammucchiati sul palco, abbassò le braccia con cui si era riparata il viso. «Ma che diavolo... », quando ebbe la visuale libera, emulò lo stesso gesto di tutti gli altri, e guardò in alto, verso la nuova fonte di luce. Spalancò gli occhi, incredula.

 

Adesso che nessuno urlava e c'era solo un brusio agitato, si sentivano dei passi. Tap, tap. Qualcuno camminava sul tetto della scuola. Ad un certo punto, comparve la suola di una scarpa, sul bordo frastagliato della voragine, seguita da una gamba, da un torso e infine da un viso, coperto da una fitta ombra. Nella calda oscurità, i suoi occhi rossi spiccavano come stelle. Osservavano in basso, dall'alto del tetto, con una calma agghiacciante, come se stesse analizzando qualcosa.
Accanto a lui, apparve anche una donna. Subito dopo, due uomini. Poi un'altra coppia, donna e uomo. E poi altri tre, e altri cinque, e altri dieci. E poi, a giudicare dal rumore di passi, tanti altri.
E tutti loro possedevano famelici occhi rossi.

 

«Ehy, ma che sta succedendo?!», urlò una persona, in mezzo alle file.

 

Il primo uomo fece un movimento con la testa, come se stesse guardando altrove, e poi fece un cenno di assenso. A quel punto, il suo braccio sinistro si sollevò, lentamente – e mentre un sorriso meschino gli apriva la bocca, indicò in basso, verso la fenditura.
Tutti i suoi compagni saltarono giù. In numerosi gruppi, dalla spericolata altezza di tredici metri – atterrando sui detriti e poi balzando oltre il palcoscenico, ed infine sul pavimento della sala.

 

«Cosa... », il brusio si fece più rumoroso. Gli uomini e le donne continuavano a calarsi giù dal tetto uno dopo l'altro, formiche ammaestrate, privi del minimo graffio. Yuki si girò a guardare il pubblico; indietreggiavano, squadravano i nuovi arrivati e parlavano nervosi – per la fretta di allontanarsi, qualcuno si scontrava con qualcun altro. L'agitazione era palpabile.

Dall'alto, balzò giù il primo uomo. Non scendeva più nessuno, lui doveva essere l'ultimo. L'albina ne aveva contati cento. Lui si voltò, lanciando un'occhiata inespressiva alla ragazza. E come prima, il suo viso si smosse in un ghigno dai canini aguzzi. «Buon appetito».

 

 

Vampiri e demoni si lanciarono in mezzo alla platea. Armati di forza sovrumana, piombavano sui sedili, distruggendoli con la semplice pressione delle gambe, per poi cercare subito qualche umano su cui lanciarsi – l'auditorium piombò velocemente nel caos.
Urlando terrorizzati, gli umani adesso si scontravano e spingevano via spontaneamente, tutto pur di passare e scappare attraverso le porte d'uscita. Una ragazza scattò verso il centro della sala, stringendo la mano dell'amica, ma quando furono a poco dall'uscita la strada gli venne bloccata da un demone, ansante e brulicante di adrenalina. La ragazza staccò la sua mano dalla compagna e la spinse verso il demone, strillando tra le lacrime.

 

«VAI VIA! VAI VIA!». Un gruppo di due ragazzi e due ragazze sulla prima fila era braccato da un singolo vampiro. Nel vano tentativo di fuggire, erano caduti e si erano incastrati tra le sedie della prime e della seconda fila. Il vampiro si asciugò un rivolo di saliva al mento mentre avanzava nella loro direzione. Le lunghe dita si muovevano convulsamente.
I ragazzi erano intrappolati. Volevano liberarsi dalle sedie che gli occupavano la strada, ma non riuscivano a coordinare i movimenti delle gambe. La paura era tale che riuscivano solo a fissare il vampiro negli occhi.

«Vai via... ti prego... vai via... vai via... ».

Il vampiro sorrise. «Shh... », e si sporse con un sussulto verso una delle ragazze.

«NO!!». La ragazza strizzò gli occhi bagnati dal pianto, pregando silenziosamente. Dopo qualche secondo, tuttavia, non stava provando nessun dolore. Non era successo nulla.

 

Stordita, aprì gli occhi, e una scena si articolò frammentata e lenta – come il particolare di una fotografia: le iridi videro il sangue formare un reticolo e spruzzare dal collo del vampiro e la sua testa schizzare contro la parete accanto. Quando la ragazza capì cos'era accaduto, si tappò la bocca con le mani per non gridare.

Il corpo del vampiro si accasciò di fronte ai loro piedi, senza vita. Solo allora i quattro ragazzi videro una figura bianca, la cui gamba sinistra sporgente dallo strappo della gonna era macchiata di rosso. Man mano che salivano con lo sguardo, la figura acquisiva un nome: Yuki Akawa. La stessa fredda e taciturna Yuki Akawa che tutti conoscevano adesso stava strappando il tessuto della gonna dall'altro lato. Aveva del sangue sulla gamba.

Yuki sollevò la schiena e guardò il quartetto, ricambiando lo sguardo. Nel suo non c'era niente, era uguale a come l'avevano sempre vista, a scuola. C'era solo tanta freddezza, tanto distacco – no, non era vero. C'era una determinazione bruciante.

 

Yuki distolse la sua attenzione, puntandola verso il fondo dell'ampia stanza. Lì, con la schiena contro il muro, accanto alla porta d'uscita, c'era lo stesso adulto che aveva visto prima di esibirsi.

L'unica persona che non si era mossa di un centimetro sin dall'inizio.

Alyon Hendrik Akawa stava scrutando sua nipote, sorridente.

 

 

Era lui.
Non era stata paranoica, quando aveva pensato che si trattava di un nemico: non era stata dannatamente paranoica. Yuki sentì il sangue scorrerle all'inverso. La testa si stava riempiendo di rumori e di sedie distrutte e persone che cercavano di scappare, che venivano messe all'angolo da mostri affamati. A risvegliarla da quello stato fu una sedia che volò verso il sipario, lanciata via da un demone.

 

«A... Akawa... sei tu, vero? Sei Yuki Akawa, non è vero?», balbettò un ragazzo.

Lei si voltò di nuovo e aprì la bocca per rispondere – era lei, giusto?

 

Ma a quel punto, sentì il suo nome chiamato a voce alta, per più volte, da sinistra. Si riscosse definitivamente, lanciò un'ultima occhiata ai quattro e si voltò verso quella direzione, scattando fulminea.

