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Autore: BlackVanilla    16/07/2019    1 recensioni
OCCORRE AVER PRECEDENTEMENTE LETTO "LET'S MAKE A PARTY"
A Gwennie, il tranello ideato da Usopp per farla ballare davanti a tutti i nakama ma soprattutto ad un certo personaggio, proprio non è andato giù.
Di conseguenza, insieme a pochi e fidati complici, decide di fare un bello scherzetto all'ignaro cecchino...ma ci saranno alcune complicazioni nella messa in atto del suo machiavellico piano...
Il Gruppo Revenge uscirà vittorioso da tale conflitto o subirà una cocente sconfitta?
Genere: Comico, Commedia, Sentimentale | Stato: completa
Tipo di coppia: Nessuna | Personaggi: Altro Personaggio, Caesar Clown, Mugiwara, Trafalgar Law
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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“Sssttt!!! Sta arrivando!”, sibilò piano Nami riprendendo a consumare la sua colazione.

Robin si raddrizzò all’istante afferrando decisa il manico della sua tazza di tè caldo al limone.

Gwennie sorbì composta un sorso di succo d’arancia.

“Buongiorno ragazze! Mi fate posto?”, salutò cordiale Usopp.

Le donne si sistemarono intorno al tavolo in modo da lasciare un sedile vuoto per il loro compagno, il quale non vedeva l’ora di fiondarsi sulle leccornie che Sanji aveva preparato per il pasto più importante della giornata.

Un silenzio innaturale pesava sulla stanza.

“Ragazze, non starete macchinando qualcosa per farmi pagare il malinteso della canzone, vero?”, il giovane addentò un pezzo di pane integrale sul quale aveva steso un abbondante strato di crema al cacao.

La ragazza sfoderò la sua migliore poker face.

“Ma figurati! Per una cosa del genere!”, fece un gesto con la mano come per liquidare la questione, “In fin dei conti mi hai solo teso un simpatico tranello...che vuoi che sia…”.

Ballare in pubblico.

Ballare davanti a un certo personaggio.

Una cosa da nulla, certo.

“Ah! Perchè avete smesso di parlare proprio quando sono entrato e…”, afferrò lesto una mela mentre con l’altra mano si versò del succo con l’abilità di un consumato giocoliere.

“Sì infatti”, confermò Nami all’improvviso attirando così gli sguardi attoniti delle due amiche, “In realtà stavamo parlando di cose da donne...insomma, molto da donne…”.

Era stata geniale.

Il povero cecchino ingollò il suo succo alla velocità del lampo, mise la mela al sicuro e salutando con la mano si defilò.

Gwennie diede teatralmente la mano alla navigatrice.

Robin si complimentò per l’intelligente trovata.

“Okay, possiamo parlare...allora idee?”, la ragazza salutò il piccolo Chopper che era appena entrato in mensa, lui era sapeva del piano di vendetta e si era dimostrato divertito quando aveva confermato la sua collaborazione.

“Deve essere qualcosa di estremamente diverso dai vostri soliti scherzi…”, esclamò la mora portando la sua tazza vuota al lavello.

Nami annuì: Gwennie faceva parecchi scherzi ad Usopp, il quale poi li faceva a lei...capitava inoltre che i due unissero le forze per farne a Rufy.

Poi Rufy, Gwennie e Usopp li facevano al loro bersaglio preferito in assoluto: Zoro.

Fare scherzi a Zoro era qualcosa di epico, come quella volta che, mentre lo spadaccino dormiva sodo stravaccato sul ponte, la ragazza aveva sostituito una delle sua katane con il manico di una scopa sul quale aveva disegnato i motivi decorativi della saya di Acqua d’Autunno.

Poi lei, il capitano e il cecchino avevano aspettato che il verde si svegliasse...in realtà erano passate parecchie noiose ore ma ne era valsa la pena: l’espressione di sorpresa quando si era accorto della sostituzione e il successivo inseguimento messo in atto da Zoro a discapito dei tre era stato superlativo.

La ciurma aveva riso per giorni e ancora se ne parlava.

“Come va oggi Gwennie? Vorrei poterti visitare appena avrai terminato di mangiare”, la vocina della renna interruppe i machiavellici discorsi delle donzelle.

