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Autore: Roberto Turati    13/07/2019    1 recensioni
Laura, Sam, Chloe e Jack sono quattro neo-laureati di Sidney che, dopo aver trovato un libro segreto firmato Charles Darwin che parla di ARK, un'isola preistorica abitata da creature ritenute estinte da milioni di anni, da un intrigante popolo, protetta da una barriera che altera lo spazio-tempo e che nasconde un "Tesoro" eccezionalmente importante, decidono di scoprire di più... andando su ARK. Ma le minacce sono tante, siccome l'arcipelago arkiano non è certo il più accogliente dei posti... però, per loro fortuna, non saranno soli nell'impresa. Fra creature preistoriche, mostri surreali, nemici che tenteranno di fermarli o di ucciderli per diversi motivi, rovine antiche, incontri da ogni luogo, da ogni epoca e da altri universi e gli indizi sul misterioso passato dimenticato di ARK, riusciranno a venire a capo di un luogo tanto surreale?
 
ATTENZIONE: oggi, il 30/06/2021, è iniziato un rifacimento radicale della storia usando l'esperienza che ho fatto con gli anni e la nuova mappa di ARK usata per l'isola del mio AU. Il contenuto della storia sta per cambiare in modo notevole.
Genere: Avventura, Mistero, Science-fiction | Stato: in corso
Tipo di coppia: Nessuna
Note: AU, Cross-over | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
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- Questa storia fa parte della serie 'Un'Isola Unica al Mondo'
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Quando Mike aveva scoperto che l’ostaggio era scappato e, peggio ancora, aveva portato via il manufatto e i tasselli, Doris era andata subito a recuperarla. Ma la bombetta tornò volando a fatica, col visore incrinato e un lato sfasciato.

«Ah! Doris! Stai bene? Mi senti? Rispondi! Non mi abbandonare così, sei tutto quello che possiedo!» gridò lui, terrorizzato.

«Errore: sistema strutturale danneggiato… auto-riparazione in corso…» Doris era del tutto stordita.

«Doris, che diamine è successo? Dov’è la biondina?»

«Grazie per aver scelto DOR-15! È pregato di lasciare un’impronta vocale»

«Doris, datti un contegno, per Dio! Che hai fatto?»

«Impronta vocale registrata. Buongiorno, signor Mike Yagoobian! Come posso esserle utile?»

Mike aveva un diavolo per capello, e meno male che ne aveva ben pochi. Le chiese un'altra volta, scandendo le parole, cos'era successo.

«Trovato... bersaglio. Pachicefalosauro... attaccato. Attendere per auto-riparazione. È consigliato di espormi ai raggi ultravioletti per velocizzare il processo...»

«Eh? Oh, certo, al Sole! Subito!»

«Qualcosa non va?» chiesero i documentaristi, che stavano mangiando fagioli in scatola davanti al fuoco.

«Eh? Oh, niente! Io e Doris abbiamo avuto un... ehm... problema tecnico. Devo portarla al Sole, così si aggiusta da sola» prese in mano Doris e salì su Girodue.

«Dov’è finita Laura? Doveva andare a fare pipì, ma non si è più vista!» chiese Vicky.

«Uh? Oh, Laura! Ecco, è complicato... sta bene, sta bene, ovviamente, è solo che ha una questione che vuole sbrigare e vuole farlo da sola e... di certo ci vorrà parecchio!»

«Bene. Anche noi ci muoviamo, tra poco: abbiamo avvistato un quezal in cielo, dobbiamo assolutamente farci una ripresa a parte! Non sappiamo quando torneremo, ma ne varrà la pena»

«Oh, fate più riprese che potete: più prove raccogliete, più diventerò... diventeremo ricchi e famosi a casa! Non morire, mi raccomando!»

Detto questo, Mike spronò Girodue e lo diresse verso qualche punto più in alto della montagna per mettere Doris al Sole. Cinque minuti dopo, finiti i fagioli, i documentaristi iniziarono a camminare nella direzione del quezal che avevano visto, seguendo quello che credevano un sentiero secondario, anche se in realtà non portava da nessuna parte.

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Proseguirono seguendo Vicky, che andava avanti disinvolta come se sapesse quella strada da tutta la vita. Per Phil non era un problema camminare con la telecamera in mano e l'occhio nell'obiettivo, ma Allan faceva abbastanza fatica con la giraffa (il microfono a ponte) nelle eventuali strettoie. Nell'ora che seguì, chiese cinque volte a Vicky se poteva riposare le braccia, ma lei rispondeva sempre che il quezal non aspettava.

«Però solo tu hai visto questo pterodattilo enorme! Sicura di non esserti fatta prendere troppo da questo posto e aver sognato?» si insospettì Phil.

