Per via del volume troppo alto della televisione che
Kogoro stava guardando, Conan non riusciva in alcun
modo a concentrarsi. Straiato sul divano, cercava di impedire alla canzone di Yoko Okino di penetragli
nelle orecchie, sebbene potesse essere piacevole in altre situazioni, e,
soprattutto, di evitare che i fischi di suo “zio” gli distruggessero i timpani.
Come facevano a non lamentarsi i vicini? Forse era la fama come iettatore che
li teneva lontani.
Con un gesto frustrato Conan
afferrò un altro giornale dalla pila e iniziò a sfogliarlo. Accidenti ad Haibara! Poteva capire i suoi
sentimenti, ma non poteva permetterle di agire da sprovveduta! Purtroppo,
nonostante la cimice del Dottor Agasa, aveva
impiegato un po’ di tempo a capire dove fosse il luogo
dell’appuntamento, perciò, quando vi si era recato, non era riuscito a
trovarle. Non erano state molto a parlare, evidentemente entrambe sapevano
quanto potesse essere pericoloso, ed entrambe erano
state estremamente prudenti. L’Organizzazione insegnava bene. Conan aveva bisogno di sapere in anticipo dove si sarebbe
incontrate, lei e BloodyMary, in modo da poter
correre in suo aiuto se ce ne fosse stato bisogno. E per
scoprire novità su Gin e Vodka, anche se questo era un pensiero che si
rifiutava anche solo di formulare. Non voleva sentirsi troppo egoista.
BloodyMary, o Nagisa,
come Ai la chiamava, aveva detto che si sarebbe fatta sentire tramite “un
giornale”. Ai doveva per forza sapere di quale giornale stese parlando, ma di
certo non glielo avrebbe rivelato, perciò aveva dovuto comprarli tutti. Dalla
spesa che aveva fatto si era subito reso conto che non era possibile ripetere la stessa operazione tutti i giorni, vista la possibilità
che BloodyMary si rifacesse viva tra più di un mese.
Aveva bisogno di più indizi. Qual’era
un giornale che un membro di una società criminale avrebbe potuto comprare? Un
bel dilemma.
Finalmente il programma canoro di Yoko Okino finì e Kogoro spense
la tv, ancora con gli occhi a forma di cuore e un leggero rivolo di sangue che
gli colava dal naso. Come detective non valeva molto, ma Conan
doveva ammettere che rispetto alle altre persone non si vergognava
ad apparire rispetto ad essere. Peccato solo che il suo essere fosse poi molto limitato,
almeno la maggior parte delle volte.
«Che stai facendo?» gli
chiese mentre apriva un’altra lattina di birra. Era insolito che il
ragazzino se ne stesse così tranquillo, ma era altrettanto insolito che un
bambino di sei-sette anni passasse il pomeriggio a
leggere giornali.
«Esercizi di lettura» sorrise Conan
cercando di sembrare più infantile possibile. Vista la sua agitazione, temeva
di sembrare troppo serio, tanto che anche Ran, di
solito non molto perspicace, gli aveva scoccato delle
strane occhiate.
Kogoro alzò le spalle. Davvero, non lo capiva.
«Tieni anche questo» Gli passò un giornale che prima era rimasto sepolto fra
tonnellate di altre riviste e lattine vuote che
decoravano al scrivania. «Vado a giocare a pachinko!»
urlò poi, in modo che la figlia, dalla cucina, potesse sentirlo. Afferrò la
giacca grigia che teneva appesa alla sedia e uscì. Conan
scosse la testa. Non si stupiva certo del fatto che Ran
avesse preferito restare con lui anziché con la madre, la quale, al contrario,
sapeva benissimo badare a sé stessa.
Quasi per noia Conan
iniziò a sfogliare il giornale che Kogoro gli aveva passato, ossia “Il
Manifesto”. Andò subito alla pagina degli annunci, poiché non credeva che ci
potesse essere altro posto per comunicare, saltando gli articoli. Uno diceva,
dopo la presentazione del nome e dell’indirizzo:
“I miei poeti preferiti sono
Carducci, specialmente quando parla del treno, e Pascoli. L’ultima strofa del ‘gelsomino notturno’ è
meravigliosa. Sciagurata, ammetto di esserlo, qualche volta, ma basta non
assecondare i miei capricci e il giorno dopo divento la persona più seria del
mondo. Budino e sushi, i miei piatti preferiti: mangerei solo quelli!