“Sto benissimo. E’ stata proprio una sfortuna che l’altra sera io abbia aspirato un insetto del quale non sapevo nemmeno di essere allergica alla puntura!”, cercò di essere sciolta mentre ascoltava l’enorme bugia che aveva dovuto inventare per giustificare il febbrone che l’aveva colpita.

“Mai vista una reazione allergica così violenta… addirittura trentanove e mezzo di febbre e la cosa più allarmante era che non riuscivo a farla abbassare…”, il peloso medico scosse la testa.

“Ma adesso sto bene!”, tagliò corto lei, “Piuttosto… qui non ci viene in mente nulla di adatto per fargliela pagare ad Usopp...tu hai qualche illuminazione?”.

Per mezz’ora si scambiarono opinioni e idee varie, alcune molto interessanti, altre decisamente strampalate ma tanto divertenti.

“Forse dovresti chiedere a Traffy di estrargli il cuore mentre dorme così, dopo averlo chiamato ad assistere, potresti metterti in piedi al centro del ponte...magari sopra ad un paio di casse di legno... tenendolo bene in alto con la mano, mentre pulsa.”, propose soavemente Robin.

Tutti tacquero.

“Ammetto che la scena sarebbe interessante ma non credo che Gwennie…”, la navigatrice si interruppe dopo aver visto l’espressione del viso della sua amica.

Se avessero potuto, gli occhi le si sarebbero trasformati in due stelline.

“Lo faresti? Voglio dire, terresti un cuore umano pulsante in mano???”, chiese sgomenta la rossa.

Chopper si limitò a ruotare la testa in modo da non perdere nemmeno una virgola della discussione.

“Andiamo, a chi non piacerebbe…”, rispose la giovane ma poi, vedendo i visi sgomenti di Nami e della renna preferì tacere.

Come al solito Robin dipinse sulle sue labbra un sorriso sornione decidendo però di  non proferire verbo.

Gwennie alzò le mani in segno di resa.

“Pensiamo a qualcosa di fattibile, coraggio!”, propose infine aiutando i nakama a sgomberare il tavolo dai resti della colazione.

 

Nel pomeriggio il piano fu ultimato.

Tutti coloro i quali ne erano al corrente erano pronti per procedere: si era così formato il cosiddetto Gruppo Revenge.

Gwennie: maglietta gialla a maniche corte con un teschio nero disegnato sul petto, shorts di jeans a ai piedi le onnipresenti sneaker bianche.

Nami: canotta azzurra tempestata di candidi pois, pantaloncini bianchi, immancabili sandali.

Robin: camicetta nera, minigonna in jeans dello stesso colore, stivaletti bassi alla caviglia di colore grigio.

Chopper: morbidezza e pucciosità.

Rufy: se stesso.

Il gruppetto si riunì furtivamente nei pressi dell’albero maestro in quanto Usopp era in cabina alle prese con una delle sue invenzioni, Franky gli stava dando una mano perchè pareva si trattasse di una cosa complicata.

Questo dava modo ai pirati di procedere nella preparazione con tutta calma.

“Avete avvisato Rufy?”, chiese sussurrando Nami mentre portava un pesante secchio pieno d’acqua color rosso fuoco.

“Sì, ci ho pensato io. Gli ho spiegato tutto. Appena Chopper lo andrà ad avvisare, correrà da Usopp avvisandolo di aver visto il cespuglio dove coltiva i suoi semi andare a fuoco e che ad appiccare l’incendio sei stata tu, Gwennie. In questo modo ci raggiungerà in pochi secondi.”, aveva spiegato Robin usando i suoi poteri per sollevare altri tre secchi.

Dopo aver posizionato quasi tutto il materiale, Gwennie propose di raggiungere ognuno la propria postazione.

“Lasciamolo lavorare una mezz’ora...così non avrà sospetti. In fondo sono ore che siamo chiuse al bagno per riempire e colorare l'acqua di tutti questi contenitori!”, Nami aveva indicato i secchi incriminati.

Annunedo, Gwennie fece un cenno d’intesa ai suoi complici mentre prendeva posto su di un gradino della lunga scalinata di legno...sedersi all’ombra era il modo migliore per gustarsi appieno quella favolosa brezza marina.

