Nota
autore:
Con un
po’ di ritardo…ecco il quarto capitolo che, contro
ogni mia previsione, non è ancora l’ultimo! Grazie
a chi legge e lascia una
recensione, grazie a chi mi dedica un pochino del suo tempo.
Ore 11:30
Abbandonata la
cucina, Veronica raggiunse la veranda e si
guardò intorno alla ricerca di John. Lo individuò
pochi secondi dopo, rivolto
di spalle, assorto in una vivace disputa con il massiccio tronco di
pino che
dominava il giardino.
“Sì,
Roger, è successo. D’accordo? E, dato che
prendermi in
giro e chiamarmi sfigato o verginello sembra essere diventata la
tua occupazione principale ultimamente, sono lieto di informarti che
sei sollevato
dall’incarico. Qualcuno, che tu lo creda o no, si
è interessato a me e tu
potrai smettere di preoccuparti della mia vita sessuale! Lo trovi
così
difficile da immaginare: che una ragazza mi trovi attraente? Eh? Guarda
che non
sei l’unico che può scoparsi belle
donne!” gridò il giovane, rapito da un forte
sentimento di rabbia e sdegno. Poi mise le mani sui fianchi, respirando
profondamente, in un tentativo di ritrovare la propria compostezza. I
lunghi
capelli erano scompigliati, i respiri affannosi e le guance gli si
erano tinte
di rosso: Veronica, intravedendone il viso, pensò che fosse
il ritratto della
giovinezza.
“E
sì, è tua sorella!”. Gli occhi del
bassista si infiammarono,
nuovamente iniettati di veleno. “Ma come avrei potuto
saperlo? È stata una
sfortunata coincidenza. Non puoi sbattermi fuori dalla band, non
così! Non per
questo. Ho lavorato tanto per arrivare qui! Capito?!”
puntò l’indice contro il
tronco, minaccioso. “Questa è anche la mia band e
ho diritto quanto te di farne
parte! Suono dove voglio, con chi voglio e scopo chi cazzo mi pare
senza
dovermi sentire fottutamente in colpa!” si sfogò
il giovane, concludendo il
discorso con un pugno ben assestato all’albero, seguito da
una smorfia di
dolore e da un soffocato accidenti! .
“Sante
parole…” commentò Veronica, le braccia
incrociate al
petto ed un sorriso divertito dipinto in volto. “Suppongo che
mio fratello se
le meriti. Quel povero pino, al contrario…” lo
stuzzicò.
Nel sentire la
sua voce, John si irrigidì ed ogni residuo di
rabbia scomparve per lasciare il posto ad un forte imbarazzo.
Voltatosi, la
mano dolorante stretta al petto, evitò di incontrare lo
sguardo della nuova
arrivata. “Quante possibilità ci sono che tu abbia
sentito solo la metà delle
cose che ho detto?” domandò, speranzoso.
“Pochissime.”
sussurrò la ragazza, avvicinandosi, quasi
fosse un segreto. “Ma sono stata io ad origliare il tuo
sfogo, non ti devi
giustificare!”.
John scosse la
testa, trovando finalmente il coraggio di
guardarla negli occhi. “No,V., non avresti dovuto sentire.
Non sono le parole
che avrei usato per descrivere la scorsa notte, credimi.” si
affrettò a
scusarsi.
“Va
tutto bene. Ho conosciuto parecchi uomini: so
distinguere gli stronzi dai bassisti ingenui ed arrabbiati.”
sorrise la bionda,
sedendosi ai piedi dell’albero. “Su, fammi
compagnia! E mostrami quella mano,
sembra che si stia gonfiando.” lo incitò, poi.
“Già.
Non è stata una bella mossa.” ammise John,
sistemandosi accanto a lei.
“Non
molto furba.” concordò Veronica, esaminando la
mano.
“Dovremmo metterci del ghiaccio o non sarai più in
grado di suonare per...”
“Non
suonerò più. Hai sentito tuo fratello.”
la interruppe
John, avvilito.
“Certo
che suonerai!” esclamò la bionda. “Roger
ti vuole
bene, dico sul serio. Tende solo ad essere iperprotettivo nei miei
confronti.
