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Autore: roby626    17/07/2019    0 recensioni
“Mio marito, era un uomo votato alla spada, con solidi principi morali.
Membro fin da giovanissimo dell'organo di polizia che manteneva l'ordine di Kyoto: la Shinsengumi.
Veniva considerato il miglior combattente che questa avesse a disposizione. [...]
*Tratto dal testo
Genere: Guerra, Malinconico, Romantico | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Kenshin Himura, Nuovo personaggio
Note: What if? | Avvertimenti: nessuno
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                                                                                         Scontri e Conquiste



























Il nostro incontro avvenne per puro caso, in una giornata limpida e tiepida:

ero sulla strada principale di Kyoto, e mi apprestavo a tornare a casa dopo aver fatto delle compere per conto di mio padre, il più ricco mercante di medicinali della città.

Quando all'improvviso, venni attaccata da un gruppo di attivisti, con le katane sguainate pronti ad uccidermi o rapirmi per chiedere un riscatto.

Ma prima che questi potessero anche solo toccarmi, un ragazzo alto, con lunghi capelli neri legati in una coda, che ondeggiava al soffio di vento che aveva accompagnato il suo provvidenziale arrivo, si mise davanti a me per proteggermi estraendo una delle due katane che portava al fianco sinistro per uccidere, con un rapido colpo, i miei aggressori.

Vidi i loro corpi a terra mentre il ragazzo dopo averli uccisi, rinfoderò rapidamente la katana, dopo averla scrollata dal sangue.

Sapevo che gli anni del Bakumatsu rendevano le uccisioni una cosa naturale ma ero lo stesso disgustata dalla scena.

In quel momento, notai l'haori azzurro con gli inserti bianchi, il segno di riconoscimento della Shinsengumi e vidi i commilitoni del ragazzo portare via i cadaveri, mentre lui si voltava lentamente verso di me.

Era molto bello, aveva i lineamenti del viso affilati e decisi, stupendi.

Gli occhi blu possedevano una luminosità incredibile, come il più bello tra i cieli notturni, che contrastavano con l'idea che mi ero fatta degli assassini, dagli occhi vuoti e senza anima.

Trattenni il respiro quando si mosse verso di me, con passo silenzioso ed aggraziato degno delle più letali creature.

Le prime parole che mi rivolse, furono:

-Tutto bene signorina? -L'aveva detto in tono tranquillo, senza tener conto del fatto che aveva appena ucciso davanti ai miei occhi, continuò. -Spero che non vi siate fatta male, non potrei sopportare che una signorina bella come voi rimanga ferita.

Sorrise, con un espressione talmente aperta e gioviale che per un attimo mi dimenticai di trovarmi davanti uno dei letali membri della Shinsengumi.

-Si, grazie per avermi aiutata. Ora, se volete scusarmi, dovrei tornare a casa.

Usai il mio tono più riconoscente, inchinandomi leggermente per poi voltarmi con un mezzo sorriso.

Ma il ragazzo si avvicinò, lo sguardo deciso blu notte sembrava risplendere e con tono di comando disse:

-Vi riaccompagno a casa, non si sa mai cosa possa succedere di questi tempi.

Non potendo dargli torto dissi solo un: -Come volete.

Per poi riprendere a camminare, notando che il ragazzo si affiancava alla mia sinistra, una posizione tattica per poter estrarre la katana se necessario.

 

Camminammo vicini per quel breve tratto che separava il luogo dell'incidente da casa mia, e quando ci fermammo davanti al portone, il samurai, letto il nome, mi rivolse uno sguardo stupito:

-Siete della famiglia Kizoku.

-Sì Naomi Kizoku. L'unica figlia di Kei Kizoku il dottore e mercante di medicinali.

Il mio cognome bastava a creare reverenza: “nobiltà” è stata la prima parola che mi hanno insegnato, indicante uno stato sociale elevato, e di questo ne andavo fiera.

