Serie TV > Il Trono di Spade/Game of Thrones
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Autore: RedelNord    20/07/2019    2 recensioni
E se Robb Stark si fosse alleato con Daenerys durante la sua guerra? E se i Karstark non lo avessero abbandonato? E se Arya avesse preso parte alla riconquista del Nord? The North Remembers è un'avventura di calibro epico che vi trascinerà in una delle storie più amate di tutti i tempi e ve la farà vivere come nessun altro potrà fare.
Genere: Drammatico, Fantasy | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Arya Stark, Jon Snow, Robb Stark
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
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La stanza è ampia, tetra ed illuminata scarsamente dalla pallida luce che entra

dalla grande finestra a sinistra della scrivania. Sono piuttosto nervoso, mio padre ancora non ha distolto lo sguardo dalle pergamene sulla scrivania. Lo fa apposta, sa che sono nervoso e che non sono paziente, lo fa apposta a farmi aspettare. Per farmi innervosire e costringermi a tradirmi con le parole. Come ogni volta mi da l'aria di chi sa già cosa gli stiano per dire, mi chiedo allora che ci faccio qui.

 

Mio padre sta ancora leggendo le lettere, non so se le stia leggendo veramente o se stia semplicemente fingendo solo per tenermi in ansia. Sono troppo nervoso, mi metto a camminare avanti e indietro per sala sperando di attirare la sua attenzione, o quanto meno di dargli abbastanza fastidio da costringerlo a parlare.

 

È molto bravo a mantenere il controllo dei nervi, non ho assolutamente preso da lui in questo. Torno nella mia vecchia posizione, ovvero: in piedi di fronte alla scrivania leggermente spostato alla mia destra cioè alla sua sinistra.

Sto perdendo la pazienza, ho voglia di ammazzare qualcuno. Mi schiarisco la voce e tossisco sperando di attirare la sua attenzione. Da quando sono entrato non fa che fissare quelle fottute carte! E io lo so che continuerà ancora per un bel po', finché non gli implorerò di ascoltarmi. Ma se vuole che cada sulle mie ginocchia e lo preghi di ascoltarmi si sbaglia di grosso.

 

Raschio il pavimento con il piede, sempre più nervoso e irritato. Ultimamente mi ignora troppo per i miei gusti e non posso continuare a tollerarlo, a quanto pare mi ritiene irrequieto, instabile e pericoloso per me stesso. E quando lo dice intende che tendo a farmi troppi nemici, ma per me non è un problema. Io i miei nemici li uccido, non ho paura di loro. Non sono le lettere o i giuramenti che mantengono il potere, è la paura! La paura e il sangue!

 

“Se preferisci che me vada basta dirlo.” Azzardo rompendo il tetro silenzio della sala.

 

“Come preferisci.” Risponde lui non scomponendosi minimamente e continuando a guardare una pergamena. Scuoto piano il capo innervosito sia per la risposta che per il modo in cui è stata data.

 

Mi volto e mi avvio verso l'uscita, con ritmo rapido. “Dunque come procede la caccia?” Mi fermo e resto lì immobile dove sono. Ha vinto lui, voleva esasperarmi a tal punto da farmi andare via e poi chiedermi il resoconto. A lui piacciono questi giochetti psicologici, torturare la propria vittima, esasperarla fino a farla impazzire tanto che questa desideri di porre fine alle proprie sofferenze.

 

Devo riconoscerlo: molto astuto. Forse ho preso da lui più di quanto io pensi. Lui indubbiamente è uno stratega migliore ma io sono dieci volte più feroce.

Mi volto e lentamente torno alla mia vecchia posizione. “ Ho inviato più di due plotoni. E i miei migliori mastini.” Dico con tono incisivo, anche se in effetti non ho più notizie di quegli uomini da troppo tempo. Detesto non avere le cose sotto controllo! “Anche i Frey ci hanno messo parecchi uomini, e con il loro aiuto staneremo i ribelli.”