 

Tetsuya bloccò un demone dal collo, strinse la presa e lo indirizzò verso il bordo del palco con tutta la forza che aveva. Quando fu certo che il nemico non si sarebbe rialzato, il vampiro biondo si rivolse dall'altra parte, afferrò Sayumi e Takeshi con entrambe le braccia e li costrinse a piegarsi a terra per accovacciarsi. «Giù», soffiò, per poi rimettersi in piedi e ispezionare l'area circostante.

 

«Tetsu!».

Il vampiro ruotò gli occhi verso la voce femminile, sospirando di sollievo. «Corri!».

Yuki accelerò abbassando la schiena, per evitare l'ennesima poltrona che attraversava tutta la sala, e finalmente riuscì a raggiungere gli amici alla fine della fila, al lato sinistro. Quando li ebbe raggiunti, con il ginocchio pregno di sangue, scatenò subito agitazione nei tre amici.

«Non è mio», precisò subito l'albina. «State bene? Non siete feriti, vero?».

«Stiamo bene», rispose Takeshi, alzando la voce per farsi sentire. «Un po' storditi».

«Ma che diavolo succede? Quelli sono vampiri e demoni?», esclamò Sayumi.

Yuki annuì. «Sì e... », strinse le labbra. «Non ho idea di cosa stia succedendo». Si rivolse a Tetsuya, nervosa. «Dobbiamo farli uscire».

Il vampiro prese l'amica per le spalle, costringendo anche lei ad accovacciarsi come i due umani. Riparati dalle poche sedie risparmiate, avrebbero potuto pensare a qualcosa. «Ci ho già provato», disse Tetsuya, adocchiando Takeshi e Sayumi. «ma si rifiutano categoricamente di andarsene».

Yuki strabuzzò gli occhi, spostando la testa per schivare schegge di legno. «State scherzando? Vi prego, ditemi che state scherzando. Ma l'avete visto o no il macello che sta succedendo?».

«Ma se voi vi liberati dei nemici, noi possiamo aiutare le persone ad uscire», protestò Sayumi. «Non possiamo lasciarli qui così. Vi prego, non fatecelo fare».

«Possiamo farcela. Faremo attenzione».

«Visto? Che ti dicevo?».

Yuki fece una pausa. «Ad essere brutalmente onesta, non sono loro a preoccuparmi. Possiamo occuparcene, in qualche modo».

Tetsuya fissò l'amica, con un ciglio penetrante. «È da un po' che si sente un odore familiare. Un odore pregno di... », strizzò le palpebre, come se stesse provando disgusto e dolore. «... sangue».

Yuki annuì lentamente. Anche lui l'aveva notato. «Alyon è qui», disse, in un sussurro. I tre spalancarono gli occhi. Takeshi e Sayumi si guardarono.

«Non importa», sentenziò il bruno. «Noi restiamo».

La mezzosangue, allora, appoggiò le mani a terra e si diede la spinta, tornando in piedi. Si scostò la gonna bianca. «Allora preparatevi alla battaglia».


 

 

 

***

 

 

 

 

Tetsuya guardò oltre i sedili. Vampiri e demoni continuavano a correre e saltare da tutte le parti, ma... non avevano ucciso nessuno, né avevano bevuto il sangue di qualcuno, apparentemente. Il biondo non capiva che senso avesse. Tuttavia, al momento non era quello ad interessargli. L'importante era che Alyon avesse abbandonato la sua postazione accanto all'uscita.

Restò ad analizzare la scena per qualche istante e dopo del tempo, fece un gesto col braccio esclamando: «Ora!».

 

Senza farselo ripetere due volte, Takeshi e Sayumi schizzarono via dal loro nascondiglio, infiltrandosi nella corsia che divideva il lato sinistro dal lato destro, entrambi colmi di nemici. I due ragazzi dovevano aprire prima di tutto la porta d'uscita, in modo che gli umani potessero uscire; se Tetsuya aveva ragione, vampiri e demoni non sarebbero usciti dall'auditorium, perché un gesto simile li avrebbe fatti notare molto velocemente dall'esterno – e di conseguenza, dal Consiglio – quindi i due dovevano solo pensare a correre il più veloce possibile.
Ben presto però, la loro corsa venne ostacolata da un demone donna, che si piazzò con un salto di fronte alla porta, le braccia spalancate, pronta ad accogliere i due umani.

«Separatevi!», all'ordine del vampiro biondo, Takeshi e Sayumi si scansarono ai lati opposti, rotolando a terra, mentre una grossa fiammata viaggiava lungo tutta la corsia e colpiva la donna demone alla spalla – il fuoco si espanse a macchia d'olio, mangiandola per tutto il corpo come un verme divoratore.

Quando il demone si ridusse a cenere grigia, Takeshi tornò alla porta.

«Take, attento!», esclamò Sayumi.

Il bruno sbloccò la chiusura della porta d'uscita e spalancò entrambe le ante. Alla sua apertura, un'ondata di luce calda ricoprì tutta la figura del ragazzo – e il vampiro dietro di lui, sul punto di balzargli sulla schiena. Takeshi si girò di scatto, «Non oggi, grazie», cantilenò con un sorrisetto, sferrandogli un calcio allo stomaco – il vampiro indietreggiò ringhiando, stordito dal sole e dal colpo improvviso.

«Non perdere tempo», lo rimproverò Sayumi, allungando il braccio.

«Sì, sì», rispose lui, afferrando la mano dell'amica.

 

 

 

Tetsuya tirò un sospirò appesantito, inarcando le sopracciglia fino a formare un solco. «Non ce ne pentiremo, vero?».

«No», Yuki sforzò un sorriso, poi gli diede una piccola pacca sulla spalla. «Sta' in campana».

Il vampiro rispose al sorriso con uno decisamente più inquieto, guardando attentamente i due esseri umani mentre si destreggiavano nella sala. Stavano conducendo le altre persone fuori dalla porta, ma venivano spesso interrotti dai nemici. Tetsuya scrollò la testa, da un lato all'altro, scricchiolando come una vecchia porta, e sollevò entrambe le mani – fiamme rosse le incendiarono.

«Anche tu», disse, per poi spiccare un salto in mezzo alla mischia.

 

L'albina, a quel punto, era sola.

Riconosceva quello scenario agghiacciante. L'aveva visto in sogno, più di una volta. Aveva visto sangue dappertutto, e in ogni dove le voci si ammassavano, e una persona, un uomo... sul palcoscenico.

