Serie TV > Il Trono di Spade/Game of Thrones
Segui la storia  |       
Autore: chemist    22/07/2019    1 recensioni
Tyrion Lannister è membro di una delle più potenti famiglie di Westeros, ma deve guardarsi le spalle persino da suo padre e da sua sorella.
Sansa Stark è una figlia del Nord finita nella fossa dei leoni proprio mentre la sua casata viene abbattuta.
La figlia disgraziata e la scimmia demoniaca, uniti per caso contro un mondo che li disprezza e li vuole morti.
Ma con un’anima complementare al proprio fianco.
Genere: Introspettivo, Romantico, Slice of life | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Sansa Stark, Tyrion Lannister
Note: Missing Moments, What if? | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
 <<    >>
Per recensire esegui il login o registrati.
Dimensione del testo A A A
Capitolo 4: Ritorno
 
“Lady Margaery aveva ragione, Sansa. Quella collana ti dona molto, e sono contento che tu abbia deciso di indossarla già oggi”.
Tyrion aveva sempre parole gentili per lei. Una volta la inquietavano, ora invece la lusingavano, come giusto che fosse.
 
D’altra parte, Sansa si sentiva stranamente di buon umore quel mattino. Si era svegliata con la calda luce del sole ad inondare e dare colore al suo pallido viso; poi era arrivato alle sue narici l’odore invitante della colazione, lasciata da Shae sul tavolo poco prima. Si alzò in fretta dal proprio letto e andò a dare un’occhiata: c’erano fette di pane caldo col burro, porridge e pezzetti di pancetta, che tanto piacevano a suo marito.
Già, mio marito.
Sansa d’istinto si voltò verso Tyrion, che ancora dormiva sul proprio scranno. Non le sfuggì, tuttavia, che reggeva tra le mani un grosso tomo: doveva essersi addormentato mentre lo leggeva. La Stark sorrise impercettibilmente, quindi gli si avvicinò, incuriosita, cercando di non fare rumore. Arrivata da lui, cercò di capire di che libro si trattasse, ma prima che trovasse il modo per farlo si accorse che il Folletto si stava a poco a poco svegliando, aprendo lentamente gli occhi.
“Ti…ti chiedo scusa. Non volevo svegliarti!” disse imbarazzata.
“Sta’ tranquilla, Sansa, credo di aver dormito più del dovuto…” rispose lui, sbadigliando. “Piuttosto, è la prima volta che mi sveglio e ti trovo così vicina. A cosa devo questa piacevole novità?” aggiunse poi, sorridendo beatamente.
“Io...ho visto che dormivi con un libro e la cosa mi ha reso curiosa”.
“Oh, giusto”, disse il Folletto, quasi come se avesse dimenticato di avere ancora l’oggetto tra le mani. “’Vite dei Quattro Re’. Un racconto interessante, più di quanto suggerisca il fatto che mi sia assopito nel leggerlo”, ammise ridendo. “È un libro molto raro e pensavo di regalarlo a Joffrey come dono di nozze”.
Sansa non poté fare a meno di sentirsi dubbiosa: “sei sicuro che gli piacerà?”.
“Non mi aspetto che gli piaccia, ma forse leggendolo scoprirà per la prima volta i requisiti di un buon sovrano”.
A quell’affermazione, Sansa gli sorrise di nuovo: ormai lo faceva sempre più spesso. Non si sentiva più oppressa dalla paura che qualcuno potesse improvvisamente picchiarla. Tyrion non era come Joffrey, e d’altro canto stava imparando ad apprezzare, a discapito di un’apparenza tutt’altro che affascinante, molti aspetti della sua personalità. Soprattutto la sua generosità ed il suo senso dell’umorismo.
Vide poi suo marito tormentarsi le mani ed indugiare prima di aprir bocca, come se avesse qualcosa da dire ma non sapesse come. Ma riuscì a farsi coraggio: “Sansa…che ne diresti, dopo la colazione, di fare una passeggiata nei giardini?”.
Gli occhi della ragazza si illuminarono: “con molto piacere”.
 
