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Autore: evil 65    18/07/2019    31 recensioni
Due anni sono passati dalla guerra contro Thanos.
Peter Parker e Carol Danvers sono ormai diventati buoni amici, alternando la loro vita da supereroi a rari momenti di vita quotidiana in cui si limitano ad apprezzare l’uno la compagnia dell’altra, come farebbero con qualsiasi altro membro degli Avengers.
Tuttavia, Peter vuole di più…anche se sa che non dovrebbe.
A peggiorare le cose, un misterioso serial killer dotato di poteri fugge da un carcere di massima sicurezza, cominciando a seminare morte e distruzione in tutta New York…
( Sequel della one-shot " You Got Something For Me, Peter Parker ? " )
Genere: Introspettivo, Romantico | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Carol Danvers/Captain Marvel, Peter Parker/Spider-Man
Note: AU, Lemon, Movieverse | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
   >>
- Questa storia fa parte della serie 'Avengers Assemble'
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Eccomi qui per una nuova storia sulla Petrol, come viene amichevolmente chiamata la ship riguardante Peter Parker, alias Spiderman, e Carol Danvers, alias Capitan Marvel.
Questa fan fiction è un sequel diretto della one-shot "You Got Something For Me Peter Parker", ed è un prequel della long "Avengers : The King Of Terror". Non c’è bisogno di aver letto quest’ultima per godersi la storia, anche se consiglio ai lettori di riprendersi la prima per avere un quadro completo della situazione.
Qui in Italia la coppia non è popolare come all’estero, dove già da molti anni imperversa in tutti i siti di fan fiction ( grazie anche al fatto che questi due amabili supereroi hanno effettivamente una storia nel canone ), quindi spero di ricevere il vostro supporto. Naturalmente, la fic ignora gli eventi di Spiderman Far From Home ( film fantastico, andatelo a vedere ).
Detto questo, vi auguro una buona lettura! 

 
 

What I've Done ?

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Peter mise in tavola il servizio buono. Quello di porcellana bianca con motivi blu smaltati : ornamenti floreali e immagini intricate di antichi villaggi cinesi dove non era mai stato nessuno della sua famiglia.
Il servizio orientale, lo chiamava sua zia, ereditato dalla madre per essere usato soltanto la domenica e nelle occasioni speciali. E oltre a essere domenica, quello era anche un giorno speciale per Peter, perché era il suo diciottesimo compleanno…e anche l’ultimo giorno di sospensione.
<< Il mio consiglio, Pete, è di trovare una scusa migliore >> disse May, la zia del ragazzo, mentre apriva una finestra per far uscire il fumo della cucina a gas, agitando uno strofinaccio. << Perché ti giuro che se ti sospendono di nuovo per un una sciocchezza del genere, sarai tu a volare fuori dalla finestra >>.
Peter era stato sospeso perché doveva fare la pipì. O meglio, perché aveva detto che doveva fare la pipì. Dopo che il suo insegnante di storia, il Signor Logan, gli aveva detto di no, il ragazzo si era messo a supplicare. E quando l’uomo aveva ribadito il suo no, Peter era uscito.
Quindi, in effetti, era stato sospeso perché era uscito dalla classe. Ma il fatto era che a lui non scappava davvero la pipì. E no, non doveva neanche fare quell’altra cosa. Peter doveva soccorrere qualcuno. O almeno così credeva.
La verità era che il suo senso di ragno - o Peter Prurito, come lo chiamava amichevolmente sua zia - non era stato molto affidabile negli ultimi mesi.
Il vigilante ipotizzò che la causa potesse essere implicata, per quanto assurdo, alla pubertà. Dopotutto, il suo corpo stava affrontando varie modificazione biologiche, non era da escludere che anche i suoi poteri ne sarebbero stati interessati.
Ma lui non poteva correre rischi; non poteva ignorare quella che considerava una sua responsabilità.
Anche se ciò che era avvenuto dopo, con sua zia, gli aveva fatto prendere seriamente in considerazione una simile linea di condotta.
Dopo essere tornato a casa, la donna lo aveva condotto all’uscita dell’abitazione, proprio sotto il portico, con le mani avvolte attorno ad una tazza di caffè.
<< Allora, parliamo un po’ di questa sospensione >> aveva detto, prendendo un sorso della bevanda. << Cos’è successo di preciso ?>>
Il tono era stato duro e tagliente.
<< Bhe, emh, è stato che… la testa mi faceva…ho avuto un…una sensazione >> aveva balbettato Peter.
Anche May, già da diverso tempo, era a conoscenza del suo segreto. Dopotutto, sua zia restava pur sempre…sua zia. Non di Spiderman, ma di Peter Parker. Un concetto che gli ribatteva il più spesso possibile.
<< Quindi è stato perché dovevi andare a salvare qualcuno? Bhe, senti, permettimi una domanda, supereroe… >>
Aveva bevuto un altro sorso di caffè.