Identico a quello dietro di lei.

Lentamente, Yuki mulinò il viso, e proprio come aveva temuto, lui era in piedi sul palco, con le braccia annodate. I lunghi capelli neri incorniciavano il suo ovale, sfioravano le labbra incurvate verso l'alto, la mezzaluna che gli squarciava i connotati di vampiro impuro. Gli occhi la stavano scrutando, nella semioscurità, e brillavano voraci, rossi, magnifici nel loro caos.
Alyon sembrava una sorta di Dio – un Dio riprovevole, scellerato, nefasto. Mentre intorno a loro succedeva il finimondo, zio e nipote si studivano attentamente, con divertimento e con odio.

Nessuno dei due parlava. La bolla di silenzio che si erano creati perdurava, intoccabile.

 

Yuki ruotò la punta dello stivale destro, poi fece lo stesso con il sinistro. Infine, torse anche il busto, fino a ché non gli fu completamente di fronte. Yuki teneva la bocca sigillata e ferma in una linea, gli occhi oro inchiodati in quelli pece di Alyon.

Alyon aprì la bocca. «Aaaah... », respirò, slacciando le braccia al petto, aprendole come un paio di ali. «Che cosa ne pensi, ti piace, Yuki, mia cara nipote?». Gli arti scesero gradualmente ai suoi fianchi. «Tutto quello che sta succedendo, in questo istante... l'ho fatto io. L'ho fatto io per te. È il tuo regalo da parte mia, nipote».

Le pupille, strette e sottili, ebbero un guizzo. «Mi fa schifo».

«Davvero?», Alyon chiuse gli occhi, bonario. «È un peccato. Come ti ho detto, l'ho fatto appositamente per te; lo sai, da quella volta che eri quasi diventata mia, ti ho pensata ogni giorno, ogni minuto, ogni secondo. Sei stata brava, quella volta. Hai sacrificato quei due pur di salvarti. Sono fiero di te». Lui l'aveva detto per sbloccare una reazione in sua nipote. Voleva provocarla. Voleva farla arrabbiare. Tuttavia, lei non si era scomposta. Non era bastato, forse? «Ci sono tutti... c'è anche l'umano interessante... sembra proprio la resa dei conti. Quindi, cos'hai intenzione di fare, a questo punto?».

Yuki non rispose.

«Combatterai fino all'ultimo?». Il rosso che animava gli occhi dell'uomo era più vivo che mai. «Voglio che il sangue venga versato. Voglio che la mia attesa venga ripagata. Nipote... ».

L'albina si lacerò le cuciture ai polsi delle maniche.

«Mi deluderai anche tu? Mi lascerai a bocca asciutta... da degna figlia del Re di Ghiaccio?».

 

Yuki si arrestò, come se qualcuno avesse staccato la sua spina. La mano sospesa sulla cucitura. Gli occhi sbarrati su di essa. Lui non perdeva il ghigno, lei aveva smarrito tutta la fermezza. Il suo viso si incrinò, la bocca tremò vistosamente – e la ragazza incontrò il viso dello zio. Il rosso divorò tutto il dorato.

Era stato lui. Era stato lui. Lui l'aveva ucciso. Lui aveva preso la vita di suo padre. Yuki sentì che il controllo le stava rapidamente sfuggendo dalle dita – i piedi si mossero da soli.
Poi, prima ancora di rendersene conto, si era lanciata sul palcoscenico e dopo addosso al vampiro. Piegò la schiena e le ginocchia e si diede la spinta in avanti, sferrando una ginocchiata per colpirlo in petto. Alyon schivò con un rapido passo indietro, evitando l'attacco della nipote in tempo. Subito dopo, la ragazza atterrò sul parquet, corse per due metri e balzò per assestargli un calcio laterale. Alyon parò prontamente il colpo con il suo avambraccio sinistro e con la mano destra l'agguantò dalla tibia, affondando le dita sul polpaccio, e vorticò lanciandola verso i detriti.

 

Yuki, in men che non si dica, si trovò a fendere l'aria con il suo stesso corpo. La pressione del vento era forte, troppo forte, e palpebre cedettero chiudendosi un istante – ma poco prima di schiantarsi contro i pezzi del tetto, l'albina sollevò le gambe con un colpo di reni e fece una ruota completa, toccando con i tacchi la superficie frastagliata dai detriti.

Scivolò a terra, affondando mani e ginocchia sul parquet, approfittando per riprendere fiato.

 

Ah, quel bastardo... , affannata, il suo sguardo venne catturato dalle falangi delle sue mani. Erano nere, sfumate verso le nocche. Yuki si bloccò.


«Già stanca?», urlò Alyon, dall'altra parte del palco. «Abbiamo appena iniziato, nipote!».


Yuki digrignò i denti, i canini e le gengive facevano male per quanta forza ci stava impiegando. Aveva la testa offuscata, ma per fortuna gli occhi funzionavano bene. Le dita erano nere e aveva la mente piena di sangue e rabbia e odio. Ma riusciva a combattere.

Lei non aveva ancora finito. Alzò prima il ginocchio e successivamente premette il palmo a terra, rimettendosi in piedi, traballante. Le unghie corsero lungo l'avambraccio opposto – lo sguardo brulicante inchiodò la sagoma nera dello zio.

Non aveva ancora finito.


 


 

 

***


 


 

 

Hokori spintonò via una coppia di studenti, passandogli immediatamente in mezzo. Agguantata stretta con entrambe le braccia aveva una katana, riposta nel suo fedele fodero nero opaco, il cui manico era un intreccio carminio.
La scuola era un agglomerato di studenti e riuscire a correrci dentro era quasi impossibile. Tuttavia, doveva riuscirci, perché non aveva tempo da perdere.
Appena aveva ricevuto il messaggio di Tetsuya – “Prendi Anima e corri subito a scuola, abbiamo bisogno di aiuto” –, la cacciatrice non aveva esitato un momento: aveva lasciato casa sua alla velocità della luce e aveva raggiunto la residenza Akawa, fiondandosi nella camera da letto dell'albina, tra le occhiate perplesse della servitù. Lì aveva trovato, su un mobile di legno accanto al letto, la katana Anima. Per fortuna suo nonno non l'aveva fermata per tempestarla di domande circa quella toccata e fuga.


«TOGLIETEVI!», non le importava di buttare giù qualche persona.


Tetsuya non aveva mai chiesto aiuto. E sicuramente, non avrebbe mai chiesto di andare a prendere una katana così importante, che persino lei conosceva – a meno che la situazione non richiedesse proprio questo. Per questo Hokori era preoccupata.

