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Autore: vento di luce    18/07/2019    10 recensioni
Una raccolta di racconti eterogenei,che comprende non solo i personaggi principali,ma anche molti altri personaggi,trattando i loro sentimenti a partire da una parola,che sia astratta o concreta,che ha catturato la mia attenzione,facendo riferimento sia all'anime che al manga.
Genere: Introspettivo, Malinconico, Sentimentale | Stato: in corso
Tipo di coppia: Nessuna
Note: Missing Moments, Raccolta | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
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Bracciale-Eric Buttman
One shot


*********

"Non puoi,non devi perderlo",sussurrava nel cuore della notte un uomo sofferente,dal volto imperlato di sudore,rigirandosi di continuo fra le lenzuola,nella sua stanza. "Scappa,scappa dalla foresta,corri più forte!",esclamò poi con tono di voce alterato,aprendo lentamente le palpebre,ridestandosi da quell'incubo che tanto gli ricordava la prima volta in cui incontrò quella piccola bambina bionda,che in quel frangente stava dormendo con la testa appoggiata sul suo braccio robusto,mentre Abel ed Arthur,nella camera accanto,non riuscivano a prendere sonno.
"Papà,paparino non mi lasciare",mormorava nel frattempo la piccola Georgie,crollata in preda al sonno.
Nell'udire quelle parole il suo padre adottivo,il signo Eric Buttman,un fattore australiano,sorrise dolcemente pensando che avrebbe rifatto tutto quel che aveva fatto anche altre cento volte. Lo aveva riportato a casa sotto la pioggia battente il vecchio Kevin,dopo che l'uomo era tornato da quella gita tanto desiderata con i suoi ragazzi,avendolo messo poi a letto aiutato da Mary ed avendo medicato quella ferita sanguinante.
Il signor Buttman sospirò guardando quella bambina,ripensando a come tutto era iniziato,sfiorando la sua morbida mano,fino a toccare quel braccialetto dalle preziose pietre incastonate.
Nella sua mente tutto era chiaro,come in quel terribile giorno,il temporale improvviso mentre era fuori con i suoi adorati figli,quel pianto disperato di neonata nella foresta ed una bellissima donna bionda schiacciata da un massiccio tronco.
"Signora si faccia coraggio,la aiuterò io",le aveva detto Eric in quella circostanza,cercando disperatamente di liberarla con tutta la forza che aveva in corpo.
"Per di qua,venite,sento il pianto della bambina",avevano però gridato in quel medesimo istante le guardie che si stavano avvicinando sempre di più,durante quella caccia feroce.
"La prego salvi mia figlia,per me è finita,dia questo alla mia piccola Georgie,le dica di conservarlo sempre",aveva sussurrato la donna disperata,al limite delle forze.
Il signor Buttman,nonostante si trovasse dolorante in quel letto,non riusciva ancora a  dimenticare quel giorno,si tormentava da sempre per non aver potuto salvare quella donna.
"Sei un regalo della Divina Provvidenza Georgie",mormorò poi l'uomo continuando a toccare quel bracciale che la bambina teneva sempre con sé.
La pezza che Georgie teneva in mano per asciugare la fronte del suo amato padre era caduta per terra,mentre il fuoco ardeva vivace nel camino.
"Hai fatto tutto questo per me",sussurrò Eric con occhi lucidi guardandosi intorno,mentre anche il koala della bambina riposava,rannicchiato su sé stesso in un angolo.
"Paparino non puoi andartene,dobbiamo fare tante cose insieme",bisbigliò Georgie più volte,muovendo leggermente la testa,continuando a riposare.
Ascoltando quella voce Eric si sentì sollevato,come se provasse meno dolore,ripensando a tutti i bei momenti che avevano trascorso insieme anche ad Abel ed Arthur,da quando la avevano accolta in quella casa. Sospirò ricordando come,ogni volta che tornava dal paese,i bambini gli andavano incontro festosi,percorrendo con lui sul carro l'ultimo tratto per tornare a casa,tempestandolo di domande,mentre Georgie spesso gli regalava dei fiori profumati.
Anche il momento della cena era un dolce ricordo quando,dopo una faticosa giornata di lavoro nei campi,erano riuniti tutti insieme a tavola,mentre la piccola aiutava la mamma,che spesso la rimproverava,a servire,portando pentole più pesanti di lei.
"Diventerai una brava moglie",ripeteva spesso l'uomo alla bambina che adorava,dopo che avevano finito di mangiare,farsi prendere in braccio dal padre,percependone il profumo rassicurante.
Nonostante in quel momento non potesse alzarsi,afflitto dai dolori,Eric si sentiva sereno. Era un bellissimo uomo dagli occhi azzurri e dai folti capelli castani,alto e possente ed i suoi due figli,Abel ed Arthur,gli somigliavano come due gocce d'acqua.
