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Autore: unforgivensoul    20/07/2019    3 recensioni
Diciannove agosto 1970: John Deacon compie diciotto anni e i suoi compagni di band gli organizzano una festa a sorpresa. Brian fa colpo, Freddie sembra introvabile, Roger perde di vista la sua gemella e si concede al divertimento più sfrenato. Il bassista, nel frattempo, si ritrova a dover condividere il proprio nascondiglio con una sconosciuta che, forse a causa dei troppi Martini bevuti, gli ricorda vagamente il suo compagno di band.
#Maylor
- Sequel della mia os Deaky-
Genere: Commedia, Introspettivo, Romantico | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het, Slash | Personaggi: Brian May, Freddie Mercury, John Deacon, Nuovo personaggio, Roger Taylor
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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Nota autore:

Con un po’ di ritardo…ecco il quarto capitolo che, contro ogni mia previsione, non è ancora l’ultimo! Grazie a chi legge e lascia una recensione, grazie a chi mi dedica un pochino del suo tempo.

 

Ore 11:30

 

Abbandonata la cucina, Veronica raggiunse la veranda e si guardò intorno alla ricerca di John. Lo individuò pochi secondi dopo, rivolto di spalle, assorto in una vivace disputa con il massiccio tronco di pino che dominava il giardino.

“Sì, Roger, è successo. D’accordo? E, dato che prendermi in giro e chiamarmi sfigato o verginello sembra essere diventata la tua occupazione principale ultimamente, sono lieto di informarti che sei sollevato dall’incarico. Qualcuno, che tu lo creda o no, si è interessato a me e tu potrai smettere di preoccuparti della mia vita sessuale! Lo trovi così difficile da immaginare: che una ragazza mi trovi attraente? Eh? Guarda che non sei l’unico che può scoparsi belle donne!” gridò il giovane, rapito da un forte sentimento di rabbia e sdegno. Poi mise le mani sui fianchi, respirando profondamente, in un tentativo di ritrovare la propria compostezza. I lunghi capelli erano scompigliati, i respiri affannosi e le guance gli si erano tinte di rosso: Veronica, intravedendone il viso, pensò che fosse il ritratto della giovinezza.

“E sì, è tua sorella!”. Gli occhi del bassista si infiammarono, nuovamente iniettati di veleno. “Ma come avrei potuto saperlo? È stata una sfortunata coincidenza. Non puoi sbattermi fuori dalla band, non così! Non per questo. Ho lavorato tanto per arrivare qui! Capito?!” puntò l’indice contro il tronco, minaccioso. “Questa è anche la mia band e ho diritto quanto te di farne parte! Suono dove voglio, con chi voglio e scopo chi cazzo mi pare senza dovermi sentire fottutamente in colpa!” si sfogò il giovane, concludendo il discorso con un pugno ben assestato all’albero, seguito da una smorfia di dolore e da un soffocato accidenti! .

“Sante parole…” commentò Veronica, le braccia incrociate al petto ed un sorriso divertito dipinto in volto. “Suppongo che mio fratello se le meriti. Quel povero pino, al contrario…” lo stuzzicò.

Nel sentire la sua voce, John si irrigidì ed ogni residuo di rabbia scomparve per lasciare il posto ad un forte imbarazzo. Voltatosi, la mano dolorante stretta al petto, evitò di incontrare lo sguardo della nuova arrivata. “Quante possibilità ci sono che tu abbia sentito solo la metà delle cose che ho detto?” domandò, speranzoso.

“Pochissime.” sussurrò la ragazza, avvicinandosi, quasi fosse un segreto. “Ma sono stata io ad origliare il tuo sfogo, non ti devi giustificare!”.

John scosse la testa, trovando finalmente il coraggio di guardarla negli occhi. “No,V., non avresti dovuto sentire. Non sono le parole che avrei usato per descrivere la scorsa notte, credimi.” si affrettò a scusarsi.

“Va tutto bene. Ho conosciuto parecchi uomini: so distinguere gli stronzi dai bassisti ingenui ed arrabbiati.” sorrise la bionda, sedendosi ai piedi dell’albero. “Su, fammi compagnia! E mostrami quella mano, sembra che si stia gonfiando.” lo incitò, poi.

