Serie TV > Il Trono di Spade/Game of Thrones
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Autore: chemist    18/07/2019    3 recensioni
Tyrion Lannister è membro di una delle più potenti famiglie di Westeros, ma deve guardarsi le spalle persino da suo padre e da sua sorella.
Sansa Stark è una figlia del Nord finita nella fossa dei leoni proprio mentre la sua casata viene abbattuta.
La figlia disgraziata e la scimmia demoniaca, uniti per caso contro un mondo che li disprezza e li vuole morti.
Ma con un’anima complementare al proprio fianco.
Genere: Introspettivo, Romantico, Slice of life | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Sansa Stark, Tyrion Lannister
Note: Missing Moments, What if? | Avvertimenti: nessuno
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Capitolo 3: La collana

Fino a pochissimo tempo prima, Tyrion non avrebbe mai resistito a Shae che lo fissava con aria smaliziata tentando di sbottonargli le brache. Anzi, si sarebbe adoperato immediatamente a darle una mano. Ma il caso voleva che qualcosa fosse cambiato, e molto più rapidamente di quanto si sarebbe immaginato. Ora si sentiva talmente goffo da non saper cosa fare, e in verità non era neanche sicuro di voler fare qualcosa. Non riusciva a capire il motivo di quell’improvvisa freddezza che lo ricopriva nel corpo e nella mente, ovattandolo da impulsi e tentazioni che una volta per lui erano abitudini quotidiane. Non riusciva a capirne il perché e questo lo spaventava: si sentiva sempre impotente quando non capiva qualcosa.
 
Era impossibile che ciò dipendesse da Shae: lei era bellissima, con gli occhi e i capelli neri come la notte, il viso grazioso, le labbra carnose, la pelle leggermente scura, la voce attraente e quell’accento orientale che la rendeva diversa da tutte le donne che aveva conosciuto prima di lei, le gambe snelle, il sedere rotondo, i seni sodi. Era un incanto e di certo non era cambiato il modo in cui lui la percepiva.
Erano cambiate, semmai, le sue reazioni: Shae era stata, per molto tempo, tutto il suo mondo, l’unico spiraglio di gioia in quell’insidioso dedalo di intrighi e sotterfugi che era la capitale…ora invece sudava freddo ogni volta che era con lei, temeva che qualcuno potesse vederli e distruggere le loro vite per sempre, portandogli via l’unica donna di cui gli importasse realmente qualcosa. Quel terribile pensiero, in quei momenti, gli faceva quasi perdere il controllo del proprio corpo.
 
Ma forse non era quella l’unica ragione del suo astenersi da Shae.
Forse c’era dell’altro.
Forse non è più l’unica donna di cui mi importa qualcosa.
 
In effetti, ogni volta che restava da solo con lei che lo invitava a fare sesso, Tyrion non riusciva a fare a meno di pensare a Sansa. Decine e decine di volte, nella sua vita, aveva avuto a che fare con delle puttane e la cosa non lo aveva mai sfiorato…ma ora era diverso. Da quando si era sposato con Sansa, c’era una sorta di forza invisibile che lo teneva fermo, immobile al suo posto, una forza a cui non era ancora riuscito a dare un nome.
 
Dovere? Sensi di colpa?
Amore?
 
L’ultima ipotesi era quella che lo spaventava di più, perché era una parola che aveva speso ben poche volte in vita sua. L’amore per lui era una cosa incontrollabile, che lo rapiva in un secondo e lo abbandonava quello dopo. Ricordava ancora la storia con Tysha, una cicatrice che non si sarebbe mai rimarginata del tutto.
Eppure ormai gli capitava sempre più spesso di vedere i capelli corvini di Shae divenire improvvisamente rossi, i suoi occhi cristallizzarsi in un azzurro intenso, le sue mani sbiancarsi e diventare meno esperte, certo, ma anche più fragili e delicate.
Sono così diverse.
 
