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Autore: SOULVATORE    19/07/2019    1 recensioni
SEQUEL DI "UNSTEADY"
Come se non fosse successo niente, come, se dopo tre anni, avesse il diritto di presentarsi lì con gli stessi occhi di sempre, la fossetta al centro del labbro e un nuovo giacchetto di pelle nera.
Come se non le avesse già fatto male a sufficienza.
Come se non l'avesse lasciata totalmente senza speranza, e con in mano solamente un fottuto pezzo di carta.
Genere: Drammatico, Generale, Romantico | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Caroline Forbes, Damon Salvatore, Elena Gilbert, Stefan Salvatore | Coppie: Damon/Elena
Note: AU | Avvertimenti: nessuno
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Hey!
Piccola comunicazione di servizio, ho realizzato il trailer anche di questa storia, e sinceramente ne vado particolarmente fiera, mi piace anche più dell'altro.
Ve lo lascio proprio QUI .
Grazie anticipo se darete un'occhiata.
Vi mando un bacio,
Liz






So I drown it out like I always do
Dancing through our house
With the ghost of you
And I chase it down
With a shot of truth
That my feet don't dance
Like they did with you






Mystic Falls, 14 Febbraio 2018

Era strano.
Non passare dal fioraio, non incartare un piccolo pensierino. Non mettersi ai fornelli, non spruzzarsi del profumo e non stappare nessun vino.
Stefan era un tipo romantico, lo era sempre stato, e nessuna occasione era meglio di San Valentino per dare il meglio di sé, nonostante le prese in giro di tutti i suoi amici.
Anche quando era più piccolo, aveva l’abitudine di raccogliere margherite per sua madre, farle dei disegni o scriverle delle poesie, guadagnandosi non pochi sghignazzamenti da parte di Damon. Lui non amava le smancerie, esternare i sentimenti e sentirsi vulnerabile, non gli era mai piaciuto, nemmeno con Katherine. Diceva che i fatti contavano più di cento mazzi di fiori.
Be’, probabilmente aveva ragione, ma era pur vero che qualche carineria ogni tanto non faceva male a nessuno.
Si alzò dal divano, traballando un po’ per via dei muscoli che ancora non si erano totalmente riabituati a reggere il suo peso, e si diresse al piano di sopra, dove doveva aver lasciato il telefono.
Esitò per quelli che gli sembrarono secoli prima di premere il pulsante verde, ma alla fine ce la fece.
“Ei, sono Elena. Numero giusto, ma momento sbagliato. Lascia un messaggio e ti richiamerò al più presto.” Bip.
“Ei, io sono-” Si grattò la nuca, teso ed imbarazzato come se fosse la prima volta. Poi sospirò, rendendosi conto di quanto fosse inappropriato. “Credo tu lo sappia già, chi sono. Puoi passare, quando e se ti va? Ho bisogno di parlarti con calma. Ti prego.”
Come può diventare tutto così strano da un momento all’altro, senza che tu possa farci niente?
Un attimo prima stai tornando a casa, con dei pasticcini sul sedile del passeggero e una canzone pop che suona alla radio, quello dopo ti risvegli e scopri di aver perso quella persona che ti stava accanto da più anni di quanti se ne possano contare. Che non è più innamorata di te. Che prova qualcosa per tuo fratello, del quale non le avevi neanche mai parlato.
Il karma, si diceva, doveva essere tutta colpa del fottuto karma, che gira e gira ancora, ma prima o poi ti colpisce.
“Si può? La porta era aperta, di sotto.”
“Caroline.” Stefan sorrise, andandole in contro. “Certo che puoi, da quando chiedi il permesso per entrare qui?”
“Se la metti in questo modo. Allora, come stai?”
“Così.” Alzò le spalle. “Ascolta, io apprezzo davvero le tue visite, come quelle di Matt, Bonnie e Tyler, ma non dovete farlo per forza. So che ve l’ha chiesto Elena, ma io sto bene, non mi serve un’agenzia di balie solo perché lei ha deciso di non vivere più qui.”
“Credi che se Elena vivesse ancora qui non passerei comunque? Dio, Stefan, ti conosco dalla terza superiore. M’importa della tua salute e di te.” Si infastidì, rotando gli occhi al cielo. “Sei ridicolo.”
“Sì, può darsi.” Commentò lui amaramente. Caroline scosse la testa con convinzione, sentendosi un po’ in colpa, questa volta.
“Non-intendevo questo.”
“So cosa intendevi, ma so anche cosa intendo io.”
“Stefan, te lo chiedo per favore, non mettermi in questa situazione.” Sospirò la bionda. “Non posso né voglio essere il tramite di Elena. Devi parlarne con lei.”
“Oh, lo so. Credi che non abbia tentato? È più di una settimana che ci provo.”
“Senti, è successo tutto molto in fretta, ed è stata una situazione che ha scioccato tutti noi. Saperti in coma e poi vedere un fratello che sbuca dal nulla, era molto da metabolizzare.”
“Già. Damon l’avrà aiutata parecchio.”
“Io non conosco tutta la storia.” Caroline stava davvero provando a non essere invadente, ma diamine, gliele tirava fuori dalla bocca con le tenaglie. “Ma è chiaro che ci sono delle falle nel rapporto con tuo fratello. Nemmeno a me piaceva, all’inizio, ma sul fatto che sia stato accanto ad Elena non ho nulla da ridire, questo non si può negare.”
“Si è fatto giusto un po’ prendere la mano. Tipico di noi.”