Con terrore, la cacciatrice si chiese cosa stesse accadendo in quella scuola.


Superò i cancelli di ferro, spingendo e sfrecciando a zig zag tra la folla, e prese la direzione sulla sinistra, entrando nel cortile posteriore dell'edificio. Lì continuò a correre a perdifiato per una decina di metri fino a ché non cominciò a sentire rumori sempre più forti e ridondanti, tremendamente familiari e decisamente poco normali. Quando raggiunse l'angolo che l'avrebbe fatta arrivare al retro dell'edificio, Hokori cominciò a rallentare, spossata come non mai.

Finalmente, di fronte a sé trovò la porta dell'auditorium – spalancata.


All'interno, c'era il pandemonio. Hokori fece un passo indietro, scuotendo la testa incredula.


Non aveva mai visto tanti demoni e vampiri insieme prima di quel giorno e mai ne avrebbe rivisti così tanti. Ne contava quasi ottanta, a primo acchito.

Si avvicinò rapidamente, abbassando la schiena e cercando di non farsi notare. C'erano degli umani, ma erano ben pochi, più o meno quattro, e sembrava che la maggior parte delle creature fosse focalizzata su qualcos'altro, ma da quella prospettiva Hokori non riusciva a vedere un accidenti.


Adesso che ci penso, oggi c'era l'apertura del festival, rifletté la ragazza, probabilmente nell'auditorium c'è stato il primo spettacolo... e questo vuol dire... che c'erano molti più umani...


Con il gelo nel petto, Hokori deglutì – scosse la testa, riprendendosi: adesso non era importante. Doveva raggiungere Tetsuya.

La ragazza analizzò l'interno della sala, nascondendosi dietro l'anta della porta. Attese qualche istante e quando fu sicura di poter passare, scattò dentro rifugiandosi dietro una catasta di sedie rotte. Spostò la testa in alto, cercando di individuare il vampiro biondo.

 

«Ma quelli... !», ma oltre al ragazzo, ingabbiato in uno scontro sleale contro tre creature, la cacciatrice notò anche Takeshi e Sayumi, mentre raggiungevano una coppia di ragazze accucciate in un angolo, paralizzate dalla paura.

«Ma che diavolo stanno facendo?!», disse tra i denti. I due ragazzi incitavano le ragazze ad alzarsi ma subito dopo le prendevano per le braccia e le sollevavano di forza dall'angolo. Hokori, stringendo le labbra, guardò verso il fondo dell'auditorium.


Yuki era lì. Stava combattendo anche lei, contro un uomo. Lui era armato, con una sorta di daga senza manico, mentre la ragazza era a mani nude ed era costretta a stare sulla difesa.
Adesso la cacciatrice aveva capito perché doveva portare Anima con sé. Conscia di ciò, Hokori uscì dal suo nascondiglio, attirando l'attenzione di svariate creature.

Gridò, a pieni polmoni. «TANIGAWA!».


 


 


Tetsuya aprì le braccia e le fiamme esplosero come cascate di lava, colando sui suoi nemici. Il vampiro richiuse gli arti, si passò la mano tra i capelli biondi e si voltò verso l'uscita, da cui ora proveniva una rassicurante ondata di fulgore. La figura di Hokori si stagliava come una visione, contornata dal fascio di luce.
Sorrideva, vittoriosa. «Prendi!», disse, prima di sollevare le braccia, tirarle indietro e poi in avanti. La katana spiccò il volo, come per magia, percorrendo svariati metri a mezz'aria – prima di finire tra le mani di Tetsuya, che si protese per afferrarla.


«Grande», esclamò, abbassandosi di scatto per evitare il morso repentino di un demone. Sferrò un calcio alla sua caviglia e poi gli schiacciò la testa con la suola della scarpa.


Dannazione. Continuava ad essere accerchiato dai nemici, l'avevano preso di mira. Non sarebbe mai riuscito a consegnarle Anima in tempo, doveva pensare a qualcosa. Il vampiro girò la testa da una parte all'altra, riflettendo rapidamente. Hokori era vicina alla porta e aveva già cominciato a combattere furiosamente. Yuki era troppo lontana da quel punto e soprattutto avrebbe dovuto aspettare il momento giusto per farle avere la katana, dal momento che Alyon non le dava un attimo di calma.

Non aveva altra scelta. Tetsuya corse verso sinistra, «Sto arrivando, Yamashita!», macinando un metro dopo l'altro, mentre il palmo della mano destra, l'unica libera, raccoglieva calore e fuoco.


«È tutto tuo», disse Hokori, calciandogli incontro la creatura sovrannaturale. Tetsuya accelerò, allungando il braccio verso il viso del nemico, afferrandogli la testa dalla tempia. La bestia strillò di dolore. «E anche questo è andato», sentenziò il biondo, spingendolo a terra.

Hokori si ripulì della cenere sulle calze. «Non vedo l'ora di sapere che sta succedendo, Tanigawa».

«Già. Sarà un bel racconto».


Tetsuya inspirò profondamente. Adesso arrivava la parte difficile. Doveva fare un atto di fede. Sarebbe stato in grado, lui, di fidarsi degli esseri umani? – no, non ci sarebbe riuscito. Ma a quei due, sarebbe riuscito a cedergli anche la sua vita.

«Stai attenta, Hokori», bisbigliò.

«Ti preoccupi per me?», Hokori sorrise. «Starò bene. Ora vai da loro».


 

Tetsuya guardò la cacciatrice, ed annuì. Si allontanò dal fianco della ragazza, cercando con lo sguardo i due ragazzi – scoprendo con paura che erano stati separati; Sayumi era nel centro della sala ed era visibilmente disorientata, Takeshi era all'angolo formato dal palcoscenico e la parete accanto e di fronte a lui aveva un vampiro. Sembrava che stessero... parlando?


«Cavolo! AAAH!». Le urla di Hokori lo destarono. Il vampiro si voltò di scatto verso la cacciatrice mentre lei veniva catturata e sollevata di peso come un sacco di patate da una creatura.

«Sono spiacente! Il mio padrone non ama i cacciatori!».

«Hoko– », il vampiro non aveva fatto in tempo a chiamare il nome della ragazza che era stata lanciata al di fuori della porta d'uscita. La creatura richiuse le due porte, sigillandole e sprangandole con una spranga di ferro, recludendo la luce naturale.