Mio padre continua a leggere, o fingere di leggere, una lettera piuttosto piccola ed ingiallita. Vorrei proprio sapere a cosa sta pensando. “Sembra che a Karhold si sia scatenato il caos. Lord Harrion è stato assassinato, e la città è ridotta ad un focolaio di tumulti. Il generale è convinto che ci sia un Guardiano della Notte dietro tutto questo.” Mi sembra incredibile crederlo, dopotutto i Guardiani non dovrebbero interferire con le faccende di stato, inoltre che interesse potrebbe mai avere un Guardiano della Notte ad attaccare una roccaforte, uccidere il lord e far scoppiare una guerra civile. “Deve essere per forza stato uno do quei ribelli, a quanto pare i loro atti terroristici si sono spostati anche nel nord.” Affermo. Sono più che convinto che sia così e mio padre sarà costretto a darmi ragione. “Se perdiamo i Karstark saremo solo ad un passo dalla rovina. E non possiamo permetterlo.” Afferma mio padre sempre guardando quelle carte, e parlando con quel suo solito tono pacato.

 

“Dunque cosa proponi di fare?” Chiedo con tutto il garbo che mi è possibile. Lui alza lo sguardo verso di me, poi sospira e si alza dalla sedia: “i Karstark potranno rimanere nostri alleati se avranno qualcuno dei loro a comandarli, qualcuno che conoscono e di cui si fidano.” Cerco di capire dove voglia andare a parare, ma più mi avvicino alla risoluzione più spero che sia sbagliata. “I Karstark sono tutti morti padre.” Dico allargando le braccia e guardandomi intorno per fargli capire che è una cosa ovvia e risaputa.

 

Lui sospira ancora e scuote la testa guardando verso il basso. Lo odio quando fa così!

Mi considera un'incapace avventato ed impulsivo, ma non sa che posso essere anche molto astuto. Mi sottovaluta, e io non lo tollero. Comincio a pensare che non dovrei continuare a farlo... “Alys Karstark.” Dice lui con tono calmo e nel contempo deciso. Il classico tono di chi si impone sugli altri ma senza il bisogno di alzare la voce.

 

“Tu non sei sposato figlio mio, e un matrimonio con la legittima erede di Karhold ci aiuterà a mantenere l'alleanza con i Karstark.” Io non credo che sia l'unico modo per riallacciare i nostri rapporti di alleanza, di nuovo allargo le braccia e faccio una smorfia di velato dissenso: “non serve che mi sposi. Basta che vada a Karhold e la conquisti.” Taglio corto, “mi basta dar fuoco alla città, placare la rivolta e tutto sarà sistemato. Non sei d'accordo?” Ho proprio voglia di tornare a Karhold. Non ci vado da quando ho fatto sbranare alle mie ragazze quel piccolo sgorbio urlante. Solo a pensarci a stento trattengo le risa. E sua madre era davvero molto bella, sarebbe stato un peccato ucciderla e basta.

 

“Attaccare la roccaforte dei nostri alleati numero uno?! Provocando una reazione di sdegno in tutto il nord?! Aumentando il numero di quei sporchi ribelli?! Minacciando l'esistenza stessa della nostra casata?!” Mio padre, è davvero su tutte le furie. Ed è incredibile come anche da arrabbiato riesca a mantenere lo status quo. “Se ti crei la fama di essere un cane rabbioso, sarai trattato come un cane rabbioso. Sarai preso ucciso e dato in pasto ai maiali.” Non faccio in tempo a replicare, che la porta dietro di noi si apre.

 

Il gran maestro Walkn compare sulla soglia con un largo sorriso disegnato in volto, compie qualche passo e poi si ferma guardando mio padre.

“ Miei signori.” Introduce, “Lady Walda ha partorito...” Nel momento stesso in cui pronuncia quelle parole mi sento avvampare, -non deve essere un maschio, non deve essere un maschio, non un maschio, non un maschio.- Spero e prego che non sia un maschio, o il mio posto come lord di Grande Inverno sarà definitivamente compromesso.