«L'ho visto, lo giuro!»

«Sì, certo. E quando?»

«Prima di accamparci e andava in questa direzione. Magari ha un nido più in alto! Ora che ci penso, avrebbe potuto farlo Mike per noi, può usare quello pteranodonte... sellato e obbediente, poi! Anche su questo dovremo indagare! Che ne dite di una compilation di domande ai nativi come prossimo servizio, eh?»

«Si può fare» rispose Phil.

«Be', se è in alto, ti faccio notare che noi stiamo scendendo» protestò Allan.

Infatti, erano su un tragitto in discesa e si stavano addentrando in un boschetto di larici. Vicky non si scoraggiò:

«Ragazzi, basta fare scene! I sentieri di montagna sono fatti così, vanno su e giù, qua e là, ma portano sempre in cima!»

«Secondo me questo è tutto, tranne che un sentiero» bofonchiò Allan.

«Fatemi indovinare, ci siamo persi? Magnifico, soli a vagare a vuoto su un'isola a cui le Cinque Morti fanno un baffo lungo così! Cosa potrebbe andare storto, ora? Grazie, Vicky, sarai sempre la nostra bambina speciale!»

«Smettetela, frignate più dei mocciosi dell'asilo! Non è la prima volta che ci  siamo persi: ricordate quella volta in Islanda?» li rimproverò lei.

«Come dimenticarlo? Ho rischiato di dovermi far amputare i piedi per ipotermia!» si lamentò Phil.

«Perché vuoi vedere quel bestione alato così tanto? Abbiamo già tanti filmati di animali preistorici!»

«Non bastano, ne voglio tanti e li voglio filmati per bene: l'ultima cosa che vogliamo è una denuncia per fotomontaggio dopo tutta questa avventura»

«Oh, certo, perché Girodue sembra finto! L’ho pure dovuto accarezzare e mi ha guardato come se fossi la sua cena!»

«Anche la troupe di Vinicio tocca quello squalo con le macchie da leopardo in CGI nel loro programma spazzatura e lo fanno sembrare vero»

«Ma lascia perdere quell'idiota! Lui è solo...»

In quel momento, un fruscio tra i larici li interruppe. I tre si voltarono improvvisamente verso il rumore, con tutti i muscoli tesi. Poi si guardarono intorno, ma i rami dei larici si muovevano solo per il vento e non si sentiva una mosca volare. Cominciarono ad avere paura, quindi Vicky suggerì di fare finta di niente e proseguire.

«Sì, buona idea… una delle poche che ti sono venute finora!» commentò Phil, ricevendo un’occhiataccia.

Andarono avanti, tremando come foglie. Phil usava l’ingrandimento della telecamera per vedere se c’era un animale sugli alberi, ma sembrava che ci fossero solo loro. Allan cominciò a sentirsi a disagio:

«Vicky, non potremmo tornare indietro? Non mi fido a stare qui…» chiese.

«Dopo tutta questa strada? No e poi no! Al massimo, scopriamo cos’è che abbiamo sentito prima!»

«Ci porterai nella tomba, prima o poi…»

E sentirono ancora quel fruscio, stavolta seguito dal rumore di un legnetto spezzato. Capirono che veniva dal larice che avevano appena superato, quindi provarono ad osservare tutti i rami. Finalmente, Phil notò qualcosa:

«Ehi, Vicky, guarda là, sotto la cima! Che roba è?»

La donna controllò e vide un piccolo pterosauro con una testa enorme per il corpo esile che si ritrovava, una bocca dura come un becco e cosparsa di dentini appuntiti e una coda lunga e sottile, con una decorazione non piumata all’estremità. Lo riconobbe in fretta:

«Oh, un dimorfodonte!» esclamò.

«E… è pericoloso?» chiese Allan.

«Non lo so… facciamo un servizio lampo! State pronti…»

Quindi accese il microfono e, avvicinandosi, iniziò a fare la telecronaca, descrivendo la creatura e quanto se ne sapeva fino ad allora grazie ai fossili. Si avvicinò all’albero ma, quando lo raggiunse, il dimorfodonte emise un grido stridulo e piuttosto fastidioso, che durò una decina di secondi.

«Oh… cos’è, il bisnonno stonato dei canarini?» scherzò Allan.

«Allan! Non dovete farvi sentire, durante un servizio serio!» si infastidì Vicky.

«Vabbè, lo taglierò quando monteremo il tutto» la calmò Phil.