D’altronde, come ti ho accennato ieri, non ho incontrato
molti uomini gentili
nella mia vita e vedermi accanto a soggetti simili per tanto, troppo,
tempo lo
ha reso diffidente riguardo alle persone che frequento. Ha solo paura
che mi affezioni
a chi non lo merita. E, beh, è Roger…lo dimostra
a suo modo.” spiegò,
lasciandosi andare ad una risata finale.
John la
guardò ridere, incantato, e accantonò
all’istante
gran parte delle preoccupazioni che lo avevano afflitto fino a quel
momento.
“Mi
ha parlato spesso di te, sai?”. Veronica aveva ripreso a
parlare. “Così tanto che mi sento quasi sciocca a
non aver intuito chi avessi
di fronte, ieri” mormorò, restando assorta per
qualche secondo nel ricordo
della sera precedente. “Il
punto è che
quei ragazzi sono tutti entusiasti di te sia come bassista sia come
amico e non
posso dargli torto. Sei una bella persona, John.” lo
rassicurò, sistemandosi un
boccolo ribelle dietro l’orecchio.
“Tu
credi?” domandò l’altro, fallendo nel
nascondere la
contentezza scaturita da quelle lusinghe.
Veronica gli
rivolse un’occhiata. “Sì, lo credo.
Questo ti
fa sentire un po’più sollevato, vero?”
John
arrossì visibilmente, come un bambino disubbidiente
colto a frugare nel barattolo dei biscotti.
“Forse…” rispose, abbozzando un
sorriso.
“Forse!”
ripeté la giovane con fare scherzoso. Seguì una
lunga pausa di silenzio durante la quale restarono immersi nei propri
pensieri.
Il primo a riscuotersi fu John.
“Veronica?
Toglimi una curiosità: è il suono stesso del
basso
ad attrarti o è quel fare riservato e misterioso dei
bassisti che ti eccita? Me
lo chiedevo. Insomma: Doug, Dean e ora me! È un
po’strano, non trovi?” la
punzecchiò.
Dopo un attimo
di sorpresa iniziale, un’espressione furba si
impossessò del viso della bionda che, divertita, decise di
stare al gioco. “Oh,
no, no. Nulla di tutto ciò, tesoro! Credo sia...”
iniziò, sporgendosi verso il
ragazzo fino a costringerlo ad arretrare.
“…ciò che nascondete sotto
quell’apparente
timidezza.” soffiò sulle sue labbra.
“C-che
intendi?” deglutì il bassista, incapace di pensare
ad
altro fuorché la ragazza tra le sue braccia.
“Non
vi interessa stare al centro dell’attenzione, né
atteggiarvi…e tutti sono portati a credere che siate timidi
e noiosi, che non
vi sappiate divertire. Ho scoperto con piacere che non è
così…” sussurrò
Veronica con tono di voce basso e seducente. “Tu sai
esattamente come
divertirti, se vuoi, vero John?”. Un paio di occhi azzurri si
accesero di
desiderio e si posarono sulle sue labbra. Prima che il bassista potesse
rispondere, tuttavia, si ritrovò sdraiato sul prato,
coinvolto in un bacio
passionale.
Ore 12:00
“Guardali!
Se ne stanno lì a pomiciare sotto i miei occhi
come due ragazzini.” si lamentò Roger, fermo alla
finestra con i gomiti
appoggiati al davanzale e le mani a sostenere la testa.
“Sono
ragazzini, Roger. A dirla tutta, lo siamo anche noi.”
puntualizzò Brian, allungando una mano verso il piatto di
biscotti che aveva
trovato in una credenza e sistemato al centro del tavolo. Forse
mangiare
qualcosa lo avrebbe aiutato a far sparire quel persistente senso di
nausea.
“Smettila
di fissarli, caro, stai diventando inquietante.”
aggiunse Freddie, con fare quasi materno.
Il batterista
esalò un sospiro frustrato, tornando a sedersi
accanto agli amici. “D’accordo. Bene. Ma mi
servirà del tempo per
abituarmici!”.
“Tesoro,
è tua sorella: una creatura libera ed indomita,
come me.” intervenne nuovamente il frontman. “Hanno
passato una serata
divertente, tutto qui. Sarà tornato tutto alla
normalità prima ancora che tu ti
sia abituato. Non credo che tu e Deaky diventerete cognati!”
ragionò, leccando
le ultime tracce di crema al cioccolato da un cucchiaino.
