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Autore: WhiteLight Girl    13/07/2019    1 recensioni
Fanfiction Crossover tra le varie serie di Digimon, in questa prima parte Tamers e Frontier, nella prossima Adventure.
Qualcosa si muove nell'acqua, non è un mistero che sia parte del problema, perché quando Izumi esce dall'ascensore l'acqua scorre sul corridoio davanti a lei e fino ai piedi dei suoi amici. Cosa ci fa quell'acqua putrida nell'ascensore del centro commerciale 109 di Shibuya? Da dove viene? Izumi probabilmente lo sa, ma non è in grado di rispondere a questa domanda.
Personaggi: Takato, Ruki (Rika), Henry, Ryo, Zoe (Izumi), Takuya, Koushi, Kouichi, Junpei (JP), Tomoki (Tommy), Guilmon, Renamon, Terriermon, MonoDramon...
Genere: Avventura, Science-fiction | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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CAPITOLO 9
Dalla parte opposta


Una volta tornato al campo, Ryou era crollato addormentato assieme agli altri, Culumon era riuscito a svegliarlo solo nel tardo pomeriggio per convincerlo a mangiare qualcosa per rimettersi in forze, solo allora il ragazzo aveva smesso di ignorare i morsi della fame. All’inizio Ryou aveva rifiutato, conscio del fatto che in quel mondo le varie funzioni fisiologiche fossero annullate, poi si era arreso al profumo del pane appena sfornato che una vecchia Babamon gli aveva offerto e aveva passato il tempo che rimaneva fino alla notte ad assaporarlo lentamente.

Aveva sentito per ore le spalle e le gambe dolergli, la pesantezza ai fianchi gli aveva fatto pensare che se solo avesse provato ad alzarsi in piedi sarebbe ricaduto a terra all’istante privo di forze. Il timore che il buio arrivasse inaspettato l’aveva portato a guardare fisso l’orizzonte, non che questo avrebbe potuto cambiare qualcosa, e quando la notte arrivò portò con sé un silenzio carico di timore e aspettativa.

«MonoDramon.» disse Ryou.

Il Digimon gli si avvicinò, intrecciò la zampa alla sua mano ed il ragazzo la strinse, conscio che un po’ di conforto non avrebbe fatto male nessuno dei due.



Quella notte la fata ed il cavaliere comparvero ancora più lontano rispetto alla precedente, Justimon e l’esercito che lo accompagnava dovettero correre per ore per riuscire a raggiungerli. Come l’altra volta i due sembrarono non notarli, allora Justimon sollevò il braccio e lo tramutò nella sua lama di luce, provò ad attaccare la fata alle spalle, riuscì ad avvicinarsi più di quanto avrebbe mai potuto immaginare e quasi le ferì l’ala, ma all’ultimo secondo lei sollevò la gamba e la ruotò per tirargli un calcio. Justimon incassò il colpo con un rimbalzo, il dolore andò a sommarsi a quello dei colpi della notte precedente, tanto che fece fatica a rialzarsi e rimase a prendere fiato per alcuni secondi. «Sento che siamo maledettamente fuori allenamento.» disse Ryou a MonoDramon.

Lo sentì sbuffare nella sua testa e sospirò, se gli avessero chiesto una previsione sullo scontro avrebbe sicuramente detto qualcosa di negativo e poco incoraggiante, ma poi vide il cavaliere sollevare Guilmon da terra e stringere le dita attorno alla sua gola nel tentativo di spezzargliela, quindi corse in avanti, attaccandolo al braccio e tentò di costringerlo a mollare la prese. Quando il Digimon allentò la presa Justimon poté tirare un sospiro di sollievo mentre Guilmon rotolava sulle rocce del deserto del settore principale e sbatteva gli occhi nel tentativo di riprendere fiato, ma la distrazione gli costò un colpo alla spalla che lo spedì dritto accanto al Digimon dell’amico.

Con un gemito, Justimon scambiò un’occhiata con Guilmon. Senza bisogno di parole, Ryou seppe che entrambi avrebbero dovuto rialzarsi alla svelta. Rotolarono di lato, appena in tempo per evitare uno dei tornado della fata scagliato sul terreno che gli fece finire addosso ciottoli e sabbia.

Le poche decine di Digimon attorno a loro, almeno quelli che non avevano partecipato agli scontri della notte precedente e non erano ancora troppo stanchi per farlo, saltarono addosso alla fata per dar loro il tempo di riprendersi. Si aggrapparono alle sue ali, tentarono di graffiarle, forse di strapparle via, gli Elecmon puntavano gli artigli contro i suoi fianchi, i Gazimon le stringevano il collo esile, i Palmon ed i Vegiemon cercavano di trattenere le sue braccia con le liane e le lunghe braccia.

Il cavaliere, che fino ad allora si era diviso tra il difendersi dagli attacchi singoli più disparati e l’assorbire tutto ciò che gli capitava davanti, per la prima volta diede cenno di vederli come una minaccia. Si voltò verso la fata, si sporse per percorrere i pochi metri che li separavano e correre in suo soccorso, ma Justimon glielo impedì, tirandosi in piedi a forza ed arrancando fino a raggiungerlo.

