Film > Il gobbo di Notre Dame
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Autore: Angelica Cicatrice    14/07/2019    4 recensioni
Clopin aveva dedicato tutta la sua vita nel donare il sorriso ai bambini di Parigi. Non desiderava altro nella sua umile vita da giullare della piazza. Eppure, qualcosa stava per stravolgere quella felice monotonia, e la paura di essere dimenticato o messo da parte ( per colpa dell'arrivo di un nuovo cantastorie ) lo avrebbe logorato. Per non parlare dell'imminente giorno della Festa dei Folli. I due giullari si sarebbero scontrati in un duello all'ultimo spettacolo? O sarebbe accaduto qualcosa di assolutamente inaspettato da far rovesciare gli eventi? Il re degli zingari non si era mai posto il quesito: e se esistesse, in questo mondo folle, una persona come me ?
Genere: Commedia, Romantico | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Clopin, Nuovo personaggio
Note: Lime | Avvertimenti: nessuno
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                                                                                 Un trono per due sovrani
 
Nella tenda color porpora, tra mille candele dalla cera consumata, sui cuscini in mezzo al tappeto, dormiva serenamente il re degli zingari.  Ma da lì a poco, tutta la Corte dei Miracoli si sarebbe svegliata. Il primo fra tutti, era proprio lui, Clopin Trouillefou.
Ormai non aveva più bisogno di essere svegliato da qualcuno, i suoi occhi si aprivano da soli appena sorgeva l'alba.
Tutta questione di abitudine. Risulta facile quando per una vita intera fai un lavoro che, nonostante i lati scomodi, rimaneva un qualcosa che ti piaceva fare, e tutto era più gradevole. Appena sveglio, si stiracchiò a dovere, come un gattone, sollevandosi dall'ammasso di cuscini che fungevano da letto. La prima cosa che fece fu riempire un catino con acqua fresca, per poi usarla per lavarsi la faccia. Ora sì che andava meglio! Dopo essersi vestito (con i suoi semplici abiti da gitano, tutti rigorosamente di colore violaceo) si guardò allo specchio.
Eh, Clopin, ormai hai 35 anni! Ti stai facendo vecchio! 
Pensò in cuor suo, fissando quelle piccole rughe ai lati della bocca sottile. Ma non aveva tempo per quello, doveva sbrigarsi.
Era un nuovo mattino, e voleva arrivare il prima possibile alla piazza nei pressi di Notre Dame. Prese al volo una focaccia al miele (giusto per non uscire con lo stomaco vuoto) la strinse fra i denti, e intanto afferrò il suo mantello viola scuro e se lo portò alle spalle. L'aria del buon mattino era molto pungente. Dopo aver superato le altre decine di tende dei suoi sudditi, attraversato le catacombe piene zeppe di scheletri veri (e quelli finti, cioè i suoi sottoposti camuffati che facevano la guardia), lo zingaro finalmente uscì fuori da una tomba, che era l'entrata segreta per la Corte.
Era anche quello il motivo per cui Clopin doveva uscire molto presto, in modo che nessuno lo potesse vedere e così scoprire il nascondiglio segreto. Nonostante non ci fosse più una minaccia che eguagliasse l'ormai trapassato giudice Frollo, e gli zingari si sentivano più sereni, la cautela non doveva mai venir meno. 
Una volta assicurato di aver richiuso per bene la lastra di pietra sulla lapide, si affrettò ad uscire dal cimitero, guardandosi attorno per essere sicuro che non ci fossero spie nei dintorni. Meno male, via libera. Clopin si incamminò così, a passo svelto, in direzione della sua meta. 
 