Richmond, 28 Giugno 2021

Se ne stava lì, in coda, con un trolley verde lime accanto.
Come se non fosse successo niente, come, se dopo tre anni, avesse il diritto di presentarsi con gli stessi occhi di sempre, la fossetta al centro del labbro e un nuovo giacchetto di pelle nera.
Come se non le avesse già fatto male a sufficienza.
Come se non l'avesse lasciata totalmente senza speranza, e con in mano solamente un fottuto pezzo di carta.
Elena indietreggiò prima che potesse succedere l’irreparabile, e corse via, tirando fuori il cellulare dalla tasca.
“Pronto, Elena? Ci sono problemi con mio fratello?”
“Klaus, chi hai invitato al matrimonio?”
“Come?”
“Chi hai... Voglio dire, a parte Elijah, Rebekah e Marcel e Freya e Keelin che arriveranno domani da New Orleans, c’è qualcos’altro che dovrei sapere?”
“Ti senti bene?”
Sbuffò pesantemente e fece roteare gli occhi al cielo. Non voleva piangere come una ragazzina, ma sapeva di essere sulla soglia di un crollo emotivo. “C’è... Il fratello di Stefan, lui è in aeroporto, Klaus. Qui, tipo a 100 metri da me.”
“Cazzo.” Fu tutto ciò che lui rispose, per alcuni secondi. “No, ei, io non c’entro nulla con tutto questo. Ho frequentato il suo pub un paio di volte quando giravo per New York, ma non so niente. Caroline, inoltre, mi ha sempre vietato di parlarne.”
Meglio. Non c’entrava nulla con il matrimonio. Era a Richmond per affari suoi, e quell’apparizione sarebbe stata l’unica. Chissà che non fosse già passato di lì senza che lei lo sapesse. Andava tutto bene.


“Perché sembra che tu abbia visto un fantasma?”
“Elijah, ti dispiace? Sto cercando di ascoltare il navigatore, altrimenti non arriveremo mai. Cazzo, ma siamo già passati da qui? Dove diavolo si imbocca la 64?”
“Mi sembrava di capire che frequentassi Richmond.”
“Certo, ma non vengo all’aeroporto ogni giorno.”
“Vuoi dirmi che succede?”
No. Lo avrebbe reso ancora più reale, e sinceramente non le andava neanche un po’. Aveva già fatto promettere a Klaus di non farne parola con nessuno, quella discussione era nata e morta mezz’ora prima.
“Niente. Sono solo nervosa. Non ho mai fatto la damigella prima d’ora e poi è il matrimonio di quella che è la mia migliore amica dalle elementari. Tu non sei in agitazione per tuo fratello? Sei anche il testimone.”
“Io? Certamente, ma aspetta di vedere Rebekah e Freya. Loro sì che stanno dando di matto.”
“È normale. Le ragazze sono più sensibili ai matrimoni solitamente.” Rispose, mentre finalmente sembrava aver trovato la strada giusta.
“Tranne te. Ecco perché non me la bevo la storia dell’ansia da damigella, ma va bene. Quando vorrai parlare di cos’hai per davvero io sarò qui.”
“Questo non-” Strinse il volante, sospirando varie volte e cercando di non scaldarsi troppo. “Non è affatto vero. Quando stavo con Stefan noi ci abbiamo pensato centinaia di volte.”
“Peccato che tu e Stefan vi siate lasciati anni fa, e si da il caso che in tutto questo tempo io non ti abbia mai sentito parlare di bouquet e veli con lo strascico. Caroline immaginava il suo vestito dalla prima volta in cui ha avuto un appuntamento con Klaus, sei stata tu stessa a dirmelo.”
“Caroline ha un librone del matrimonio perfetto da quando era solo una bambina, è sempre stata più avanti di tutti noi in questo, inoltre io…non credo di aver conosciuto la persona giusta. Non ancora, almeno, okay? Ora possiamo smetterla?”
“Chissà che cosa penserebbe Liam di questa affermazione.”
“Ho detto basta, Elijah.”