L’odore pungente ma piacevole dei fiori nei giardini e il canto melodioso degli uccelli la riportarono con la mente alla domanda che Tyrion le aveva appena posto: “ti ringrazio, Tyrion. Sia per il regalo che…per i complimenti”, disse arrossendo.
Notò che lui faceva molta attenzione a non prendersi troppe libertà: camminava abbastanza distante da lei e non provava neanche ad allungarle una delle sue mani. Era come se temesse ancora un allontanamento di lei, e questo lo faceva desistere dall’osare troppo. Come alla prima notte di nozze.
Ciò nonostante, Sansa cominciava a preferire la sua compagnia fatta di sguardi furtivi e attenzioni sincere, piuttosto che quella di ser Loras Tyrell che, pur tenendole il braccio e pur essendo molto più bello di lui, sembrava sempre poco interessato a quello che lei gli diceva, come se fosse assorto in altre questioni.
 
“Ho notato che trascorri molto tempo con lady Margaery e sua nonna. Cosa ne pensi di lei? Secondo te sarà la sposa giusta per Joffrey?”, domandò il Folletto.
“Margaery è una donna adorabile. Mi ha sempre trattata come un’amica e le voglio bene. Quanto a lady Olenna…”. Sansa indugiò un po' sul nome della Regina di Spine, come se stesse cercando le parole giuste per descirverla: “…è una donna molto furba a cui piace dire sempre la propria”.
“Oh, si, me ne sono accorto anche ieri” sogghignò Tyrion.
“Però le hai risposto bene. Non la fai mai passare liscia a nessuno” affermò Sansa, con un vispo sorrisetto a gonfiarle gli zigomi.
Tyrion si sentì lusingato: “sei troppo buona, Sansa, ma forse non è il caso di esagerare. Anche se recentemente abbiamo avuto qualche piccolo screzio dialettico, sono sicuro che Olenna Tyrell sia una donna giusta. Però devo ammettere che...talvolta mi diverto un po' troppo a smentire verbalmente chi si sente superiore a me solo perché sono un nano”.
 
Sansa annuì, mentre due uomini vennero verso di loro per poi superarli; nel farlo, però, si voltarono furtivamente scambiandosi commenti divertiti sui due coniugi.
“Toh, eccone altri due” disse Tyrion, palesemente infastidito. “Desmond Crakehall ed Eldrick Sarsfield”.
Sansa quasi non aveva fatto caso a loro, abituata com’era ormai a sentirsi addosso gli occhi e le critiche di tutta Approdo del Re; tuttavia fu dispiaciuta nel constatare il nervosismo di suo marito.
“Non è un caso che sulla mia lista siano presenti pure i loro nomi”.
“Lista?” ripeté Sansa, confusa. “Hai una lista di persone che vuoi ammazzare?”.
La bocca del Folletto tornò ad incresparsi in un sorriso, anziché in una smorfia rabbiosa: “ammazzare? No, Sansa, sarebbe troppo anche per me. Non sono mica Joffrey”, le ricordò. “Anche se…” continuò, “mandare Bronn ad impaurirli un po' non mi sembra un’idea da buttare…”.
I due risero all’unisono, proprio come avevano fatto Crakehall e Sarsfield poco prima.
 
Dopo aver scherzato su una cosa che sembrava banale, però, Sansa comprese che c’era ben poco da ridere. Si era ampiamente abituata alle offese rivolte a lei, facevano parte della sua quotidianità da ormai diversi mesi; ma non sopportava l’idea di aver condannato ad una vita di derisione anche suo marito, a prescindere che questi fosse oppure no il marito che lei desiderava. Sentì quindi l’obbligo, e in un certo senso anche il bisogno, di rincuorarlo: “ascoltami, Tyrion. Non badare alle loro parole: cerca soltanto di ignorarli”.
Lui alzò i suoi penetranti occhi verdi su di lei, socchiudendoli in un gesto spontaneo di incomprensione: “oh, non preoccupartene, Sansa. Queste persone ridono di me da molto prima che iniziassero a schernire te”. Si schiarì la voce: “io per loro sono il Folletto, il mezzo uomo, la scimmia demoniaca”.
“Sei anche un Lannister, però” rispose lei, che subito dopo abbassò lo sguardo, facendo trasparire un velo di muta tristezza: “io, invece, sono la figlia disgraziata di Ned Stark il traditore”.
Tyrion non seppe che cosa dire: anche allora non aveva ancora compreso a fondo il dolore e i rimpianti della sua giovane sposa. Così cercò di sdrammatizzare: “la figlia disgraziata e la scimmia demoniaca…beh, direi che siamo perfetti l’uno per l’altra, non trovi?”, le domandò, sorridendo con mestizia.
Quel che forse lui non si aspettava era di vedere Sansa annuire, sinceramente consolata da quella battuta senza pretese e di nuovo sorridente. Lo vide fissarla per un lungo momento, e la cosa non le diede per niente fastidio.
No, non è come Joffrey. È un uomo buono.
 