<< Chi è che verrà a salvare te? >>
Peter era rimasto seduto in silenzio, cercando una risposta che convincesse la donna, ma al tempo stesso pregando che spuntasse fuori un qualsiasi pretesto per cambiare argomento.
Per un attimo, quelle parole risvegliarono in lui un ricordo ben preciso. Si era già ritrovato in una situazione senza speranza o via d’uscita, ed era stato salvato da qualcuno. Una donna di pura luce, discesa dal cielo come un angelo vendicatore per proteggerlo…
Scosse la testa da quei pensieri e fissò la volta.
Il sole stava cominciando a tramontare, una striscia dorata che illuminava i mattoni rossi del palazzi, quando era avvenuto un miracolo, sotto forma dei rumorosi camion della raccolta rifiuti.
“Salvo”, aveva pensato Peter, mentre lui e sua zia lasciavano cadere il discorso spinoso per osservare i netturbini che avanzavano lenti lungo la strada : uno guidava, due camminavano accanto all’automezzo e raccoglievano sacchi, svuotando bidoni e depositandoli di nuovo sul marciapiede.
Erano passati dieci minuti e Peter non aveva ancora idea di cosa facessero lui e sua zia là fuori, finchè il camion non aveva concluso la raccolta nel loro isolato.
<< Sai che ti dico? Di questa faccenda ne riparleremo dopo. Intanto, perché non dai una bella ripulita ?>>
<< Come sarebbe a dire? >>
May si era limitata a scrollare le spalle, e aveva bevuto un altro sorso. Poi, aveva indicato su e giù per la strada.
<< Vedi tutte quella lattine? Sii un buon eroe e rimettile al loro posto. Aiutare i vicini di casa è la cosa più eroica che potrai fare per il resto della settimana >>.
Peter aveva sospirato.
<< Oh >> aveva continuato la donna, con un sorriso impertinente. << E raccogli tutto quel pattume che i nostri fantastici netturbini hanno lasciato in giro >>
<< Con che cosa? >> aveva chiesto Peter, disgustato.
Ben presto rimpianse di non avere uno dei suoi lancia-ragnatele, per non essere costretto a toccare con le mani, o anche solo sfiorare, i sacchetti di plastica con le cacche di cane e le interiora di pesce. D’altronde, non poteva certo lanciare le sue ragnatele in pigiama.
<< Inventati un modo >> aveva risposto May, picchiettandogli affettuosamente la faccia.
E quello era stato solo l’inizio del suo castigo. Finito fuori, gli era toccato pulire l’appartamento, accollarsi montagne di biancheria per la lavanderia automatica, e prepararsi la cena da solo, che aveva finito per consistere in spaghetti cinesi istantanei con salsa piccante e pane tostato.
Il sabato, la zia lo aveva portato avanti e indietro per l’isolato, a bussare a ogni porta per chiedere ai vicini se avevano bisogno di qualche lavoretto. Era stato costretto a portar su un vecchio materasso dalla cantina della signora Myers, ad appendere quadri in casa del signor Jankines, e a portare fuori tutti i cani del vicinato che dovevano uscire per i bisogni. Il che aveva comportato di ricattare tutte le cacche. Una montagna.
E avanti così per le sue imprese eroiche per i vicini. Incombenza dopo incombenza. Lavoretto dopo lavoretto. Spaghetti dopo spaghetti.
Peter rabbrividì al ricordo, e continuò ad apparecchiare con diligenza.
<< Oh, e prima che mi dimentichi >> disse zia May, attirando la sua attenzione.<< Pepper mi ha chiamato, dice che Fury ha richiesto una riunione dei Vendicatori a casa sua >>.
Il vigilante inarcò un sopracciglio.
<< Di solito le facciamo alla base >> commentò con uno sguardo sospettoso.
La donna si limitò a scrollare le spalle.
<< Non guardare me, lo sai che non ho alcun controllo su certe cose. Comunque sia, la casa è abbastanza lontana, quindi ti accompagnerò. Partiamo tra un’ora, quindi vatti a fare una doccia! >>
 
                                                                                                                          * * * 
 
La casa di Pepper Stark, ex-moglie di Tony Stark, si trovava immersa in un’area boschiva situata poco lontano da New York.
Su un lato della strada principale si apriva un sentiero infestato di erbacce, grande appena per far passare un’automobile e adatto a distruggere gli ammortizzatori.
Dopo alcune centinaia di metri, il sentiero terminava in una radura circondata da alberi antichissimi.
La casa, una splendida baita dotata di portico, sorgeva proprio la in mezzo. Dalla città non si vedeva, bisognava conoscere la strada. 
Peter e May attraversarono l’erba alta del giardino con passo felpato.
Salirono i pochi scalini della veranda e bussarono. Nessuno pareva essere in casa.