 

Tetsuya si morse le labbra. Quanto meno, Hokori sarebbe stata al sicuro, fuori da lì.

Lui si girò dall'altra parte. Sapeva cosa doveva fare. «Sayumi!». Ma la ragazza sembrava non sentirlo. «SAYUMI!».


 


 

 

Sayumi era riuscita a far uscire l'ultima persona, gli umani erano tutti fuori, in salvo. La ragazza non sapeva quando si sarebbe mobilitata la polizia giapponese, era già sorprendente che non fosse già stata avvisata: con ogni probabilità gli esseri umani tratti in salvo erano in uno stato di shock troppo avanzato per riuscire a spiegarsi oppure... nessuno poteva credere che demoni e vampiri avessero preso d'assedio l'auditorium di un paesino così insignificante.

Nel portare l'ultimo ostaggio alla porta, aveva perso di vista Takeshi. Sayumi aveva deciso di spostarsi verso il centro della sala e accucciarsi lì, cercando di calmarsi e decidere dove andare. Per prima cosa, doveva dare un'occhiata alla sala.
Finalmente trovò il bruno – di fronte a quella scena, Sayumi si sentì le gambe di gelatina. Era stato messo all'angolo da un vampiro. Era in pericolo. Dannazione. Dannazione!


«SAYUMI!». La ragazza si riscosse sussultando. Seguendo la voce, si girò verso la porta d'uscita. Tetsuya reggeva tra le mani la katana chiusa nel fodero come se essa fosse la soluzione a tutti i problemi del mondo – no, sarebbe stata la soluzione a quel problema.

Sayumi aveva capito. «Sono pronta!», gridò in risposta, mettendosi in piedi.


Ma il demone apparso dinanzi a lei non era della stessa opinione. «Stai ferma lì!». Il demone ringhiò, andando addosso a Sayumi con uno scatto. La ragazza riuscì a schivarlo, scavalcando le sedie accanto a lei e raggiungendo così il fondo della sala.


«Ci sono, Tetsu!».


«Eccola!». Anima attraversò qualche metro, sospesa nell'aria pregna di sangue e cenere. Volteggiò, diventando solo un'offuscata macchia nera, e Sayumi salì in cima ad un ammasso di sedie – balzò lateralmente, abbracciando la katana, e rovinando a terra.

«YUMI! Stai bene?! Yumi!», udiva la voce di Tetsuya, agghiacciata e concitata, ma non riusciva a rispondergli.
Sayumi singhiozzò. Aveva picchiato la schiena a terra. Il bruciore le aveva tolto la voce e il coraggio, le braccia intorno ad Anima vacillavano, vacillavano troppo per una come lei, per una che aveva già ampiamente sfidato la morte.

Non poteva fermarsi. Takeshi aveva bisogno di lei. Faticosamente, Sayumi sollevò la schiena da terra, trascinò le ginocchia a terra e finalmente riuscì a risollevarsi, gemendo per il dolore.


«Sto bene!», rispose, constatando che Tetsuya aveva già tolto di mezzo l'opponente.

Ruotò i piedi verso Takeshi, gli occhi azzurri pieni di lacrime. «Ce la faccio», disse. «Ce la faccio. Ce la faccio!». E mettendoci gli ultimi grammi di forza che le rimanevano, avanzò frontalmente, sollevò le braccia.


«Takeshi Katugawa! Adesso tocca a te!».


 


 


 

Takeshi e l'uomo si studiarono a vicenda. Takeshi l'aveva riconosciuto nel momento in cui gli si era palesato di fronte: quel tizio era lo stesso che era apparso per primo dal buco ed era lo stesso che aveva dato l'ordine – buon appetito. Apparentemente, l'uomo era molto più controllato dei suoi compagni, tant'è che aveva provato ad instaurare un discorso con Takeshi.

«Tu, la ragazza e il secondogenito dei Tanigawa», guardava Takeshi con un espressione indecifrabile. Un po' divertito, un po' perplesso, un po' altezzoso. «perché vi siete dati tanto da fare per quegli umani?», sorrise e continuò, senza attendere una risposta. «Lo sai? Il nostro padrone ci teneva a lasciarti in vita».

Takeshi non si scompose. «Perché?», domandò.

«E che ne so. Gli piaci, presumo. Voleva che ti catturassimo, a te e alla principessina che sta combattendo in questo momento».

Il ragazzo era tentato di controllare Yuki. Ma se l'avesse fatto, se avesse distolto gli occhi dal nemico... «Preferisco morire che andare con quel viscido verme», sibilò Takeshi.

Il vampiro fece una pausa, come se volesse soppesare le parole dell'umano – alzò le spalle, con noncuranza. «Mi piacerebbe se tu morissi, umano. E questo perché... », il vampiro aprì lentamente gli occhi. Un'ombra era scesa sul rosso sfavillante. «... io basto e avanzo per rendere felice il mio padrone!».


Con un urlo di rabbia, il vampiro si apprestò verso Takeshi, gli artigli della mano pronti a trafiggerlo, a strappargli le carni. Takeshi avrebbe voluto fuggire di lato, ma non ce l'avrebbe mai fatta.
«Takeshi Katugawa! Tocca a te!». Il ragazzo fece appena in tempo a riconoscere la voce disperata di Sayumi, al centro della sala, piena di polvere e graffi, trionfante come un'eroina – appena in tempo, per vederla lanciare la katana Anima nella sua direzione, con tutta la forza che aveva nelle braccia.


Takeshi rimase quasi incantato. Per una frazione di secondo, i suoi occhi si annebbiarono. Anima librava in alto, fendendo l'aria, il suo laccio rosso diventava una macchia indistinguibile.

Poi il moro si ridestò, trasalendo, rendendosi conto che la sua vita era in pericolo. Allora balzò verso l'alto, più in alto che poté, riuscendo ad afferrare la katana dalla sua elsa. Atterrò a terra piegando le ginocchia e a quel punto, quando il vampiro era ad un metro dal suo collo – sguainò la lama della spada giapponese e lo trafisse al petto. L'uomo rimase senza fiato, emettendo solo qualche suono vicino all'orecchio di Takeshi. «Umano... ripugnante... umano... !».