Respirò a fondo un paio di volte felice nel constatare di non aver più problemi in quel senso, la crisi era passata e per il momento si sentiva decisamente bene.

“E vi definite pirati?”, sputò velenoso il possessore del frutto Gas Gas muovendosi quel poco che gli era consentito fare.

Le manette di agalmatolite erano infatti fissate all’albero maestro tramite una robusta catena installata per l’occasione da quel genio di Franky.

Aveva le mani d’oro quel cyborg.

La giovane lo guardò senza però rispondere.

“Fate feste, ballate, giocate agli scherzi… sembrate degli scolaretti…”, canzonò ancora lo scienziato.

“Tu dici...ma allora perché ho come la vaga sensazione che tu sia nostro prigioniero?”, fece notare lei scegliendo di sdraiarsi completamente sulla soffice erbetta che si estendeva verde sul ponte.

Indispettito per essere stato punto sul vivo, Caesar minacciò di avvisare Usopp dello scherzo gridando a squarciagola le intenzioni del gruppo revenge.

La pirata si limitò a stiracchiare le membra indolenzite.

“Forse chiederò a Sanji di darti qualche lezione di galateo...credo ne sarà entusiasta...”.

L’uomo impallidì e fu interessante poterlo notare dato che la sua carnagione era estremamente chiara.

Mise il broncio ma mantenne un cauto silenzio.

Gwennie ne approfittò per leggere qualche altra pagina del suo libro del momento...lo aveva preso in prestito da Robin, tanto per cambiare, e le piaceva davvero molto.

Avevano gusti simili loro due.

Era un medical thriller.

Ora, ospitando il chirurgo della morte a bordo, qualsiasi altra persona avrebbe giudicato la suddetta lettura non propriamente adatta al momento, data anche la fama che il pirata si era fatto riuscendo perfino ad entrare nella famigerata Flotta dei Sette.

Lei però vedeva Law da un punto di vista decisamente diverso, forse lo aveva iniziato ad accettare, ma aveva in ogni caso deciso che avrebbe fatto i conti con i suoi sentimenti dopo Dressrosa...comunque sperando in un effettivo post-Doflamingo.

Passò del tempo.

Caesar si era placidamente addormentato, produceva un suono con i denti simile ad un serpente inviperito mentre soffia… insomma, disturbava anche mentre si trovava tra le amorevoli braccia di Morfeo.

La giovane sospirò chiudendo malvolentieri il tomo: se le era possibile preferiva leggere in silenzio e con quel sibilo che le tormentava le orecchie non riusciva a concentrarsi.

Avrebbe dovuto continuare la lettura più tardi.

“Gwennie!”, lei sollevò la testa, si trattava di Rufy che la chiamava agitando le braccia, “Vado? E’ ora?”.

“Avvisa Robin e Nami! A Chopper ci penso io!”, gli disse cercando di farsi sentire solo da lui, poi fece una corsetta silenziosa verso la finestrella dell’infermeria dove bussò tre volte.

Era un piccolo cambio nel piano, ma non importava poi molto.

Tornò infine nei pressi dell’albero maestro sdraiandosi a terra a pancia in giù: con la mano destra teneva tre cordicelle, con la sinistra una lunga canna di bambù che aveva intenzione di usare come cerbottana.

“Digerito l’insetto?”.

Gwennie era in massima concentrazione in modo da poter azionare il meccanismo dello scherzo nel tempo prestabilito, sentire quella voce all’improvviso la fece vistosamente sobbalzare e, senza volerlo, diede un piccolo strattone alle corde: i secchi ad esse legati iniziarono ad oscillare ma fortunatamente non rovesciarono il loro contenuto.

Sospirando di sollievo, la giovane rotolò sulla schiena per poter guardare in faccia colui il quale era reo di aver parlato.

“Insomma! Ti pare il momento?”, sussurrò.

“Se stai aspettando l’Uomo Naso, sappi che è impegnato in sala da pranzo”, informò.

“Cos..? Ma Rufy? Doveva dirgli del fuoco…”, esclamò sgomenta.

“E’ con lui, stanno mangiando insieme.”, aggiunse il medico.