Sansa decise di continuare a mantenere quell’atmosfera scherzosa e chiese a suo marito: “quindi? Come puniremo Desmond Crakehall ed Eldrick Sarsfield?”.
Tyrion si portò una mano sotto al mento, riflettendo: “vediamo…potrei chiedere a lord Varys di rivelarmi le loro più segrete perversioni. Voglio dire…lord Varys sa sempre tutto, ed uno che si chiama lord Desmond Crakehall deve essere un pervertito”.
La rossa lo guardò con aria di rimprovero, a ricordargli le dicerie che giravano sul suo conto. Lui se ne accorse e iniziò a farfugliare, imbarazzatissimo, prima di cambiare volutamente discorso: “ehm…tu hai qualche altra idea?”.
Sansa aspettava solo quella domanda: avanzò a rapidi passi verso la panchina più vicina, ci si sedette e, con la vivacità che era propria di tutte le ragazze della sua età, rispose: “potremmo fare il gioco della pecora nel letto di ser Desmond!”.
“Temo di non sapere di cosa si tratta” ammise Tyrion, stringendo le spalle.
“Allora te lo dico io: si fa un buco nel materasso, lo si riempie in profondità con escrementi di pecora, si ricuce il buco e infine si rifà il letto. Sentirà una puzza tremenda, ma non riuscirà mai a capire da dove viene!” spiegò la Stark mentre un furbo sorrisetto si faceva strada sul suo viso.
“Lady Sansa!” la ammonì lui in maniera spiritosa. “E perché il gioco della pecora?”.
“Beh, volevi che lo chiamassi il gioco dello sterco?”. Risero entrambi, come poco prima.
“A chi è venuta la brillante idea del gioco della pecora?” chiese poi Tyrion, incuriosito.
“A mia sorella. Lo faceva sempre, a Grande Inverno, quando era arrabbiata con me. Ed era sempre arrabbiata con me”.
Il pensiero di Arya fece sorridere Sansa, ma solo per far spazio un attimo dopo alla tristezza di aver perso anche lei. Raramente andavano d’accordo, litigavano di continuo, eppure le voleva bene e adesso sentiva la sua mancanza tanto quanto sentiva quella di sua madre, di Robb, di Bran, di Rickon. E di Jon.
Tyrion si accorse subito del suo cambio d’umore e tentò di infonderle speranza: “sono sicuro che la rivedrai”.
“E come? Sarà già morta, a quest’ora”. Una piccola ma cocente lacrima cominciò a ruscellarle sulla guancia.
“Io credo di no, e comunque vale la pena sperare il contrario. Per quanto ne so, le Cappe Dorate la stanno ancora cercando, e se dovessero trovarla ti assicuro sul mio onore che non le verrà fatto alcun male”.
Rimase sinceramente colpita da quelle parole di suo marito, che poi, avvicinandosi lentamente, le asciugò la lacrima con il dorso della mano.
“Te lo ripeto, Sansa. Forse per te questo non conta nulla, lo capirei…e forse io stesso sto commettendo un errore a farti promesse che non sono sicuro di poter mantenere. Ma ti giuro che farò tutto quello che è in mio potere affinché tu possa riabbracciare tua sorella sana e salva”.
La Stark sorrise, delicata come una rosa che resta in piedi pure in mezzo ad una bufera di neve. Aveva un disperato bisogno di credere che quello che lui le stava dicendo fosse vero.
“Grazie, Tyrion”. Sei un uomo buono.
Lui sospirò impercettibilmente: gli bastava sapere che la sua parola contasse ancora qualcosa alle orecchie di qualcuno.
 
