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Autore: kianeko    16/07/2019    2 recensioni
Questa storia partecipa alla "Challenge delle Mani" indetta sul gruppo facebook "Il Giardino di Efp".
Genzo, Maki e Kojiro si alternano fra le drabble di questa raccolta divisa in tre parti, una per ognuno. Le mani come protagoniste del loro rapporto, le mani come rappresentazione dei sentimenti, le mani in 41 varianti di vita e amore.
Genere: Introspettivo, Malinconico, Sentimentale | Stato: completa
Tipo di coppia: Het, Shonen-ai | Personaggi: Genzo Wakabayashi/Benji, Kojiro Hyuga/Mark, Maki, Nuovo personaggio
Note: Raccolta | Avvertimenti: Triangolo
Capitoli:
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- Questa storia fa parte della serie 'Kojiro e Genzo: l'amore è complicato'
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L’amore tra le mani
Secondo capitolo della chanllenge indetta dalla pagina facebook de "Il Giardino di EFP" con tema "Le Mani", questa volta tocca a Maki.
Mi ripeto, alcune delle drabble sono incomprensibili perché non hanno una collocazione definita per voi, e come sempre vi ringrazio in anticipo per questa lettura e spero che lasciate una recensione.
L’amore tra le mani
Maki
2. Mani che si cercano senza mai toccarsi;
Maki li osservava da lontano: quando erano in pubblico Kojiro e Genzo dovevano mantenere una certa distanza, avevano un “nome” da difendere. Per loro non era un problema, ma lei sentiva che se avessero potuto sarebbero stati appiccicati tutto il tempo. Li conosceva bene e percepiva i loro sentimenti meglio di quanto immaginassero: aveva imparato ad amarli come fossero una sola persona. Per lei osservare il modo in cui si sfioravano le mani, quando si passavano vicino, era uno strazio: si cercavano continuamente eppure non arrivavano a toccarsi. Forse era per questo che quando facevano l’amore non si lasciavano mai.
5. Segno particolare sulla mano;
Maki aveva notato lo strano segno che Genzo aveva sulla mano destra, già la prima volta che avevano fatto l’amore.
«E questo?» chiese indicandolo.
«Oh! Questo è un morso di John».
«John?».
«Sì, il mio akita. Quando ero piccolo mi divertivo a tirargli la coda e una volta che l’ho fatto troppo forte si è vendicato».
«Deve essere stato un bel morso per lasciarti un segno così grosso».
Genzo passò una mano sulla nuca con fare imbarazzato «In realtà ci vollero dei punti e il signor Mikami si arrabbiò come una bestia».
«Sei e resti un cretino» disse Kojiro sconsolato.
8. Baciamano;
Schneider la salutò con un baciamano da manuale e lei arrossì vistosamente.
«Ehi biondo!» esclamò Kojiro inviperito «Tieni le tue zampacce giù dalla mia ragazza o ti faccio male».
«Non ti facevo così geloso» lo canzonò il tedesco.
«Io sono geloso di tutto ciò che mi appartiene» precisò stringendole la vita.
Maki avvampò ancora di più. Cercò Genzo con lo sguardo e lo trovò in piedi in un angolo che sorrideva soddisfatto. All’improvviso ebbe un lampo di genio: era stato lui a mandare Schneider a fare tutta quella sceneggiata, solo per averla imbarazzata e Kojiro che sputava fuoco e fiamme.
11. Dita sulle labbra;
Kojiro le poggiò le dita sulle labbra per zittirla dolcemente, «Non avere paura, fidati di me».
Quando faceva così lei non aveva paura, era terrorizzata: i colpi di testa del suo ragazzo la mettevano sempre in imbarazzo.
«Kojiro, non credo sia il caso» provò a ribattere.
«L’idea della festa di compleanno è tua».
«La festa, non giocare a “Obbligo o verità”. Dobbiamo dargli una spinta non farlo arrabbiare».
«Dobbiamo dargli un calcio in culo.» sentenziò Kojiro incrociando le braccia al petto «È un borioso, spocchioso, gradasso, …».