Ialografia, la pittura su vetro, è ciò che faccio di mestiere”
Rilesse questa parte dell’annuncio molte volte,
silenziosamente e lentamente, finché qualcosa non scattò nelle molle del suo
cervello da detective. L’indicazione del luogo e dell’orario. «Ho trovato!»
esclamò nella sua mente mentre riportava gli appunti su un foglio. Infatti, la poesia
sul treno di Carducci si intitola “Alla stazione una
mattina d’autunno”, mentre l’ultima strofa di Pascoli inizia con “E’ l’alba”.
Infine, unendo le sillabe iniziali delle ultime tre frasi si otteneva la parola
“Shibuya”. Perciò
l’appuntamento era alla stazione di Shibuya, all’alba
del giorno dopo la pubblicazione dell’articolo.
Ran si affacciò alla porta. «E’
quasi pronto, và a lavarti le mani» Si, Ran sarebbe
stata una madre perfetta.
«Okay» rispose Conan
obbediente. Avrebbe chiamato il Dottor Agasa
più tardi. Osservando Ran
che ritornava in cucina, riflettè sul suo
comportamento. Come sempre faceva finta di essere
allegra e sorridente, ma le sue pupille risultavano simili a quelle
opache di un peluche gettato in una discarica. Shinichi
non la chiamava da qualche tempo. Era ora di farla di nuovo felice. Conan si chiuse in bagno, tirando fuori il suo telefono
miniaturizzato e aprendo l’acqua del rubinetto, in modo che Ran
non potesse sentirlo.
«Qui agenzia investigativa Mori» rispose alla
cornetta la voce dolce di Ran, un tono che si
addiceva più a una madre di famiglia piuttosto che a
una segretaria.
«Ran…» si limitò a
rispondere Conan, usando il suo farfallino-modulatore
di voce.
Lei appoggiò la mano sugli occhi per cercare di trattenere
le lacrime. Riuscendoci solo in parte, preferì reagire. «Com’è che è un po’ che
non ti fai sentire?! Non hai ancora risolto il caso?» Sorrise. «Non sarà che… Stai perdendo il tuo intuito?»
«Figurati…» commentò lui mettendo il broncio. Era
bello sentirla di nuovo energica. Continuarono a
chiacchierare un pochino in questo modo, come se il tempo si fosse fermato, e
come se non fosse passato nemmeno un giorno dal loro ultimo incontro. La teoria
della relatività di Eistein era
sicuramente azzeccata, nel loro caso.
«Shinichi, sei
preoccupato?» chiese infine lei, mentre giocherellava con il filo del telefono.
«Ti sento strano…»
Davvero, i suoi sentimenti non
erano che acqua corrente per lei, anche solo a sentirlo parlare. Si
sentiva un po’ in colpa, temendo di non riuscire a fare altrettanto. «In
effetti, sono un po’ preoccupato…» Lei si che lo
avrebbe capito. «Un… mio amico mi sta aiutando in
un’indagine… Per lui è una faccenda personale. Solo che… Si mette in
situazioni pericolose e non accetta che io lo protegga…»
«Così tu non sai cosa fare per lui…» finì lei. «Non
sarà mica… Hattori?!»
«Ma certo che no!» esclamò
lui, alzando troppo la voce. Paragonare Ai a Heiji, figuriamoci. Sarebbe stato come paragonare la luna a un rospo. Senza offesa per Hattori,
naturalmente.