Peter lanciò alla zia un’occhiata guardinga, e questa si strinse nelle spalle.
Con un sospiro rassegnato, il vigilante spinse la porta, che si aprì in un leggero cigolio.
Per un momento si bloccò , indeciso, poi entrò.
La stanza d’ingresso era semplice ma accogliente. Alle pareti erano appese maschere indiane e arazzi. Intorno a un tavolo basso di legno, c’erano sedie intrecciate e colorate. Coperte della cultura cinese decoravano un sofà.
Due scaffali erano pieni di ogni possibile oggetto di uso quotidiano, ma anche di sonagli di legno che i giapponesi usavano nelle cerimonie e nei canti rituali.
Conoscendo ormai il posto a memoria, il ragazzo arrivò fino alla sala.
<< Signora Stark, sono arriva…>>
<< BUON COMPLEANNO! >>
A Peter fu necessaria ogni oncia del proprio autocontrollo per non saltare sul soffitto e rimanerci attaccato.
Coriandoli, palloncini e stelle filanti partirono da ogni angolo della stanza, mentre numerose figure fuoriuscivano da dietro ai mobili, le poltrone e i divani. E lui le conosceva tutte.
Pepper Stark e sua figlia Morgan dominavano il gruppo, affiancate da Happy Hogan, Nick Fury e Maria Hill. Dietro di loro c’erano uno Steve Rogers ormai invecchiato, Bucky Burns, Sam Wilson, Clint Burton, i coniugi Scott e Hope Lang, e il colonnello James Rhodes. L’immensa figura del Dottore Bruce Banner sovrastava il tutto, le braccia allargate a mo’ di presentatore e le labbra arricciate in un sorriso raggiante. Del resto, quella era la stessa espressione che adornava i volti di tutti, anche se nel caso di Fury era molto meno evidente.
Peter si ritrovò senza parole.
<< Ma che…voi…io…non ci credo, lo avete fatto davvero ?! >> esclamò scioccato, passando la testa da parte a parte della stanza.
Steve si fece avanti per primo, posando una mano sulla spalla del vigilante.
<< Te lo meriti, ragazzo >> disse con tono orgoglioso, mentre Happy lo stringeva in un caloroso abbraccio.
<< Il bambino è diventato un uomo >> disse con voce ricolma di finta nostalgia, cosa che fece ridacchiare gran parte dei presenti.
Allo stesso tempo, May abbracciò il nipote da dietro.
<< Congratulazioni, mio piccolo supereroe >>
<< Zia Mayyyyy >> piagnucolò Peter, mentre le sue guance si tingevano di rosso. La reazione scatenò un’altra ondata di risate, accentuando l’imbarazzo provato dall’arrampicamuri.
Poi, la piccola figura di Morgan zampettò fino a lui.
<< Tanti auguri, Peter >> disse la bambina, porgendogli un foglio sotto lo sguardo commosso della madre.
Raffigurava un disegno dello stesso Peter in costume da ragno, affiancato dagli scarabocchi di Iron Man, sua moglie e la stessa bambina, mentre una caricatura dell’abitazione faceva da sfondo.
Il ragazzo sentì una fitta al petto e lanciò a Morgan un sorriso affettuoso.
<< Grazie, principessa >> disse scompigliandole amichevolmente i capelli.
La piccola sorrise raggiante e procedette ad abbracciarlo, gesto che venne prontamente restituito dal vigilante.
In quel preciso istante, gli esterni della casa vennero illuminati da un intenso bagliore dorato. Sì udì un whoooom, che crebbe fino a diventare un WHOOOOM nella frazione di pochi secondi, seguito rapidamente da un sonoro tonfo.
Il cuore di Peter mancò un battito. Avrebbe riconosciuto quella luce ovunque. Era una visione che aveva accompagnato i suoi sogni da innumerevoli notti.
Il silenziò calò nella sala. Poi, la figura di Carol Danvers, alias Capitan Marvel, si fece strada oltre l’uscio della porta, ancora permeata di un debole scintillio.
Gli occhi di Peter s’illuminarono di gioia, mentre la giovane donna dai corti capelli biondi, vestita con una giacca in pelle marrone, jeans attillati e occhiali da sole, salutava le persone raccolte con un sorriso amichevole.
Era l’angelo di quella memoria ormai lontana, esattamente come se la ricordava.
<< Scusate il ritardo >> disse con tono lievemente imbarazzato, mentre riponeva gli occhiali nella tasca del giaccone.
Fury superò Peter, che era rimasto fermo e immobile dall’apparizione della sua cotta, e procedette ad abbracciare la supereroina.
<< Felice di averti tra noi, pensavamo ti avessero rapito >> commentò il Direttore dello Shield, mentre Carol roteava gli occhi scherzosamente.
<< La missione ha richiesto più tempo del previsto >> ammise con una scrollata di spalle.