Mystic Falls, 30 Giugno 2021

Aveva ragione, comunque.
Riguardo Freya e Rebekah. Erano esaltate quasi quanto la sposa, ed estremamente contente per loro fratello.
Era strano, parecchio, trovarsi in tutta quella situazione, e forse proprio perché Caroline sognava il matrimonio perfetto dalle elementari, ora che erano arrivate al punto di celebrarlo sul serio, non sembrava vero. Lei era bellissima, Elena e Bonnie l’avevano accompagnata decine di volte alla prova del vestito perciò erano sicure di quanto le stesse bene, ma vederla così, con il trucco, la piega, e una magnifica tiara sulla testa, fece scoppiare tutte e tre a piangere.
“Ci colerà il trucco!” Rise la bionda, mentre le stringeva in un abbraccio collettivo.
“Oh, non fa niente. Non m’importa, sono così felice, Care. Ti meriti questo e molto di più.”
Elena annuì alle parole di Bonnie, tamponandosi poi il viso con un fazzoletto. “Perciò, il tuo matrimonio a giugno è come lo avevi immaginato?”
“No, è molto meglio. Non potrei chiedere di più.”
“Tesoro…” Liz Forbes si unì al loro pianto, varcando la soglia della stanza con il labbra tremolante e la voce spezzata. Caroline le andò in contro, e fu allora che Elena e Bonnie decisero di lasciarle sole e avviarsi verso la chiesa.

“Allora, è tanto male la mia idea della cravatta coordinata?”
“No, devo ammetterlo. Stai bene.” Sorrise Elena, regalando a Liam un bacio prima che lui entrasse e prendesse posto, lasciandola fuori in attesa di percorrere la navata insieme alla sposa.
Lo pensava, era carino per davvero, in realtà, nonostante lei avesse perso gusto per quelle piccolezze, che invece un tempo le scaldavano il cuore.
Vide Stefan in piedi accanto all’altare, e gli accennò un saluto, che lui ricambiò volentieri. Era contenta che tra loro i rapporti fossero tornati così sereni.


Mystic Grill, 15 Febbraio 2018

“Mi dispiace tanto per ieri, avevo molto lavoro da sbrigare.” Elena afferrò una forchettata del suo pollo, tentando di non guardare mai Stefan negli occhi.
“Non fa niente. Finalmente sei qui, anzi, mi dispiace approfittare della tua pausa pranzo, ma io ho… dovevo parlarti.”
Già. Era più che comprensibile, perché dopotutto, non gli aveva dato molte spiegazioni, ma il fatto era che per quanto potesse essere arrabbiata con lui e con Damon, lo era anche con stessa, e si vergognava anche solo a guardarsi allo specchio, di recente.
“Posso immaginarlo.” Disse solamente.
“Elena, perché sei andata via di casa?”
Lasciò cadere la forchetta nel piatto, e finalmente lo guardò.
L’amore della sua vita. Il suo futuro marito, il padre dei suoi figli, colui per il quale sarebbe stata in grado di dare la sua stessa vita, se solo lo avesse chiesto.
Elena e Stefan.
Erano come una leggenda a Mystic Falls.
Ma non era deludere le aspettative degli altri che le faceva male, bensì vedere quella leggenda sgretolarsi davanti ai loro occhi.
“La ragione per la quale sono arrabbiata con te, è il fatto che mi hai mentito. Per anni. Credevo di conoscerti, ma a quanto pare mi mancava una parte gigantesca del tuo passato, e mi sono sentita tagliata fuori, scoprendolo. Una sconosciuta. Una cretina.”
“Non volevo. È solo che-”
“No, Stefan, aspetta.” Lo fermò, perché dopotutto, sapeva di non meritarsi le sue scuse. “Tuttavia, non esiste giustificazione per ciò che ho fatto. Avrei dovuto aspettarti, ascoltare la tua versione dei fatti, confrontarmi con te come una persona adulta e matura, anziché spingermi troppo oltre e agire sempre di pancia. Ho sbagliato, ti ho mancato di rispetto e ti chiedo perdono cento, mille, diecimila volte per questo. Anche per la mia reazione esagerata quando lui se n’è andato, io… io ho detto cose troppo pesanti.”
Vide qualcosa rompersi nelle iridi verdi del ragazzo che le stava seduto di fronte, e si sentì piccola quanto una briciola. Stefan poteva aver sbagliato, ma non si meritava il trattamento che lei gli aveva riservato.
“Mi dispiace…”
“Puoi dirmi che è successo esattamente?” Chiese lui, tirando su col naso.
“Tu già lo sai.” Elena scosse la testa. “Lo sai. Perché vuoi che te lo dica? Mi disprezzo, Stefan. Sono andata ad infilarmi in una situazione di merda, so che per te è come una specie di déjà-vu e ti chiedo scusa di nuovo.”
“Quando te ne sei andata, hai detto una cosa che continua a frullarmi nella testa, perciò io devo chiedertelo. Ti sei innamorata di lui?”
“Io- io…”
“Io ti amo, Elena. Ti amerò sempre. Ma ho bisogno che tu sia sincera con me. Ti sei innamorata di lui?”
“Sì.” Sussurrò, piangendo, senza avere alcun diritto di farlo. “Credo di sì.”