“Non
dirlo neanche! Sarebbe dannatamente strano”. Roger
scosse la testa, nel tentativo di allontanare il pensiero dalla sua
mente. “Vorrei
solo che tutti i miei amici non finissero per farsi mia sorella!
Insomma, voi
siete gli unici che non hanno mai…beh, avete
capito” borbottò, sgranocchiando
una fetta biscottata. Poi aggrottò le sopracciglia,
preoccupato. “Non lo avete
fatto, vero?”.
“Direi
di no…” rispose Brian, lanciando
un’occhiata al
batterista che significava ma che domande
fai?
Freddie si
limitò a tenere gli occhi fissi sulla propria
tazza di tè, ostentando indifferenza. Era passato parecchio
tempo dall’ultima
volta che ci aveva pensato ma la domanda del biondo fu sufficiente a
far
riaffiorare i ricordi della vigilia di Natale precedente, pochi giorni
prima
che Veronica partisse per l’America.
Era stato lui
stesso a proporre di festeggiarla nel negozio
di abbigliamento a Kensington dove lavorava insieme a Roger: era
abbastanza
spazioso per ospitare un piccolo gruppo di persone intorno ad un
tavolo, nonché
la loro unica alternativa. Ognuno di loro aveva indossato un capo buffo
o alla
moda scelto tra gli articoli in vendita e tutti avevano riso nel vedere
Brian
con uno scialle intorno alle spalle ed un boa di struzzo rosa al collo.
John,
da poco entrato nella band, aveva declinato l’invito per
stare con la madre e
la sorella minore. Il resto di loro aveva passato il tempo a scherzare,
bere e
scambiarsi regali. A tarda serata, l’ex coinquilino di Roger
aveva persino
portato un po’ di erba. Si erano divertiti, insomma.
Dopo essersi
scambiati i consueti auguri più volte, aver salutato qualche
amico e fumato una
canna di troppo, i pochi presenti rimasti erano caduti addormentati su
file di
vestiti sparsi. Tutti, tranne Freddie e Veronica. Spostatisi
in una piccola stanza sul retro e
azionato uno dei loro vinili preferiti, avevano ballato corpo a corpo
fino a
che non si erano detti esausti e si erano seduti a riposare. Veronica,
accaldata, si era liberata della camicetta e il cantante non aveva
potuto far a
meno di osservare la bellezza del suo corpo. La pelle chiara brillava
di sudore
e i seni si alzavano e abbassavano a ritmo dei suoi respiri. Il ventre
piatto e
tonico e le gambe muscolose, da ballerina, completavano
quell’immagine
perfetta.
“Sei
bellissima. Davvero bellissima, cara.” aveva mormorato
Freddie con un tono triste ed uno sguardo pensieroso.
Veronica lo
aveva guardato, stupita e lusingata ma al
contempo consapevole che quelle parole erano solo
l’introduzione di una ben più
lunga riflessione. “…ma…?”
aveva domandato.
“Oh,
tesoro, ti guardo e rimango estasiato dalla tua grazia,
dalle tue forme perfette…vorrei spogliarti ed ammirare il
tuo corpo, venerarlo
e disegnarlo. Vorrei vestirti di fiori e pizzo e scattare una foto a
quei
morbidi fianchi che ti donano una grande sensualità.
Eppure…ho paura di essere
incapace di desiderarti come un uomo desidera una donna.”
aveva confessato il
cantante, lo sguardo perso nel vuoto e la voce rotta di chi sta
confessato il
suo più grande segreto.
“Oh,
Fred…”. Veronica gli aveva gettato le braccia al
collo.
“Non dirlo in questo modo. Qualsiasi persona tu voglia
desiderare, puoi farlo.
Puoi amare chi vuoi, Freddie. È quello che ci diciamo
sempre, no? Tua la vita,
tue le regole! Potrei persino presentarti dei ragazzi con cui parlarne,
se ti
andasse! Diversi tra quelli della mia compagnia di ballo apprezzano
più gli
uomini che donne e…”. Avrebbe senz’altro
continuato con altre rassicurazioni se
le labbra del cantante non si fossero posate sulle sue.
“Forse
non sono mai stato con le ragazze giuste. Tu sei
bellissima…magari potremmo…” un altro
bacio e due mani l’avevano stretta alla
vita.
“Freddie!