Pochi secondi dopo, i larici si agitarono e un intero stormo di altri dimorfodonti apparve sui rami, attirato dalla chiamata dello pterosauro. Tutti quanti fissavano i documentaristi con interesse… anche troppo. Poi scesero a terra e si avvicinarono zampettando… ormai li avevano circondati… cominciarono a mordicchiare l’aria, come se avessero appetito…

«Vicky, non trovi che sia il caso di…»

«Correte!» gridò lei.

I due uomini non se lo fecero ripetere due volte e la seguirono nella direzione da cui erano venuti, calpestando alcuni dimorfodonti. Gli pterosauri si infuriarono e si buttarono all’inseguimento, alcuni zampettando a terra, altri svolazzando di albero in albero. Alcuni li raggiungevano e mordicchiavano le loro spalle, ma scrollarseli di dosso non era poi così difficile. A un certo punto, Allan ebbe un impulso di eroismo e cominciò a colpire quelli che si avvicinavano troppo col microfono come se fosse una mazza. Vedendoglielo fare, Phil lo incoraggiava con un tifo improvvisato e Vicky lo esortava a correre senza perdere tempo.

«Ah, sì! Fottetevi! Prendete questo, piccoli bastardi! L’audio funziona, Phil, vedi?» gridava Allan, che ormai però non capiva quasi nulla dall’eccitazione e dalla fretta.


Alla fine svoltarono di lato (o meglio, Vicky lo fece, loro due la seguirono) e si buttarono in un fosso, per poi appiattirsi contro la parete.

«Un momento… a che serve venire qui? Siamo in trappola!» esclamò Phil, riflettendo un secondo.

«A me sembrava riparato…» protestò Vicky.

Aspettarono a occhi chiusi e denti stretti, aspettandosi di essere beccati a morte, ma non successe niente. Era pure tornato il silenzio. Aspettarono cinque minuti, prima di azardarsi a sbirciare oltre il bordo della buca. Sì, si sarebbe proprio detto che non li stavano più inseguendo.

«È… finita?» chiese Allan.

«Ah, forse ho capito: non ci stavano inseguendo davvero, ci stavano solo spaventando. Forse eravamo in un territorio o in un terreno di cova…» ipotizzò Vicky.

«Mi fa piacere! Phil, la ripresa è buona? Si è visto bene quanto sono stato figo?» chiese Allan.

«Puoi contarci, amico!»

E si batterono il cinque, ridendo e cercando di respirare con calma, perché stavano rischiando di farsi venire un infarto. Era ora che tornassero da Mike e lasciassero perdere il quezal…E fu allora che si accorsero di essersi persi definitivamente. Allora, una fortissima bestemmia e un insulto a Vicky echeggiò per tutta quanta la montagna.

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Jack e Rockwell stettero in silenzio quasi tutto il tempo, sulla via del ritorno. Il medico alternava momenti in cui guardava il terreno con tristezza a fasi in cui rimuginava borbottando e grattandosi nervosamente la barba. A guardarlo, Jack quasi si sentiva dispiaciuto: sapeva bene che tipo di delusione si poteva provare a vedere che, dopo tutto l’entusiasmo che si mette nel provare qualcosa di nuovo, i risultati erano completamente diversi da come ci si aspettava. Ma preferì non confortarlo e lasciare che gli passasse col tempo. Ad un certo punto, il medico smise di pensare e stabilì una volta per tutte che se ne andavano: avrebbero salutato e ringraziato la squadra di Diana, poi avrebbero cercato gli altri. Jack acconsentì in pieno. Certo, avrebbe preferito infinite volte andare via prima di disobbedire al divieto sull’Elemento liquido, ma ormai… Jack, allora, cambiò idea e decise di fargli almeno una consolazione: se non altro, anche se era finita in un vicolo cieco, aveva scoperto parecchie cose nuove. Rockwell lo ringraziò apaticamente per il sostegno e promise che, in cambio della collaborazione, avrebbe rivelato a Laura che Jack era attratto da lei se il ragazzo gli avesse chiesto di farlo. Jack diventò rosso come un pomodoro e rise con imbarazzo, uscendone con un “non dica assurdità!”. Ma si rese presto conto di essersi appena bruciato una carta formidabile. Comunque sia, alla fine tornarono alla base e si fecero teletrasportare dentro. Mentre si avvicinavano alla loro tenda, però, notarono che chiunque incrociassero li guardava in modo strano: sembrava che stessero dicendo loro “condoglianze” o qualcosa di simile. I due si guardarono terrorizzati, sospettando cosa potesse essere mai successo. Infatti, quando entrarono nella tenda, videro la loro paura confermata: c’erano Diana e Santiago, a fissarli. Lui era serio e teso, mentre lei fece rabbrividire Jack: dire che era furiosa sarebbe stato un eufemismo generoso. La rossa teneva gli occhi stretti al punto che sembravano due fessure, il suo viso era dello stesso colore dei capelli e teneva le labbra serrate e tremanti, come se stesse trattenendo degli sproloqui osceni.