Stava pensando a tutto questo quando si accorse che Shae lo aveva denudato quasi del tutto, ma riuscì a fermarla appena in tempo.
“Shae! No! Non ora. Non sono qui per fare sesso”, disse con la voce affannata.
“Non sei qui per fare sesso?”, ripeté lei ironica, scostando le leggere spalline del proprio abito e mostrando così i seni dai capezzoli turgidi.
“No. Rivestiti. Sono qui per parlare”.
L’espressione di Shae la diceva lunga sul suo disappunto, ma la donna ubbidì comunque.
 
Quando si furono rivestiti entrambi, Tyrion prese da uno scaffale due belle coppe d’argento e versò per sé e per lei dell’ottimo vino dorniano. Beveva sempre quando doveva affrontare un discorso importante: paradossalmente, lo aiutava a restare lucido. Dopo di che, riprese a parlare.
“Ieri sera Sansa è stata assalita tra le strade della città. Tre uomini hanno cercato di stuprarla”.
“Cosa?!” rispose lei ad alta voce, sinceramente preoccupata.
“Abbassa la voce. Sta’ tranquilla, la ragazza sta bene. Sono arrivato giusto in tempo per salvarla insieme a Bronn e Podrick”.
“Quindi…non l’hanno toccata”.
“No”. Per fortuna.
 
Shae tirò un enorme sospiro di sollievo. Era molto affezionata a Sansa, questo Tyrion lo sapeva. E, nonostante le difficoltà che comportava l’avere come amante l’ancella di sua moglie, ne era decisamente felice: Sansa aveva bisogno di una persona vicina di cui potesse fidarsi, e la suddetta persona doveva essere rigorosamente donna. Per fungere da insegnante, da confidente, da amica.
“Sono venuto a dirtelo io perché dubito che Sansa ne parlerà con qualcuno. È ancora scossa, e certamente prova vergogna per la cosa. Ma tu dovevi sapere”.
Shae comprese la gravità della situazione: doveva sapere, certo…ma non perché era la sua ancella. Non solo, almeno. C’era un’altra ragione che continuava a sfuggirle: “d’accordo, ma perché?”.
Tyrion rispose con un’altra domanda: “devo chiederti una cosa. C’è qualcuno che si è avvicinato a Sansa negli ultimi tempi?”.
“Loras Tyrell”.
Tyrion sospirò e con un accenno di sarcasmo chiese nuovamente: “qualcuno di pericoloso?”.
Shae, sempre più confusa, si fermò a riflettere sulla domanda. Tra i due si instaurò un silenzio pesante, che spinse il Folletto, teso come una corda, a mandar giù un grande sorso di vino, come a voler trattenere il respiro. Era così assorto nei suoi timori da avere un piccolo sussulto quando Shae riprese la parola.
“No, nessuno”.
A quella risposta, Tyrion si afflosciò sullo schienale della propria sedia. Non sapeva dove sbattere la testa. “Capisco”, disse sottovoce, con aria delusa; quindi bevve un altro sorso che gli sembrò particolarmente amaro.
“Beh, a parte…”. Tyrion si ridestò dal torpore e spalancò di nuovo i suoi grandi occhi verdi in direzione di Shae.
“…lord Baelish”.
 