-Ora capisco perché hanno cercato di attaccarvi … è stata una vera fortuna che fossi passato di lì, signorina Kizoku.

Mi guardò ancora, e arrossii leggermente, non sapevo cosa aggiungere, ma venni salvata dall'imbarazzo quando un uomo con la stessa divisa della Shinsengumi e una lancia in mano, fece un cenno al ragazzo di fronte a me. Questo, dopo averlo notato fece un sospiro ironico, e alzò gli occhi al cielo.

-Non riescono a stare senza di me. Signorina Kizoku, sfortunatamente è richiesta la mia presenza … beh buona serata.

Si voltò e insieme al suo compagno scomparve dalla mia vista, con il vento fresco che accompagnava i loro passi. Il primo pensiero quando si allontanò fu: “Non so neanche come si chiama.”

Entrai in casa e, dopo aver consegnato a mio padre il pacchetto di erbe che sarebbe servito per creare una nuova medicina, andai in camera mia.

 

Ormai era passato un mese dall'incidente, quando mio padre aveva saputo l'accaduto mi aveva segregata in casa, permettendomi di uscire solo in giardino.

Avevo capito, da quello che aveva detto la servitù, che aveva dato disposizione per fornire medicine alla Shinsengumi, come segno di riconoscimento per avermi salvata.

Era così convito del fatto che avessi bisogno di protezione, che mi aveva affiancato una scorta di quattro uomini che avevano il compito di proteggermi, anche da me stessa, seguendomi, alle volte, ai limiti della decenza.

Il capo di questa scorta, Daisuke Keigo, era un uomo alto e robusto, dell'apparenza molto rigida e severa ma quando sorrideva, i suoi occhi assumevano una sfumatura dolcissima color cioccolato, rendendo meno spaventosa la cicatrice che tagliava la parte terminale del sopracciglio sinistro, che non si curava di coprire, con la cascata di capelli corvini.

Per mia fortuna, quel noiosissimo periodo di confinamento forzato finì quando mio padre, che doveva partire per visionare il trasferimento di un importante carico, mi chiese il favore di andare al posto suo al quartier generale della Shinsengumi, per discutere con uno dei due vicecomandanti.

 

Decisa a fare del mio meglio per alleggerire la mole di responsabilità che gravava sulle sue spalle, mi indossai il mio kimono migliore: seta pregiata color menta con rifiniture floreali sui bordi, verde pallido e giallo limone. Acconciai i capelli in uno chinion, rifinito con un vistoso fiocco verde prato, uguale a quello dell'obi che valorizzava i miei occhi color giada.

Non mi truccai, odiavo quell'inchiostro con cui molte mie amiche si impiastricciavano il viso, preferendo un impatto naturale.

Uscii in tarda mattinata e attraversando Kyoto in carrozza, scortata dalle quattro guardie diventate la mia ombra, mi godetti la libertà.

Odiavo mio padre quando si preoccupava troppo, ma da quando era morta la mia adorata madre … si era fatto più protettivo, a volte soffocante.

Sentì la portantina rallentare dolcemente, sino a fermarsi davanti all'entrata ben curata di un dojo, e dopo essere scesa con grazia aiutata da Daisuke, avanzai fino alla soglia, per poi scoccare un occhiata altera alle sentinelle vigili su ambedue i lati del portone.

Con passi lenti e leggeri, per non sollevare la polvere che avrebbe sporcato il kimono, entrai al loro inchino.

-Salve, sono Naomi Kikozu … dovrei vedere il vicecomandante della Shinsengumi Hijikata Toshizo.

La mia voce risultò troppo severa persino alle mie orecchie allora, per compensare, addolcii i lineamenti del viso.

-Signorina Kizoku la stavamo aspettando. Il vicecomandante è in riunione con gli altri ufficiali … mi ha detto di dirvi che vi aspetta.

Quello che sembrava il più anziano dei due, in base alle profonde rughe ai lati della bocca, mi accompagnò, senza permettere che entrassero anche le mie ombre.