Stavano per riprendere a camminare quando d’un tratto arrivò, correndo, Podrick Payne. Aveva il fiato corto e la faccia arrossata, ma Tyrion non si scompose: sapeva che quel ragazzo trattava con urgenza anche le questioni che non ne richiedevano.
“Mio lord, spero di non aver disturbato la vostra passeggiata” disse lo scudiero, inspirando affannosamente.
“No, Pod, non hai disturbato nulla. Adesso potresti essere così gentile da spiegarmi a cosa si deve tutta questa fretta?”.
“Vostro padre vuole vedervi, mio lord”.
Il Folletto ruotò gli occhi, scocciato nell’immaginare di quale altra spinosa questione volesse parlare con lui Tywin Lannister.
“Vostro fratello Jaime è tornato in città” aggiunse poi Podrick.
Bastò quella piccola frase per far mutare radicalmente l’espressione sul viso di Tyrion. Ora era lui a sentirsi smanioso.
“Cosa?!”.
“È così, mio lord”.
“Sansa, ti chiedo scusa ma temo di dovermi allontanare”.
La giovane Stark non comprendeva ancora tutte le conseguenze che avrebbe comportato il ritorno dello Sterminatore di Re, ostaggio che suo fratello Robb avrebbe dovuto scambiare proprio con lei. Tuttavia, si convinse che dietro tutto ciò ci fosse proprio il volere di Robb, e nel vedere suo marito tanto agitato gli fece cenno con la testa di andare con il suo scudiero.
Subito dopo sentì Tyrion, d’un fiato, dire: “andiamo, Pod. Accompagnami da loro”.

 

 
Quando entrò nell’enorme stanza di suo padre, notò che l’espressione di quest’ultimo non era cambiata di una virgola rispetto a quella che aveva sempre avuto. D’altra parte, ben raramente lord Tywin Lannister faceva trasparire qualche emozione dalla propria persona, paragonabile ad un’austera e imperturbabile statua dorata.
Nonostante ciò, Tyrion sapeva che, sebbene non lo desse a vedere, quell’uomo era sempre stato in ansia per suo figlio, il suo figlio prediletto, ed ora l’averlo ritrovato gli dava una sorta di pace interiore, oltre a metterlo in una posizione di immane vantaggio sui propri nemici.
Finalmente ora potrai smetterla di lusingarmi falsamente, non è vero, padre?
Ma questo, il Folletto non lo disse.
 
Non osservando nessun cambiamento sul volto del padre, spostò lo sguardo su Jaime. La vista di suo fratello gli mozzò il fiato, e gli fece quasi venir voglia di piangere.
Aveva senz’altro avuto il tempo di farsi un bagno, ma su di lui i segni della prigionia restavano evidenti. Gli parve più esile e persino più basso, a causa forse delle scomode posizioni in cui si era ritrovato a dormire e viaggiare; i capelli, una volta biondissimi, continuavano a sembrare sporchi anche dopo averli lavati, e questo fece capire a Tyrion che più volte doveva essere stato gettato nel fango e nel letame; i luminosi occhi verdi ora sembravano particolarmente sbiaditi e raccontavano chiaramente la sofferenza che aveva dovuto sopportare.
Tyrion gli andò incontro lentamente, con indulgenza, ma fu grandemente rincuorato nel vedere suo fratello sorridergli: “Tyrion…”.
“Jaime…” sussurrò lui, di rimando. “Gli Dei sono stati misericordiosi. Sono così felice di rivederti”.
“Anche io, fratellino”. Un sorriso ancora più ampio si fece largo sulle sue labbra.
“Come stai?”. Quella domanda, per quanto banale potesse essere, era tutto ciò che Tyrion necessitasse di sapere. Anche adesso che era maestro del conio e persino quando era stato, per poco tempo, il primo cavaliere del re, il pensiero di Jaime tenuto in cella dagli Stark aveva dominato molte delle sue giornate, facendogli trattenere il respiro. Amava suo fratello con tutto il cuore e desiderava solo rivederlo sano e salvo.
“Sono vivo”, rispose Jaime in tono quasi irrisorio nei confronti di tutti quei signori del Nord che speravano di fargli la pelle. Poi, però, il suo volto tornò ad incupirsi: “sono vivo…ma ho comunque pagato un prezzo altissimo”.
 
