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Autore: tixit    20/07/2019    7 recensioni
Breve storia triste con molte licenze cronologiche e un po' di vago soft porn.
Fersen è tornato, è ospite di Oscar ed ha portato con sé il caos.
Genere: Generale | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het | Personaggi: André Grandier, Axel von Fersen, Hans Axel von Fersen, Oscar François de Jarjayes
Note: OOC, What if? | Avvertimenti: nessuno
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Cala Novembre e le inquietanti nebbie gravi coprono gli orti

Arriva la tempesta

"Dovreste farVi prete - vi piace parecchio salire su un altare e avere un pubblico." la voce sapeva di un fastidio antico, troppo vecchio per poter dargli un nome ed un perché. André, preoccupato, osservò il viso di Oscar e quel pallore gli piacque anche meno del suo tono.

"Il voto di obbedienza non sarebbe un problema. La considero una abitudine coltivata fino a farne quasi un'arte." rispose Girodelle con aria leggera.

Fersen si sbilanciò sulla sedia, le mani dietro la nuca e l'aria rilassata, come un gigante vichingo ad un banchetto di qualche storia del Nord - dopo aver mangiato e bevuto era il momento dei racconti "Girodelle L'Inessentiel..." esclamò ridendo, "oh se me lo ricordo!" 

"Ci sono persone che nascono incapaci di vivere senza padrone. Alcuni sono cani, o almeno c’è chi li chiama così." Ribatté Oscar con un sorriso cupo “Altri invece sono cortigiani.” Lo guardò freddamente, “Fare il prete, però,” aggiunse, “Vi darebbe l’opportunità di essere finalmente ascoltato da qualcuno."

André sobbalzò, ferito – quella era anche la sua vita. Ripensò alle cipolle caramellate, al pungitopo nel bicchiere e sentì tutto il peso della sua inessenzialità - e quella la poteva sopportare, ammise, ma il ridicolo, quello che sottintendeva la voce di Oscar, gli tolse quasi il fiato. Ma loro due, non avrebbero dovuto essere amici? Non avevano sepolto un coltellino con il manico rosso un miliardo di minuti fa? Non gli aveva scaldato le mani tra le sue solo qualche giorno prima?

"Scambiate l’impulsività per l’indipendenza,” la voce di Girodelle era controllata, ma si capiva che non era contento ”la libertà non è sbattere i pugni su un tavolo. Ammesso poi che si possa essere davvero completamente liberi e non costretti sempre a mediare tra tutta una serie di concause. Detto ciò, l’obbedienza vuol dire capacità di ascolto, comprensione delle proprie responsabilità e loro accettazione: solo dove ci sono queste cose ci può essere una parvenza di libertà.”

"Io sarei morto al posto di Girodelle," continuò Fersen meditabondo, perso in chissà quale ricordo, "lo avete pure preso a schiaffi! E più di una volta..." scosse la testa, poi aggiunse divertito "Facevate prima a tagliargli direttamente le palle." 

Oscar sbatté le palpebre, interdetta, poi cercò lo sguardo di André che però lo distolse smarrito. Il discorso di Girodelle sulla mancanza di una libertà assoluta lo spaventava, quelle concause che citava, per esempio... solo qualche giorno prima, a lui erano sembrate dettate dalla società, una piramide che vedeva un Grandier qualunque relegato al ruolo del perdente, che ce lo faceva sentire addirittura, il perenne perdente... almeno... perenne fino a quando quella società non fosse mutata. Ma Girodelle sembrava intenderle in modo più profondo, senza speranza per nessuno.

La donna arrossì, poi mormorò "E' questo quindi? Del buon vecchio rancore perché a quindici anni vi ho battuto in un duello leale..."

"Se ci fosse stato del rancore, oggi non Vi avrei guardato le spalle" le fece notare Girodelle "E magari avrei chiamato la ronda della Guardia Metropolitana."