Poi, i suoi occhi color nocciola si posarono sulla figura di Peter, e il ragazzo sentì i propri interni sciogliersi come neve al sole.
 << Ma non mi sarei persa questa festa per nulla al mondo >> continuò la donna, avvicinandosi al vigilante con un ghigno malizioso e piantandogli un rapido bacio sulla guancia.<< Buon compleanno, Pete >>
Il giovane Avenger arrossì intensamente e borbottò qualcosa che suonava vagamente come un “Grazie”.
Poi rimase in silenzio, troppo imbarazzato per poter proferire un discorso articolato.
Per fortuna, Scott Lang fu più che felice di toglierlo da quella situazione umiliante.
<< Allora, che cosa stiamo aspettando? Diamo il via a questa festa! >> esclamò l’uomo, suscitando urla d’accordo ad opera dei compagni di squadra. Il tutto sotto lo sguardo poco divertito della moglie, che lanciò al marito un’occhiata visibilmente stizzita.
Da quel momento in poi, il compleanno prese una piega piuttosto mondana. Scambio di regali, stuzzichini, balli occasionali, fino ad arrivare all’inevitabile torta con sopra stampato a caratteri cubitali il numero 18. Era al cioccolato, proprio come piaceva a Peter.
Dopo quasi tre ore, i vari Avengers cominciarono a tirare fuori gli alcolici e a scambiarsi storie di guerra, racconti che andavano dalle ultime missioni a questioni di vita quotidiana.
Peter approfittò proprio di quel momento per sgattaiolare al di fuori dell’abitazione, senza farsi notare.
L’aria della sera era calda e pervasa da una frizzante atmosfera primaverile.
Il ragazzo inspirò a fondo e si sedette comodamente sulla panchina a dondolo che si trovava sul portico della baita.
Era la prima volta che riceveva una festa di tale portata, in genere i suoi compleanni era solito passarli in compagnia di Zia May o Ned, magari giocando ai videogiochi o guardando maratone di film.
Inutile dire che, per quanto avesse gradito la sorpresa, si sentiva un po’ sopraffatto dall’intera situazione.
<< Ti piace la solitudine? >> arrivò una voce familiare alle sue spalle, facendolo sobbalzare.
L’adolescente si voltò di scatto. Carol se ne stava lì, appoggiata allo stipite della porta, le bracci incrociate davanti al petto e il volto adornato da quel suo intramontabile sorriso. Nella mano destra reggeva una confezione di birre in lattina.
<< In genere sì >> rispose Peter, dopo un breve momento di silenzio.
La donna ridacchiò e procedette a sedersi accanto a lui.
<< Devi stare proprio bene con te stesso >> commentò, lanciandogli un’occhiata impertinente.
Peter arrossì leggermente e distolse lo sguardo. << Che cosa te lo fa pensare ?>>
<< Se preferisci restare da solo, piuttosto che goderti i festeggiamenti…vuol dire che la tua compagnia ti dev’essere proprio gradita >> continuò Carol, con una scrollata di spalle.
Cercando in tutti i modi di nascondere la propria eccitazione, il vigilante rilasciò un sospiro teatrale.
<< Oh sì. Quando sono solo posso fare quello che voglio. Posso piacermi, detestarmi…>>
<< Quindi ti detesti? >> chiese all’improvviso la donna.
Peter si voltò di scatto, notando che il sorriso allegro della supereroina era stato sostituito da un cipiglio scontento.
Deglutì a fatica e disse : << A volte. E quando accade…mi detesto proprio per questo >>.
Carol rimase in silenzio, ferma e immobile, scrutandolo per quello che sembrò un tempo interminabile. Senza rendersene conto, Peter si ritrovò ancora una volta ad annegare in quei caldi occhi marroni. Sembravano capaci di scacciare ogni sofferenza, ogni brutto pensiero. Avrebbe voluto poterli fissare in eterno.
<< Penso che tu abbia bisogno di una birra >> disse la mezza Kree, interrompendo le divagazioni mentali del ragazzo.
Questi la fissò con un’espressione confusa.
<< Ho compiuto diciotto anni, Carol, non ventuno >> disse con un piccolo sorriso.
Carol si limitò a scrollare le spalle.
<< Ho bevuto la mia prima bevanda alcolica quando avevo sedici anni. Non credo che tua zia se la prenderà >> disse lanciandogli una lattina, che Peter afferrò al volo grazie ai suoi riflessi migliorati.
<< Allora non la conosci molto bene >> borbottò con tono ironico, rigirandosi la bevanda tra le mani come se si trattasse di una bomba pronta ad esplodere. Il tutto sotto lo sguardo divertito di Carol, internamente impressionata dalla maturità di giudizio che il vigilante stava dimostrando.
Passato un minuto, l’adolescente puntò un dito verso la bionda, in segno di avvertimento.