«Secondo me, dovresti cercare di fargli capire che
non vuoi interferire nel suo lavoro. Dagli libertà, ma
allo stesso tempo stagli vicino» Fai così anche con me, avrebbe voluto dire. E interferisci pure. «Insomma, non essere soffocante, non
cercare di fare tutto da solo»
Fare tutto da solo… Era esattamente il contrario,
stavolta era Ai che voleva stare sola… Si, Ran aveva
ragione, doveva lasciarla fare, ma tenerla d’occhio. Haibara
non gli avrebbe permesso di accompagnarla, era troppo
generosa… La odiava spesso per questo, perché così doveva fare il doppio della
fatica. Non che se ne lamentasse, ma non poteva
sopportare che desiderasse continuamente sacrificare la sua vita per lui.
Nessuno doveva avere questo onore.
«Grazie Ran» disse, quindi
la salutò e riattaccò. Infilò il telefonino in tasca e si preparò a sciacquarsi
le mani. Vide che i palmi erano completamente anneriti dall’inchiostro del
giornale.
***
La stazione all’alba era praticamente
deserta. Ricordava molto quelle del vecchio Far West, solo che mancavano le
palle di stoppa che rotolavano per la strada con il vento.
BloodyMary si era seduta su una
panchina tra il binario due e il binario tre, tenendo una coppia del Manifesto
sulla minigonna nera a pieghe che indossava. Con i capelli rossi legati in due
codini laterali e alti e senza trucco, sembrava molto più piccola di quanto fosse in realtà. Lo aveva fatto per fingersi
un’universitaria che andava a Osaka in Shinkansen per un seminario. Teneva gli occhi verdi fissi
davanti a sé, come se aspettasse di vedere qualcuno comparirle all’improvviso.
Accanto a lei si sedette una giovane donna, dai
morbidi capelli castani modellati sulle spalle. Accanto a sé appoggiò uno zaino
bianco, praticamente nuovo. Dallo zaino estrasse un
cellulare con l’auricolare. Compose un numero e infilò l’auricolare
nell’orecchia destra, dopo aver spostato con un gesto naturale una ciocca di
capelli. Poggiò poi il telefonino sul grembo, dove finiva la maglietta a onde del mare e iniziavano i pantaloni larghi blu.
«Novità, Nagisa?» chiese
fingendo di parlare al telefono.
BloodyMary all’inizio non si mosse,
come se non avesse sentito. Poi, molto lentamente, afferrò il giornale e lo
aprì a pagina cinque. «Direi di si»
sussurrò. «Sono qui per consegnare una partita di droga ad un corriere»
Accavallando le gambe, diede una leggera botta alla cartella che era appoggiata
al bordo della panchina. «Ho pensato che potevi fare
una telefonata anonima alla polizia per avvertirli. Sarebbe una buona occasione per far iniziare le indagini. Ho nascosto un
cd di informazioni in uno dei pacchi»
Ai schiacciò nervosamente i
tasti del telefonino. «Corri troppo rischi»
«Ma no, stavo ad usare lo
stesso programma di scaricamento criptato dell’Organizzazione.
Non ci sono pericoli»
«Mi auguro che sia così» replicò Ai senza smettere
di tormentare i tasti. «Però mi sembra strano che ti abbiano affidato questo incarico… Non eri un sicario, una volta?»
«Lo sono ancora» BloodyMary
voltò pagina. «Ho chiesto io di eseguire questa missione per rimettermi dalla
convalescenza. E per incontrarti, naturalmente»
«Naturalmente»
«Sai, mi ero sempre domandata che effetto facesse uccidere, fin da piccola» La rossa strappò un
angolino del giornale e lo infilò tra le labbra. «Stavo ad ammirare Gin perché
era uno tosto, uno in gamba…» Piegò la bocca in un
sorriso ironico. «Adesso che anch’io ho ucciso, non so cosa dire. Non fa nessun
effetto» Scoccò un’occhiata alla sua migliore amica da sotto le lunghe ciglia
nere. «Uccidere un essere umano non è che una cosa normale»
«Davvero?» chiese Ai con
voce inespressiva. «Buon per il tuo lavoro»
«Sapevo che avresti risposto così!» BloodyMary alzò troppo il tono di voce. «Tu non sei
abbastanza ipocrita da giudicare le persone e far finta
di niente»
«Non ti ho giudicata» Ai
guardava intensamente i fili d’erba che spuntavano dai binari. «Ti invidio, anzi»
«Invidiare me? Solo perché posso uccidere? Fammi
ridere» Si divertì a piegare il lati del giornale.