Toccò la lama della katana con le mani, fino al punto in cui penetrava la sua carne. Il sangue fuoriusciva come una colata di cemento.
L'uomo chiuse i palmi sulla lama e si ritrasse da essa. Indietreggiò, tamponando la ferita mortale. Ghignò, con i denti sporchi di sangue e saliva rosa. «Eh eh... adesso tu mi avrai anche ucciso... ma sappi che un giorno, se continuerai a vivere in questo nostro mondo... un giorno, molto presto... ».
Cadde sulle ginocchia. Gli occhi si chiusero, il suo torso sbatté a terra e una lordura rossa si allargò sotto il suo cadavere.


 

È... morto?, Takeshi abbassò la katana. Respirava affannosamente. Era sul punto di farsi venire una crisi – perché lui aveva appena ucciso una persona. Un vampiro, per la precisione.

No. Dopo. Dopo mi farò venire tutte le crisi del mondo, il bruno scosse la testa, chiudendo le palpebre, non è ancora finita, qui.

Puntò gli occhi sulla sala, constatando con immenso sollievo che ormai era sgombra, sia di nemici che di ostaggi. Restava qualche ultima creatura, ma era un numero ridotto all'osso, e soprattutto sembravano aver perso qualsiasi tenacia. Forse avevano cominciato a capire che la battaglia l'avevano persa e finalmente si erano fermati.

Adesso... adesso era rimasto solo lui. Takeshi, finalmente, poté accertarsi delle condizioni della sua fidanzata.

E lei, aveva una lama puntata alla gola.


 


 

 

***


 


 

 

Per Takeshi, il tempo si era interrotto in quell'istante. Vedere lei con la schiena a terra, impossibilitata e sul filo del rasoio, e Alyon incombere con la sua ombra come una divinità della morte – gli aveva tolto il respiro.

La mano intorno all'elsa rossa di Anima sudava. Le dita formicolavano. Alyon aveva un viso serio, quasi deluso, e Yuki ricambiava il suo sguardo con ira, frustrazione forse. La battaglia era vinta, ma il loro scontro...
Takeshi rafforzò la presa sulla katana e l'adocchiò con nervosismo. Era una possibilità. Poteva funzionare, come poteva portarla più veloce alla morte.

Era tutto nelle sue mani.



Takeshi sollevò il braccio che reggeva l'arma bianca, portandolo fin sopra il suo capo. «Yuki», disse. «Yuki».

Yuki, ti prego.

Inspirò profondamente. Era l'unica possibilità. «YUKI!!».


 




 

Le sue pupille si dilatarono come un buco nero, ma in modo frenetico, incontrollato. I suoi occhi ormai non avevano più niente che ricordava Yuki Akawa; le sclere di entrambi gli occhi avevano assorbito fumo e cenere, divenendo di un colore nero come la pece. Aveva risucchiato tutta la luce, lasciando solo le iridi, il cui rosso fiammeggiante si ostinava a restare acceso. Le tempie e le palpebre erano ricoperte di piccole vene violacee, pulsanti.


«Ma guardati, sei praticamente bella che andata». Alyon si fece serio, infastidito. La lama della sua daga brillò. «Dovresti guardarti allo specchio. Non ti vergogni di te stessa? Se tu fossi venuta con me sin dall'inizio, adesso non... ». Non finì la sua frase, sospirando amareggiato. «Sei una stupida... ».

Yuki si morse le labbra. Dalla sua bocca uscivano ringhi sommessi, brontolii di astio e furia.

Alyon innalzò il mento, con aria di superiorità. «Forse non ti sei accorta che la follia ti sta divorando, pezzo... per pezzo». Sua nipote, costretta al suolo, stava lentamente perdendo tutte le caratteristiche che la rendevano tale, trasformandosi in una sconosciuta.

«Ti avevo sopravvalutato... », bisbigliò Alyon, sprezzante. «Evidentemente. Anche se sei così vicina alla nobile Imperatrice Lilith... ».


L'albina non faceva un movimento col corpo, solo i denti si muovevano, digrignando. Ad un certo punto, si fermò. Un sospiro valicò le sue labbra mentre queste si incurvavano. Un sorriso nero. «Sopravvalutato?», ripeté, come se avesse sentito solo quella parte. «Anch'io».


Alyon guardò la nipote, dubbioso. C'era qualcosa in lei che non... e non si trattava solo della follia. Più la guardava e più assomigliava a lui. «Bael... più che Lilith, in questo momento sembri Bael».


Avrebbe fatto la sua stessa fine, se Alyon non l'avesse uccisa. Sì, Yuki sarebbe impazzita, divenendo una forza della natura – o meglio, una catastrofe; e ben presto, incontrollabile, avrebbe ucciso anche quell'umano dai capelli scuri e poi si sarebbe suicidata, probabilmente, grazie a quel briciolo di barlume che sarebbe riemerso, e all'infinito dolore che avrebbe provato.
E così, in questo modo, la storia si sarebbe ripetuta proprio come cinque secoli or sono.


 

«YUKI!!». L'urlo squarciò quel silenzio fittizio. Alyon scattò con la testa, notando il ragazzo all'angolo sotto al palco.

L'umano dai capelli scuri tirò indietro il braccio e a quel punto lanciò Anima verso il palcoscenico, senza fodero, con la lama lucida che brillava come una stella.
«Dannaz– », distratto dall'urlo, la sua presa alla daga si era allentata. Yuki non aveva perso tempo e con un calcio l'aveva fatta volare via. L'arma si era catapultato a qualche metro da loro e l'uomo aveva dovuto allontanarsi e spiccare un salto per recuperare la sua spada.

Yuki allora rotolò con una capriola all'indietro e si rimise velocemente in piedi. Corse verso il lato destro del palcoscenico e si scagliò, allungando il braccio e afferrando la katana. Tornò a terra, agguantò l'elsa con tutta l'energia che aveva, e si voltò verso Alyon. La lama scintillava fino alla punta.
Il suo viso era ancora quello di un demone folle. Ma il suo respiro spezzato ed esausto e la tenacia del suo sguardo erano tipici di Yuki Akawa. «Alyon... !»

Dalla voragine, il cielo piangeva petali di ciliegio.



Alyon raccolse dal parquet la sua daga e ruotò il corpo in direzione della nipote. Nella sala crebbe un leggero brusio. «SILENZIO!», urlò Alyon, senza distogliere lo sguardo. «Voglio silenzio».

 

Yuki aspettava, così come Alyon. Tutti e due, in un muto scontro, non facevano altro che squadrarsi attentamente; la mezzosangue sigillava la mano destra al manico intrecciato di Anima e respirava. Respirava lenta. Aveva bisogno di afferrare quel granello di lucidità. Doveva farlo suo.