Stavolta fu Maki a mettere le dita sulle labbra di Kojiro per zittirlo.
14. Inchiostro sulle dita;
Maki si stava lavando le mani da 5 minuti buoni: quel maledetto pennarello indelebile aveva deciso di suicidarsi iniziando a colare inchiostro sulle sue dita.
«Vuoi che prenda della carta vetrata?» le chiese Kojiro divertito.
«Non fare dell’ironia spicciola o stasera ti spedisco a dormire sul divano» aveva ribattuto arrabbiata.
«D’accordo, d’accordo» aveva risposto alzando le mani e uscendo dal bagno.
Se c’era una cosa che le dava suoi nervi era la gente che la prendeva in giro quando era in difficoltà: se avesse fatto quello che gli aveva chiesto, adesso non starebbe a strofinarsi le dita come se volesse spellarle.
17. Pugno;
Un pugno, due, tre, …
Maki non riusciva proprio a capirli: si amavano alla follia eppure se le suonavano di santa ragione. Si era seduta sulla panchina e li guardava picchiarsi.
Sei, sette, otto, …
Sbuffò contrariata: quella sera le sarebbe toccato rappezzarli un’altra volta, sentirli borbottare un'altra volta e il giorno dopo avrebbero fatto l’amore come se nulla fosse successo.
Dieci, undici, dodici, …
«La fate finita? Voglio andare a casa» cercò di richiamarli all’ordine, ma con scarso risultato.
Avere a che fare con quelle teste dure era inutile: si alzò, prese la borsa e li lasciò a “litigare”.
20. Catturare un bacio tra le dita;
Maki adorava i bambini ed essere circondata dai piccoli della nazionale la mandava in brodo di giuggiole. I gemelli Ozora erano “troppo grandi per i bambini”, come dicevano loro, ma gli altri bambi erano tutti piuttosto piccolini. Da poco la piccola Misugi aveva imparato a mandare baci con la manina: si baciava il palmo e soffiava bacini a tutti, soprattutto al suo papà. Ne aveva davvero per chiunque: persino quei musoni di Kojiro e Genzo. Era splendido vedere come Jun afferrasse con le dita ogni singolo bacio e lo rispedisse alla mittente che rideva felice tra le braccia di Yayoi.
23. Patto di sangue;
«Che significa “patto di sangue”?» chiese Maki stupita.
La ragazza si grattò la testa pensierosa, «Significa che due persone con un coltello si tagliano il palmo e poi si stringono la mano» spiegò con noncuranza.
«C’è davvero chi fa ancora queste cose medievali?».
«Sì, capita».
«Come sarebbe a dire capita?» domandò atterrita.
Per Maki cose come il “patto di sangue” erano da relegare nei peggiori film di gangster o di vampiri, non avrebbe mai potuto immaginare che una cosa del genere potesse esistere davvero. Poi le venne un dubbio.
«Mi stai prendendo in giro!» esclamò mentre l’altra scoppiò a ridere.
26. Mani sporche di sangue;
Genzo ripeteva, come una cantilena, di avere le mani sporche di sangue: per quanto facessero o dicessero non smetteva di ripeterlo. Kojiro era allo stremo della pazienza e vederlo in quello stato lo stava facendo soffrire come non gli era mai capitato.
Maki si sentiva soffocare e voleva solo piangere, ma sapeva che era rimasta solo lei a dare forza a entrambi.
Gli prese le mani cercando di attirare la sua attenzione «Genzo non c’è niente, vedi sono pulite. Non c’è sangue».
«C’è il suo sangue Maki e non se ne andrà via se non torna» disse scoppiando in lacrime.
29. Mani sott’acqua;
Maki era stesa sulla spiaggia a prendere il sole: amava quei momenti di relax, che sapevano di famiglia, con Kojiro e Genzo.
«È mai possibile che quei due abbiano solo il calcio per la testa?» borbottò guardandoli divertirsi come bambini.