Tutte le riflessioni che aveva fatto pochi istanti prima sulla sua esilità, sui capelli sporchi e sugli occhi sbiaditi, furono assolutamente nulla in confronto a quanto vedeva ora. Jaime sollevò il braccio destro e alla sua estremità non c’era nulla, a parte un’arrangiata fasciatura e qualche macchia di sangue raggrumato su di essa. Aveva perso la mano destra. La mano della spada.
Tyrion si sentì paralizzato. “No…non è possibile…”.
Jaime non ebbe la forza di rispondere. Si limitò a fissarlo, con aria affranta.
Fu allora Tywin a spezzare quel pesante silenzio: “come ho detto poco fa a tuo fratello, provvederò io stesso a far sì che il colpevole di questo vile gesto riceva la giusta punizione”.
“Chi è stato?”.
“Locke”. Jaime pronunciò quel nome con tutto il disprezzo ed il veleno che aveva in corpo. “Uno degli uomini di Vargo Hoat”.
“Il Caprone” sbuffò Tyrion. “Vedo che anche gli alleati di Roose Bolton si stanno abituando a staccare pezzi dal corpo dei propri avversari…un’usanza davvero carina. Però mi chiedo…perché rimandare indietro un ostaggio fondamentale come te?”.
Mentre pronunciava quelle parole, il Folletto continuò però a fissare suo padre, consapevole del fatto che risposte più precise gli sarebbero giunte da lui piuttosto che da suo fratello, nonostante quest’ultimo avesse vissuto tutta questa storia in prima persona. E non fu un caso se vide risplendere, negli occhi di Tywin, una scintilla inquietante. La scintilla dell’astuzia.
“L’alleanza tra Roose Bolton e Robb Stark non è più solida come una volta”.
 
Tyrion stava per chiedergli delucidazioni su quell’enigmatica affermazione, ma prima che potesse aprir bocca lord Tywin aveva già ripreso a parlare: “ti ho fatto venire anche per un altro motivo, Tyrion. Questa mattina è arrivata una lettera da Dorne, da parte del principe Doran Martell”. La voce di suo padre non faceva presagire nulla di buono. “Dice che nei prossimi giorni suo fratello Oberyn giungerà ad Approdo del Re come suo rappresentante per le nozze reali. Quando arriverà sarai tu ad accoglierlo, Tyrion”.
Oberyn Martell. La vipera rossa di Dorne. Che graditissimo ospite che mi mandi ad accogliere, padre caro.
“E adesso”, aggiunse Tywin, “devo assentarmi. Ho delle importanti questioni da discutere con il re”.

 

 
I due fratelli rimasero quindi soli, in un silenzio indecifrabile che durò per qualche secondo.
E fu proprio Tyrion a rompere il ghiaccio: “la compagnia degli uomini del Nord ti ha ammutolito vedo”.
Jaime sbuffò, e tanto bastò a suo fratello minore per lanciarsi verso di lui ed abbracciarlo, con una forza che non si direbbe appartenere ad un nano. E l’altro Lannister rispose all’abbraccio, con altrettanto vigore.
Preferiva sempre evitare gesti plateali in presenza del padre o di altre persone: non tutti erano in grado di capire fino in fondo l’affetto che provava per Jaime. Ma ora che non c’era nessuno, si abbandonò ad un gesto agognato, a lungo desiderato, che lo fece sentire leggero come una piuma.
Sentì Jaime singhiozzare contro il proprio orecchio e, istintivamente, lo strinse più forte: “è finita, fratello. È tutto finito. Ora sei di nuovo a casa”.
 