<< Acqua in bocca >>
<< Le mie labbra sono sigillate >> rispose Carol, afferrando una lattina per sé e aprendola senza il minimo sforzo. Peter fece lo stesso e se la portò con esitazione alla bocca.
Prese un rapido sorso…e per poco non si strozzò.
Affianco a lui, la donna si portò una mano davanti alla faccia per nascondere una risata.
<< È più forte di quanto pensassi >> borbottò il vigilante, tossendo un paio di volte.
La mezza Kree lo picchiettò amichevolmente sulla schiena.
<< Solo perché non ci sei abituato. Col tempo non te ne accorgerai nemmeno >> disse con tono rassicurante.
Peter le lanciò uno sguardo non del tutto convinto. Tuttavia, dopo essersi ripreso, decise di fare un altro tentativo.
<< Allora…alla salute >> disse con esitazione, alzando la lattina che teneva in mano. Carol la battè con la propria, ed entrambi cominciarono a bere.
Con sua grande sorpresa, Peter si ritrovò a concordare con le parole della supereroina. Non era così male, ora che si era preparato al gusto insolito.
Lanciò un’occhiata laterale in direzione di Carol, e questa fece lo stesso. Entrambi non avevano ancora staccato le labbra dell’apertura della lattina.
Quasi inconsapevolmente, Peter inclinò leggermente il contenitore e cominciò a bere più in fretta. Affianco a lui, gli occhi della supereroina luccicarono di sfida.
La donna imitò l’azione del ragazzo ed entrambi presero ad ingurgitare le rispettive birre con maggiore enfasi.
Dopo appena trenta secondi, tuttavia, Peter si staccò dalla lattina e iniziò a tossire sonoramente.
<< È stata una cattiva idea >> borbottò quasi a se stesso, mentre Carol finiva gli ultimi sorsi della bevanda.
Schiacciò il cilindro metallico tra le mani e volse al ragazzo un sorriso canzonatorio.
<< Sfidarmi ad una gara di bevute o finire la tua birra con un unico sorso? >> domandò retoricamente.
Peter si accasciò allo schienale della sedia, rilasciando un gemito.
<< Entrambe >> mormorò sofferente, suscitando una risata musicale da parte della compagna di squadra.
Peter si perse in quel suono e sorrise. Dio, non si stancava mai di sentirla ridere.
Carol gli porse una seconda birra.
<< Un’altra? >> chiese con tono di sfida, mentre l’adolescente la fissava stizzito.
Passò la testa dalla lattina al volto della donna, e rilasciò un secondo sospiro.
<< Massì. Dopotutto, ora sono un uomo >> commentò con una scrollata di spalle, le labbra arricciate in un sorriso autoironico.
Carol annuì con approvazione ed esclamò : << Questo è lo spirito! >>
Ben presto, senza nemmeno rendersene conto, si ritrovarono a parlare del più e del meno.
Di come Peter aveva preso a cuore i consigli di Carol sull’iscriversi al college, facendo domanda a varie università di biotecnologia, oppure le avventure che la donna aveva affrontato nell’ultimo anno, tra i loro vari incontri.
Carol arrivò perfino a raccontargli le vicende che l’avevano riportata sulla Terra dopo la cattura da parte dei Kree, artefatto che conoscevano solo lei, Fury e quelle poche persone che erano state coinvolte direttamente nell’accaduto.
Inutile dire che il ragazzo era rimasto estremamente affascinato dall’intera storia, e anche un po’ divertito.
<< No, no, aspetta, fammi capire bene. Questo tizio ha provato a farti combattere in un corpo a corpo per dimostrargli che eri un guerriero degno…e tu lo hai semplicemente colpito con un blaster?! >> domandò Peter, il volto adornato dal sorriso di una persona che stava cercando in tutti i modi di non scoppiare a ridere.
Carol gli inviò un sorriso complice e rispose con un sonoro : << Yep >>
A quel punto, l’adolescente non riuscì più a trattenersi, e venne rapidamente seguito dalla supereroina.
<< Avrei voluto esserci >> commentò il vigilante, asciugandosi una lacrima immaginaria e prendendo un paio di respiri calmanti.
Carol accavallò le gambe e alzò lo sguardo in direzione della volta celeste.
<< Ne abbiamo fatta di strada, non è vero?>>
<< Già >> acconsentì Peter, prima che la sua espressione allegra venisse sostituita da una visibilmente più cupa. << Avrei solo voluto che Tony fosse qui per godersi tutto questo >>
La donna sussultò e lanciò al ragazzo uno sguardo preoccupato. Era sempre così spensierato, così…pieno di vita. Vederlo in queste condizioni riusciva a turbarla ogni volta.
Senza perdere tempo, gli posò una mano rassicurante sulla spalla.
 Il vigilante si voltò, fissandola con occhi leggermente lucidi. Una visione che riuscì ad attanagliarle il cuore in una morsa assai sgradevole.