«All’inizio, uccidere mi inebriava. Vedere quelle
persone che cadevano a un mio gesto. Gli uomini sono esseri così deboli… Era divertente essere come Dio,
onnipotente. Uccidere e non essere uccisa» Sospirò. «Ma
se fossi stata Dio, forse avrei potuto salvare mio padre e mio fratello» Ebbe
il coraggio di voltarsi verso Ai. «Dimmi, Shihochan, è per questo che dicono che non bisogna uccidere?»
«Se avessi la risposta,
forse sarei io Dio» commentò l’altra limitandosi a chiudere gli occhi.
«Piuttosto, la domanda è perché si uccide»
«Oh, esistono infiniti motivi! Interesse, vendetta,
divertimento…»
«Appunto» convenne Ai. «Ma
non esistono motivi per non uccidere»
«Non ti capisco» BloodyMary
spostò leggermente il giornale per slacciarsi un bottone della sua camicia a
scacchi neri e bianchi.
«Per esempio, ti sei mai chiesta perché il cielo è
azzurro?»
Inconsciamente, lei alzò lo sguardo. Metà del cielo
era ancora buia, mentre l’altra andava man mano schiarendosi con l’avvento del sole.
La luna, ancora visibile, andava verso levante, mentre leggere pecorelle
disegnavano strane figure. «N-no» rispose. «Non è una
cosa naturale, come dire che le foglie sono verdi?»
«Le foglie sono verdi per via di un enzima contenuto
nei mitocondri delle cellule delle foglie, la clorofilla» spiegò Ai. «E il cielo è azzurro perché la rifrazione della luce solare
nell’atmosfera provoca la visibilità della linea d’onda azzurra» Poi sorrise.
«Ma a prescindere da qualunque spiegazione scientifica, a te il cielo
piacerebbe in qualunque modo»
«Bè, si» BloodyMary arrotolò con le labbra il foglietto di giornale
che aveva strappato precedentemente.
- Si comunica che il treno Osaka/Kyoto
in arrivo sul binario tre presenta un ritardo di
trenta minuti – disse l’autoparlante, mentre il
display degli orari cambiava. – Ripeto, il treno Osaka/Kyoto
in attesa sul binario tre presenta un ritardo di
trenta minuti. Ci scusiamo per il disagio -
Ai prese il telefonino e lo spense,
quindi lo rimise nello zaino assieme all’auricolare. «La realtà è che non
esistono risposte alla domanda per cui non si debba
uccidere; è una cosa personale» Ai alzò e si mise lo zaino sulla spalla destra.
«Ma anche se esistessero, non impedirebbero certo alle persone di uccidere»
BloodyMary rimase nascosta dietro il
Manifesto mentre lei se ne andava verso il
sottopassaggio, per andare al bar. Quanto le sarebbe piaciuto, per una volta
nella vita, avere una conversazione normale con Nagisa,
simile a quelle che aveva con i Detective Boys.
«Che ci fai qui tutto solo,
piccolo?» sentì la voce della barista chiedere, mentre si avvicinava. «Ti sei perso?»
«No no» negò una voce di
bambino fin troppo familiare. Quindi Ai vide la figura
di Conan scappare nella sua direzione e infilarsi nel
sottopassaggio. Sospirando, lo seguì. Non avrebbe dovuto farlo, se davvero
voleva mantenere segreto il loro legame, ma era chiaro che lui l’aveva seguita, rischiando di compromettere il lavoro. Lui
era entrato senza troppi problemi nel bagno delle donne. La fortuna volle che
in quel momento nessuno usasse quel sottopassaggio, per cui
nessuno avrebbe potuto dire che la ragazza dai capelli castani lo aveva
incontrato.