“Ma io gli faccio raggiungere Raftel in cinque secondi!”, sbottò indispettita.

Poi sospirò riuscendo a ritrovare la calma: Rufy era pur sempre Rufy e lei gli voleva molto bene, nonché lo rispettava, proprio per com’era...pregi e difetti annessi.

“D’accordo, aspetterò”, annunciò infine rilassando le braccia e chiudendo un momento gli occhi.

Le pulsavano le tempie.

“Dipende da quanto sei pronta aspettare in questa posizione. Il tuo fidanzato si è impegnato parecchio ai fornelli”, la saya nera di Kikoku splendeva sotto la luce calda del sole.

Wait a moment, please.

QUESTA POSIZIONE.

Solo allora registrò di essere sdraiata a pancia in su nientemeno al cospetto del chirurgo della morte.

Il sangue fluì rapido alle gote facendole acquisire lo straordinario colorito di una dolce mela maturata sotto ai caldi raggi di un sole estivo.

IL TUO FIDANZATO

Alzandosi in fretta e reprimendo un capogiro dovuto al movimento troppo brusco, gli fece notare piccata di aver già chiarito quale fosse il tipo di rapporto che la legava al cuoco.

In tutta risposta lui fece alzare un angolo della bocca.

Il cuore di lei fece un piccolo salto.

Si chiese se lui fosse conscio dell’effetto che tale mimica facciale poteva causava a chi la poteva ammirare.

O forse questo effetto lo faceva solo a lei.

Okay, doveva distrarsi!

Guardò allora i fili che teneva ancora in mano: sarebbe calata la sera prima che quei due avessero finito di far merenda, tanto valeva sedersi per riposare un pochino.

Prese posto accanto allo scienziato dormiente massaggiandosi le tempie.

“E’ normale accusare mal di testa dopo aver avuto la febbre alta”, decretò Law guardando tranquillo l’orizzonte.

Il mare era una tavola quel giorno.

Lei preferì non dire nulla, d’altro canto quando parlava al medico non riusciva a formulare nessuna frase di senso compiuto.

Il tramonto stava iniziando a colorare di rosa e arancio il mare mentre i gabbiani volavano in alto per poi precipitarsi fino a pelo d’acqua in modo da riuscire a catturare qualche ignaro pesce.

La brezza si era fatta più insistente, la coda di cavallo della ragazza stava lasciandosi scappare qualche ciuffo ribelle, il quale le ondeggiava dispettoso davanti agli occhi verdi.

Una vocina interruppe i suoi pensieri.

“O-Gwennie!”, chiamò Momonosuke giungendo dalla sala da pranzo.

Il piccolo aveva precedentemente spiegato che, nel paese di Wano, era usanza aggiungere il suffisso “O” ai nomi femminili.

Lei sorrise al bambino salutandolo con la mano.

“Dov’è tuo padre?”, chiese riferendosi a Kin’emon.

“Si è concesso ad un breve sonno.”, si avvicinò timido mostrando la scodellina che teneva in mano, “ Sangoro cucina ogni ora pietanze sublimi””.

“Cosa stai mangiando di buono?”, sembrava un budino trasparente.

“Se non erro viene nominata gelatina!”, rispose affondando il cucchiaio nella sostanza tremolante.

La ragazza distese le labbra, le gelatine di Sanji erano favolose, il sapore era talmente intenso da far sembrare a chi le stava assaporando di avere per le mani della vera e propria frutta fresca.

“Vuoi assaggiare?”, offrì gentilmente Momo.

“Che gusto hai scelto?”, volle sapere lei, il suo naso aveva fiutato un aroma non proprio appetitoso.

“Cocco!”, la vocina infantile confermò i suoi dubbi...cocco, l’unico frutto che la pirata detestava con tutta se stessa, dal cibo al semplice profumo.

“Allora sono costretta a rifiutare mio signore, il cocco non m’aggrada!”, dichiarò solenne alzando le mani in segno di resa.

Il bambino rise di gusto prendendo posto accanto a lei.

“Volevo anche chiederti una cosa…”, posò la ciotola vuota a terra, “...stasera mi aiuteresti a fare il bagno?”.