No!”. Veronica aveva scosso la testa, cercando di
allontanarsi da lui, senza successo. “Ehi, guardami. Non devi
provare niente:
né a me, né a te stesso. Perché non ti
dai il tempo di capirti?”.
“Ronnie,
ci sto provando…” aveva sussurrato sulle labbra
della bionda. “Aiutami a capire. Solo un tentativo, tra
amici. Se ti va, cara,
ovviamente”. Un paio di imploranti e timidi occhi scuri si
erano rivolti a lei,
in attesa.
“Se
inizi a pensare ad Alain Delon, fermami!” aveva scherzato
Veronica, avvolgendogli le braccia al collo con fare affettuoso e
alzando gli
occhi al cielo davanti alla testardaggine dell’amico.
Freddie aveva
sorriso, stringendola a se’. “Lo farò,
cara”.
Chiaramente,
non aveva funzionato. Si erano scambiati tenere
effusioni, avevano provato ad incrementare una scintilla che non si era
mai
accesa e si erano lasciati scappare più di una risatina ogni
qualvolta uno dei
due assumeva un’espressione buffa.
Freddie lo
ricordava come il sesso peggiore che avesse mai
fatto. Affettuosamente, si intende. Veronica, oltre ad essere una
ragazza, era
una delle sue amiche più fidate e nemmeno i fiumi di alcol
bevuti erano
riusciti a farglielo dimenticare. Era stata senz’altro una
pessima idea.
Alla fine,
erano rimasti abbracciati, scambiandosi carezze e
stringendosi le mani.
“Fred?
Credo che non abbia funzionato questa…”
iniziò
Ronnie.
“Sì,
lo so.” l’aveva interrotta il frontman, prevenendo
le
parole della giovane.
“Ti
voglio bene, sai?”
“Si,
so anche questo, cara”. Le aveva premuto un bacio sulla
tempia, guardandola con affetto e gratitudine.
“Buon Natale, Ronnie”
“Buon
Natale, Freddie. Ti auguro di trovare il modo di
essere felice”. Erano state queste le ultime parole a
riempire il silenzio,
prima che il sonno avesse la meglio su di loro.
Dopo quella
sera, non ne avevano più parlato e, men che
meno, lo avevano detto a qualcuno. Certamente, non a Roger. Il frontman
ci
teneva alla propria incolumità.
“Fred?”
lo richiamò il biondo.
“Sì,
caro?”. Un paio di occhi dal taglio orientale
sfuggirono a quelli azzurri ed inquisitori dell’amico.
Il chitarrista,
dall’altro lato del tavolo, si limitò ad
osservare questo gioco di sguardi con un’espressione confusa.
“Hai…?
Tu…anche tu, non è vero?! Oh, non ci posso
credere!”
esclamò Roger, esasperato, roteando gli occhi.
“Oh,
tesoro! Che utilità ha concentrarci su sciocchezze di
mille anni fa?!” ribatté il cantante, muovendo la
mano come se potesse usarla
per scacciare i pensieri del batterista. “Piuttosto, ehi,
credo stiano rientrando…devi
delle scuse a qualcuno, se non ricordo male. Rivoglio un bassista nella
band. Preferibilmente
quello che abbiamo cercato per mesi e tu hai cacciato poco fa senza una
valida
ragione” aggiunse, sorridendo, senza lasciare spazio ad altri
interventi. Poi,
nel giro di pochi secondi, afferrò una sigaretta e si
dileguò verso la veranda.
“FREDDIE
MERCURY, MI DEVI UNA SPIEGAZIONE! SAPPILO!”. La
voce di Roger lo raggiunse fino all’esterno.
“Una
spiegazione su cosa?” domandò Veronica, curiosa.
“Lascia
perdere!” mormorò Roger, la fronte appoggiata al
tavolo. “Mi arrendo. Non ha senso arrabbiarsi.”
Brian
ridacchiò, allungando una mano per lasciare una dolce
carezza sul capo del batterista, cosa che non sfuggì
all’attenzione della
ragazza.
“Roger,
ti va di parlare?” domandò John, deciso. Gli
avrebbe
detto quello che pensava: niente tentennamenti o insicurezze.
Il biondo
sollevò il capo e abbozzò un sorriso, sospirando.
“Non hai bisogno di mettere su quella corazza, Deaks. Dai, lo
sai che non ti
caccerei mai dalla band”
“Certo…”
mentì il bassista, incrociando le braccia al petto.