André lo scrutò con attenzione e ripensò ai discorsi del Generale che aveva sentito fin da bambino: aveva deciso il ruolo di Oscar da quando era nata, non si aspettava niente meno di una serie di incredibili successi.
Girodelle gli fece pena. Almeno nessuno si era mai aspettato niente da lui, André Grandier, e lui non aveva mai desiderato qualcosa di particolare, a parte Oscar, ma quello poteva ricadere nei desideri che nessuno avrebbe preso sul serio, come desiderare di poter volare.
Gli venne da sbuffare e, per un attimo, a sorpresa, lo investì un furioso risentimento - ci mancava pure che adesso gli facesse pena un nobile che collezionava tazzine da tè spaiate in una sentina del vizio, con tanto di acqua corrente e belle ragazze vestite di verde.

Mentre lui strigliava cavalli, a piedi nudi dentro una fontana.

Fersen borbottò "Questo all'inizio, comunque, non fatevene un cruccio, Oscar. Poi ad un certo punto hanno smesso." gli scappò un sorriso divertito, "Victor, Vi ricordate? Facevate i duelli in ordine alfabetico... secondo me ce l'avevate pure Voi, una lista!"

Oscar guardò Girodelle con aria confusa e André si rese conto che lei non sapeva, non si era resa conto, adesso, che lui era rimasto dietro di lei, mentre lei spiegava quelle due o tre cosette sui cani a Chatelet, senza vedere la matassa arrotolata delle conseguenze, e non si era resa conto, allora, dei tentativi di coinvolgerla in altri mondi che non erano il loro, e delle conseguenze che aveva sugli altri quel suo modo irruento e incurante di essere Oscar.

“Si, ce l’ho avuta, in un certo senso e non ne vado orgoglioso.” Girodelle aveva l’aria stanca, si passò una mano tra i capelli, poi congiunse le mani in grembo, le punte delle dita che si toccavano "Forse questo è l'esempio giusto, non so se mi capirete... I bambini nascono nudi, lo sapete? Sono nudi e pensano solo a mangiare e al tepore delle braccia della mamma. Poi, ad un certo punto, sanno che devono sistemare i capelli in un certo modo, che nei capelli, se sono femmine, ci vanno dei fiorellini e capiscono quali sono eleganti e quali no, mentre i maschi sanno di dover portare il tricorno."

"Pensate di mettere su famiglia?" lo sfotté Oscar.

"Quello è Fersen." ribatté seccamente Victor.

"Ora mi ricordo!" esclamò lo Svedese con un sorriso ampio: "Girodelle, Pas de promesse à l'éternel... è così che dicevano."

André alzò gli occhi al cielo. Personalmente riteneva che, anche con tutto il fuoco e le fiamme che indubbiamente il tipo poteva mettere in campo - lo aveva dimostrato, quattro donne in un giorno aveva detto - non avrebbe mai retto ad una vita intera con quello svedese. 

"No, quello che volevo dire è che mettersi dei fiorellini nei capelli è qualcosa di acquisito, che viene dell'educazione: noi diciamo alle bambine che devono raccogliere i capelli e loro ci credono, e aggiungo che le bambine capiscono che se tengono i capelli raccolti in un certo modo allora tutti saranno contenti e le troveranno carine e loro si sentiranno amate. Ma che duecento anni fa avrebbero portato i capelli sciolti e sarebbero state carine lo stesso. E pensavo ad una mia amica, a delle cose che mi raccontava quando era piccola - alcuni di noi per altri sono invisibili, e per altri, invece, ci sono."

André annuì, distrattamente - quella era la sua vita.

Girodelle fissò le fiamme e proseguì "I capelli, il tricorno, sono solo esempi sciocchi, ma quello che vedo io è che ognuno di noi viene visto se risponde ad un modello. E l'identità, quello che uno in qualche modo percepisce di essere, dipende proprio dal fatto di essere riconosciuti. Per cui uno, se può, cerca di abbracciare quel modello. La figlia preferita, il figlio in gamba, quello sfavorito... a volte non dipende dal caos che un figlio porta in una famiglia o dalle cose stupende che fa. Oggettivamente dico."

Oscar arrossì, poi sussurrò "La gente si affanna parecchio a Versailles."

André invece pensò ad Oscar a quindici anni, che entrava nelle Guardie Reali dopo averlo preso a pugni.