Mystic Falls, 30 Giugno 2021

Dopo la funzione, Elena e Bonnie avevano consumato ben due pacchetti di fazzoletti. Le promesse erano state quanto di più toccante avessero mai ascoltato e al diavolo Elijah che sosteneva che lei non fosse il tipo da emozionarsi per quel genere di cose. Beccati questa.
Caroline era a fare gli ultimi scatti con la sua famiglia, quando lei varcò la villa del ricevimento, che si sarebbe svolto all’aperto. Liam andò a salutare un paio di persone, mentre le due damigelle avevano decisamente bisogno di un drink dopo tutte quelle lacrime.
Tuttavia, avvicinandosi alla zona del bar, Elena iniziò a tossicchiare.
L’odore del bourbon ancora le faceva bruciare lo stomaco, così come sentirsi chiamare Lena, così come notare il maledetto anello che anche Stefan portava.
Era stupido, dopo tutto quel tempo, eppure non riusciva a fare a meno. Per questo notò subito quel forte aroma nell’aria.
“Com’è potuto succedere? Caroline mi ammazzerà ancora prima del taglio della torta. Cristo.”
Riconobbe la voce e il forte accento di Klaus, e si voltò.
“Ma cosa…” Le morirono le parole in gola, e per un instante credette di morire anche lei.
La buona notizia era che non stava impazzendo, c’era davvero qualcuno che stava bevendo bourbon nei paraggi.
Non esattamente qualcuno .
Lui.
Damon era sparito tutto in una volta e senza lasciare tracce, per questo a volte le era capitato di sentirsi come se si fosse immaginata tutto, come se il tempo trascorso con lui fosse stato tutto frutto di una fantasia, di un sogno. Era strano averlo così vicino, in quel momento, così come lo era stato in aeroporto.
Sembrava quasi surreale.
Per la prima volta dopo quelli che sembravano secoli, si concesse il lusso di guardarlo davvero.
Le iridi sempre cristalline, acquose, furbe e intelligenti, i capelli neri come la pece, più lunghi sulla base del collo, la pelle bianchissima, il torace stretto in una camicia troppo formale per lui, e le gambe asciutte fasciate da pantaloni neri da cerimonia. Era Damon, così uguale e al contempo così diverso.
“Elena, ti giuro che non ne avevo idea.” Riprese Klaus. “Io ho sempre trattato con una certa Jo, ho letto su internet che aveva uno dei migliori servizi catering degli Stati Uniti, l’ho contattata e ci ha fatto scegliere tutto quanto il menù, assecondando ogni nostra richiesta. Sono stato a New York per gli assaggi ed era tutto fantastico, così Caroline si è semplicemente fidata del mio gusto, le bastava che fosse tutto esattamente come lo voleva lei. Ma come potevo sapere che-”
“Che Jo è la fidanzata di Alaric Saltzman, il mio socio in affari, e che per avere quattro mani in più ci ha trascinati entrambi a lavorare per questo matrimonio.”
Sentire la sua voce fu come ricevere un calcio in faccia, violento, percepire i denti che si staccano e la mandibola che si rompe. Non aveva idea di come gestirlo, ma non glielo avrebbe dato a vedere.
“Tu però lo sapevi.” Disse, stringendo i pugni, ostentando sicurezza.
“Lo sospettavo, diciamo.” I suoi occhi finalmente la incontrarono, e dovette fare un passo indietro. Come se il suo sguardo l’avesse scottata, punta, graffiata. E forse l’aveva fatto davvero. “E hai avuto la faccia tosta di presentarti ugualmente. Certo, tipico di te.”
“Dio, che casino…”
“Klaus, non preoccuparti. È il tuo giorno e non devi rovinartelo per me, guardami, sto bene. Goditi ogni singolo istante e non pensare a questo. So gestirlo, e cercherò di tenerlo nascosto a Caroline.”
“Come pensi di riuscirci?”
“Non la manderò mai al bancone a prendere da bere? O, non lo so, troverò un modo. Promesso.”
La ascoltò, andandosene seppur non molto convinto.
Elena si sentì totalmente senza forze nel momento in cui restò sola con lui, è quasi le gambe le cedettero. Damon lo notò, afferrandola prontamente per un braccio.
Il bruciore e la scossa che le provocò quel tocco, non credeva di averli mai sentiti in vita sua.
“Non-toccarmi.”
“Ti senti bene?” La ignorò, senza accennare a spostarsi.
“Lasciami, ho detto. Sarà colpa del caldo, e comunque non ti riguarda.” Proseguì, strattonandosi senza però ottenere alcun risultato. Perché non la ascoltava? Perché pensava di avere ancora qualche assurdo diritto su di lei?
“Ti porto dell’acqua?”
“Come? No, io non voglio niente da te, in caso non ti fosse chiaro. Devi sparire. Dopotutto, ti riesce bene, non è vero?”