Quel nome lasciò le labbra della donna portandosi dietro un carico di insidie. Tyrion strinse nervoso la coppa ormai vacante: finalmente aveva un nome, ma era di quelli che avrebbe desiderato non sentire mai. C’erano poche persone, in tutta Approdo del Re, più infide di Petyr Baelish, detto Ditocorto. Era un uomo sveglio, astuto e tremendamente manipolatore, sempre alla ricerca del piano perfetto per raggiungere i propri scopi. Scopi che, ovviamente, nessuno conosce.
“Un po' di tempo fa, lord Baelish ha incontrato e parlato con Sansa al porto”.
“E che cosa le ha detto?”.
“Non lo so: mi ha chiesto di restare da solo con lei e si è intrattenuto a parlarle solo per un paio di minuti, mentre io sono rimasta in disparte con la sua accompagnatrice”.
Tyrion aveva un’espressione strana, la stessa che assumeva ogni volta che rimuginava su qualcosa. Si porto le mani sotto al mento e rimase in silenzio per un po'. Poi sciolse gli indugi: “ascoltami, Shae: da questo momento in poi, devi informarmi ogni volta che qualcuno di sospetto si avvicina più del dovuto a Sansa. Io purtroppo ho dei doveri, ereditati tra l’altro proprio da Baelish in quanto maestro del conio, e non riesco a starle dietro per tutto il giorno…quindi dovrai farlo tu”.
“Va bene ma…mi spieghi cosa succede?”.
Il Folletto deglutì: “sospetto…che qualcuno stia architettando qualcosa per colpire sia Sansa che me”.
Shae stavolta non si scompose: “Per tre uomini che hanno provato ad abusare di una bella ragazza che passeggiava in città? Sei sicuro di non essere troppo paranoico?”.
Quella era la triste verità: eventi di quel tipo erano abbastanza comuni, ad Approdo del Re. Ne giravano parecchi di balordi, e certamente Sansa, per le sue nobili origini e per il suo essere appena entrata nell’età della maturazione, rappresentava una ‘preda’ molto intrigante. Tuttavia, continuava a credere che non fosse qualcosa di casuale ma di premeditato.
“È possibile, anzi direi che me lo auguro. Però tu fa’ come ti ho detto, te lo chiedo per piacere”. Shae annuì.
 
Fece dunque per andarsene, ma ad un passo dalla porta il suo saluto venne interrotto: “la ami, non è così?”.
Quelle parole lo fecero stare ancora peggio. Con lentezza si voltò a guardare il viso di Shae, su cui adesso c’era un miscuglio di irritazione, malinconia e insofferenza. Era sul punto di esplodere, di lasciarsi cadere a terra, sfogandosi e rivelandole di essere stanco di quei dubbi e pensieri mai espressi. Avrebbe davvero voluto farlo, ma non lo fece. Qualcosa lo trattenne, ancora una volta.
 
“Non lo so, Shae. Non lo so”.
Lei tacque per un lungo istante, poi sorrise con amarezza: “il mio leone si è già stancato di me”.
Tyrion afferrò le sue mani e le strinse nelle proprie: “no, non mi sono stancato di te. Io non dimentico mai chi mi è stato vicino nei giorni peggiori”.
“Però ora sei diverso”.
Ha ragione. Ha maledettamente ragione.
“Non sono io ad essere diverso, Shae, ma il contesto in cui mi trovo. Mio padre mi ha ordinato questo matrimonio senza neppure chiedermi un’opinione in merito. Sei importante per me, lo sei ancora e lo sarai sempre…ma ho anche dei doveri, adesso”.
Non seppe e non volle decifrare l’espressione sul volto di Shae. Si limitò a ringraziarla, a baciarle una mano e ad uscire dalla stanza, più sommessamente di quando vi era entrato alle luci dell’alba.
Aveva smesso da diverso tempo di chiedersi quale fosse la ragione che lo spingeva a fidarsi di Varys. Forse aveva bisogno di credere che alla Fortezza Rossa ci fosse ancora qualcuno che stesse dalla sua parte, anziché da quella di Cersei. Oltretutto era un alleato importante e, se lo avesse voluto morto, avrebbe fatto in modo che accadesse molto prima.
 
“Mio lord, sono felice di rivederti, ma anche profondamente addolorato per quanto successo a lady Stark l’altra sera. Tua moglie è una ragazza così deliziosa, e non merita di subire azioni tanto oscene”.
Non si smentisce mai.
“Ti ringrazio per la comprensione, lord Varys” affermò Tyrion, per nulla sorpreso nell’apprendere che l’eunuco sapesse già tutto. “E mi preme chiederti da chi hai saputo dell’accaduto”.
“Uccellini”, rispose Varys, divertito.
Ci ho provato, pensò Tyrion tamburellando con le dita sul tavolino di legno. Quindi si schiarì la voce, sperando che quest’ultima non venisse tradita dalla grande impazienza che aveva di conoscere qualche dettaglio in più.
“E dimmi, questi tuoi uccellini ti hanno suggerito qualcosa in merito?”.
“Non saprei proprio, mio lord, il misfatto è ancora così recente…ma in tanti anni ho imparato che in questa città quasi nulla avviene per caso. E sono certo che non saresti qui se non la pensassi come me”.
 