Sgranò un paio di occhioni da fare invidia ad un cucciolo appena nato.

“Ma certo, Momo...volentieri! Solo che verrà un poco tardi penso...sai devo aspettare Usopp per lo scherzo ma mi hanno riferito che lui e Rufy sono in sala da pranzo. Se poi Sanji ha preparato anche le gelatine, faremo mattina…”, ragionò ad alta voce sconsolata. 

Il bimbo, felice per aver ottenuto ciò che desiderava, non diede peso alle ultime parole di lei e, dopo aver recuperato le sue stoviglie sporche, si defilò verso la cucina trotterellando.

“Forse non sarebbe stato male mettere in pratica l’idea dell’Antiquaria”.

Gwennie girò la testa, Law era rimasto seduto dall’altra parte della panchetta per tutto il tempo durante il quale lei e Momonosuke avevano parlato, quindi aveva potuto ascoltare senza essere visto.

E doveva averlo fatto anche quella mattina, a colazione.

“Non è molto educato origliare, Law.”, gli fece notare evitando lo sguardo di lui.

Se lo avesse fissato negli occhi, il cervello le sarebbe andato in pappa.

Un ghigno si impadronì della labbra del medico. 

“Quindi, ti piacerebbe tenere un cuore in mano…”, buttò lì vago.

La giovane divenne come di legno.

Il cuore le batteva così forte che le sembrava di vederne i movimenti semplicemente guardandosi il petto.

Livello di deterioramento del sistema cerebrale 45%.

Livello di deterioramento del sistema cardiocircolatorio 30%.

Livello di deterioramento del sistema respiratorio 80%.

Aveva il fiato corto.

Law sorrise in quel suo particolare modo: in molti sentivano i brividi di terrore quando lo faceva, ad esempio gli uomini della G-5, a Punk Hazard, lo avevano definito addirittura inquietante. 

La ragazza poteva confermare di sentire dei brividi, ma non erano certo di paura o terrore.

“In realtà è la prima volta che qualcuno esprime questa volontà, non era mai successo nemmeno tra i miei uomini…”, si alzò con una luce particolare nelle grigie iridi, infilò una mano in tasca e ne trasse un cuore, “...ed è per questo che sono curioso di poter osservare la tua effettiva reazione”, concluse.

Allungò la mano che reggeva l’organo pulsante verso Gwennie.

Passarono diversi secondi.

Alla fine lei protese le mani aperte con i palmi rivolti all’insù e, quando il cuore le venne effettivamente affidato, tutto quello che la circondava svanì.

C’erano lei, il cuore e il chirurgo della morte che la fissava.

Ma lei non sentiva imbarazzo stavolta, perchè era completamente ipnotizzata dalle pulsazioni che scuotevano leggermente le sue mani, ritmicamente decise ma in qualche modo comunque delicate.

Law la studiò intensamente: era realmente affascinata dall’esperienza che stava vivendo, si capiva chiaramente dall’espressione che aveva dipinta sul volto, gli occhi verdi accesi di interesse puntati sul cuore pulsante che giaceva inerme sulla sua mano.

“Dunque?”, volle sapere lui.

“E’...favoloso? Non so se sia il termine più adatto per descrivere ciò che sto provando, ma è l’unico che mi viene in mente in questo momento!”, lo pensava genuinamente.

Ceasar sbuffò all’improvviso nel sonno, forse stava per svegliarsi.

“Credo sia meglio che te lo restituisca. Se lo scienziato si sveglia e lo vede in mano mia gli prende davvero un infarto....e addio scambio con Doflamingo!”, annunciò ripensando al piccolo battibecco avvenuto qualche ora prima proprio con il possessore del frutto Gas Gas.

Il dottore riprese il cuore.

Doveva ammettere di essere rimasto colpito.

“Forse. Ma questo non è il suo cuore”, rivelò enigmatico.

Gwennie credeva di aver avuto tra le mani il cuore del criminale...se non era suo, allora a chi apparteneva?

Lo chiese di getto, senza pensare.

“Il suo proprietario lo riavrà indietro tra non molto”, tagliò corto rimettendolo in tasca.