 

Per interminabili secondi aspetto la risposta del maestro... Eccola! “Un bel maschietto. Con guance rosse e sano.”

 

Sento come se stessi sprofondando, le mie peggiori paure si sono concretizzate. No! Non lo posso più tollerare, devo riprendere il controllo della situazione!

“Congratulazioni mio lord.” Conclude il maestro con aria soddisfatta e compiaciuta.

 

Roose Bolton si volta verso di me guardandomi negli occhi. I suoi occhi grigi sono sempre inespressivi, ma questa volta riesco a comprendere il messaggio. Si aspetta le mie felicitazioni, bene allora le avrà. Eccome se le avrà!

 

Mi avvicino a lui e lo stringo in un abbraccio forzato, ma abbastanza credibile. “Congratulazioni padre.” Mi sciolgo dalla sua stretta: “desidero vedere il mio nuovo fratello.” È incredibile che sia costretto a farlo, non ho mai voluto. Non è mai stata mia intenzione. “Tu sarai sempre il mio primogenito.” Afferma Roose Bolton, sempre guardandomi negli occhi.

 

“Grazie padre. Questo significa molto per me.” Forse non mi avrebbe mai sostituito ma non posso permettermi di lasciarlo vivere...

 

 

 

Cammino velocemente verso la massiccia figura di lady Walda, che sta coccolando il pargolo, nel centro del cortile principale. Bene allora il gran maestro mi ha obbedito.

 

Arrivo davanti a loro: “eccolo qui.” È tutto quello che mi viene in mente, in effetti è un bene che muoiano anche loro; così mi sarà più facile elaborare la morte di mio padre. Lui aveva fatto il suo corso, era reliquia del passato ma era pur sempre mio padre. È parte di me. E non devo dimenticarlo. “Non è bellissimo!?” Esclama Walda mostrandomelo meglio, ma sempre tenendolo in braccio. “Posso prenderlo?” Domando con velata timidezza. Quel tono che non è tono da ordine, ma riesce ad impietosire l'interlocutore, a tal punto che sarà costretto ad obbedire.

 

Lady Walda sembra alquanto riluttante, ma poi accetta e mi porge il piccolo. È un peccato che debba fare una così brutta fine, ma o me o lui.

 

“Fratellino.”

 

 

Non è stato difficile convincere lady Walda a seguirmi, si fida. Anche se non so fino a che punto. Solo un idiota non si accorgerebbe che questo non è il genere di posto dove il tetro e quieto lord Roose Bolton chiederebbe una riunione di famiglia al completo.

 

Le gabbie sono tutte aperte, le mie povere ragazze hanno fame. E direi che gli è andata bene, sarà un pasto alquanto sostanzioso. La donna continua a supplicare, ma ora è diverso: non supplica più per se stessa, ma per suo figlio. No, non posso continuare a sentirla implorare sono stufo.

 

“Ti prego Ramsay...” Detesto che mi si preghi! Tuttavia il fatto che mi si prega spesso potrebbe suggerire di me una natura divina. Che non sarebbe affatto male... Sì potrei essere un dio... Oppure un demone...

 

“Ramsay... È tuo fratello...” Il mio sguardo è fisso sulla mia prenda, come un segugio a caccia. Prima visualizza la sua preda, poi la costringe a mettersi in trappola e quando questa lo ha fatto la uccide, ma solo dopo averla fatta disperare atrocemente.

 

“Preferisco essere figlio unico...”

 

 

 

 

Il carro procedeva lentamente sulla strada coperta dalle piante che negli anni l'avevano invasa conquistandola. Le ruote schiacciavano i rametti secchi causando quei piccoli -crac- che andavano a tempo con il passo del cavallo.