Roger
strizzò gli occhi, cercando di decifrare
l’espressione
del più giovane. “Okay, non lo sai. Suppongo sia
colpa mia… potrei essermi
dimenticato di menzionare quanto mi faccia piacere aver trovato un
musicista di
talento con cui metter su una sezione ritmica da paura. Insomma, la
chitarra è
importante…ma sappiamo entrambi che senza di noi Brian e
Fred non potrebbero
andare lontani…” confessò, sorridendo
genuinamente.
“EHI!
La chitarra…” iniziò Brian.
“Sì,
hai ragione, Rog.” lo interruppe John, rilassandosi e
rasserenandosi nel sentire le parole dell’amico.
“Mi
arrabbio spesso, Deaky…” spiegò Roger,
stringendosi
nelle spalle.
“Non
sempre per le giuste ragioni!” tossì Veronica.
Il batterista
lanciò
un’occhiata alla sorella.
“Visto?
Nonostante sia totalmente insopportabile le voglio davvero bene e non
vorrei
mai che qualcuno la usasse o..”
“Non
siamo nel secolo scorso…le ragazze possono far sesso
perché ne hanno voglia, non per forza perché sono
state illuse di un amore
eterno.” ci tenne a precisare la diretta interessata.
“Oh,
accidenti, Ronnie!” sbuffò Roger.
“Ciò che intendo è
che…non voglio che soffra. È tutto ciò
che mi resta della mia famiglia e ci
tengo più di ogni altra cosa!” concluse, tenendo
gli occhi puntati sul
bassista.
“Non
potrei mai…” mormorò
quest’ultimo, ponderando le parole
del biondo. In effetti, in mesi di amicizia non lo aveva mai sentito
nominare
altri familiari all’infuori della sorella. Che i due avessero
solo l’affetto
reciproco? Glielo avrebbe chiesto, appena si fosse presentata la
situazione
adatta.
“Ti
conviene, bassista!” lo avvertì Roger, ridendo e
tirandogli
un leggero, per lo meno nell’intenzione, pugno sulla spalla.
“Oh!”
mugolò John, massaggiandosi il punto colpito.
“Siamo a
posto ora?!” sbuffò John, fulminando il biondo con
lo sguardo.
“Dovrò
abituarmici ma sì, siamo a posto, Deaks” gli
assicurò
il batterista, rendendosi conto del gesto involontario e mordendosi il
labbro
con aria colpevole, un sorriso ad increspargli le le labbra. Erano a
posto, davvero.
Per la prima volta, quella mattina, il batterista si sentiva sereno.
Quasi,
sereno.
Ore 13:30
L’equilibrio,
all’interno della residenza May, sembrava
essersi ristabilito. Brian si era completamente ripreso dai postumi
della sera
precedente ed era tornato a lamentarsi del disordine e di come sua
madre lo
avrebbe ucciso, una volta rincasata. Sebbene contro voglia, tutti
avevano
contribuito a riordinare gli interni, a pulire il giardino e a cacciare
gli
ultimi ospiti indesiderati. In
meno di
un’ora, le stanze avevano assunto un aspetto più
dignitoso, il chitarrista si
era tranquillizzato e aveva persino offerto loro una pizza per pranzo.
“Comunque
sia, l’anno prossimo voglio una festa tra pochi
intimi. E per intimi intendo i presenti a questo tavolo,
Freddie!” li ammonì
John, il tono di rimprovero smentito dal sorriso che era apparso sulle
sue labbra.
“Non
c’è di che, caro!” esclamò il
cantante, soddisfatto.
“Beh,
non si può dire che tu non ti sia
divertito…”
bofonchiò Roger a bocca piena, sputacchiando pomodoro.
“Ah,
sei un animale! Chiudi quella bocca!” gridò
Veronica,
una smorfia di disgusto dipinta in volto.
“Mhh,
vuoi dire così?” la stuzzicò il
batterista,
spalancando le labbra e mostrando il contenuto della bocca, un guizzo
impertinente ad illuminargli gli occhi.
“Dicci,
Roger, è questo il famoso charm che dici di avere
con le ragazze?” domandò Brian, alzando entrambe
le sopracciglia e sfoderando
un’espressione scettica che provocò le risate di
tutti i presenti, comprese
quelle della giovane appena comparsa sulla soglia della cucina.