«Okay, okay, non dire niente» la anticipò lui non
appena fu entrata. «Lo so, non avrei dovuto seguirti, ma ero
preoccupato » Alzò gli occhiali per guardarla meglio. «In realtà mi
sento lusingato dal fatto che tu stia rischiando tanto per proteggere me e gli
altri, però non voglio che ti sacrifichi, come sempre. Non sarebbe giusto» Si
rimise gli occhiali. «Non discuterò le tue decisioni, ma permettimi di aiutarti»
«E’ fuori questione» Ai scosse
la testa. «Ti comunicherò tutte le mie informazioni, ma voglio che tu rimanga fuori da questa faccenda, altrimenti sarà tutto inutile. Ti
ringrazio, ma me ne occuperò da sola»
«Sei così testarda!» Il classico bue che dà del
cornuto all’asino.
«Kudou-kun… Tu una volta
mi hai impedito di uccidermi, dicendo che non era il mio destino» commentò lei.
«Perciò, adesso, non mi farò uccidere. Ma se dovesse accadere, tu-»
«Non dirlo!» esclamò lui. «Non accadrà! Devi
prometterlo!»
La porta del bagno si aprì lentamente, cigolando. Ai
si voltò, appoggiando una mano contro il muro, agitata. Conan
corse a nascondersi dentro una delle porte dei gabinetti,
con il mirino dell’orologio pronto a sparare. Era BloodyMary.
«Anche il mio treno sta in
ritardo» disse solo, andando al lavandino a sciacquarsi le mani. «Ti ho spaventata?»
«Non troppo» Ai si appoggiò al muro, incurante del
fatto che potesse essere sporco.
BloodyMary fece un sorriso strano,
malinconico. Le si avvicinò velocemente e con un gesto
improvviso le strappò la parrucca e la maschera. Fu troppo rapida, tanto che
alcuni pezzi rimasero appiccicati al viso di Ai, che
non si era mossa. Le accarezzò i capelli corti biondi, poi la
abbracciò. «Volevo tanto vederti…» Rimase per qualche minuto ferma, con
la testa appoggiata contro il suo petto, respirando calma. «Quando
hai lasciato l’Organizzazione, mi sono sentita morire… Sono stata così egoista,
sapevo bene che per te era la cosa migliore… Lo sapevo da sempre…» La guardò
deglutendo. «Sono io che invidio te… Hai trovato qualcosa per
cui vivere…» Voltò lateralmente la testa. «Io ho solo cose per cui morire…»
Le braccia di Ai tremavano
e lei si sentiva in colpa per non riuscire a ricambiare l’abbraccio. «Sei tu
che non vuoi vivere…»
«Come posso?!» Nagisa si
staccò d’impulso. «Ho ucciso tanto… E tanto… Se non uccido ancora, sto male… E’
l’unico modo che conosco per vivere! L’unico che mi hanno mai insegnato! N-non ce la faccio più…» Piegò le labbra all’indietro, per
trattenersi dal piangere. «Aiutami…»
Da dietro la porta, Conan
chiuse il mirino e lasciò cadere le braccia, assalito dalla rabbia. Quelle due
erano uguali, entrambe cresciute dall’Organizzazione, in un clima di morte e di
terrore, soffocante e opprimente. Non avevano scelto loro di diventare delle
assassine, di dover rischiare di essere uccise per essere
libere, normali. Dov’era la giustizia, a questo
mondo? Fin da quando erano nate, qualcun altro aveva deciso
per loro e le aveva sporcate, rese impure con il sangue versato da altri.
Per la prima volta nella sua vita, Shinichi Kudou, il geniale studente-detective, la salvezza della
polizia giapponese, ebbe un istinto omicida. Avrebbe voluto avere Gin davanti e
una pistola in mano. E sparare. E
provare gioia e sollievo.
«L’unica cosa che puoi fare, è trovare dentro di te
il motivo per non uccidere…» Ai la strinse a sé, lasciando scorrere le dita
bianche tra i capelli sangue. Le vedeva così sporche… «Anch’io non ho il
diritto di vivere, sai… Anch’io ho ucciso con la mia ATPX-4896…»
«Ma è una cosa diversa…»
mormorò Nagisa alzando lo sguardo.
«Il risultato non cambia» Ai allentò la stretta.