PV Clopin
 
Dopo aver camminato per quindici minuti, senza fermarmi, eccomi arrivato alla piazza. In giro non c'era quasi nessuno, l'unica a darmi il benvenuto era la sagoma della cattedrale, bella e imponente come una regina. Respirai a pieni polmoni l'aria fresca di Parigi, giusto per riposarmi un po’. Le mie narici catturarono un delizioso profumo di dolci, probabilmente sfuggito da una cucina lì nei paraggi. Desideravo tanto una fetta di torta alle mele, la mia preferita. Le mie orecchie udirono dei passi leggeri.
Mi voltai e vidi che si trattavano di due donne, di mia conoscenza, che mi guardavano e si scambiavano qualche parola.
Erano Giselle e Marie, due sorelle che in passato (quando eravamo ancora tutti giovani) mi facevano la corte ed erano state una buona compagnia per me. 
- Bonjouuuur, Clopin! - dissero all'unisono, come facevano da tanti anni.
Io, non da meno, mi tolsi il cappello con galanteria, e con uno sguardo ammaliato risposi:
- Bonjour, mie belle dame. La vostra grazia mi incanta ogni volta che vi vedo -. Le mie vecchie fiamme nascosero i volti, rossi di imbarazzo, con i fazzoletti ricamati, ridendo leggermente.
Erano rimaste zitelle entrambe, ma avevano conservato il loro spirito gioviale. 
Sorridendo compiaciuto, mi rimisi il cappello, e girai i tacchi per andare verso il mio carretto. Ma proprio quando stavo per cercare la chiave, un ricordo mi fermò. Il nuovo cantastorie. E se anche lui era arrivato lì, nel piazzale?
Con un brutto presentimento, mi girai attorno, cercando di scrutare qualcuno con una faccia nuova. Poi, vidi qualcosa, proprio dall'altra parte della piazza, parallelo al mio teatrino. Era un carretto simile al mio, fatto in legno massiccio.
Per un momento, mi sentì agitato e nervoso. Ma anche un senso di irritazione si fece largo dentro di me. Quel maledetto!
Comincia a camminare nervosamente avanti e indietro, tenendo sempre gli occhi fissi su quel carretto sbucato dal nulla. Perfino la sua semplice presenza, mi dava una sensazione di sfida. Andiamo, sennò perché proprio stabilirsi lì, in bella mostra.
Che spudorato! Ma, poi mi venne in aiuto la cara ragione, che spazzò via il mio tormento, facendomi riflettere.
Forse stai esagerando, vecchio folle. Di cosa hai paura? E poi, non conosci ancora questo nuovo arrivato.
Al di là di tutta questa situazione, chi ti dice che non sia una persona umile, per bene, e magari simpatico. Uno che ha dato la propria esistenza per il divertimento altrui, come hai fatto tu. Da quando sei diventato così prevenuto nei confronti delle altre persone? (ah, giusto, dimenticavo che sono pur sempre il re dei gitani, che la prima cosa che fa appena becca un estraneo in casa sua, lo condanna a morte col sorriso sulla faccia...). Beh ma questo era un caso diverso.
Alla fine, stanco di quella discussione con me stesso, decisi di dare una possibilità al mio ospite. L'amicizia con Quasimodo mi aveva insegnato di non giudicare un libro dalla copertina, e soprattutto di non passare a conclusioni affrettate.
E va bene, dato che non potevo stare lì a fare il muschio, i miei piedi mi portarono fino al nuovo carretto.
Intanto, il tempo passava, e ormai il sole stava facendo capolino oltre le colline. 
Dovevo sbrigarmi, ancora non avevo indossato il mio costume da giullare. Quando arrivai, davanti alla porticina del davanzale (molto simile al quella del mio teatrino) mi resi conto che era ancora chiusa. Ma io volevo vederlo in faccia.
Allora, con volontà, provai a bussare sulle porticine, sperando di ricevere almeno una risposta. Niente, il silenzio totale. Sbuffando, alquanto seccato, mi girai e tornai sui miei passi. Era stata una pessima idea. 
Non solo avevo perso tempo prezioso, ma non avevo concluso nulla. Ecco cosa succede quando dai una possibilità agli sconosciuti. Basta, non volevo pensarci. Volevo solo concentrarmi sul mio lavoro e dare ai miei piccoli spettatori un'esibizione coi fiocchi. Appena arrivai al mio carretto, aprì con un colpo la porta sul retro, la chiusi alle mie spalle, e mi affrettai e cambiarmi d'abito. 
 