 

Il cielo era grigio il giorno e nero la notte, i viveri erano abbastanza considerando che il viaggio, comunque, non sarebbe stato troppo lungo.

 

L'uomo che portava il carro agiva e basta, le sue giornate erano tutte uguali. A vederlo sarebbe sembrato un corpo senza anima, mosso da chissà quale forza mistica verso la sua meta.

 

La sua anima era stata fatta a brandelli, ed ogni giorno non poteva fare a meno di pensare a ciò che aveva perso. E più ci pensava più si rendeva conto che l'avventura che aveva intrapreso lo aveva portato solo a perdere, e mai una volta a vincere.

 

Quando era partito era sicuro delle sue intenzioni e di ciò che voleva fare, ma ora non sapeva più nemmeno lui cosa voleva. Ammesso e non concesso che volesse ancora qualcosa... Restando solo qualche giorno aveva avuto occasione di pensare, di pensare al suo retaggio, alla sua esperienza. E si era visto costretto ad ammettere che aveva fallito. Aveva fallito nel proteggere il suo re, nel proteggere la sua famiglia, nel proteggere i suoi compagni, i suoi amici... La sua casa. -Perché lo sto facendo?-

Si domandava di continuo, e la risposta che si dava era sempre quella: -che altro mi resta da fare!?- Che in realtà era quasi più una domanda che una vera risposta.

 

Non aveva nessun posto dove andare, o qualcuno da cui ritornare. Tornare da Harry? Ci aveva pensato ma anche l'avesse fatto? Come sarebbe evoluta la sua vita? Cosa avrebbe potuto fare, continuare a combattere? E per cosa...? Per chi...?

 

Ora guardava quella lettera: la lettera che aveva preso da quel soldato morto alle Torri Gemelle. La lettera che il suo re gli aveva dato da dare a Jon Snow.

 

Mik ricordava Jon, lo aveva visto qualche volta quando con la sua famiglia si era recato a Grande Inverno, da Eddard Stark in persona.

 

L'ultima volta che aveva visto Jon era stato la sera in cui Robert Baratheon si era recato a Grande Inverno per chiedere a lord Stark di seguirlo ad Approdo del Re, e prendere l'incarico di Primo Cavaliere. Lo ricordava bene: seduto al tavolo dei dimenticati, con lo sguardo imbronciato. In un certo senso Mik notava una certa somiglianza tra loro.

 

Mik era sempre stato un ragazzo incline al riso, sempre con la battuta pronta. Poi si era trasformato in un ragazzo taciturno e perennemente imbronciato. Erano stati i suoi fratelli, e suo padre a ridurlo così.

 

Sì. E ora dov'erano loro, con tutta la loro furbizia!? Loro che si erano sempre creduti migliori, dov'erano!? Erano a marcire sotto terra, mentre Mik era ancora vivo.

 

In realtà dentro di se il giovane Karstark li invidiava. Lui era ancora lì, in quel mondo di merda. A subire gli eventi, e a tentare di ribaltarli. Venendo sempre sbalzato indietro. E continuava quel suo viaggio, che più che un viaggio verso nord era un viaggio verso se stesso per Mik. Un viaggio per riflettere, per autocommiserarsi e chissà forse anche, per dimenticare.

 

 

 

Una notte Mik si fermò, come tutte le notti. Accese il fuoco per scaldarsi, ma si sentiva lo stomaco chiuso. E quindi non mangiò niente. Era vicino ad una foresta, non sapeva nemmeno lui quale. Seduto su una roccia davanti al fuoco rimirava la foresta, che nonostante il suo nero aspetto tetro gli suggeriva sicurezza e quiete.

 

Come avrebbe voluto addentrarsi in quella foresta e perdervisi dentro. Senza preoccupazioni ne pensieri. In pace... Finalmente.