Diventeranno due bellissimi ragazzi proprio come lei,gli ripetevano spesso i conoscenti quando si recava a vendere i suoi prodotti.
Il signor Buttman era una persona generosa,altruista ed amava la sua famiglia al di sopra di ogni altra cosa,i suoi adorati figli,la piccola Georgie e sua moglie Mary,figlia di un fattore della zona,una donna che reputava semplice e di buon cuore,che aveva conosciuto in chiesa durante una delle tante messe domenicali,chiedendola poco dopo in sposa.
Sapeva che non amava Georgie quanto la amasse lui e,sebbene cercasse di mascherare il suo disappunto per quella situazione,la donna molte volte non riusciva a fingere,come quando non voleva far tenere alla bambina quel piccolo koala.
"Tu assecondi sempre ogni suo capriccio",gli ripeteva infatti spesso la moglie nervosamente.
"Finche ci sarò io potrai sempre contare su di me",mormorò Eric alla bambina che ancora dormiva,giocando con le sue dita delicate,non volendo però fare una colpa alla moglie per quel suo comportamento,sebbene alcuni episodi lo facevano soffrire,come quella volta in cui Mary si era opposta fermamente alla costruzione della capanna sull'albero,accordando loro solamente una piattaforma. In quell'occasione Eric si era preso tutte le colpe per la delusione dei bambini,cercando sempre di proteggerli e di non far loro capire,per quanto poteva,quali fossero i reali sentimenti della madre.
Ricordò poi con affetto la prima volta che avevano ammirato quel panorama meraviglioso in cima al grande albero.
"Papà ti voglio tanto bene",gli aveva detto Georgie quel giorno,dandogli un piccolo bacio sulla guancia.
"Anche io ti voglio tanto bene",disse Eric in quel momento come le aveva risposto quella volta da lassù e,sebbene fosse molto stanco e provato,non voleva chiudere le palpebre anche se stavano diventando sempre più pesanti,come non volesse perdere nemmeno un istante.
Quando stava con i suoi bambini era l'uomo più felice del mondo,viveva per loro e per sua moglie,nonostante molte donne avessero provato varie volte a destare la sua attenzione,senza però alcun risultato.
"Bambini miei",mormorò pensando a quanto li amava,ma proprio in quel momento una fitta scosse il suo corpo indebolito,l'effetto del calmante che gli aveva somministrato lo zio Kevin,nell'attesa che il medico venisse l'indomani mattina a visitarlo,stava iniziando a perdere efficacia.
Sapeva di avere qualcosa di ben più grave,nonostante avesse udito nel dormiveglia lo zio rassicurare i ragazzi,non era un dolore superficiale ma veniva dal profondo,era difficile si sbagliasse anche perchè varie volte aveva aiutato i fattori della zona,vittime di incidenti.
Cominciava così a sentirsi sempre più stremato,le forze lo stavano abbandonando quasi del tutto,se non avesse portato i ragazzi a visitare l'isola Lucertola,che avevano tanto desiderato vedere,come gli aveva all'inizio sconsigliato la moglie,forse non si sarebbe trovato in quelle condizioni. Ma non si pentiva di niente Eric,anzi era grato alla vita,grato per tutto quello che aveva e poi non voleva pensare al peggio.
"I miei bambini hanno bisogno di me",bisbigliò pensando a quella vecchia canoa,a quell'impatto fortissimo per fermarla e riportarla a riva per salvare Georgie in balia della corrente,ma non aveva niente da rimproverarsi,il destino aveva voluto così.
Non avrebbe mai dimenticato quella giornata,impressa indelebile nella sua mente,i canguri che saltavano sui prati,quel cestino ricco e gustoso,la pesca nel fiume,gli animali nel bosco.
Eric continuava a guardare malinconico quella bambina,che l'aveva sempre ammirato per la sua forza quando spaccava la legna nel bosco,come lo ammirava suo figlio Abel che ripeteva sempre di voler diventare coraggioso come lui.
Stare con loro era tutto quel che desiderava e,nonostante i malumori della moglie,la amava profondamente,di un amore puro e sincero.
"Devi amare Georgie come Abel ed Arthur",le ripeteva spesso dolcemente,sperando di farle cambiare idea.
"Ogni volta che vedo quel braccialetto mi ricordo che non è mia figlia,che è figlia di un galeotto",gli rispondeva però Mary.
Ripensò a quelle parole,toccando di nuovo quell'oggetto di valore al polso della bambina ed ogni volta provava una sensazione particolare,di tristezza commista a speranza.
L'unica volta che sgridò la piccola fu infatti proprio quando lo perse,giocando nei prati.