Alyon schiuse la labbra e impugnò la sua daga. Lasciò scorrere la suola della scarpa sul parquet, disegnando una linea. I capelli neri gli coprivano parzialmente gli occhi, ma non la perdeva di vista un istante. La fine era vicina.

 

Entrambi scattarono in avanti. Le loro figure divennero chiazze indistinte, bianco e nero. Fu questione di un lampo. Brandendo le loro lame, nipote e zio sfrecciarono ed eseguirono i loro fendenti.

Infine, erano tornati immobili, l'una accanto all'altro, sta volta. Passarono dei secondi ed entrambi vacillarono, Alyon perse di nuovo la sua presa alla daga, che gli cadde rumorosamente ai piedi.



Ma fu Yuki a capitolare. Tossì sangue, scuro come l'ebano, e tremò dalla testa ai piedi. Le gambe cedettero e la fecero ondeggiare di un passo indietro – la mezzosangue sprofondò sul pavimento e la katana la seguì, scivolandole accanto e producendo un tintinnio metallico.
Alyon si coprì la ferita infertagli al fianco con una mano, abbozzando un sorriso affetto dall'adrenalina. «Ho vinto».

Sayumi gridò. Alla visione della sua amica mentre precipitava a terra, un urlo di angoscia le era uscito dalla bocca, mentre Takeshi e Tetsuya non avevano perso tempo – e si erano subito diretti sul palco, abbandonando quei quattro nemici rimasti.
Takeshi scivolò strisciando le ginocchia, raggiungendo l'albina. Si piegò verso di lei, e insieme a Tetsuya la sollevò leggermente dalle spalle, sostenendola.
Sul petto, all'altezza del cuore, c'era una grossa ferita. Era così grave che il sangue era immediatamente sgorgato, immergendo il torace del vestito. Takeshi sbatté le palpebre. Aveva la bocca secca. Non riusciva a parlare.
Tetsuya si incise una ferita sul polso con le unghie e allungò il braccio alle labbra violacee dell'amica. «Bevi», disse, tra i denti – e Yuki avrebbe voluto, ma riusciva a malapena a tenere gli occhi aperti o a respirare.


«Che ingenuo... », sibilò Alyon. Tra lui e i quattro c'era forse un metro di spazio. Il vampiro staccò la mano dal fianco, ripulendosi del sangue sui pantaloni. «Ho solo perso tempo», con sdegno, l'uomo schioccò la lingua.

Sayumi si girò di scatto verso Alyon. «TU hai perso tempo?!».

«Yumi!», urlarono i due ragazzi.


Sayumi si era frapposta tra Alyon e gli altri, aprendo le braccia. Le sopracciglia inarcate sugli occhi, era furente di rabbia. «Sei venuto qui insieme al tuo gruppetto di boyscout, hai seminato panico e distruzione, hai ferito la mia amica e TU avresti anche perso tempo?!», ansante, Sayumi abbassò le braccia, stringendo i pugni. «Sei un dannato mostro».

Alyon socchiuse le palpebre. Guardava Sayumi dall'alto in basso. «Affascinante», sibilò. «Ma non me ne faccio niente del tuo odio, stupida umana. Ringrazia che non ti abbia fatta uccidere. Me ne sto già pentendo».

«Ah sì? Allora uccidimi adesso!».

«Yumi, smettila!», esclamò Tetsuya.

«Uccidimi. Uccidimi quanto vuoi. Ma questo non farà altro che avvicinarti al posto che meriti», Sayumi trasse un profondo respiro.

«Lei ha perso. Comprendilo e basta». Il vampiro dai capelli neri si lasciò andare ad un sospiro, deluso e rassegnato, mentre spostava il viso di tre quarti. «Tale e quale a quel perdente di suo padre».


 

E quello era il culmine. Sayumi fece un passo in avanti e annullò quella fatidica distanza. Inclinò il braccio destro e colpì Alyon Akawa, alla guancia. Lo schiaffo era stato talmente forte da lasciare un livido rosso, abbastanza forte da costringerlo a girare il volto dall'altra parte.
Sayumi aveva ancora la mano sospesa a mezz'aria e il suo petto si alzava ed abbassava velocemente, scandendo i secondi. Il suo sguardo era carico di frustrazione. Specialmente perché sospettava che lo schiaffo non gli avesse fatto nulla.


Alyon ruotò lentamente la mandibola verso di lei. Nei suoi occhi, c'era il nero più totale, il buio più cupo. Il vampiro ultracentenario era adirato.

«Ti meriti anche pe– », ma la voce le morì in gola – la stessa gola che Alyon aveva afferrato con una mano. E che ora stringeva, e che ora marchiava con la pressione delle sue dita.
Senza il minimo sforzo, Alyon sollevò Sayumi da terra, premendo il pollice poco sotto la mandibola.

Tetsuya scattò dal pavimento.


«Ah-AH! Fermo là, piccolo Tanigawa», Alyon allentò leggermente la presa, regalandole un alito di ossigeno. «Stai fermo là. Oppure vuoi che stringa ancora di più?». Il vampiro ghignò. «A me non dispiacerebbe affatto».

«Alyon», soffiò il biondo, pronto ad alzarsi in qualsiasi istante. «Lasciala andare. Te ne prego. Non ti ha fatto niente. Lei non... ». Lei non c'entrava niente. «Prendi me. Io potrei darti molti più problemi di una semplice umana, non credi?».

«No».

«ALYON!».



Alyon scoppiò in una risata. Echeggiava tra le pareti come l'ultimo messaggio di un morto – ma la sua risata era viva, fragorosa, felice. Continuò a ridere, mentre Sayumi gli graffiava il dorso della mano con le unghie, mentre agitava i piedi in preda all'affanno e lo guardava con occhi di ribrezzo.
«Sono così contento di essere vivo», esclamò.

«Avrebbero dovuto ucciderti quando potevano», disse Takeshi, le mani nervose.

«Shh... tu non preoccuparti. Quando ti trasformerò in un vampiro, mi amerai e mi ubbidirai, come un fedele cagnolino... », scosse la testa. «Anzi, come il mio fedele cagnolino».

«Guardatevi! Semplicemente, guardatevi! Siete deboli. Non potete niente contro di me: queste due stanno morendo di fronte ai vostri occhi e il massimo che potete fare è pregarmi. Chiedermi di lasciarla andare o ricordarmi che avrebbero dovuto uccidermi. Che tristezza. E voi avreste dovuto farmi fuori?». Alyon era certo delle sue parole come un messia. Spostò lo sguardo su Sayumi, specchiandosi nei suoi grandi occhi, colmi di lacrime azzurre. «Ma fatemi il piac–... ».