Nel dojo era chiara la presenza solamente maschile: non c'erano piante o decorazioni, si sentivano solo versi di uomini che praticavano il kenjutsu.

Entrai, dietro indicazioni, in una sala dove una dozzina di uomini armati stava conversando sulla tecnica di un Ishin Shishi.

All'esclamazione soffocata di uno di loro, che mi aveva notata, tutti si voltarono nella mia direzione, ci fu silenzio totale per una decina di secondi, quando un uomo dall'aria severa che stava fumando una sigaretta dall'odore molto forte, disse:

-Signorina cosa ci fate qui?

-Saito tranquillizzati. E' la figlia del signor Kei Kizoku, vero signorina?

-Precisamente. Sono Naomi Kizoku … signor?

-Toshizo Hijikata il vicecomandante della Shinsengumi.

-Piacere di conoscervi.

Mi presi qualche secondo per osservare attentamente l'uomo con qui avevo scambiato le solite cortesie formali: da seduto non ero in grado di dirlo con certezza ma probabilmente era un uomo alto, e quello che si diceva di lui, sul fatto che fosse bello come un attore ma combattesse come un demone, ero in grado di appurarlo per metà.

Il vicecomandante presentò gli altri ufficiali, erano tutti molto belli, e riconobbi anche l'uomo che aveva richiamato a se il mio salvatore, Harada Sanosuke.

Poi, feci le veci di mio padre e ascoltai la richiesta dispendiosa di quell'uomo che, a quanto avevo saputo, veniva da una famiglia di farmacisti: desiderava un medico, attrezzature e medicine entro una settimana … una cosa impossibile da qualunque punto di vista la si considerasse.

Ma, per quanto cercassi di fargli capire che medici competenti non si trovavano ovunque e non tutti sarebbero stati a loro agio a lavorare con la Shinsengumi, questo non sembrava ascoltarmi.

Ero così presa dalla discussione che non sentì alle mie spalle il rumore degli shoji che si aprivano e chiudevano, mi accorsi che qualcuno era entrato quando uno degli altri ufficiali, se non ricordavo male, Nagakura Shinpachi esclamò:

-Sei arrivato Souji!! Vieni a conoscere questa graziosa signorina.

-Sempre pronto a correre dietro ai kimoni, Shinpachi.

La bassa e sensuale voce maschile che aveva risposto, mi sembrava familiare, così mi voltai … trovando davanti il viso del ragazzo che mi aveva salvata, guardarmi con stupore:

-Ma non doveva esserci il vecchio?

Prima che qualcuno potesse rispondergli, mi alzai di scatto dicendogli alterata:

-Come osi parlare in questo modo di mio padre, un grande medico e ricercatore, il migliore che …

Accorgendomi di aver esagerato e alzato la voce, di solito tenuta bassa, ad un livello troppo alto, mi ricomposi lasciando la frase in sospeso, mentre ignoravo il ragazzo e tornavo a prestare attenzione al vicecomandante.

Questo, senza fare troppo caso alla discussione avvenuta, fece sedere il ragazzo mentre mi chiedeva:

-Visto che vostro padre è così bravo perché non viene lui a prestare aiuto.

-Mio padre è anziano, non lo permetterei mai, al caso posso venire io a …

-Perfetto, le faremo vedere la sua stanza.

Lo guardai scandalizzata mentre mi accorgevo dell'errore fatto: avevo dato inconsciamente disponibilità e non potevo tirarmi indietro di fronte a così tante persone, avrei fatto la figura della stupida. Cercai di consolarmi con il primo pensiero che mi venne in mente:“Sarà un buon allentamento per il futuro.”

Mi girai e vidi gli altri comandanti annuire vigorosamente alla scelta e vinta, seguii il vicecomandante verso la mia stanza.

Verso la mia avventura fuori dalle mura protettive di casa.

  
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