Quella frase criptica fu sufficiente al Folletto per capire che anche Varys credeva che ci fosse qualcos’altro dietro quella che, ai più, sarebbe apparsa come una semplice aggressione. Si convinse così ad andare dritto al punto: “quegli uomini erano stati mandati da qualcuno”.
“Certo, ma…hai già un’idea di chi potrebbe essere il responsabile?” domandò Varys in tono ambiguo.
“No, ed è per questo che sono venuto da te”.
Il Ragno Tessitore sorrise. “Temo allora di non poterti essere molto d’aiuto, mio lord, ma c’è ancora qualcosa che posso dirti: i miei uccellini mi hanno riferito che i tre uomini che hanno assalito lady Sansa uscivano da un bordello”.
Tyrion aveva già capito dove volesse andare a parare, ma continuò a fare il vago: “per quanto tu non sia più avvezzo a questo genere di pratiche, voglio comunicarti che degli uomini che escono da un bordello non sono una cosa poi tanto strana”.
“Certo che no, amico mio, infatti ti ho avvertito del fatto che non potessi esserti di grande utilità, ahimè”, disse l’eunuco con falso buonismo. “Però, se fossi in te, non escluderei alcuna ipotesi. E, soprattutto, sospetterei di chiunque: sai bene quanto possano essere infidi, talvolta, i gestori dei bordelli”.
 
È già il secondo indizio che porta a Ditocorto. Un terzo indizio farà la prova?
“Cosa ti fa credere che sia stato Baelish?”, gli chiese a bruciapelo.
Un’espressione di malcelato disprezzo si dipinse sul volto di Varys. “Non sono nella posizione di insinuare nulla, mio lord, ma Baelish ha dimostrato più volte di essere…diciamo un abile doppiogiochista. Non si riesce mai a capire veramente da che parte stia. La verità è che quell’uomo è più pericoloso di quanto dicano il suo sorriso benevolo ed i suoi modi cordiali. Non ama nessun altro all’infuori di se stesso, e il suo unico desiderio è sempre stato quello di avere tutto il potere nelle proprie mani”.
Tyrion ascoltò attentamente tutto ciò che Varys gli diceva, conscio che molte delle sue parole fossero dettate dalle sue vecchie ruggini con Petyr, ma determinato allo stesso tempo a far luce su quella spinosa situazione. “E questo cosa c’entra con Sansa?”.
“In passato Ditocorto ha mostrato di avere una sorta di strana attenzione per la giovane Stark”.
Non è possibile. Dopo Shae, anche lui. Possibile che io sia l’unico a non essersene accorto?
“Oltretutto”, continuò Varys, “tu sei un uomo molto potente, mio lord. Per lui, rappresenti un insidioso rivale. Sa che deve colpire quanto hai di più caro per prendere realmente il sopravvento su di te. E quale miglior modo di mettere a repentaglio il tuo matrimonio, pur di ottenere ciò che vuole?”.
Tyrion non sapeva cosa dire. Aveva evidentemente sottovalutato questo lato inquietantemente ambizioso di Petyr Baelish.
“E tu cosa vuoi, lord Varys?” domandò, solo per rompere quel silenzio che lo stava opprimendo.
Il Ragno Tessitore sorrise, come lo aveva visto fare mille altre volte. “Te l’ho detto più volte, amico mio. Io sono solo un fedele servitore del reame”.
“Hai già scelto l’abito per le nozze reali, bambina mia?”, chiese curiosa l’anziana Olenna Tyrell.
Sansa aveva un’altra volta trascorso il pomeriggio con Margaery e sua nonna, che l’avevano invitata su un terrazzo circondato in ogni angolo di fiori variopinti. Lei aveva accettato con piacere: era sicura che chiacchierare con loro le avrebbe fatto dimenticare per un po' dei brutti momenti vissuti il giorno prima. Infondo, loro non sapevano ancora niente dell’accaduto. Forse più tardi ne parlerò con Margaery.
“Francamente non ancora, mia lady”, rispose quindi alla domanda che le era stata posta.
“Pensi di farci mettere qualche riferimento alla casa Stark?”.
Sansa fu colta da un improvviso attacco di nostalgia, come ogni volta che qualcuno le riportava alla mente la sua famiglia. “Non credo che sia una buona idea, mia lady. La mia famiglia è ancora in guerra con i Lannister. Re Joffrey potrebbe reputarla un’offesa”.
Olenna percepì il suo disagio e decise di non girare il dito nella piaga. Poteva solo immaginare quanto avesse sofferto da quando suo padre, Ned Stark, era stato decapitato davanti ai suoi occhi. Decise piuttosto di sdrammatizzare: “Beh, se le cose stanno così, forse sarebbe stato meglio se anche i Tyrell fossero rimasti in guerra contro i Lannister. Vedi, mia nipote dovrà indossare un abito con i colori e le rose simbolo della nostra casata. La rosa…che stupido emblema!”, dichiarò, con un tono tutt’altro che scherzoso. “Il leone, il metalupo…sono questi gli emblemi che incutono timore e guadagnano rispetto. Non le rose”.
“Nonna!”, la rimproverò Margaery, ridendo. “Che reputazione avremo agli occhi di Sansa, se continui a dirle queste cose?”. Olenna sbuffò, scocciata.
Sansa fece attenzione a non rendere veritieri i timori di Margaery, ma osservò divertita la discussione tra le due donne. In un certo senso, le ricordavano i battibecchi tra sua madre, lady Catelyn, e sua sorella Arya, quando quest’ultima faceva qualche capriccio di troppo o rifiutava di farsi il bagno dopo essersi sporcata nel fango.
Mia madre, Arya…Grande Inverno. Chissà se le rivedrò, prima o poi.
 