"Non devi perderlo mai più bambina mia,conservalo sempre gelosamente",bisbigliò accarezzandole la testa.
Questa era la più grande preoccupazione di Eric,quel bracciale era l'unica traccia che legava quella creatura venuta  dal cielo alle sue vere origini ed aveva diritto di scegliere riguardo il suo futuro una volta cresciuta,questo aveva sempre pensato l'uomo.
Non voleva riaddormentarsi,ma le palpebre erano sempre più pesanti ed i dolori stavano divenendo sempre più intensi.
"Georgie ti proteggerò sempre",sussurrò poi prima di crollare sfinito fino all'alba.
"Papà,dissero l'indomani i figli andando incontro al padre,osservando Georgie che lo vegliava di nuovo sveglia,con costanza.
"Resisti caro,fra poco arriverà il dottore",disse Mary all'uomo ormai del tutto sofferente."Come va il dolore alla gamba?",continuò la donna.
"Ho male dappertutto",rispose solamente Eric.
"Papà,Georgie ti ha vegliato per tutta la notte",disse Arthur al padre.
"Piccola mia",sussurrò Eric che già sapeva tutto,incontrando gli occhi della bambina ed increspando le labbra in una smorfia,provava ormai un dolore insopportabile e non riusciva più a controllare gli spasmi del volto.
"Papà il dottore è arrivato",disse in quel momento Abel trafelato rientrando in casa,dopo essere andato incontro al medico.
"Signora",esclamò preoccupato il medico,dopo aver visitato l'uomo in un silenzio quasi sacrale,"non è la ferita che avete ben medicato il problema,ma una lesione allo stomaco,non so come abbia fatto suo marito a riportare a casa i ragazzi",continuò il dottore dopo che gli fu raccontato cosa fosse successo.
"É un uomo eccezionale,io però non posso fare niente per lui,",disse infine il medico scuotendo la testa. "Ha bisogno di un chirurgo per essere operato al più presto,solo così potrebbe avere salva la vita". Si rimise poi il cappello,prese la borsa e,facendo un cenno con la testa,andò via.
I bambini erano come impietriti dopo aver udito quelle parole,non riuscivano a parlare e Mary,in uno scatto di rabbia,gettò nel fuoco il nastro per capelli che aveva comprato per la piccola Georgie il giorno prima,quando era andata a fare acquisti.
"È tutta colpa tua",imprecò la donna mentre il marito ormai si contorceva nel letto sempre di più,"si,tutta colpa tua e di quella stupida bestiaccia. Non dovevamo prenderlo e non dovevamo prendere nemmeno..."
"No,ti prego!",esclamò  Eric sporgendosi dal letto con un filo di voce,al limite delle forze. "Bambini vi prego,lasciate soli me e la mamma per un momento",li invitò il padre. "Cara lo so che per te è difficile,lo ho sempre saputo",continuò l'uomo.
"Perdonami ma me lo sentivo,sapevo che sarebbe accaduto qualcosa di terribile e non riesco a dimenticare che è la figlia di un deportato!",disse Mary piangendo disperata,con la testa su quelle lenzuola impregnate di sudore.
"Solamente io,te e Kevin sappiamo la verità,ti prego,i ragazzi non dovranno mai sapere",la supplicò l'uomo poggiandole una mano sulla testa. "Georgie è un dono di dio,dobbiamo volerle tutti bene",sussurrò infine Eric piegato in due,ormai non riusciva quasi più a parlare.
"Abel,Arthur,presto venite qui",gridò allora Mary portandosi una mano alla bocca,rivolgendosi ai ragazzi che si trovavano in quel momento tristi nella loro stanza,mentre Georgie piangeva sul letto per quelle dure parole.
"Cara ti prego,promettimi che ti curerai sempre di Georgie",disse Eric alla moglie,ormai pallidissimo.
"Papà!",esclamarono i figli,entrando nella stanza preoccupati.
"Figli miei,Georgie,bambina mia,non devi mai perdere quel braccialetto,mai",sussurò l'uomo alla piccola,cercando di alzarsi,mentre quelle parole gli stavano morendo in bocca. In quello stesso istante il bracciale scivolò via dal minuto polso della bambina cadendo per terra,tintinnando per pochi secondi,una dolce melodia per Eric,fino a quando non chiuse le palpebre,lasciandosi cadere sul letto.
Pianse Mary quel doloroso giorno,abbracciando forte i figli,mentre Georgie,pietrificata in disparte,raccoglieva poco dopo quel bracciale tanto caro all'uomo,correndo fuori più veloce che poteva,con il viso bagnato dalle lacrime che scendevano copiose. Il suo adorato padre aveva chiuso gli occhi per sempre.

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