- Bravo! Bravo! -. 
Quella mattina, dovevo ammetterlo, avevo superato me stesso. La storia che aveva scelto era molto diversa dalle classiche dei giorni passati. Un mostro spaventoso, che viveva nel bosco incantato, aveva fatto amicizia con un'elfa, e quest'ultima, scoprendo quanto fosse in realtà buono, lo aveva aiutato a sconfiggere lo stregone cattivo che lo aveva messo in cattiva luce al resto del mondo. Finale lieto, ovviamente. Non era affatto male come storia originale. I bambini erano completamenti su di giri. Mi tolsi la grossa maschera da mostro che mi ero messo in testa (il piccolo Clopin, povero lui, aveva dovuto fare la parte dell'elfa). Anche quel giorno, avevo guadagnato molto, e fui soddisfatto. Mentre raccoglievo le monete, i miei occhi scorsero una bambina in particolare, che si faceva strada in mezzo agli altri. Doveva avere più o meno 8 anni.
Era Cosette, la mia ammiratrice numero uno.
Praticamente non si perdeva mai un mio spettacolo ed era sempre la prima davanti a tutti. La salutai con un sorriso, e lei subito mi mise le braccia al collo.
- Oplà! Bonjour, mon cherì! -. Era passato solo un anno, ma era cresciuta di molto. Era diventata più alta, coi capelli color grano sistemati in due treccine, e appena la presi in braccio, notai che aveva messo qualche grammo in più.
Mi chiesi per un attimo, con un alone di tristezza, se quando sarebbe diventata una bella donna, avrebbe ancora ascoltato con gioia le storie di questo giullare vecchio e decrepito. Crescono così in fretta (sigh).
- Clopin, sei stato bravissimo! La storia l'hai inventata tu? Mi è piaciuta così tanto - disse lei, vomitando a raffica tutte le sue emozioni. Era così dolce e vispa. Chi fossero i suoi genitori, erano stati baciati dalla fortuna. Dietro la sua schiena fece capolino il piccolo Clopin;
- Ma come? Io ho fatto tutto il lavoro difficile, e lui si becca i complimenti. Non è giusto! - piagnucolò la bambola, coprendosi la faccia con una manina. Cosette rise, e accarezzò il povero Clopin (in effetti non aveva tutti i torti, eheh) e disse
- Non piangere, petit Clopin, sei stato molto bravo anche tu. Eri molto carino con le ali da elfa -.
Ci guardammo e scoppiammo a ridere. Scherzavamo spesso in quel modo. Ma lei non poté fermarsi a lungo, doveva andare a scuola, e dopo avermi dato un bacino sulla guancia, scappò via, tutta felice.
Se mai un giorno, avessi avuto in dono una figlia, avrei voluto che fosse proprio come la piccola Cosette (Certo! Alla mia età, credici!). 
Decisi di chiudere il carretto, avevo voglia di una pausa, e soprattutto bere qualcosa. Grazie al mio lavoro e all'affetto del mio pubblico, ero di ottimo umore. Nemmeno la minima cosa storta mi avrebbe rovinato quel momento di pura gioia. Detto fatto! Stavo per andare via, quando mi fermai, quasi congelato.
Avevo visto bene? Girai la faccia e guardai verso la porta sul retro che avevo chiuso poco fa. Inchiodata sul legno vi era in bella mostra una lettera di pergamena. Senza temporeggiare, afferrai quel messaggio e ne lessi il contenuto: 
 
" Bonjour, Monsieur Clopin, o re dei giullari. Come preferite che mi rivolga a voi? Mi presento, sono il nuovo cantastorie del piazzale, arrivato da poco in città. Sono lieto di avere come vicino un gran Maestro del vostro livello. Ho sentito molto parlare di lei. Sarebbe un onore per me incontrarvi di persona, avere qualche consiglio e aiuto. Sono comunque un novellino. Vi attendo con ansia e spero di vedervi presto durante uno dei miei spettacoli.
Il vostro umile servo, il cantastorie.
P.s: ho assistito al suo spettacolo poco fa. Niente male"
 