Quei pensieri furono interrotti da una terza voce, che andò ad aggiungersi a quelle di Margaery e Olenna: “Mie signore, spero di non disturbare le vostre animate discussioni!”.
Tyrion Lannister, accompagnato dal suo scudiero Podrick, si fece strada fino al loro tavolo. Nel vederlo, Olenna si acquietò e si sistemò meglio sulla propria sedia, in modo da apparire più alta.
“Lord Tyrion, che piacere vederti. A cosa dobbiamo questa visita?”.
“A niente in particolare, lady Olenna. Passavo di qui e ho visto che con voi c’era anche Sansa, dunque ho pensato di venirvi a salutare”. Dopo di che salutò sua moglie con un leggero bacio sulla mano.
“Hai trascorso una buona giornata, Tyrion?”, gli chiese Sansa. Si stava a poco a poco abituando a chiamarlo per nome: non poteva negare che dopo le tensioni iniziali stesse cominciando a fidarsi maggiormente di lui, o quanto meno a gradire la sua compagnia. E poi, non avrebbe potuto fare altrimenti davanti alle Tyrell: sarebbe stato poco rispettoso nei suoi confronti.
“Non molto diversa da tutte le altre, mia cara moglie” rispose il Folletto, un po' seccato. “Il mestiere del maestro del conio è meno gratificante di quanto si possa credere”.
“Non ne dubito, specialmente in questi giorni” si intromise Olenna. “Sono certa che il matrimonio di mia nipote con re Joffrey ti stia causando parecchi grattacapi”.
“Proprio come si addice ad un matrimonio reale”.
“Sicuro, mio lord”, confermò Olenna. Che però ebbe comunque da ridire: “nondimeno 77 portate ed un numero incalcolabile di giullari, giocolieri, saltimbanchi e musicisti mi sembrano comunque un’esagerazione, soprattutto dal punto di vista delle spese economiche”.
Sansa vide Margaery distogliere lo sguardo per l’imbarazzo. Avrebbe voluto intervenire e dire qualcosa che la facesse sentire meglio, ma non se la sentiva di contraddire lady Olenna e, infondo, non era neanche così sicura che avesse torto. Adesso capiva, però, perché tutti la chiamassero la Regina di Spine: proprio come una rosa, sotto la dolcezza e la gentilezza sapeva nascondere alla perfezione le sue spine, fatte di domande scomode e di un carattere non sempre facile.
 