«Te l’ho detto, con i piedi non ci sai fare» fece Kojiro fissando il pallone che si allontanava fra le onde.
«Va bene, va bene, vado a prenderlo» rispose Genzo allontanandosi in mare.
«Troppo silenzio» borbottò Maki col tono di una mamma apprensiva.
Si voltò e li vide fare il bagno a largo, troppo abbracciati e con troppo le mani sott’acqua.
32. Mani sulla pelle;
Maki adorava sentire le carezze di Kojiro e Genzo sul suo corpo: lo scivolare lento di quelle mani sulla pelle era la cosa più eccitate che le fosse capitata. Nonostante fossero dei bestioni enormi, erano entrambi dolci e delicati eppure erano diversi: se a coccolarla fosse stato Kojiro o Genzo, sarebbe riuscita a riconoscerlo. Con loro aveva imparato che non tutte le coccole sono uguali, anche se fatte con la stessa intenzione.
A dirla tutta le mani di Kojiro erano state le prime che aveva avuto su di lei: Genzo era stato un “effetto collaterale” molto piacevole di quella relazione.
35. Mani di velluto;
Come facesse, uno come Genzo con delle mani grosse come pale, ad essere così leggero e delicato la stupiva sempre: le aveva sfilato quella busta dalla borsa senza che se ne accorgesse.
«Come mai sei stata in questa clinica?» chiese accigliato.
«Da quando si fruga nella borsa di una donna?» domandò a sua volta allungando un braccio per riprendersi il maltolto.
«Rispondi» disse perentorio allontanandosi da lei.
Maki adorava Genzo, ma quando faceva il despota voleva sempre dargli un bel calcione nelle parti bassi. Sospirò sconsolata. «Mani di velluto, se avessi l’accortezza di ridarmi quella busta te lo faccio vedere».
38. Mano che tenta di fermare una pallottola;
Genzo era in piedi davanti a Kojiro con un braccio teso intento a parare qualcosa di invisibile.
«Non è la stessa cosa?» disse l’attaccante.
«Se li genera con le mani è come se fossero le mani» aveva ribattuto il portiere.
«Che stanno facendo?» chiese Maki alla ragazza intenta a fare zapping.
«Ah, stanno litigando».
«Questo lo vedo, ma per cosa?».
L’altra si voltò per guardarla in viso «Se il Dottor Strange ferma i proiettili con le mani».
«Seriamente?».
La ragazza fece spallucce.
Maki sospirò sconsolata: nonostante avessero 31 anni suonati erano dei bambini, di quasi 100 kg l’uno, ma bambini.
40. Dito sul mappamondo;
«Qui!» esclamò Maki puntando il dito sul mappamondo.
«Perché?» chiese Genzo guardando sotto il dito.
«Perché è una meta esotica».
«Siamo giapponesi, più esotici di così si muore».
«Voi uomini non capite un fico secco» disse imbronciata.
«Va bene, se ti piace Bali ci andremo in vacanza».
«Sei un tesoro» disse Maki buttandogli le braccia al collo e baciandolo sulle labbra.
«Tutte queste smancerie con me non le hai fatte» intervenne Kojiro piccato.
«Perché mi hai preso in giro».
Genzo alzò un sopracciglio perplesso.
Kojiro si voltò, prese il libro lì vicino e glielo mise in mano.
«Mangia, prega, ama?».
41. Magia con la mano.
Maki da bambina avrebbe voluto fare la prestigiatrice, poi aveva incontrato il softball ed era stato amore. Non aveva però perso la sua passione infantile ed era ancora brava a fare semplici trucchi che per lo più stupivano i bambini. Proprio come in quel momento attorniata dai piccoli della nazionale.
«Come hai fatto?» chiese con occhi sgranati la piccola Misugi.
«È una magia» rispose alla bambina.
«Con la mano?».
«Sì, con la mano».
«Ooohhh!» esclamò stupita guardandole il palmo.
Non poteva dirle che aveva un pollice finto di gomma da cui estraeva i fazzoletti colorati, ci sarebbe rimasta troppo male.
   
 
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