“Già. Non è stata una bella mossa.” ammise John, sistemandosi accanto a lei.

“Non molto furba.” concordò Veronica, esaminando la mano. “Dovremmo metterci del ghiaccio o non sarai più in grado di suonare per...”

“Non suonerò più. Hai sentito tuo fratello.” la interruppe John, avvilito.

“Certo che suonerai!” esclamò la bionda. “Roger ti vuole bene, dico sul serio. Tende solo ad essere iperprotettivo nei miei confronti. D’altronde, come ti ho accennato ieri, non ho incontrato molti uomini gentili nella mia vita e vedermi accanto a soggetti simili per tanto, troppo, tempo lo ha reso diffidente riguardo alle persone che frequento. Ha solo paura che mi affezioni a chi non lo merita. E, beh, è Roger…lo dimostra a suo modo.” spiegò, lasciandosi andare ad una risata finale.

John la guardò ridere, incantato, e accantonò all’istante gran parte delle preoccupazioni che lo avevano afflitto fino a quel momento.

“Mi ha parlato spesso di te, sai?”. Veronica aveva ripreso a parlare. “Così tanto che mi sento quasi sciocca a non aver intuito chi avessi di fronte, ieri” mormorò, restando assorta per qualche secondo nel ricordo della sera precedente.  “Il punto è che quei ragazzi sono tutti entusiasti di te sia come bassista sia come amico e non posso dargli torto. Sei una bella persona, John.” lo rassicurò, sistemandosi un boccolo ribelle dietro l’orecchio.

“Tu credi?” domandò l’altro, fallendo nel nascondere la contentezza scaturita da quelle lusinghe.

Veronica gli rivolse un’occhiata. “Sì, lo credo. Questo ti fa sentire un po’più sollevato, vero?”

John arrossì visibilmente, come un bambino disubbidiente colto a frugare nel barattolo dei biscotti. “Forse…” rispose, abbozzando un sorriso.

“Forse!” ripeté la giovane con fare scherzoso. Seguì una lunga pausa di silenzio durante la quale restarono immersi nei propri pensieri. Il primo a riscuotersi fu John.

“Veronica? Toglimi una curiosità: è il suono stesso del basso ad attrarti o è quel fare riservato e misterioso dei bassisti che ti eccita? Me lo chiedevo. Insomma: Doug, Dean e ora me! È un po’strano, non trovi?” la punzecchiò.

Dopo un attimo di sorpresa iniziale, un’espressione furba si impossessò del viso della bionda che, divertita, decise di stare al gioco. “Oh, no, no. Nulla di tutto ciò, tesoro! Credo sia...” iniziò, sporgendosi verso il ragazzo fino a costringerlo ad arretrare. “…ciò che nascondete sotto quell’apparente timidezza.” soffiò sulle sue labbra.

“C-che intendi?” deglutì il bassista, incapace di pensare ad altro fuorché la ragazza tra le sue braccia.

“Non vi interessa stare al centro dell’attenzione, né atteggiarvi…e tutti sono portati a credere che siate timidi e noiosi, che non vi sappiate divertire. Ho scoperto con piacere che non è così…” sussurrò Veronica con tono di voce basso e seducente. “Tu sai esattamente come divertirti, se vuoi, vero John?”. Un paio di occhi azzurri si accesero di desiderio e si posarono sulle sue labbra. Prima che il bassista potesse rispondere, tuttavia, si ritrovò sdraiato sul prato, coinvolto in un bacio passionale.

 

Ore 12:00

 

“Guardali! Se ne stanno lì a pomiciare sotto i miei occhi come due ragazzini.” si lamentò Roger, fermo alla finestra con i gomiti appoggiati al davanzale e le mani a sostenere la testa.

“Sono ragazzini, Roger. A dirla tutta, lo siamo anche noi.” puntualizzò Brian, allungando una mano verso il piatto di biscotti che aveva trovato in una credenza e sistemato al centro del tavolo. Forse mangiare qualcosa lo avrebbe aiutato a far sparire quel persistente senso di nausea.

“Smettila di fissarli, caro, stai diventando inquietante.” aggiunse Freddie, con fare quasi materno.

Il batterista esalò un sospiro frustrato, tornando a sedersi accanto agli amici. “D’accordo. Bene. Ma mi servirà del tempo per abituarmici!”.