Girodelle sorrise "Quando seppi di dover duellare con Voi me lo chiesi: se avessi vinto sarei stato riconosciuto e avrei avuto una carriera di un certo tipo, mentre se avessi perso sarei stato nessuno. Ma io ero questo? Qualcosa il cui valore dipendeva da un duello che era una buffonata? Ma che importanza aveva?"

"Beh quando vi vogliono uccidere, l'importanza ce l'ha." si intromise Fersen, pensoso, "Non vorrei dire, ma c'è una bella differenza tra essere vivi ed essere morti."

Girodelle tacque, imbarazzato, fissando il camino, come se avesse perso le parole.
Fu André che interruppe il silenzio “Voi parlate della persona, di chi è e di come la società lo percepisce. Le concause. Per cui si fanno cose liberamente, che non sono davvero libere.”
"Esatto, quei duelli sono la cosa di cui sono meno orgoglioso." Disse Girodelle con un sorriso triste.
Fersen rise, "C'erano anche delle storielle - Girodelle è in ritardo questa mattina... il duello sarà durato più a lungo del previsto. Oppure: Girodelle è stato sfidato all'arma bianca e ha sconfitto l'avversario a palle di neve..."

"Fini umoristi..." Victor scosse la testa disgustato.

"Beh, non è stato tanto diverso quando saltò fuori la faccenda della lista..." Fersen scrollò le spalle, conciliante "Le battute si sprecavano e io ho capito la fatica di sopravvivere ad un disastro. Non dovrei dirlo perché potrebbe sembrare strano, ma io ho pensato a Voi, in America diverse volte... al tenere il punto e non diventare ciò che gli altri vi dicono che siete. Allo scoprire chi siete. La rabbia...  E' la cosa dell'identità che stavate dicendo, giusto? Che è un dono, o una maledizione, che vi fanno, per una fetta importante, gli altri... beh è così, non lo avevo pensato così chiaramente, ma è così."

"Quindi capite. Quei duelli erano in parte come i fiorellini nei capelli di una bambina."
 
"Quei duelli erano il solo modo per dire alle anime semplici che avevate ancora le palle anche se il Vostro capo Vi prendeva a schiaffi in pubblico e a Voi andava bene così." disse Fersen, con voce serena. “Voi complicate troppo la vita.”

Oscar era diventata scarlatta “Non ricordo quel periodo...” mormorò imbarazzata, “forse me ne avreste dovuto parlare.”

"Ma cosa c’entrate mai Voi?" disse Girodelle spazientito, "Si certo avrei potuto parlarVi, ma non siete stata educata ad ascoltare sul serio – o obbedienza cieca o ribellione estrema - e poi, onestamente, se uno desidera comandare degli uomini deve sapere cosa vuol dire essere dall’altra parte per cui certe cose io le do per scontate. Mettersi nei panni di un altro, non chiedere cose impossibili, fanno parte dell’essere un buon capo e chi fa il capo lo deve sapere e la domanda se lo deve porre. Non è che perché ci viene dato l'onore di comandare su qualcuno allora si è "degni", ma è il contrario, lo si deve diventare perché ci è stato affidato un compito. Questo in un mondo ideale, ma in quello reale, se questo non succede, io devo prenderne atto. Per me questo è essere un uomo.”

André intervenne “Non è colpa di Oscar, ci sono stati dei muri tutto intorno a lei... Anche io...”

Oscar gli schioccò uno sguardo di una freddezza e di una oscurità infinite ed André sentì un brivido, proprio lungo la schiena, come se la morte si fosse di colpo ricordata di lui. Non aveva gradito la sua intromissione, era chiaro.