Mi sta forse prendendo in giro? pensai, stropicciando la lettera, con tanta rabbia in corpo. Re dei giullari? Cos'è, vorrà farmi anche l'inchino quando mi vedrà?! Come osa questo impertinente?
Accartocciai la pergamena infame, la ridussi in una pallina e la gettai via in direzione del carretto al di là della piazza, come se volessi colpirlo. Che tu sia dannato, cantastorie dei miei stivali! Vieni a rubarmi il lavoro, il territorio, e per giunta ti burli di me!
Ero così arrabbiato che qualche passante, guardandomi in faccia, si spaventò e accelerò il passo per allontanarsi il più possibile. Camminai frettolosamente verso la destinazione che avevo scelto, avevo bisogno di farmi una bella bevuta, e di sfogarmi. C'era un solo posto dove potevo andare: la taverna di Marcel.
Mi recavo sempre lì, ogni volta per una pausa o per puro diletto durante le serate. Appena entrai, andai a sedermi al solito angolino, vicino al bancone, su una botte. Il mio posto riservato. Picchiettai forte sul bancone da poco lustrato per attirare l'attenzione.  Subito fece capolino dalla porta di servizio un uomo di quarant'anni, con baffetti sottili e con un faccione simpatico. Marcel fu lieto di vedermi. Ci conoscevamo da quando eravamo ragazzi. 
- Clopin, vecchio mio! Scommetto che vuoi il solito, vero? - mi disse, entusiasta. Con tutta risposta, borbottai qualcosa, e lui capì subito che avevo una di quelle giornate " no". Prese un boccale e lo riempi fino all'orlo di birra e me lo servì senza dire una parola. Uno dei pregi di Marcel era quello di sapere cosa fare e dire al momento giusto, e sapeva che in quel momento avevo bisogno di bere, prima di sfogare tutto.  Buttai giù mezza birra, tutta d'un fiato, poi ripresi a respirare, prendendomi un po’ di tempo. Marcel, intanto, era rimasto lì vicino, facendo finta di essere occupato a pulire i bicchieri, ma in realtà stava aspettando. Lo faceva per non mettermi fretta e darmi disagio. Alla fine, lo guardai, e con aria seccata cominciai.
Gli raccontai tutto, a incominciare da quando avevo saputo la notizia del nuovo cantastorie, fino alla lettera provocatoria. Il mio buon amico ascoltò in silenzio, annuendo qualche volta, e si strofinò i baffetti scuri. Quando terminai di parlare, avevo anche finito tutta la birra, e stavo sul punto di ordinarne dell'altra. Con aria nervosa, picchiettai le dita sul bancone.
- Ti giuro, mi da un nervoso. Non ci siamo ancora incontrati e vorrei prenderlo a calci, facendolo ritornare da dove è venuto - dissi, quasi ringhiando. Ma Marcel venne in mio aiuto, come aveva sempre fatto ogni volta che avevo un problema.
- Clopin, ormai ti conosco da una vita, e so benissimo quanto tu valga come giullare della piazza. Te lo posso confermare io e chiunque metta piede nella mia taverna. Parigi non sarebbe la stessa senza i tuoi spettacoli. Quindi, ascolta il mio consiglio. Non dare corda a questo nuovo arrivato, sta facendo tutta scena solo per farti arrabbiare e farti perdere la pazienza.
Non stare al suo gioco, e vedrai che si arrenderà e non ti darà più fastidio. Sono sicuro che entro una settimana il tizio capirà con chi si è messo a confronto e scapperà via con la coda tra le gambe. Stai tranquillo - disse lui, dandomi una affettuosa pacca sulla spalla. Non ero del tutto sicuro delle sue parole, ma in effetti non aveva tutti i torti. Forse era solo una questione di tempo, e tutto sarebbe tornato come prima. Sospirai, e mi passai una mano sulla fronte, come nel volermi scrollare anche l'ultimo residuo di stress.
- E poi - aggiunse Marcel - cosa mai potresti fare? Sfidarlo a duello? Eheheh - rise allegramente.
Ma quelle parole generarono un'idea che mi trapassò la mente, come una spada che trapassa un cuore. Lo guardai esterrefatto, come se il mio amico avesse trovato la soluzione a tutto. 
- Hai ragione... sì, hai perfettamente ragione, Marcel! - dissi, mentre gli occhi mi brillarono e un mezzo sorriso comparve sulla mia faccia. Il mio amico mi guardò impietrito, capendo che forse aveva appena combinato un guaio a parlare a bocca larga.
- Aspetta un attimo, Clopin, io stavo solo scherzando. Era un modo di dire... - disse, preoccupato. Conoscendo la mia altra natura, quella sanguinaria e pericolosa, Marcel voleva cercare di sviare le mie intenzioni.
- No, no, hai proprio ragione. Mi hai dato un ottimo consiglio, mon ami. Sapevo di poter contare su di te -.
E dopo aver lasciato delle monete per la birra, presi cappello e mantello, salutando frettolosamente Marcel ( che cercava ancora di persuadermi ) e lasciai la taverna sbattendo la porta. Come una molla impazzita, corsi e saltellai verso la piazza.
Ora sapevo cosa fare. Avrei risolto la situazione a modo mio, e nessuno poteva fermarmi. 
 