Successivamente Jaime gli raccontò tutti i dettagli del suo periodo da ostaggio degli Stark. Tyrion ascoltò tutto con la massima attenzione: da quando aveva contribuito a respingere l’assalto di Stannis Baratheon, nell’ormai celeberrima battaglia delle Acque Nere, aveva iniziato a studiare e ad interessarsi pure alle tattiche di guerra, e certamente non poteva trascurare il rischio di un futuro attacco da parte di Robb Stark, che si era autoproclamato re del Nord.
Dopo essere venuto a conoscenza di tutte le vicissitudini del fratello, tornò quindi a concentrarsi sul moncone che aveva al posto della mano destra. Con un nodo alla gola, gli domandò: “ti fa male?”.
“No, o almeno non più come prima. È stato Qyburn a curarmi”.
Tyrion annuì, ma sulla bocca di Jaime apparve un ghigno amaro: “il dolore che ho dentro, però…quello non se ne andrà facilmente”.
“È stato questo Qyburn a riportarti ad Approdo del Re?”.
“Si, ma non solo. Ho conosciuto una donna dell’isola di Tarth di nome Brienne. Tanto sgraziata quanto alta ed abile con la spada”, disse ridendo. “In pratica, la versione femminile della Montagna”.
Tyrion sgranò gli occhi: “oh, beh…dovunque si trovi ora Brienne di Tarth, la troveremo e la ricompenseremo come merita”.
“Non c’è bisogno di trovarla. È qui, e per un motivo preciso”.
“Ovvero?”.
“Riportare Sansa Stark da sua madre. È fedele a Catelyn Stark e morirebbe per lei. So quanto sia importante la ragazza Stark nell’economia di questa guerra, ma intendo chiedere comunque a nostro padre di liberarla e riportarla dalla propria famiglia. E sarà come se nulla fosse accaduto”.
Avrebbe potuto immaginare mille ragioni per le quali Jaime era tornato ad Approdo del Re, ma per qualche assurdo motivo Tyrion non ne considerò nemmeno una che coinvolgesse anche Sansa. Forse perché non voleva farlo.
“Sarebbe da pazzi chiedere a Tywin Lannister di liberare un ostaggio di guerra ora che ha riavuto indietro quello del suo nemico” disse sarcasticamente. “Sarebbe da pazzi per chiunque, tranne che per te. Se sarai tu a dirglielo, c’è una minima possibilità che si fermi a pensarci”.
Jaime annuì, consapevole della difficoltà ma anche della non impossibilità dell’impresa.
“Tuttavia…” continuò Tyrion, “stavolta, in via del tutto eccezionale, sarò io a chiederti di rinunciare ai tuoi propositi”.
“Perché?”, chiese confuso lo Sterminatore di Re.
Lui si grattò la fronte, cercando il coraggio di rispondere e infine, con gli occhi bassi, disse: “perché Sansa Stark ora è…mia moglie”.
 
A quella notizia, Jaime si guardò intorno spaesato, come se cercasse conferme da qualcuno su quanto Tyrion gli aveva appena detto. Percependo i suoi dubbi, il Folletto gli riassunse il tutto:
“Non è stata una mia idea. È stato nostro padre ad organizzare tutto, per avere in futuro anche il controllo del Nord. Ed ora…eccomi qua, sposato ad una ragazza che non mi vuole e non mi vorrà mai” disse, stringendosi nelle spalle. “Io…vedi Jaime, io capisco che questa unione potrebbe rivelarsi in futuro molto vantaggiosa per la nostra casata, ma…ma quella ragazza ne ha già passate tante, le hanno persino decapitato il padre davanti agli occhi. Non sarò io a darle un ulteriore trauma”.
Jaime stava iniziando a capire, ma fu ancora Tyrion a confermare i suoi sospetti: “non ho ancora consumato il matrimonio. Non me la sono sentita”. Ebbe il coraggio di rivelargli questo, ma non di rivelargli che Tywin aveva combinato un altro matrimonio indesiderato, quello tra Cersei e Loras Tyrell.
Lo sguardo di Jaime si fece più comprensivo, ma non aveva ancora allontanato tutti i dubbi: “se dici che non è stata una tua idea, se dici che lei non ti ama…perché non vuoi che se ne vada?”.
Quella domanda colse impreparato Tyrion, perché non aveva mai pensato a cosa rispondere nel caso qualcuno glie lo avesse chiesto.
Per fortuna, quel qualcuno era suo fratello e intuì subito ogni cosa: “lei ti piace, non è così?”.
Tyrion alzò gli asimmetrici occhi verdi, quel giorno più lucidi del solito. Non disse nulla, ma Jaime seppe di aver indovinato.
Lo Sterminatore di Re dichiarò allora, convinto: “molto bene, ritiro tutto ciò che ho detto prima. Brienne se ne farà una ragione. Non ti porterò via tua moglie. Non un’altra volta”.
Il riferimento a Tysha fu ancor più difficile da affrontare per Tyrion: “Jaime, io…non intendevo…”.
“Sta’ tranquillo, fratellino”, lo interruppe. “Ho preso la mia decisione”.
“Grazie, Jaime” fu tutto ciò che riuscì a dire.
 