«Ecco, noi…» iniziò Jack, d’istinto.

Ma Rockwell lo fermò con un cenno e dicendo:

«Fermo, le parlo io: mi prendo io la responsabilità – quindi, guardando lei, le rivolse le sue scuse – Signorina Altaras, so perfettamente cosa sta per dirci. Non ho saputo resistere alla tentazione di andare oltre quello che mi avete cordialmente spiegato voi e di scoprire quanto possibile sull’edmun… volevo dire, sull’Elemento TEK. Ho disobbedito alle vostre richieste, agendo in maniera infantile, e ripensandoci a mente lucida mi rendo conto di quanto insensate e puerili siano state le mie azioni. Avevate detto che me ne sarei dovuto andare se avessi fatto cose del genere… ebbene, intendo attenermi all’accordo. Vi ringraziamo per l’ospitalità, studiare la vostra tecnologia è stato unico. È tutto. Ora, se permettete…»

«Chiedo scusa anch’io: avrei dovuto fermarlo prima che fosse troppo tardi, ma come mio solito non ho avuto abbastanza fegato» aggiunse Jack, altrettanto mortificato.

Diana emise un lunghissimo sbuffo che trasudava tutta la sua rabbia. A momenti, Jack la trovò più spaventosa degli occhi dei troodonti che brillavano nell’oscurità. La donna fece qualche passo avanti e si rivolse a Rockwell:

«Lei adesso viene con me. Non voglio sentire ragioni»

Jack non avrebbe mai immaginato che la sua voce potesse diventare così minacciosa. Rockwell sospirò con vergogna e rispose:

«Sarebbe ridicolo da parte mia credere di poter replicare. La seguo, signorina Altaras»

«E io?» domandò Jack.

«Tu puoi stare tranquillo, resta qui» lo rassicurò Santiago.

«Perché?»

Diana, quando parlò con lui, si ammorbidì un po’… giusto un po’:

«Perché sappiamo bene che non sei il colpevole. Non quello principale, almeno. È chiaro come un nodo di Elemento corrotto in una distesa sterile, nella nostra epoca. Venga, Rockwell: abbiamo parecchio da dirci»

Rockwell annuì in silenzio e seguì Diana ad una delle strutture più grandi della base, dall’altra parte del campo. Allora Jack rimase solo con Santiago e i due finirono in un silenzio imbarazzante, in cui entrambi si sentivano intrappolati e a disagio: né l’uno, né l’altro osavano dire una parola o inventarsi qualcosa da dire per smorzare la tensione. Alla fine, Jack si fece coraggio e si decise a precisare un punto importante:

«Per la cronaca, ho cercato di fermarlo»

Santiago fece spallucce:

«Immagino. Però non è servito a granché, visto quello che avete nella tenda…»

«No, quello è stato un incidente. Non potevamo sapere che l’erba sarebbe diventata… quella cosa»

«Motivo per cui l’Inglese non avrebbe dovuto credere di poter tenere il TEK fluido sotto controllo. Voglio dire, è già un’impresa per noi…»

«Ci spiace»

«Mh-hmm. Però questa pianta non è un danno così grave: abbiamo visto che ha proprietà curative, per cui…»

«Eh, in effetti…»

«Ma il TEK fluido resta sempre troppo imprevedibile, quindi il danno resta»

«Saremo puniti? Incarcerati o… qualunque legge abbiate nel futuro?»

«No! Non ha senso coinvolgere gente dal passato. Ora Diana starà sfogando tutta la sua tensione latente con Rockwell, ma tutto quello che farà sarà scacciarvi definitivamente dal campo. In realtà era già sotto pressione per la responsabilità del comando: questa è stata una buona occasione per lasciarsi andare. Che resti tra noi, mi raccomando!»

«Certo, la capisco…»

Pochi minuti dopo, Diana e Rockwell riapparvero, osservati da lontano da tutti i soldati della base: nessuno di loro poteva resistere alla tentazione di curiosare. Diana sembrava meno paonazza, ma era comunque stizzita. Rockwell cercava di rimanere impassibile, ma la sua vergogna era palese.

«Spero di essere stata chiara» sospirò lei.

«Certo che lo è stata, signorina Altaras» annuì Edmund.

«Bene. Sapete cosa fare: raccogliete le vostre cose e andate via. Salutatemi Acceber, quando la incontrate»

«Lo faremo» le rispose Jack.