La infastidiva non potersi godere la festa del giorno più importante della vita di Caroline. Era furiosa, rovinare proprio quell'evento speciale significava non avere un briciolo di coscienza, ma d’altronde di cosa si sorprendeva.
Liam le aveva chiesto di ballare almeno trentacinque volte, ma Elena aveva sempre rifiutato, preferendo acchiappare ogni flûte di champagne che i camerieri portavano direttamente ai tavoli, dato che non poteva nemmeno avvicinarsi al bar. Be’, per lo meno neanche Caroline ci si era ancora avvicinata, grazie al cielo lei poteva divertirsi.
Che poi, ballare, faceva sul serio?
Elena non aveva mai amato farlo, le era capitato solo tre volte, una a scuola, con Stefan, durante una serata a tema, un'altra a casa dei Lockwood per la festa di Natale, tre anni prima, insieme a Damon.
Per quanto riguardava l'ultima, invece, lei era seduta sul divano, Damon le aveva allungato la mano mentre una canzone d'amore suonava alla radio, per poi iniziare a guidarla, facendola roteare nel salotto.
Non avrebbe mai più ballato.
Tanto, non sarebbe mai più stato lo stesso.
“Credo di dover andare al bagno.”
“Ma ti senti bene?” Chiese quello che, fino a prova contraria, doveva essere il suo compagno.
“Certo, devo solo fare pipì. Sai, per espellere tutti questi liquidi.”
Barcollò un po’ verso la toilette, e una volta entrata si richiuse la porta alle spalle.
Guardandosi allo specchio, si chiese come diavolo avessero fatto a non averla ancora sbattuta fuori. Sembrava uno zombie. Elijah, in realtà, circa dieci minuti prima glielo aveva detto, ma lei non ci aveva dato molto peso. Il trucco si era sciolto tra le lacrime e il caldo, e due enormi occhiaie violacee avevano fatto capolino, anche l’effetto della piastra per via dell’umidità era svanito, lasciando il posto ad un chioma crespa e disordinata.
“Che disastro.” Commentò, rinfrescandosi le braccia con dell’acqua.
Toc toc.
“Occupato!” Gridò, sistemandosi il vestito.
“Sono io.”
Cazzo.
Si avvicinò alla porta, facendo con i tacchi un rumore che sapeva lui avrebbe sentito.
“Vai via.”
“Se lo dici venendo verso di me, è difficile crederti.” Già, appunto. Sospirò forte, scuotendo la testa.
“Non sai per quanto tempo ho desiderato anche solo poterti sentire respirare.”
“Damon…” Guaì, trattenendo le lacrime e appoggiando una mano sulla porta. “Ti prego, vattene.”
“Non possiamo parlare?”
“Ah si, ora vuoi parlare?” Lo canzonò, con una risata amara. “Pensi che sia tutto così semplice, non è vero? Sono passati quasi tre anni, si può sapere che vuoi?”
“Io non… non lo so. Mi manchi.”
“Va’ all’inferno.”
   
 
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