Sotto esplicita richiesta di Jaime, uscirono dunque dalla stanza di Tywin per spostarsi nella sala del Trono di Spade, insolitamente vuota.
La vista dell’immane seggio metallico scatenava sempre emozioni forti nel cuore di Jaime, ma non era di certo il primo indizio che facesse credere a Tyrion che suo fratello volesse fare i conti col passato.
“Non è cambiato nulla”, disse amaro lo Sterminatore di Re.
“Beh, più o meno”.
“Che vuoi dire? È successo altro durante la mia assenza? Pensavo che il tuo matrimonio con Sansa fosse la novità principale”.
Il Folletto lo fissò. “No, in effetti non è cambiato nulla. Là fuori c’è un terremoto, ma quel trono, quel dannato trono…”, disse indicandolo col dito, “…è sempre lì”.
“Che mi dici di Joffrey?”.
“Oh, vuoi dire il grande e valoroso re Joffrey? Ti basti sapere che persino nostro padre e Cersei fanno fatica a controllarlo. Insomma, anche lui è sempre lo stesso…solo che adesso porta una corona sulla testa. Il che rende tutto più problematico”.
Jaime sospirò. D’altro canto, non poteva aspettarsi un responso diverso.
“Magari il matrimonio lo farà cambiare…”.
“È quello che ci auguriamo tutti”, concluse Tyrion. “Dovresti tuttavia sapere che in questa città i guai non scarseggiano mai. Ne sta arrivando un altro, direttamente da Dorne”.
“Pensi che Oberyn Martell possa creare scompiglio?”.
“Non lo so”, rispose Tyrion con fare vago. “Ma conosciamo tutti la ragione che lo spinge a venire qui”.
Jaime strinse il pugno, l’unico che gli era rimasto. “Se dovesse rivelare il suo vero scopo, non potrei neanche fare nulla per contrastarlo…”. Deglutì con forza, prima di aggiungere: “non sarò più in grado di combattere”.
Tyrion gli si mise di fronte: “non essere troppo precipitoso…”.
“Come potrei non esserlo? Per un cavaliere, la mano della spada è tutto”.
Il Folletto continuò a guardarlo con lo stesso sguardo furbo di sempre. Poi alzò contemporaneamente entrambe le mani: “ma se non sbaglio…” disse, chiudendo la destra a pugno ma aprendo ancor di più la sinistra, “l’uomo ne possiede anche un’altra!”.
Jaime scrollò il capo: “non posso imparare a combattere con la sinistra”.
“Da solo, no di certo” confermò Tyrion. “Ma se ti allenassi con un insegnante…”.
“Che vuoi dire?”.
“C’è un nuovo collega cavaliere di nome Bronn. Devo la mia vita alla sua spada. Ti aiuterà lui, e ti assicuro che tornerai il leone indomabile che eri prima”.

Avevo intenzione di pubblicare questo capitolo molto prima (sabato pomeriggio), ma per via dello studio per un esame e di altri impegni non ci sono riuscito…
Però eccolo qui, con qualche giorno ritardo ma più ricco che mai!
Mi sto divertendo sempre di più a scrivere questa storia e finalmente ha fatto la sua comparsa un altro personaggio da me molto amato: Jaime Lannister, lo Sterminatore di Re!
Stiamo a poco a poco entrando nel vivo delle vicende ma vi assicuro che manca ancora molto alla fine dei giochi!
Devo anche dire che sono un po' timoroso per i prossimi capitoli, in quanto ci saranno sempre più personaggi da descrivere e gestire nel modo giusto (avrete notato che non ho ancora introdotto né Joffrey né Cersei, ma due figure così importanti nella vita dei due protagonisti non possono assentarsi ancora per molto…presto toccherà a loro fare la propria comparsa e spero davvero di riuscire a raccontarli come meritano).
P.S.: nel passaggio dai libri alla serie tv, in verità, Vargo Hoat e Locke sono la stessa persona; tuttavia ho deciso di citarli entrambi come se fossero due personaggi diversi, perché non sapevo davvero chi scegliere tra i due! ;)
Detto questo, vi saluto e vi invito come sempre a farmi sapere con una recensione se il capitolo vi è piaciuto.
A presto!
   
 
Leggi le 1 recensioni
Segui la storia  |        |  Torna su
Cosa pensi della storia?
Per recensire esegui il login oppure registrati.
Capitoli:
 <<    >>
Torna indietro / Vai alla categoria: Serie TV > Il Trono di Spade/Game of Thrones / Vai alla pagina dell'autore: chemist