“Tesoro, è tua sorella: una creatura libera ed indomita, come me.” intervenne nuovamente il frontman. “Hanno passato una serata divertente, tutto qui. Sarà tornato tutto alla normalità prima ancora che tu ti sia abituato. Non credo che tu e Deaky diventerete cognati!” ragionò, leccando le ultime tracce di crema al cioccolato da un cucchiaino.

“Non dirlo neanche! Sarebbe dannatamente strano”. Roger scosse la testa, nel tentativo di allontanare il pensiero dalla sua mente. “Vorrei solo che tutti i miei amici non finissero per farsi mia sorella! Insomma, voi siete gli unici che non hanno mai…beh, avete capito” borbottò, sgranocchiando una fetta biscottata. Poi aggrottò le sopracciglia, preoccupato. “Non lo avete fatto, vero?”.

“Direi di no…” rispose Brian, lanciando un’occhiata al batterista che significava ma che domande fai?

Freddie si limitò a tenere gli occhi fissi sulla propria tazza di tè, ostentando indifferenza. Era passato parecchio tempo dall’ultima volta che ci aveva pensato ma la domanda del biondo fu sufficiente a far riaffiorare i ricordi della vigilia di Natale precedente, pochi giorni prima che Veronica partisse per l’America.

Era stato lui stesso a proporre di festeggiarla nel negozio di abbigliamento a Kensington dove lavorava insieme a Roger: era abbastanza spazioso per ospitare un piccolo gruppo di persone intorno ad un tavolo, nonché la loro unica alternativa. Ognuno di loro aveva indossato un capo buffo o alla moda scelto tra gli articoli in vendita e tutti avevano riso nel vedere Brian con uno scialle intorno alle spalle ed un boa di struzzo rosa al collo. John, da poco entrato nella band, aveva declinato l’invito per stare con la madre e la sorella minore. Il resto di loro aveva passato il tempo a scherzare, bere e scambiarsi regali. A tarda serata, l’ex coinquilino di Roger aveva persino portato un po’ di erba. Si erano divertiti, insomma.

 Dopo essersi scambiati i consueti auguri più volte, aver salutato qualche amico e fumato una canna di troppo, i pochi presenti rimasti erano caduti addormentati su file di vestiti sparsi. Tutti, tranne Freddie e Veronica.  Spostatisi in una piccola stanza sul retro e azionato uno dei loro vinili preferiti, avevano ballato corpo a corpo fino a che non si erano detti esausti e si erano seduti a riposare. Veronica, accaldata, si era liberata della camicetta e il cantante non aveva potuto far a meno di osservare la bellezza del suo corpo. La pelle chiara brillava di sudore e i seni si alzavano e abbassavano a ritmo dei suoi respiri. Il ventre piatto e tonico e le gambe muscolose, da ballerina, completavano quell’immagine perfetta.

“Sei bellissima. Davvero bellissima, cara.” aveva mormorato Freddie con un tono triste ed uno sguardo pensieroso. 

Veronica lo aveva guardato, stupita e lusingata ma al contempo consapevole che quelle parole erano solo l’introduzione di una ben più lunga riflessione. “…ma…?” aveva domandato.

“Oh, tesoro, ti guardo e rimango estasiato dalla tua grazia, dalle tue forme perfette…vorrei spogliarti ed ammirare il tuo corpo, venerarlo e disegnarlo. Vorrei vestirti di fiori e pizzo e scattare una foto a quei morbidi fianchi che ti donano una grande sensualità. Eppure…ho paura di essere incapace di desiderarti come un uomo desidera una donna.” aveva confessato il cantante, lo sguardo perso nel vuoto e la voce rotta di chi sta confessato il suo più grande segreto.

“Oh, Fred…”. Veronica gli aveva gettato le braccia al collo. “Non dirlo in questo modo. Qualsiasi persona tu voglia desiderare, puoi farlo. Puoi amare chi vuoi, Freddie. È quello che ci diciamo sempre, no? Tua la vita, tue le regole! Potrei persino presentarti dei ragazzi con cui parlarne, se ti andasse! Diversi tra quelli della mia compagnia di ballo apprezzano più gli uomini che donne e…”. Avrebbe senz’altro continuato con altre rassicurazioni se le labbra del cantante non si fossero posate sulle sue. 