<< Non sono mai stata un tipo religioso, Peter, ma…sono sicura che, ovunque si trovi adesso, lui è fiero dell’uomo che sei diventato >> disse con un dolce sorriso.
Peter restituì il gesto, toccato dalle parole della supereroina. Si asciugò le lacrime con il gomito del braccio e prese un altro rapido sorso di birra.
<< Grazie, ne avevo bisogno >> disse onestamente, mentre la donna gli colpiva la spalla con un pugno amichevole.
<< A cosa servono gli amici? Inoltre, non posso certo consegnarti il mio regalo con quel muso lungo >>
Le sopracciglia di Peter si sollevarono di scattò, a dimostrazione della sua incredulità. Il fatto che Carol fosse riuscita a trovare il tempo per partecipare alla sua festa di compleanno era già stata una manna dal cielo di per sé. Ma che fosse venuta pure con un regalo…
Il cuore del ragazzo cominciò a svolazzargli nel petto, anche se lui fece di tutto per nascondere la gioia che stava provando in quel preciso istante.
Nel mentre, la donna aveva estratto qualcosa dalla tasca della giacca.
<< Ho tirato alcune stringhe, e sono riuscita a ottenere un permesso per visitare il centro della NASA e assistere al lancio del nuovo Space Shuttle Omero >> disse porgendo al ragazzo una coppia di pezzi di carta.
<< Che cosa ?! >> esclamò Peter, gli occhi dilatati come piatti.
Afferrò un biglietto e lo lesse da cima a fondo, sotto lo sguardo divertito di Carol
<< So quanto ti piacciono queste cose, per cui… >>
<< Sei la migliore! >>
La donna non ebbe il tempo di terminare la frase. Dopo aver udito quell’esclamazione, sentì un paio di bracci avvolgersi attorno al suo collo, e il corpo di Peter schiacciato contro il suo.
Inizialmente sorpresa, le guance della supereroina si tinsero di rosso, anche se l’oscurità della notte riuscì a nascondere la cosa.
Rendendosi conto di quello che aveva appena fatto, Peter si tirò subito indietro, visibilmente allarmato.
<< O-oh, scusa >> borbottò imbarazzato, distogliendo lo sguardo con una sfumatura altrettanto scarlatta che gli adornava il volto.
Era piuttosto adorabile, Carol dovette ammettere a se stessa.
<< Non devi scusarti. È stato…carino >> disse con un sorriso goffo, scompigliandogli amichevolmente i capelli.
Se possibile, Peter sembrò arrossire ancora più intensamente.
Nel tentativo di nasconderlo, prese un’altra lattina di birra e cominciò a bere, seguito dalla donna. E continuarono a farlo per un po’, accompagnati solo da silenzio e dalla rispettiva compagnia.
Grazie alle loro biologie avanzate erano capaci di sopportare grandi quantità di alcol senza subire gravi effetti, ma dopo un po’ anche la mente di Peter cominciò a vagare, facendosi più offuscata.
Poi, intorno a mezzanotte, l’adolescente prese un respiro profondo.
 << Non fa tanto freddo. Hai voglia di fare un giro intorno al lago? >> chiese di punto in bianco, sorprendendo la compagna.
Carol si portò una mano alla fronte e sorrise.
<< Con nuotata? >> domandò civettuola.
<< C-cosa? No, no, certo che no! Io, uh…volevo dire… >> balbettò l’altro, cercando di trovare le parole giuste per controbattere una simile dichiarazione.
Dopo aver preso un paio di respiri calmanti, fissò la bionda con fiducia ritrovata.
<< Andiamo in riva al lago, portiamo con noi qualche lattina e… >> s’interruppe.
<< E? >> chiese lei, colma d’anticipazione.
<< …Guardiamo le stelle >>
Si fissarono a lungo e Peter sentì che la sua resistenza interiore stava cedendo. 
Sentiva se stesso dire cose che non avrebbe voluto dire ; c’era qualcosa che premeva tutti i pulsanti giusti e tirava tutte le leve giuste per azionare il meccanismo. Risvegliava aspettative, invitava se stesso e Carol a fare quello che in genere si era portati a fare se ci si trovava nei pressi di un lago solitario in compagnia di qualcuno. Avrebbe voluto essere di nuovo a New York e, nel contempo, desiderava stringerla tra le sue braccia.
Maledisse la piega che avevano preso le cose, ma allo stesso tempo non riusciva a trattenersi, probabilmente a causa dell’effetto dell’alcol.
<< Bene, allora andiamo >> disse infine la donna, con un sorriso disarmante.
Internamente, Peter si ritrovò a sospirare di sollievo.
Fuori non c’era vento e l’aria ere permeata dal suono prodotto dalle cicale. Durante il breve viaggio non dissero neppure una parola.
Dopo cinque minuti di camminata si ritrovarono in una piccola radura confinante con la riva del lago e si sedettero, sorseggiando un altro paio di lattine di birra.