«Comunque, cos’avete fatto per creare quella pianta nella tenda? Non riusciamo a capire come sia partita la reazione»

«Il terreno ha assorbito delle gocce che si erano rovesciate e l’erba si è trasformata» spiegò Rockwell.


Diana e Santiago ne furono incredibilmente sorpresi. Si guardarono con gli occhi sbarrati, poi si avvicinarono e iniziarono a sussurrarsi all’orecchio. Jack colse diverse parole come “corruzione”, “ingestione”, “mutazione” e così via. Alla fine, i due soldati dal 2150 si degnarono di spiegare qualcosa: rivelarono che, di solito, le forme di vita che entravano in contatto con l’Elemento TEK non raffinato e usato per gli scopi umani impazzivano e venivano avvolte da appendici parassitiche di TEK, invece di mutare come quell’erba. Confessarono che il vero problema del mondo nel futuro era proprio questa diffusione incontrollata di Elemento pericoloso: da loro si chiamava “Corruzione”. Dovunque fuori da ogni città era stato intaccato: piante, animali persone… le creature corrotte erano come rabbiose: attaccavano indistintamente tutto quello che vedevano e diventavano come degli zombi, senza volontà, né controllo. Le piante corrotte avevano assorbito avidamente ogni nutriente dal suolo, motivo per cui la Terra era diventata sterile. E la Corruzione e la sua diffusione globale era il problema che gli scienziati dovevano risolvere perché le ARK artificiali potessero atterrare e seminare la vita che avevano accumulato negli anni. Ormai erano pochi gli animali liberi dalla Corruzione ed erano gelosamente custoditi in laboratori e riserve interne alle metropoli. Poi, ovviamente, c’erano gli animali domestici, al sicuro nelle case.

«Interessante, molto interessante… com’è successo?» Rockwell scattò subito sull’attenti, riscoprendo ancora una volta il piacere di ragionare sul TEK.

«Nessuno lo sa. I complottisti che Skipper prende tanto in giro sono convinti che i Governi abbiano dato inizio a tutto studiando il TEK fluido come facevate voi due, salvo poi farselo sfuggire e lasciare che si diffondesse sul pianeta. Per loro l’Elemento liquido è stato reso illegale per questo, cioè per evitare peggioramenti mentre noi lavoriamo sul replicare ARK» rispose Santiago.

«Quindi, tornando al punto, non capiamo perché quest’erba sia diventata qualcos’altro invece di corrompersi. L’avete fatto entrare in contatto con qualcos’altro, vero? Ditecelo subito! L’ultima cosa che ci serve è un’altra Terra nel posto che dovrebbe farcela salvare»

«L’abbiamo iniettato ad un dodo, ma è morto» rispose Jack.

I due rimasero straniti ancora una volta.

«…morto? Impossibile! L’Elemento non uccide, non si è mai sentita una cosa simile» disse Santiago.

«Eppure è quello che è successo, me ne sono accertato: è caduto a terra senza più polso nel giro di pochissimi istanti» raccontò Rockwell.

Ci fu un lungo ed imbarazzante silenzio; alla fine, Jack disse che era decisamente ora di tornare dai suoi amici: avevano perso abbastanza tempo. I due soldati li guardarono tutto il tempo in cui rimisero i loro oggetti a posto e smontarono la tenda. Diana chiese se potevano salutarle Acceber e Jack promise di ricordarsene. Rockwell chiese cos’avevano intenzione di fare con la pianta Z, a quel punto, e Santiago disse che, proprietà curative o no, era pur sempre una contaminazione di Elemento fuori controllo in un’area pura, quindi dovevano toglierla di mezzo a prescindere. Quando furono pronti, ringraziarono e salutarono per l’ultima volta e si avviarono verso il campo di forza. Al teletrasportatore, incontrarono di nuovo Sarah.

«Ehilà! Quindi… buttati fuori, eh?» chiese, imbarazzata.

«Già» rispose Jack, mogio.

«Peccato, sembravate simpatici, soprattutto tu!»

«Oh! Ehm… grazie» rispose il ragazzo, arrossendo.

«Ho un pensierino per voi: una dose extra di sballa-mente! L’avete già provato, vero? Forte, eh?»

«Oh, sì! Diciamo che è… intenso»

«L’ha provato solo lui, io ho ancora qualche titubanza» precisò Rockwell.

«Capito. Vabbè, buona fortuna col vostro viaggio! Dovete trovare un… tesoro, giusto?»

«Sì, sospettiamo che possa essere alle origini di tutte le caratteristiche uniche dell’isola» le ricordò Edmund.