“Forse non sono mai stato con le ragazze giuste. Tu sei bellissima…magari potremmo…” un altro bacio e due mani l’avevano stretta alla vita.

“Freddie! No!”. Veronica aveva scosso la testa, cercando di allontanarsi da lui, senza successo. “Ehi, guardami. Non devi provare niente: né a me, né a te stesso. Perché non ti dai il tempo di capirti?”.

“Ronnie, ci sto provando…” aveva sussurrato sulle labbra della bionda. “Aiutami a capire. Solo un tentativo, tra amici. Se ti va, cara, ovviamente”. Un paio di imploranti e timidi occhi scuri si erano rivolti a lei, in attesa.

“Se inizi a pensare ad Alain Delon, fermami!” aveva scherzato Veronica, avvolgendogli le braccia al collo con fare affettuoso e alzando gli occhi al cielo davanti alla testardaggine dell’amico.

Freddie aveva sorriso, stringendola a se’. “Lo farò, cara”.

Chiaramente, non aveva funzionato. Si erano scambiati tenere effusioni, avevano provato ad incrementare una scintilla che non si era mai accesa e si erano lasciati scappare più di una risatina ogni qualvolta uno dei due assumeva un’espressione buffa.

Freddie lo ricordava come il sesso peggiore che avesse mai fatto. Affettuosamente, si intende. Veronica, oltre ad essere una ragazza, era una delle sue amiche più fidate e nemmeno i fiumi di alcol bevuti erano riusciti a farglielo dimenticare. Era stata senz’altro una pessima idea.

Alla fine, erano rimasti abbracciati, scambiandosi carezze e stringendosi le mani.

“Fred? Credo che non abbia funzionato questa…” iniziò Ronnie.

“Sì, lo so.” l’aveva interrotta il frontman, prevenendo le parole della giovane.

“Ti voglio bene, sai?”

“Si, so anche questo, cara”. Le aveva premuto un bacio sulla tempia, guardandola con affetto e gratitudine.  “Buon Natale, Ronnie”

“Buon Natale, Freddie. Ti auguro di trovare il modo di essere felice”. Erano state queste le ultime parole a riempire il silenzio, prima che il sonno avesse la meglio su di loro.

Dopo quella sera, non ne avevano più parlato e, men che meno, lo avevano detto a qualcuno. Certamente, non a Roger. Il frontman ci teneva alla propria incolumità.

 

“Fred?” lo richiamò il biondo.

“Sì, caro?”. Un paio di occhi dal taglio orientale sfuggirono a quelli azzurri ed inquisitori dell’amico.

Il chitarrista, dall’altro lato del tavolo, si limitò ad osservare questo gioco di sguardi con un’espressione confusa.

“Hai…? Tu…anche tu, non è vero?! Oh, non ci posso credere!” esclamò Roger, esasperato, roteando gli occhi.

“Oh, tesoro! Che utilità ha concentrarci su sciocchezze di mille anni fa?!” ribatté il cantante, muovendo la mano come se potesse usarla per scacciare i pensieri del batterista. “Piuttosto, ehi, credo stiano rientrando…devi delle scuse a qualcuno, se non ricordo male. Rivoglio un bassista nella band. Preferibilmente quello che abbiamo cercato per mesi e tu hai cacciato poco fa senza una valida ragione” aggiunse, sorridendo, senza lasciare spazio ad altri interventi. Poi, nel giro di pochi secondi, afferrò una sigaretta e si dileguò verso la veranda.

“FREDDIE MERCURY, MI DEVI UNA SPIEGAZIONE! SAPPILO!”. La voce di Roger lo raggiunse fino all’esterno.

 

“Una spiegazione su cosa?” domandò Veronica, curiosa.

“Lascia perdere!” mormorò Roger, la fronte appoggiata al tavolo. “Mi arrendo. Non ha senso arrabbiarsi.”

Brian ridacchiò, allungando una mano per lasciare una dolce carezza sul capo del batterista, cosa che non sfuggì all’attenzione della ragazza.

“Roger, ti va di parlare?” domandò John, deciso. Gli avrebbe detto quello che pensava: niente tentennamenti o insicurezze.