Alyon si bloccò.

La bocca era aperta e fissava Sayumi. Poi, sul collo del vampiro comparve una linea sottile e rossa. Velocemente, quella linea divenne massiccia e sempre più doppia.

Tetsuya spalancò gli occhi e li spostò di lato, guardando la lama insanguinata di Anima, la sua elsa stretta da una mano bianca e forte. Quella mano si attaccava ad un braccio pieno di graffi, ad una spalla che aveva trasportato peccati e pesi, ad un collo che aveva sostenuto la testa più testarda sulla faccia della terra.
Allo sguardo più coraggioso che si fosse mai visto. Yuki tirò su un angolo della bocca. «Tu... parli troppo... ».


La mano si aprì e Sayumi si accasciò a terra, tossendo.

Alyon indietreggiò, toccandosi il collo con ambe le mani. Tra le sue dita gocciolavano fiotti di sangue, impregnandole e picchiettando a terra. Faceva di tutto per fermare il sangue, ma poi – il taglio si fece ancora più profondo e sentì la carne e la pelle staccarsi, la testa scollegarsi dal collo.
Incredulo. Spaventato. Non poteva controllare i suoi occhi, che ora guardavano il viso di sua nipote, sostenuta dal ragazzo bruno che tanto gli piaceva, e dopo guardavano il soffitto dell'auditorium.

Lui... aveva perso.


«Ah... sei proprio... », ma il sorriso, era ancora lì. «... una delusione... ».


La testa si separò dal collo e il corpo stramazzò sul pavimento, producendo un tonfo funereo.

Era finita.

 


 

 

***


 



 

Il braccio che sorreggeva testardamente la katana tentennava, il respiro usciva dai denti stretti sofferente, i connotati facciali si piegavano in una smorfia di puro strazio.

«Non... », Yuki strizzò le palpebre e aprì la mano, lasciando precipitare l'arma bianca. «Non ce la faccio», e le ginocchia crollarono, ancor prima di finire la frase, ma Takeshi l'afferrò al volo, prendendola tra le sue braccia. Il sangue avrebbe sporcato i suoi abiti, ma lui non ci fece nemmeno caso. Takeshi l'abbraccio saldamente e si inchinò a terra, facendola adagiare a pancia in su, con delicatezza.


«Yuki-chan... Yuki... !», Sayumi raggiunse l'amica, gattonando fino al suo fianco. Le prese la mano fra le sue. Non riusciva a smettere di piangere. «Io... mi dispiace, non... ».

L'albina mosse le labbra per rispondere – ma le parole erano scomparse, come se le avesse dimenticate.

«Non parlare, adesso bevi il sangue che ti serve», disse Tetsuya. Il vampiro biondo era in preda all'ansia, ma le avrebbe dato fino all'ultima goccia. Le accarezzò i capelli, inginocchio insieme agli altri.

«Tetsu», bisbigliò Takeshi. «È finita».

«Cosa?».

Takeshi osservava gli occhi neri della sua fidanzata e lei restituiva il suo sguardo, stordita, con la bocca socchiusa – aveva la testa sbiadita. «Il sangue non la salverà».

«Ma che stai dicendo... », il vampiro voleva urlargli contro. Ma cosa stai dicendo, idiota?, il sangue avrebbe potuto salvarla... il sangue era l'unica via... quindi perché...


Tetsuya fissò la ferita sul petto, pietrificato. Era proprio un ingenuo. Il sangue non avrebbe aiutato proprio nessuno. «Già... », bisbigliò. «Già».

«Ma non possiamo... dobbiamo fare qualcosa!», esclamò Sayumi.

«Lo so», rispose Takeshi.

«E allora... !».

«Ma non possiamo fare niente!».


Sayumi sbarrò gli occhi. Non potevano fare... niente? – scoppiò in lacrime, copiose e roventi, emettendo solo un singhiozzo basso. Stava perdendo la sua migliore amica. La stava perdendo e non poteva fare nulla per impedirlo. Per quanto si sfregava la faccia con il dorso della mano e cercava di fermare quello stupido pianto, non ci riusciva – all'altra mano, ancorata a quella dell'amica, percepì la stretta farsi più decisa. Guardò verso di lei, rossa fino alle orecchie, distrutta.


«Ragazzi», la voce era ridotta a un flebile sussurro. «Quanto siete... melodrammatici... »

Yuki chiuse gli occhi per un secondo, sospirando lievemente. E chissà perché, ma il suo viso parve distendersi, recuperare una serenità che aveva sempre cercato; le vene si ritrassero e dissolsero, le falangi tornarono rosa e i suoi occhi persero il nero – e il familiare colore oro ritrovò la via verso casa.

Yuki li osservò, affettuosa, e persino divertita. «Dateci un taglio», bisbigliò – mentre i suoi occhi divenivano opachi. «... e siate felici».


La mezzosangue chiuse gli occhi.

E il suo corpo si dissolse in candida cenere.

 


 


 


 

NOTA:
Siamo arrivati alla fine. Wow. Non pensavo che ce l'avrei mai fatta, detto onestamente; spesso e volentieri ho riscritto questa storia, più e più volte, e tutt'ora ci sono svariati problemi e cose che andrebbero modificate. Ma come mi disse una mia cara amica, una storia non potrà mai essere perfetta ed ogni volta che le rileggeremo, ci troveremo quarantasette problemi.


 

Lo scontro è giunto al termine e Alyon era convinto che avesse vinto, che tutto fosse finito, almeno parzialmente, per il meglio. Peccato che la nostra albina non sia un tipo da arrendersi molto facilmente. E poi, beh, il finale l'avete letto, quindi è inutile prolungarsi tanto su questo punto.

So che la storia ha molte incongruenze. Tuttavia, spero tantissimo che l'abbiate apprezzata, almeno per quello che voleva essere. Conoscendomi, probabilmente tornerò qui ad aggiustare qualcosina ogni tanto, sigh. A proposito, mi sono fatta prendere dalla creatività e ho disegnato l'ultima scena, ma non riesco a caricarla su EFP! ;; (se vi va di darci un'occhiata, trovate il disegno su instagram, nel profilo kurojulia_ )


Credo sia tutto! Grazie a tutti coloro che sono giunti fin qui. Grazie.

Siamo alla fine. Siamo all'ultimo capitolo. O forse... no?


 

   
 
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