«Figo! Fateci sapere se lo scoprite, eh? Diana vi ha cacciati, ma sotto sotto era interessata. Magari ci serve!»

«Senz’altro»

E così finì la loro pausa alla base dell’URE. Mentre camminavano, contattarono gli altri e si aggiornarono sugli ultimi fatti. Jack era contento di sapere che Laura era stata ritrovata e Rockwell, che aveva deciso di pensare il meno possibile al TEK per non farsi bruciare troppo la delusione, tempestò Helena di ipotesi e domande sulla strana incisione rupestre dei Pre-Arkiani. In ogni caso, ebbero conferma di dove potevano ritrovarli, ovvero all’avamposto secondario dei Piedi Sabbiosi. E così Rockwell pensò di tornare dagli Alberi Eterni, così avrebbero sia restituito l’attrezzatura ad Ellebasi e preso un quetzal o un diplodoco per il deserto. Dunque, partirono. Per andare alla foresta di sequoie, dovettero per forza tornare alle praterie, dallo stesso punto in cui avevano fatto l’esperimento sul dodo. Avendo occasione per farlo, Jack non resisté alla tentazione di guardare il corpo del povero uccello… peccato che non ci fosse più nessun corpo. Basito, lo fece notare a Rockwell:

«Ehm… il nostro dodo non c’è più!»

«Perché ti sorprende? Potrebbe essere stato portato via da un carnivoro»

Jack si sentì ingenuo a non averci pensato e pensò di essersi spiegato tutto. Ma poco dopo si accorse anche, con la coda dell’occhio, che qualcosa invece c’era dove il dodo era morto: una pozzanghera viola. Viola come l’Elemento liquido.

«E quello cos’è, allora?» chiese, indicando la pozza.

Appena la vide, Rockwell si precipitò subito a controllare e Jack lo seguì a ruota. Ne rimase affascinato e ne fu preoccupato allo stesso tempo. Quello che si chiese ad alta voce subito dopo fece raggelare il sangue ad entrambi al solo pensiero: e se davvero fosse mutato come l’erba, se Diana e Santiago avessero avuto ragione quando avevano detto che non poteva essere morto? La loro paura fu subito confermata quando notarono che a breve distanza da lì partiva una serie di impronte. Rockwell, garantendo di aver imparato a riconoscere le tracce di tutte le specie arkiane grazie agli insegnamenti di Ellebasi, affermò che non se n’erano mai viste di simili. Ormai era ovvio che il dodo fosse diventato qualcos’altro… ed era poco probabile che fosse qualcosa di buono, com’era stata la pianta Z. Senza dirsi una parola, cominciarono a seguirle quasi d’istinto. Avendo ancora le lance improvvisate che Rockwell aveva fabbricato dopo l’incidente al fiume, le presero e le tennero pronte, sperando che bastassero in caso di incontri spiacevoli. Le tracce erano fresche e facili da seguire: segni nel fango, erba schiacciata… mentre cercavano trovarono due velociraptor morti: erano pieni di profondi squarci e buchi lasciati da una punta: ferite lasciate da artigli e un becco. Qualunque cosa fosse successa a quel dodo, ora era molto combattivo e letale. Spaventati, ma spinti dalla curiosità, andarono avanti fino ad un gigantesco salice piangente. Le tracce si interrompevano proprio davanti al tronco. Il che significava che… entrambi furono colpiti in testa da grosse gocce calde cadute dai rami. Si pulirono i capelli e guardarono cos’aveva sporcato le loro mani: sangue. Terrorizzati, guardarono in alto e quasi svennero dall’orrore: in alto, in mezzo alle fronde del salice, un uccello mostuoso stava spolpando un compsognato, che aveva portato lassù dopo averlo preso. Era così impegnato a mangiare che, per fortuna, non li notò. Dunque ebbero modo di osservarlo: aveva una corporatura snella e atletica, senza più penne. Potenti zampe posteriori da struzzo e piccole ali verdi atrofiche, simili a quelle di un pipistrello. La pelle a scaglie era giallo limone, decorata da motivi leopardati. Il collo lungo e flessibile reggeva una spaventosa testa adornata da un collare di pelle rosso fuoco che girava tutt’attorno al capo come un ventaglio. Ogni tanto, dal lungo becco da rapace, usciva una lingua da serpente; senza scordare i due canini da vampiro che si intravedevano bene anche quando il becco era chiuso.