Il biondo sollevò il capo e abbozzò un sorriso, sospirando. “Non hai bisogno di mettere su quella corazza, Deaks. Dai, lo sai che non ti caccerei mai dalla band”

“Certo…” mentì il bassista, incrociando le braccia al petto.

Roger strizzò gli occhi, cercando di decifrare l’espressione del più giovane. “Okay, non lo sai. Suppongo sia colpa mia… potrei essermi dimenticato di menzionare quanto mi faccia piacere aver trovato un musicista di talento con cui metter su una sezione ritmica da paura. Insomma, la chitarra è importante…ma sappiamo entrambi che senza di noi Brian e Fred non potrebbero andare lontani…” confessò, sorridendo genuinamente.

“EHI! La chitarra…” iniziò Brian.

“Sì, hai ragione, Rog.” lo interruppe John, rilassandosi e rasserenandosi nel sentire le parole dell’amico.

“Mi arrabbio spesso, Deaky…” spiegò Roger, stringendosi nelle spalle.

“Non sempre per le giuste ragioni!” tossì Veronica.

 Il batterista lanciò un’occhiata alla sorella.  “Visto? Nonostante sia totalmente insopportabile le voglio davvero bene e non vorrei mai che qualcuno la usasse o..”

“Non siamo nel secolo scorso…le ragazze possono far sesso perché ne hanno voglia, non per forza perché sono state illuse di un amore eterno.” ci tenne a precisare la diretta interessata.

“Oh, accidenti, Ronnie!” sbuffò Roger. “Ciò che intendo è che…non voglio che soffra. È tutto ciò che mi resta della mia famiglia e ci tengo più di ogni altra cosa!” concluse, tenendo gli occhi puntati sul bassista.

“Non potrei mai…” mormorò quest’ultimo, ponderando le parole del biondo. In effetti, in mesi di amicizia non lo aveva mai sentito nominare altri familiari all’infuori della sorella. Che i due avessero solo l’affetto reciproco? Glielo avrebbe chiesto, appena si fosse presentata la situazione adatta.

“Ti conviene, bassista!” lo avvertì Roger, ridendo e tirandogli un leggero, per lo meno nell’intenzione, pugno sulla spalla.

“Oh!” mugolò John, massaggiandosi il punto colpito. “Siamo a posto ora?!” sbuffò John, fulminando il biondo con lo sguardo.

“Dovrò abituarmici ma sì, siamo a posto, Deaks” gli assicurò il batterista, rendendosi conto del gesto involontario e mordendosi il labbro con aria colpevole, un sorriso ad increspargli le le labbra. Erano a posto, davvero. Per la prima volta, quella mattina, il batterista si sentiva sereno. Quasi, sereno.

 

Ore 13:30

 

L’equilibrio, all’interno della residenza May, sembrava essersi ristabilito. Brian si era completamente ripreso dai postumi della sera precedente ed era tornato a lamentarsi del disordine e di come sua madre lo avrebbe ucciso, una volta rincasata. Sebbene contro voglia, tutti avevano contribuito a riordinare gli interni, a pulire il giardino e a cacciare gli ultimi ospiti indesiderati.  In meno di un’ora, le stanze avevano assunto un aspetto più dignitoso, il chitarrista si era tranquillizzato e aveva persino offerto loro una pizza per pranzo.

“Comunque sia, l’anno prossimo voglio una festa tra pochi intimi. E per intimi intendo i presenti a questo tavolo, Freddie!” li ammonì John, il tono di rimprovero smentito dal sorriso che era apparso sulle sue labbra.

“Non c’è di che, caro!” esclamò il cantante, soddisfatto.

“Beh, non si può dire che tu non ti sia divertito…” bofonchiò Roger a bocca piena, sputacchiando pomodoro.

“Ah, sei un animale! Chiudi quella bocca!” gridò Veronica, una smorfia di disgusto dipinta in volto.

“Mhh, vuoi dire così?” la stuzzicò il batterista, spalancando le labbra e mostrando il contenuto della bocca, un guizzo impertinente ad illuminargli gli occhi.

“Dicci, Roger, è questo il famoso charm che dici di avere con le ragazze?” domandò Brian, alzando entrambe le sopracciglia e sfoderando un’espressione scettica che provocò le risate di tutti i presenti, comprese quelle della giovane appena comparsa sulla soglia della cucina.