<< Siediti sulla schiena…e l’universo, con tutto quello che racchiude, sarà tuo. Prova >> lo invitò Carol, una volta finito il contenuto.
Peter fece come gli era stato detto e affondò nell’erba. Al contempo, alzò la testa verso l’immensa volta stellata che illuminava l’oscurità della notte.
La supereroina si sdraiò accanto a lui, e l’adolescente si ritrovò incapace di frenare una rapida occhiata.
Carol lo stava guardando. I suoi occhi splendevano nell’oscurità della notte.
<< Hai mai visto le stelle cadenti?>> gli chiese, le labbra appena arricciate in un placido sorriso.
Peter deglutì una seconda volta.
<< Sì, alcune volte >>
<< E hai mai desiderato qualcosa?>>
<< Sono piuttosto carente di sostanza romantica>> ammise il ragazzo, mentre avvicinava il proprio corpo al suo. << Me le sono semplicemente godute >>
La donna ridacchiò. << Dimenticavo, sei un uomo di scienza >>
<< E sono probabilmente l’ultima persona al mondo che potrebbe credere in qualcosa >> disse Peter, con un sottofondo di autoironia.
<< Quindi su di te i fiori e le stelle cadenti non hanno il minimo effetto. Chiunque cercherà di corteggiarti avrà il suo bel da fare. A quanto pare, la cosa più romantica che ti si possa regalare è un’analisi di stabilità delle costruzioni ad alta tecnologia >> commentò Carol, ridacchiando alle sue stesse parole.
Peter la guardò per un momento. Poi, gettò indietro la testa e si distese lentamente.
<< Lo credi davvero? >>
Lei si appoggiò ai gomiti e lo osservò. << No, non lo credo >>
<< Credi che non possa essere romantico? >>
<< Credo che tu non abbia mai pensato a cosa voglia dire essere romantici >> rispose con voce impassibile.
I loro sguardi si incontrarono un’altra volta. A lungo. Troppo a lungo.
Peter si alzò con i gomiti, rendendosi conto di essere molto più vicino a lei di quanto avesse inizialmente pensato. Aveva la mente annebbiata dall’alcol, e si sentiva euforico come mai prima d’ora.
<< Forse puoi farmi vedere che cosa vuol dire >> sussurrò Peter con voce flebile, facendo indugiare gli occhi sulle labbra della giovane donna.
Questa dilatò le pupille e prese a fissare il vigilante. L’adolescente si sentì sezionato da quello sguardo, e il suo cuore cominciò a battere molto più velocemente.
<< Io…Non credo sia una buona idea >> disse Carol dopo quasi un minuto di completo silenzio, la testa leggermente piegata di lato. Anche lei aveva le guance leggermente arrossate a causa dell’alcol, e non solo.
Senza rendersene conto, Peter allungo una mano e la costrinse a guardarlo in faccia ancora una volta.
Il tempo parve fermarsi, mentre i muscoli della donna divennero tesi.
Nel cervello del ragazzo si rincorrevano migliaia di rumori e di pensieri, che poi si condensarono in un vortice, lacerando la sua concentrazione.
Entrambi i supereroi erano ancora immobili, ma carichi di tensione, come in  attesa di un segnale, di un autorizzazione: qui, prego, una per lui e una per lei.
Adesso può baciare la ragazza, Signor Parker. Ora può essere appassionato, veramente appassionato. Non è così male, ma ora, per favore, ci creda !
Baciare. Ora.
E Peter fece proprio questo.
Non appena le sue labbra entrarono in contatto con quelle di lei, Carol emise un sussulto e dilatò le pupille.
Fissò il vigilante dritto negli occhi, ma questi aveva le palpebre socchiuse e un aria visibilmente rilassata. Per un attimo, la donna fu spinta dall’impulso di allontanarsi, prima che quel gesto impulsivo potesse continuare…prima che potesse diventare qualcos’altra. Cercò di piegare indietro la testa e sottrarsi, ma si ritrovò incapace di farlo. Ogni singolo contatto era magnifico, inebriante. E Peter non sembrava intenzionato a darle una via di fuga.
Le labbra di Carol erano calde e piacevoli. Assaporò con calma ogni secondo di quel meraviglioso momento, mentre tirò il volto della giovane donna più vicino al suo con un rapido gesto della mano.
Carol non si oppose e rispose al bacio, quasi come se ormai non volesse più fare altro.
Inconsciamente, Peter si ritrovò a sorridere sulla bocca della donna. Era tutto perfetto.
Mai, prima d'ora, il ragazzo aveva provato una tale gioia nel condividere i suoi sentimenti con qualcuno. Ed era bellissimo, pensò.
Dopo quasi un minuto, tuttavia, Carol posò ambe le mani sulle spalle del vigilante.