Ecco cosa l’Elemento aveva fatto ad un dodo. Rockwell aveva fantasticato sul fatto che un essere così goffo e indifeso avrebbe avuto modo di evolversi in qualcosa di superiore con un salto di milioni di anni, ma sempre di fantasticherie si trattava. Eppure, in qualche modo, ci aveva proprio azzeccato. Peccato che questa “versione superiore” era così forte e feroce da aver squartato dei velociraptor senza farsi un graffio. Jack sentì le gambe tremargli e le sue mutande bagnarsi. A quel punto, l’emozione ebbe il sopravvento e il giovane iniziò di colpo a correre nella direzione opposta più veloce di un gallimimo, spinto oltre ogni limite dall’adrenalina. Rockwell stava per gridargli dietro, ma si fermò in tempo per non allertare il dodo mutante e lo seguì più in fretta che poté, ignorando il dolore alle ginocchia. Mentre correvano, sentirono un raggelante stridio, che si sentì per tutta la prateria. Pareva un misto fra il canto di un gallo e lo strillo di un’aquila. Si voltarono, credendosi inseguiti, ma no. Forse, notandoli, il mostro non aveva avuto voglia di smettere di mangiare e li aveva solo avvertiti. Jack corse a perdifiato fino ad una macchia di cespugli, in cui si tuffò praticamente di testa e vi si rintanò con le mani tremanti. Cercò di controllarsi, si sforzò di respirare piano e si vergognò di essersela fatta addosso. Ma non era stata la creatura in sé a fargliela scappare, era stato un altro dettaglio: era lo stesso uccello mostruoso che aveva visto nel viaggio mentale! Sul serio lo sballa-mente gli aveva mostrato il futuro? Ma allora… voleva dire che aveva qualche speranza di raccontare a Laura quello che aveva visto su di lei? Pensarci gli cancellò il terrore senza che se ne accorgesse. Rockwell lo raggiunse che era mezzo morto e paonazzo, riportandolo alla realtà.

«Cielo, ragazzo, faresti invidia a quello che ero io alla tua età! Da dove veniva quell’energia?» esclamò, zuppo di sudore.

«La paura fa venire i super-poteri, immagino» rispose Jack, ridacchiando.

«In ogni caso, dobbiamo assolutamente avvertire Diana! Non importa se non ci fanno entrare, devono sapere! Dannazione, e io che pensavo di non poter far degenerare oltre la situazione…» si lamentò Rockwell.

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Quando raggiunsero di nuovo il campo, Sarah era ancora vicino al teletrasportatore per l’esterno, dunque i due poterono chiedere a lei se poteva portare lì Diana. La ragazza con la tinta verde andò subito di corsa e, poco dopo, il tenente Altaras apparve di nuovo di fronte a loro. Vedendo le loro facce sconvolte, capì subito che non erano tornati per un’inezia. Jack, cercando di non farfugliare per il panico, le raccontò di cos’avevano scoperto. Lei ascoltò e, finalmente, i conti le tornarono: le pareva strano che l’Elemento avesse ucciso un corpo ospite. Ma ancora, non si spiegava perché ci fosse stata una mutazione fisica e non la Corruzione.

«Grazie molte per averci avvisati subito. Provvederò subito a mandare una squadra per cancellare ogni traccia di Elemento fuori controllo, prima che faccia troppi danni…»

Jack sospirò di sollievo, convinto che la questione fosse risolta. Invece no: Rockwell intervenne all’improvviso e tirò fuori la più grande ed insuperabile idiozia che potesse mai sentire.

«Aspetti, signorina Altaras…»

«Eh?»

«Se permette, potremmo offrirci noi di eliminare quell’essere»

«Cosa?!» sobbalzò Jack, stravolto e indignato allo stesso tempo.

«Seriamente?» chiese invece Diana, quasi scoppiando a ridere.

«Dico sul serio. Quello che ho fatto va davvero oltre ogni limite del vergognoso e non potrò mai perdonare me stesso per queste azioni sconsiderate, a meno di non rimediare di persona al disastro che ho fatto»

Diana lo fissò, appoggiando le mani sul campo di forza, e sorrise:

«Senta, io capisco che è un gentiluomo alla britannica e quindi ha un senso morale della miseria, ma offrirsi di fare il lavoro della mia squadra senza il nostro TEK è come organizzarsi il funerale da solo! Perché no, io non ho alcun’intenzione di fornirvi armature e armi all’Elemento, non dopo questa faccenda»

«Ecco, infatti! Dottore, che cacchio le è saltato in testa? Suvvia, possono fare da soli! Forza, andiamo: c’è tanta strada da fare…»

Jack fece leva sulle parole di Diana per salvarsi la pelle, iniziando pure a trascinare Rockwell per un braccio, ma il medico si liberò dalla sua presa e si avvicinò a Diana, cominciando ad argomentare:

«A dire la verità, il semplice fatto di trovarmi su ARK dovrebbe equivalere ad un suicidio. Eppure, ci ho vissuto per un lunghissimo periodo senza difficoltà. Anzi, ho trovato un impiego utile per i locali! Inoltre da giovane ero un appassionato di esplorazioni e caccia di animali pericolosi, per cui sono assolutamente sicuro di questa mia decisione. Non le sto chiedendo di fidarsi di me, signorina Altaras, le sto chiedendo di dare per scontato che io e il ragazzo avremo successo per voi!»