Era alta e slanciata, con spalle strette e seno prosperoso, una chioma di ricci ramati e calze a rete lise, che minacciavano di rompersi ad ogni movimento. Freddie la riconobbe subito come una delle ragazze che erano restate accanto a Roger per tutta la sera, accontentando ogni suo desiderio, fino ad addormentarglisi addosso, ancora nude ed ubriache, sul divano del salotto. Anche il biondo sembrò capire subito di chi si trattasse e sorrise soddisfatto all’idea di aver trascorso una serata con una bellezza simile. Non che fosse un caso, per lui. Vi era abbastanza abituato, complici i suoi occhi azzurri e il suo aspetto angelico. Brian fu l’ultimo ad accorgersi del suo ingresso e, nel vederla, si irrigidì. 

“Oh no, il suo charm è molto più di questo!” intervenne, mordendosi un labbro con aria maliziosa.

“Ti ringrazio, tesoro! Ci siamo divertiti, dovremmo rifarlo!” le sorrise Roger, ripetendo quasi meccanicamente le frasi che sfoderava in queste situazioni, terrorizzato all’idea di dare il proprio numero di telefono o il proprio indirizzo a qualcuna delle sue conquiste.

“Rilassati, batterista, non sono qui per chiederti la mano. Tralascia i convenevoli!” ribatté la ragazza, frugandosi nelle tasche del giubbino di jeans.

“Uhm Anita, giusto? Posso offrirti qualcosa per pranzo? O fare qualcosa per te?  Altrimenti, forse dovresti andare…” suggerì Brian, cercando di allontanare la ragazza, che, notò Veronica, sembrava infondergli una qualche preoccupazione.

“Non c’è motivo di agitarsi tanto…il vostro segreto è al sicuro con me! È stato piuttosto divertente, ieri sera: avervi entrambi, intendo, e guardarvi… siete piuttosto carini insieme” spiegò Anita con naturalezza, un’aria serena ad illuminarle il volto.

Veronica si morse un labbro e strizzò gli occhi, sfoggiando un sorrisetto consapevole.

John lanciò un’occhiata interrogativa a Freddie, confuso, ma il cantante non ci fece caso, impegnato a non perdersi nemmeno un attimo di quello scambio di battute.  

“Avervi… entrambi? Guardarvi…? Non ti seguo” mormorò Roger, confuso.

“Oh beh, forse dovreste parlare tra voi di questo. Io sono solo venuta per un saluto e per lasciarvi questa! L’ho scattata ieri sera, mi è sembrata carina e ho pensato di lasciarvela…come ringraziamento per una festa tanto divertente.” esclamò la riccia, sventolando una polaroid come fosse un trofeo. Sorridendo entusiasta, la posò sul tavolo. “Scappo, ci si vede ragazzi! Ciao Ronnie, scrivimi se sei ancora interessata alla stanza in affitto!” aggiunse, rivolgendosi a Veronica.

“Lo farò, ti ringrazio!” la bionda ricambiò il saluto.

In effetti era stata l’unica a salutare la ragazza e quando si voltò nuovamente verso il tavolo comprese perché. Tutti i presenti avevano gli occhi puntati sulla piccola fotografia. John arrossì e distolse lo sguardo dopo pochi secondi, Freddie sgranò gli occhi, piacevolmente sorpreso, e si lasciò andare ad una risata. “Oh, beh, questa si che è una sorpresa!” sussurrò, come se parlasse tra se’ e se’.  

“Non proprio…” intervenne Veronica, guardando con apprensione il fratello. Questi, seduto accanto a Brian, non riusciva a staccare gli occhi dalla polaroid. Deglutì, a fatica, e serrò la mandibola in un gesto di nervosismo, ancorando le mani al bordo del tavolo. Il chitarrista, invece, aveva portato una mano a coprirsi gli occhi e sbirciava la foto dalla fessura che si apriva tra indice e medio, incapace di soffermarsi per più di qualche secondo sull’immagine del proprio corpo avvinghiato a quello di Roger, le mani del batterista nei suoi capelli, le loro labbra unite in un dolce bacio.

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

   
 
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