“Non posso darvi torto, mia lady” si difese Tyrion, “ma se non erro la casa Tyrell si è offerta di pagare la metà del prezzo di questo matrimonio, comprese le presunte esagerazioni che esso comporterà. Non capisco, quindi, se le vostre affermazioni sono dettate da un repentino cambio d’opinione o piuttosto da una difficoltà nel mantenere certe promesse”.
Sansa lo osservò con aria stupita. Provava una sincera ammirazione per il fatto che sapesse sempre cosa rispondere a chi si poneva a lui con falsa superiorità.
Olenna invece non raccolse il guanto di sfida: “non intendevo dire questo, lord Tyrion. Volevo solo dire che se in quanto membro del concilio ristretto voi riusciste a far ragionare il ragazzo…”.
“Far ragionare re Joffrey?” la interruppe sarcasticamente il Folletto. “Ahimè, non credo di esserne capace. Potreste però provarci voi: se doveste riuscirci, giuro sul mio onore di Lannister di cedervi il mio posto nel concilio”.
Sansa non riuscì a reprimere una risata. Era rimasta per tutto il tempo incantata nell’assistere a quello scambio di battute da cui suo marito era uscito, come al solito, vincitore. Gli sorrise in un modo più unico che raro, simile a quello che aveva quando, da bambina, ridacchiava in segreto con la sua migliore amica Jeyne Poole. Lo stesso Tyrion le rivolse un ghigno ricco di divertimento e complicità.
 
“A proposito, Sansa” disse dopo un po' il nano di casa Lannister, facendosi passare da Podrick una scatoletta metallica che consegnò a sua volta a Sansa. “Ti ho preso un regalo, spero che ti piaccia”.
La giovane Stark fu colta alla sprovvista da quel gesto e inizialmente non seppe come comportarsi. Fu quindi lo stesso Tyrion a spronarla: “aprila, se ti fa piacere”.
Sansa ubbidì e quello che trovò all’interno la lasciò a bocca aperta: una magnifica collana d’oro, in cui erano incastonate pietre preziose di vario colore finemente intagliate.
“Che meraviglia!” affermò Margaery, cingendo delicatamente le spalle di Sansa. “Ti starà benissimo!”.
Sansa si sentì imbarazzata: raramente aveva condiviso momenti di serenità con suo marito, e farlo in presenza di altre persone era ancora più complicato per lei. Tuttavia, pur avendo avuto una reazione molto composta, non poté fare a meno di divenire raggiante: “è un dono stupendo, Tyrion. Ti ringrazio molto”.
Il Folletto sorrise, consapevole di averla finalmente resa felice: “sono contento che ti piaccia”.
 
“Posso vederla?”, disse improvvisamente Olenna. Sansa annuì e le passò il prezioso monile.
La Regina di Spine osservò la collana in un modo che tutti, Tyrion per primo, trovarono piuttosto strano. Era come se la stesse studiando, percorrendo con le dita rugose ogni centimetro delle pietre in essa incastonate. Nei suoi piccoli occhi apparve un lampo compiaciuto.
“Eh si, è proprio una collana stupenda”, disse infine. “Un oggetto perfetto da indossare al matrimonio di un re”.

Ciao a tutti!
Devo dire che questo capitolo non mi soddisfa appieno, ed è per questo che ci ho messo qualche giorno in più per pubblicarlo!
E’ un capitolo un po' di transizione, ma vi assicuro che il prossimo sarà migliore (o almeno me lo auguro!).
P.S.: forse ricorderete la frase di Olenna sugli emblemi delle casate: è ripresa da quella che l’anziana Tyrell dice a Sansa al loro primo incontro nella serie tv ;)
Detto questo, non posso fare altro che salutarvi ed invitarvi, se vi va, a scrivermi cosa ne pensate in una recensione.
A presto!
   
 
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