«No, eh? Perché devo esserci sempre anch’io? Non è giusto! Io sono qui per trovare un “Tesoro” coi miei amici e basta, non ho mai chiesto di farmi uccidere con lei!» si lamentò Jack, disperato.

Ma ormai Diana, contro le sue aspettative, sembrava star abboccando: rimase zitta a riflettere, arricciandosi i lunghi capelli rossi con l’indice, poi rispose:

«Sapete cosa? Ci sto. Mi ha incuriosita, Rockwell: voglio proprio vedere cosa combina!»

«No!» gridò Jack.

«La ringrazio molto, signorina Altaras! Andiamo, ragazzo, abbiamo un dovere»

E partirono, Rockwell spavaldo e a testa alta, Jack disperato e con le mani nei capelli.

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«Cosa?! Perché hai accettato?» sobbalzò Skipper, quando Diana andò dai suoi compagni ad avvertirli.

«Perché l’idea mi divertiva» fu la risposta.

«Ma… così li condanni a morte!»

«Gliel’ho detto, ma mi hanno garantito di essere all’altezza, quindi peggio per loro. E poi credete che sia così stronza da abbandonarli a loro stessi? No! Mentre voi continuate il lavoro, io li terrò d’occhio di nascosto. Se si troveranno in grave pericolo, li soccorrerò. Affiderò il comando a Santiago, in questo frangente»

Questi le si parò davanti, contrariato:

«Diana, no! Non è professionale! Hai idea di cosa ti farebbero i superiori se sapessero che hai tralasciato la prassi per spassartela con due “civili”?! Abbiamo tutti bisogno di te, qui!»

«E chi ci obbliga ad aggiungere questa storia nel rapporto?»

Santiago non seppe ribattere.

«Andrà tutto bene, rilassatevi!»

Tutti i presenti fecero spallucce e tornarono alle loro solite attività, anche se erano distratti dal pensiero di ciò che stava succedendo ultimamente. Chi si sarebbe mai aspettato un casino simile da due ospiti? I sorveglianti della cisterna di Elemento liquido si sentivano molto in colpa, erano davvero sorpresi di non essere stati ancora strigliati e fustigati.

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Jack non era arrabbiato, di più. Come si permetteva Rockwell di coinvolgerlo di nuovo in una follia (stavolta, per giunta, letale) senza preoccuparsi di chiedere la sua opinione in merito? Si maledì mille volte per essere troppo passivo e indeciso per opporsi quando era il caso. Per questo si era sempre sentito al sicuro in presenza di Sam, Laura e Chloe: gli davano forza interiore. Da solo era così chiuso in se stesso che, a momenti, non si sarebbe battuto nemmeno per difendersi se l’avessero condannato a morte per nulla. Quindi si limitò a seguire Rockwell senza dire una parola, anche se la sua faccia indicava con chiarezza che era irritato. Rockwell, ad un certo punto, volle dare un nome al mutante:

«Secondo te come potremmo chiamare questo frutto dell’edmundio?»

«Ha importanza?»

«Tutto ha importanza, giovanotto!»

«Non saprei… forse “dodo brutto”?»

«No, non è professionale. Magari un nome tecnico dal greco o dal latino…»

«E se invece usassimo un nome mitologico? Nei film di fantascienza dànno nomi mitologici a tutto, ormai»

«Mitologico? Ma certo!»

«Eh?»

«Si chiamerà “coccatrice”»

«Cos’è una coccatrice?»

«Pffff, e poi Helena mi critica quando dico che i giovani non hanno più una cultura! Nell’immaginario medievale, la coccatrice era un uccello con alcuni tratti da rettile, che nasceva se una gallina covava un uovo di serpente per sette anni. Il nostro dodo evoluto somiglia parecchio a molte sue immagini, per cui calza bene»

«Oh, capito! Però si deve avere davvero tanta fantasia, per dire che una gallina covava un uovo di serpente per sette anni come se succedesse tutti i giorni!»

«Era il Medioevo, non c’è di che sorprendersi»

Raggiunsero il salice di prima e trovarono presto una nuova pista. Cominciarono a seguirla, Jack si ricordò di fare un triplo segno della croce nel mentre.

   
 
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