La ragazza era rimasta senza parole, le sarebbe piaciuto sapere di chi fosse quell’organo cardiaco che aveva potuto custodire per qualche minuto...in effetti, a pensarci bene, aveva avuto in mano il potere di vita o morte.

Se solo lo avesse schiacciato, trafitto o in qualche altro modo danneggiato, il proprietario sarebbe morto all’istante.

“Aspetta!”, si sorprese nel sentire la propria voce.

Lui si fermò in attesa.

La giovane sapeva di essere arrossita, lo sentiva bene il calore sul viso.

Sospirò.

“Grazie, non dimenticherò mai questo momento. E’ stato unico.”, sussurrò con un filo di voce.

Law si limitò a ghignare, gli occhi nascosti sotto il frontino del suo morbido berretto.

Un trambusto assurdo quanto improvviso fece sobbalzare la pirata: era la voce di Usopp quella che aveva sentito?

Doveva recuperare le sue cordicelle!!!

Per non parlare del bambù che avrebbe costituito la classica ciliegina sulla torta, che in quel caso era il suo scherzo.

Si buttò letteralmente a terra, rotolò malamente verso i suoi obiettivi e, quando vide Robin e Nami affacciarsi al parapetto, gridò loro di attendere il suo segnale.

La porta si aprì: il cecchino era alla ricerca del presunto incendio che avrebbe dovuto consumare le piantine dei suoi preziosi semi.

“Rufy, che cavolo...non c’è alcun incendio qui…”, sbottò il bersaglio, anche si dimostrò comunque vistosamente sollevato.

Con un ghigno da far invidia al chirurgo della morte, Gwennie tirò forte le corde: il secchio numero uno versò acqua blu, il numero due rossa, mentre il tre gialla.

Era colorante per stoffa, quindi i vestiti del bersaglio sarebbero rimasti per sempre macchiati.

“Fase due!!!”, annunciò forte alzandosi in piedi e afferrando la cerbottana.

La navigatrice e la mora, corse giù dalla scala più velocemente possibile, versarono il contenuto di un piccolo secchiello direttamente dalle spalle di Usopp, il quale stava cercando di asciugarsi il viso dall’acqua colorata che gli gocciolava da ogni dove.

“Che cosa mi avete lanciato adesso? E’...dolce?”, il liquido era infatti composto da acqua e zucchero.

Gwennie soffiò forte nel bambù, una pallina ne uscì rapida fino ad andare a colpire al petto il povero cecchino: il proiettile si aprì con violenza diffondendo una miriade di glitter colorati, una nuvola per meglio descriverla, che ovviamente andarono ad aderire alla mistura collosa che ricopriva la vittima.

Per il gran finale, Franky accese le luci colorate che erano rimaste appese dalla serata della festa: l’effetto era davvero esilarante, Usopp sembrava fatto di glitter, era luminoso e colorato, quando si muoveva i brillantini in più volavano leggeri dando l’impressione che emanasse del fumo stroboscopico.

“E per fortuna che avevi detto di non tramare nulla!”, sul viso un’espressione strana.

Lei rideva così volentieri che non lo vide proprio arrivare: la prese abbracciandola forte e la sollevò in aria cercando di strusciarsi più possibile sul suo corpo per riuscire a passarle quanti più glitter possibili.

Poi la rimise a terra non prima di averle preannunciato la sua futura vendetta.

Gwennie non smise mai di ridere però: era davvero stato divertente, anche se era appiccicosa e ricoperta di glitter...e, con tutta probabilità, avrebbe inoltre dovuto cestinare tutto il suo abbigliamento di quella sera.

In complesso, tutti i nakama se la stavano ridendo alla grande.

Da un angolo nascosto, Trafalgar Law aveva assistito in silenzio a tutta la scena...erano una ciurma senz’altro particolare ma era comunque soddisfatto di averli scelti come alleati: con loro le possibilità di abbattere Kaido e Doflamingo erano salite diciamo...al 45%.

Ghignando come suo solito, tirò fuori dalla tasca il cuore che poco prima aveva permesso di tenere in mano alla Libraia, soprannome che aveva affibbiato a Gwennie, e alzò la felpa che indossava per poterlo reinserire nel proprio petto.

Era stata un’esperienza davvero molto interessante.

   
 
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