“Ma io infatti non ce l’ho mai avuta con Madamigella de Jarjayes,” puntualizzò Girodelle, “io dico solo che si sta benissimo sentendosi belli con i fiorellini nei capelli, ognuno fa come gli pare, e la vita procede bella pigra come una barchetta verso l'isola di Jersey, in un bel giorno di primavera, e così godiamo del sole, o mettiamo dei cappellini di paglia perché non vogliamo perdere il nostro pallore così alla moda, e beviamo succo d'arancia e tuffiamo la mano nell'acqua, e ci dedichiamo al badinage amoroso, e questo e quello. Sapete cosa è? E' la quotidianità, l'illusione che ci sia un tempo infinito, che scorre pigro, e questa dolcezza di vivere ci fa diventare pecore che brucano l'erba tutti i giorni nel prato in cui ci conducono altri facendoci le carezze sul muso e dicendoci quanto siamo belli. Ma la vita non è questo. E ad un certo punto, per qualcuno mai, per la maggior parte di noi almeno una volta, arriva la tempesta che ti costringe a capire chi sei, se sei quello che annega, se sei quello che piange, o se sei quello che resta aggrappato allo scafo con le unghie e con i denti e se sei un essere umano che offre gentilezza anche agli altri o uno che non si preoccupa di nessuno se non di se stesso e quale mano vuoi stringere, se per caso hai la benedizione di averne una accanto a te. Fosse pure molto poco il tempo che resta."

Si alzò in piedi e la guardò negli occhi, "Quel duello mi fece riflettere su chi ero, prima di combatterlo, e fu un bene. E averlo perso fu la mia barchetta che si rovesciava. E fu quel che fu. Per mia fortuna io ho cercato di avere la mia vita coltivando quello che era mio, quello che ero io, quello a cui tenevo, anche se venivo o non venivo riconosciuto da chicchessia.”

“Mi fa piacere per Voi,” ribattè Oscar visibilmente seccata, “avete risolto il Vostro problema, volete un applauso?”

“Ho cercato di farVi un regalo, così come Ve lo ha fatto Fersen, a modo suo.” la voce di Girodelle era controllata, ma si capiva che era esasperato, “Perché mi spiace, mi spiace con tutto il cuore. Perché meritavate di più.”

"Vi spiace per me?" sibilò Oscar "Ma come Vi permettete? E come vi permettete tutti voi? Di giudicare me, le mie scelte? Cosa voglio, cosa faccio... il tassello mancante... ma stiamo scherzando?" Si alzò in piedi e si mise davanti a Girodelle con le mani strette a pugno, le braccia lungo i fianchi. "Non Vi sfido a duello solo perché so che Vi batterei... e mi dispiacerebbe tanto per la Vostra barchetta...”

Girodelle alzò un sopracciglio, ma non replicò.

“E se siete questo duellatore sopraffino” insistette Oscar, “perché non mi avete fermato Voi da solo, alle Dodici Lune, invece di chiamare aiuto? Perché non mi avete parlato a suo tempo?"

"Perché io non sono il ragazzino che è cresciuto con Voi e che Voi non mettereste mai nei guai." rispose lui, alzando le spalle.

André arrossì imbarazzato – non era riuscito in questi giorni a farla ragionare, e onestamente dubitava che davvero l’amicizia fosse sopravvissuta. Amicizia... ma chi gliela aveva mai promessa? Chi diceva che ne avesse diritto? Era nata dentro di lui, ma quando mai c'era stata una promessa che ogni sentimento tra loro sarebbe stato reciproco, e con una intensità talmente simile che si sarebbe potuta pesare con una bilancia da farmacista e ritenerla uguale?

Poi Girodelle si avvicinò al camino, dando le spalle a tutti loro "Mio fratello è uno stronzo." disse in tono neutro, "Gli voglio bene, sia chiaro, ma resta comunque uno stronzo che dice sempre le cose come stanno. Ed è molto bravo a prendersi cura degli altri quando si ammalano."

"Ognuno ha qualche dote." sibilò Oscar. "Perfino un Girodelle."

"E' bravo perché si è sempre cacciato in qualche guaio e quindi sa quanto fa male quando fa male." precisò Victor, "Sono passato da lui e gli ho raccontato una storia, qualcosa che avevo visto e non avevo capito e che pensavo di dover capire. Lui ha... interpretato gli indizi per me." concluse in tono di scuse, come se stesse parlando a qualcuno in particolare.


Oscar impallidì. “Io ora voglio tornare a casa, e Voi mi procurerete una carrozza a nolo.” Esplose con un tono che rivelava una dose non banale di irritazione  Poi, sistemandosi la camicia, aggiunse, "André, tu vieni con me."

André si alzò meccanicamente, poi impacciato, si schiarì la voce. “No.” disse con voce un poco tremante e gli sembrò di sentire un altro che parlava al posto suo.
   
 
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