Quando si dice, occhio per occhio, dente per dente. E Clopin aveva deciso di seguirlo per mettere in atto il suo piano. Avrebbe sfidato quel cantastorie con un duello che avrebbe deciso chi fosse il migliore. Un duello all'ultimo spettacolo.
Nel piazzale di Notre Dame c'era posto per un solo giullare di corte. Inchiodato alla porticina chiusa del carretto del novellino, sventolava un pezzo di pergamena con sopra scritto: 
 
" Mio caro nuovo arrivato, voi mi lusingate con tanta stima nei miei riguardi. Ma lasciate che vi dia un consiglio, dato che me l'avete chiesto. Il valore di un artista non si misura con le parole, ma con il proprio talento. E se credete di essere degno di questa piazza, e di poterci rimanere, allora dimostratelo. Sarò ben lieto di vedere di che pasta siete fatto. Io mi sono mostrato, ora tocca a voi. Il migliore tra noi due sarà il vero e unico giullare di questo piazzale.
Il vostro Maestro, Clopin il re dei giullari ".
  
Il re dei gitani fissò ancora un po’ quel messaggio, assaporando il momento in cui il suo rivale si sarebbe mangiato le unghie per la paura di quella sfida. Non vedeva l'ora che incominciasse. Con una mano fece sventolare il mantello violaceo, e si girò per poi incamminarsi per tornare alla Corte dei Miracoli.
Clopin, finalmente, avrebbe riavuto tutto per se il trono nella piazza che era suo di diritto. Mentre si allontanava, incurante di tutto il resto, lì al carretto apparentemente silenzioso, una porticina si aprì lentamente. Una mano uscì fuori per staccare il messaggio e portarlo con se all'interno del teatrino, emettendo un cigolio sinistro.    
 
Angolo dell'autrice

Ecco il secondo capitolo ^^ Clopin ha trovato pane per i suoi denti XD Comunque, man mano sto inserendo altri personaggi, inventati certo, ma che saranno utili per lo sviluppo della storia.
Cosette* la bambina che Clopin prende in braccio, in realtà è la bambina che si vede nel film ( quella che nel finale 
accarezza Quasimodo, e poi viene presa in braccio proprio da Clopin durante la canzone finale ^=^ ) ho pensato di inserirla, solo con qualche modifica dato che è più grande di un anno.
Che dire, spero che continuate a leggerla che nel prossimo capitolo scoprirete qualcosa in più di questo rivale misterioso X3
Lasciate pure le vostre opinioni che sono molto curiosa ^^ 
   
 
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