<< Peter…basta >> piagnucolò tra i baci. Peter, però, non sembrò farci caso, e si porse ulteriormente in avanti.
La donna chiuse gli occhi, perdendosi ancora una volta in quel contatto.
Poi, strinse le labbra e si tirò indietro bruscamente.
<< Io…io non posso >> ansimò, cercando di riprendere fiato.
Alzò la testa, e vide lo sguardo ferito di Peter.
Il cuore della supereroina mancò un battito. No, no, no…non voleva che la fissasse in quel modo. Pieno di dolore…e di tradimento.
Era una visione straziante…sbagliata.
Quasi come se avesse colto qualcosa negli occhi della donna, l’espressione del ragazzo si fece più determinata.
<< Allora fermami >> sussurrò, porgendosi in avanti ancora una volta, le labbra ad appena pochi millimetri da quelle di Carol.
Il respiro della donna cominciò ad accelerare, mentre il suo sguardo si posò su quella tentazione invitante. Il tutto nella frazione di pochi secondi.
E quando quel breve lasso di tempo giunse al suo termine…Carol afferrò i capelli di Peter e lo spinse verso di lei, incontrando la sua bocca con un bacio più affamato. Il ragazzo gemette sulle sue labbra e spinse il proprio corpo contro il suo.
Sentì qualcosa di caldo e sconosciuto farsi strada nello stomaco, e il contatto con la figura della donna non fece altro che accentuare quella sensazione.
E Carol sentì la stessa identica cosa, sospirando di pura beatitudine e lasciando che l’estasi del momento prendesse il controllo delle sue facoltà mentali.
Si abbandonò a quel bacio appassionato quanto inesperto. Evidentemente Peter non aveva baciato molte ragazze, ma la cosa non le importava. Era carino, in un certo senso. Come se quei baci fossero per lei e per nessun’altro. Come se lo possedesse…come se fosse suo.
“ Oddio, sto baciando un ragazzino” sussurrò a sé stessa. No…non un ragazzino. Un giovane uomo. Che aveva affrontato molto più dolore di quanto avrebbe dovuto una qualsiasi persona della sua età.
Qualcuno che aveva combattuto al suo fianco con le unghie e con i denti. Un guerriero…un eroe.
Non gli avrebbe negato quel momento di gioia, non dopo tutto quello che aveva sopportato.
Si chinò all’indietro, lasciando che Peter si arrampicasse sul suo corpo, gemendo quando le mani del vigilante cominciarono a serpeggiare sotto la giacca…sotto la maglietta…sulla sua pelle…
<< Parker! >>
Entrambi si bloccarono.
Si staccarono l’uno dall’altra con la stessa rapidità di un fulmine, girandosi entrambi in direzione della foresta che delimitava la radura. I loro volti allarmati, tuttavia, vennero sostituiti da espressioni colme di sollievo, non appena si resero conto che non c’era nessuno.
Poco dopo, la figura di Happy fuoriuscì dagli alberi, coperta di foglie.
Li vide entrambi seduti al centro della radura e sorrise soddisfatto.
<< Eccovi qui! >> esclamò gioviale, avvicinandosi alla coppia di supereroi e dando una rapida occhiata alle lattine vuote sparse nell’area. << Avete deciso di portare la festa qua fuori? Non male, anche se la temperatura non è delle migliori >>
<< Avevi bisogno di qualcosa Happy? >> chiese Peter con voce leggermente tremante, quasi stizzita.
Carol gli lanciò uno sguardo di avvertimento, ma Happy sembrò non accorgersene.
<< Giusto, tua zia mi ha mandato a cercarti, sta per tornare a casa >> disse indicando la direzione in cui si trovava la baita di Pepper.
Il vigilante fece per ribattere ma, poco prima che potesse farlo, la compagna lo interruppe con un rapido : << Ti seguiamo a ruota >>
Peter volse alla donna un’espressione incredula, ma lei non lo degno nemmeno di un’occhiata.  Si limitò ad oltrepassare sia lui che Happy, scomparendo nella foresta con passo lento e marcato.
L’ex assistente di Tony Stark si girò verso di lui.
<< Allora, vuoi startene lì tutta la notte? Coraggio, andiamo! >>
E mentre il vigilante cominciò a seguire l’uomo, un unico e semplice pensiero cominciò a martellargli nella testa : << Che cosa ho fatto? >>
 
 
 
Com’era? Spero bello! E soprattutto, spero di aver trattato la cosa nel modo più realistico possibile, e la prima volta che scrivo l’evolversi di una relazione tra un ragazzo e una donna più grande. Nella one shot precedente, dato che Peter aveva ancora diciassette anni, ho scelto di mantenere una cotta unidirezionale da parte dell’arrampicamuri, mentre ora le cose cominceranno a farsi più scottanti.
Spero di ricevere qualche recensione, ci tengo molto alla vostra opinione!
  
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