Sollevò la lama del suo braccio, calandola perché lui si rendesse conto di essere attaccato e si distraesse per difendersi, il cavaliere la schivò appena in tempo, si voltò verso di lui e la strinse tra le mani, premendola tra i palmi come in una preghiera silenziosa. Justimon rimase immobile, faccia a faccia con lui, incapace di ritirare il braccio o di spingerlo in avanti per colpirlo, piegò il ginocchio e gli tirò un calcio per spingerlo via. Il movimento, avendo ancora il braccio bloccato, lo costrinse a piegare malamente il gomito fino a percepire una fitta che lo fece urlare dal dolore, una volta libero il braccio gli ricadde contro il fianco, qualunque tentativo di muoverlo gli faceva provare tanto dolore da fargli girare la testa.

All’interno del vuoto della digievoluzione, Ryou si tenne il polso vicino al petto per evitare che l’arto oscillasse.

«Ryou...» gli disse MonoDramon.

«Lo so.» rispose, prima che lui potesse dirgli qualunque altra cosa.

Justimon si scansò per evitare il probabile attacco che ne sarebbe seguito, ma il cavaliere svanì e, prima che potesse capire cosa fosse successo, sentì il suo piede contro la schiena e crollò in ginocchio. Di lì in poi le cose si fecero confuse, il dolore pulsante rese la sua vista offuscata, i movimenti per difendersi dalle lame appena comparse tra le mani del suo avversario meccanici ed intuitivi. Fu come essere presente solo per metà, mentre il suo corpo si muoveva da solo per parare ed attaccare, per non perdere terreno e non lasciarsi sopraffare dall’altro. Ma non vedeva davvero, né sapeva cosa stava facendo, quando si trovò disteso sulle rocce strizzò gli occhi e dovette sforzarsi di riaprirli per poter vedere cosa gli accadeva attorno.

Rotolò di lato ancora una volta, la lama del cavaliere calò proprio nel solco lasciato dal suo corpo, la sciarpa di Justimon scivolò sul terreno ed il Digimon svanì di nuovo. Dopo una seconda giravolta per terra, Justimon urtò contro i piedi del cavaliere ritrovandosi la strada bloccata. Il calcio lo raggiunse alla spalla, scatenando un altro brivido di dolore al braccio che gli impedì di reagire, il secondo calcio lo fece scivolare indietro.

Ryou aprì gli occhi, sentì i ciottoli premergli direttamente contro la guancia, la coda di MonoDramon gli sfiorava il polso. Non aveva più fiato, il corpo era tutto un dolore, non fu in grado neanche di sollevarsi per mettersi in ginocchio.

Il cavaliere si avvicinò a passo lento, dietro di lui la fata riuscì a liberarsi dalle liane e dalle braccia dei Vegiemon che la intrappolavano. Terriermon, che le era salito sulla testa e si era aggrappato ai suoi capelli, venne sbalzato via, ma Ryou non aveva occhi che per l’altro Digimon, incapace di distogliere lo sguardo dalle sue braccia che sollevavano le spade per dare a lui e MonoDramon il colpo di grazia. Aveva sempre saputo che prima o poi qualcuno l’avrebbe atterrato e probabilmente ucciso sul campo di battaglia, se avesse continuato a cercare guai, ma aveva sperato che quando sarebbe successo sarebbe stato in grado di portare l’avversario con sé.

Non chiuse gli occhi, quando capì che il colpo di grazia stava per arrivare.

Una pirosfera colpì il cavaliere al petto davanti ai suoi occhi, le scintille gli piovvero sui capelli, sulla pelle e sui vestiti, trasse un sospiro di sollievo nel vedere il Digimon che si dimenticava di lui un’altra volta. La spossatezza lo colpì all’improvviso, come se lo scontro fosse finito e non ci fosse altro da fare, come se finalmente potesse riposare mentre Guilmon attirava il cavaliere lontano da lui.

Quando una mano si posò sul suo capo, Ryou sussultò. Il cuore sobbalzò forte nel suo petto per lo spavento, ma si calmò quando vide la sagoma di Ruki china su di lui. Non riusciva a mettere a fuoco il suo viso, ma era certo che fosse lei.

«Ehi.» le disse.

«Ehi.» gli rispose la ragazza.

«Ho pensato davvero che questa volta sarei morto.» ammise, mentre lei gli scuoteva i capelli per liberarli dalla sabbia. Sentiva Takato e Jenrya gridare in lontananza, ma non riusciva a distinguere le loro parole.

«Così impari ad andare avanti da solo.» ribatté Ruki. Strinse le dita attorno ai suoi capelli e li tirò come per punirlo, provocandogli un dolore pungente sulla nuca. «Ti colpirei per darti una lezione, ma ho l’impressione che messo come sei ti romperei.»

Ryou tentò di ridere, ma finì per tossire con tanto impeto che Ruki dovette sorreggerlo perché non si soffocasse con la sua stessa saliva. Quando ricadde indietro, Ryou trovò il braccio di lei a sorreggerlo.

«Togliamoci di qui.» gli disse.

Qualcosa di umido gli atterrò sul braccio e per un attimo pensò che la ragazza stesse piangendo, poi realizzò che si trattava solo di pioggia. L’acqua iniziò a cadere dal cielo scrosciante poco dopo portandosi dietro una forte puzza di acido.

   
 
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