«Anche tu, se lo desideri, puoi vivere… Smetti di-»
«Morirei ancora più in fretta. Non saprei come
vivere!» Nagisa si scostò. «Scusami,
ho parlato come una stupida…»
«Nagisachan…» Ai alzò un braccio per trattenerla, ma lei scappò verso la
porta.
«Ci vediamo al distributore automatico dell’ultimo
piano del magazzino Beika fra due giorni alle cinque
precise» Sorrise, anche se gli occhi verdi rimanevano lucidi. «Dovresti davvero
trovarti un ragazzo, come diceva Akemi-neechan, sei così bella…» Uscì accostando la porta.
Ai si lasciò scivolare lungo il muro, tremando. Un
essere umano come poteva vivere per uccidere, come un automa? Con che diritto
l’avevano obbligata ad una vita simile? Con che diritto le avevano costrette a
macchiarsi così? «P-perché…? N-non
posso chiederle di tradire l’Organizzazione, non ci
riuscirebbe… N-no, davvero…» Leggere lacrime
cristalline, simile alla rugiada che cola lungo i sottili steli dei fiori,
presero ad uscire e a scivolare lungo le guance.
Conan uscì dal suo nascondiglio.
Si era davvero pentito di quei pensieri omicidi, ma li aveva avuti. E avrebbero potuto tornargli, nel vedere Haibara
in quelle condizioni. L’anima di quella ragazza non sarebbe mai più tornata
pulita. Né quella di BloodyMary.
Ma se il caso l’aveva fatta nascere
nell’Organizzazione, di sicuro il destino li aveva fatti incontrare. Anche se, in quel momento, l’unica cosa che poteva fare per lei era
porgerle un fazzoletto bianco di stoffa. Il quale, tuttavia, non avrebbe
pulito le loro mani insanguinate.
Note di Akemichan:
Allora…^^’’ Chiedo umilmente perdono… So benissimo
che sia Il Manifesto, che Carducci e Pascoli sono “roba” italiana, ma io non
conosco poeti giapponesi… (e poi dicono che la scuola non rovina i ragazzi :-P). Il Manifesto è un giornale comunista (lo legge un mio
compagno, per questo lo so) e ovviamente non ha un angolo degli annunci, ma non
potevo usare nessun altro giornale. Perché,
direte voi? Per due motivi essenziali: 1- Nagisa è
chiaramente comunista, o almeno così dice, e non conosco giornali giapponesi
comunisti (magari non esistono nemmeno) 2- Il colore del comunismo è, come
tutti sanno, il rosso, che è anche il colore del sangue, dato
che non esiste un riferimento a Nagisa che non
finisca per essere o rosso o nero. Questa la ragione per cui non potevo cambiarlo. Chiedo ancora umilmente perdono. ^^ Ci
vediamo sabato prossimo!
Reviews:
Fredryck: ^///^ Io arrossisco e ti
ringrazio, ma non starai esagerando? ^^
Mirtilla: Il manga è veramente molto, molto bello,
sono d’accordo con te. Il mio unico rammarico è che dovremo aspettare più di un
anno per vedere Ai su carta… Ma ne vale la pena!
Grazie per i complimenti
MelanyHolland: La mia storia all’altezza
di un vero giallo? Io non posso non ringraziarti, ma sei sicura di aver letto
proprio la mia storia?^^’’ Sono contenta che BloodyMary
ti piaccia come personaggio, sai, in realtà è venuta
fuori da un mio sogno…^^’’ Spero che non sia una MarySue!
Ginny85: Bè, non sono
proprio sicura che sia un trattato di filosofia, a me sembrava
quando lo scrivevo, ma se così fosse, sono contenta che ti piaccia (siamo in
due ^^). Per quando riguarda Conan… Uhm, Ai è la
protagonista assoluta, ma stai tranquilla, dubito che Conan
si lascerà rubare la scena tanto facilmente ^_- E per BloodyMay,
credo che dovremo chiedere direttamente a lei… Ma non è così facile reperirla…^_- Giudica tu da questo quarto capitolo ^^
Preview:
«Di niente, Sherry»
«Che ci fai qui, Conan-kun?»
«Ciao, Gin»
«Della mia migliore amica avevo una grande fiducia»
«Non sono così scema come pensate»