Era alta e
slanciata, con spalle strette e seno prosperoso,
una chioma di ricci ramati e calze a rete lise, che minacciavano di
rompersi ad
ogni movimento. Freddie la riconobbe subito come una delle ragazze che
erano
restate accanto a Roger per tutta la sera, accontentando ogni suo
desiderio,
fino ad addormentarglisi addosso, ancora nude ed ubriache, sul divano
del
salotto. Anche il biondo sembrò capire subito di chi si
trattasse e sorrise
soddisfatto all’idea di aver trascorso una serata con una
bellezza simile. Non
che fosse un caso, per lui. Vi era abbastanza abituato, complici i suoi
occhi
azzurri e il suo aspetto angelico. Brian fu l’ultimo ad
accorgersi del suo
ingresso e, nel vederla, si irrigidì.
“Oh
no, il suo charm è molto più di
questo!” intervenne,
mordendosi un labbro con aria maliziosa.
“Ti
ringrazio, tesoro! Ci siamo divertiti, dovremmo
rifarlo!” le sorrise Roger, ripetendo quasi meccanicamente le
frasi che
sfoderava in queste situazioni, terrorizzato all’idea di dare
il proprio numero
di telefono o il proprio indirizzo a qualcuna delle sue conquiste.
“Rilassati,
batterista, non sono qui per chiederti la mano. Tralascia
i convenevoli!” ribatté la ragazza, frugandosi
nelle tasche del giubbino di jeans.
“Uhm
Anita, giusto? Posso offrirti qualcosa per pranzo? O fare
qualcosa per te? Altrimenti,
forse
dovresti andare…” suggerì Brian,
cercando di allontanare la ragazza, che, notò
Veronica, sembrava infondergli una qualche preoccupazione.
“Non
c’è motivo di agitarsi tanto…il vostro
segreto è al
sicuro con me! È stato piuttosto divertente, ieri sera:
avervi entrambi, intendo,
e guardarvi… siete piuttosto carini insieme”
spiegò Anita con naturalezza, un’aria
serena ad illuminarle il volto.
Veronica si
morse un labbro e strizzò gli occhi, sfoggiando un
sorrisetto consapevole.
John
lanciò un’occhiata interrogativa a Freddie,
confuso, ma
il cantante non ci fece caso, impegnato a non perdersi nemmeno un
attimo di quello
scambio di battute.
“Avervi…
entrambi? Guardarvi…? Non ti seguo”
mormorò Roger,
confuso.
“Oh
beh, forse dovreste parlare tra voi di questo. Io sono
solo venuta per un saluto e per lasciarvi questa! L’ho
scattata ieri sera, mi è
sembrata carina e ho pensato di lasciarvela…come
ringraziamento per una festa
tanto divertente.” esclamò la riccia, sventolando
una polaroid come fosse un
trofeo. Sorridendo entusiasta, la posò sul tavolo.
“Scappo, ci si vede ragazzi!
Ciao Ronnie, scrivimi se sei ancora interessata alla stanza in
affitto!” aggiunse,
rivolgendosi a Veronica.
“Lo
farò, ti ringrazio!” la bionda ricambiò
il saluto.
In effetti era
stata l’unica a salutare la ragazza e quando
si voltò nuovamente verso il tavolo comprese
perché. Tutti i presenti avevano
gli occhi puntati sulla piccola fotografia. John arrossì e
distolse lo sguardo
dopo pochi secondi, Freddie sgranò gli occhi, piacevolmente
sorpreso, e si
lasciò andare ad una risata. “Oh, beh, questa si
che è una sorpresa!” sussurrò,
come se parlasse tra se’ e se’.
“Non
proprio…” intervenne Veronica, guardando con
apprensione
il fratello. Questi, seduto accanto a Brian, non riusciva a staccare
gli occhi
dalla polaroid. Deglutì, a fatica, e serrò la
mandibola in un gesto di nervosismo,
ancorando le mani al bordo del tavolo. Il chitarrista, invece, aveva
portato
una mano a coprirsi gli occhi e sbirciava la foto dalla fessura che si
apriva
tra indice e medio, incapace di soffermarsi per più di
qualche secondo sull’immagine
del proprio corpo avvinghiato a quello di Roger, le mani del batterista
nei
suoi capelli, le loro labbra unite in un dolce bacio.