 

All'improvviso sentì un rumore, si alzò e sguainò la spada piuttosto rapidamente. Poi attese, il vento soffiava tra gli alberi e gli uccelli notturni emettevano i loro versi bizzarri. Mik attese, un altro rumore! Questo era stato più forte, come se la creatura che lo provocava si facesse sempre più vicina. Mik si mise in guardia, avanzò di qualche passo e si preparò a colpire. Una figura si stava avvicinando a lui, e man mano che si avvicinava si faceva più vivida e riconoscibile, sembrava... No! Era... Un lupo!

 

 

Mik restò immobile, il lupo uscì dalla vegetazione e avanzò verso Mik. Vento Grigio! Fu subito il pensiero di Mik, ma poco dopo l'uomo ci ripensò: -no, non è Vento Grigio, ma è un Metalupo. E i Metalupi a sud della Barriera sono solo quelli...-

 

Mik lasciò cadere la spada e cadde sulle sue ginocchia, non aveva idea di chi fosse quel Metalupo, ma aveva una paura indescrivibile che fosse venuto a punirlo. A punirlo per aver pensato di andarsene e di tradire gli Stark. Come uno spirito, lo spirito di Robb venuto per castigarlo...

 

L'animale si avvicinò fino ad arrivare muso a faccia con Mik. L'uomo guardava la bestia e la bestia ricambiava il suo sguardo, i suoi occhi neri erano fermi e penetranti, sembrava quasi che stessero leggendo l'anima dell'uomo e che lo stessero giudicando.

 

Mik guardava il Metalupo, ma nei suoi occhi leggeva solo delusione. Non poteva abbandonare tutto quello, tutto ciò per cui aveva combattuto, sofferto, pianto. La morte di Robb non doveva essere la fine, ma un nuovo inizio. Il Nord non poteva essere lasciato solo...

Condannato ad un'eternità di terrore. Tutte quelle povere persone non ne potevano portare il peso... Ma Mik poteva, era per quello che era sopravvissuto, era per quello che stava andando al Castello Nero.

 

Non si poteva fermare, o tutti i sacrifici di quelle persone sarebbero stati vani... Robb, Anne, suo figlio, non potevano morire invano, non poteva lasciare che i loro assassini restassero impuniti!

 

Il discorso che Mik aveva fatto alle sue truppe... Ora era a se stesso che lo stava facendo. Il giovane Karstark sentì una voce dentro di se che gli diceva di andarsene e di arrendersi... No! Ora era tempo di colpire veramente, ora era tempo di scatenare la vendetta di Robb Stark! Perché il nord ricorda... Il nord non dimentica!

 

Lentamente si alzò in piedi e sentì una nuova energia crescergli dentro, “vieni con me.” Disse al Metalupo, poi salì sul carretto e riprese la marcia verso nord. Si voltò indietro, il lupo non c'era più. Si voltò ancora in avanti, e lo vide lì! La luna era alta nel cielo, il lupo ululò: Mik lo sentì: quell'ululato, era l'ululato del nord... Il nord si era risvegliato, e reclamava vendetta. Mik proseguì, e il lupo gli venne dietro.

 

 

Una mattina: gelida e pallida eccolo all'orizzonte... Il Castello Nero! Mik sorrise e diede ordine al cavallo di proseguire. Il carretto era sempre affiancato dal meta lupo.

Mik giunse al portone, e lì fu accolto dal classico ma sempre valido: “chi va là!?”

 

“Vengo da Karhold. Porto acqua e viveri per il Castello Nero.” Il giovane Karstark sorrise, i Guardiani della Notte erano così morti di fame che non si sarebbero fatti problemi ad aprire agli Estranei se questi fossero stati in possesso di un po' di carne di manzo.

 

Il portone si aprì. Un Guardiano venne incontro a Mik, “Beh, che hai portato? Chi sei?” Mik non fece in tempo a rispondere che il tizio si diresse dietro il carretto, per vedere cosa conteneva. Vi entrò, e poco dopo vi uscì lamentandosi che la carne non era ben conservata, e comunque poca.

 

Solo dopo si accorse dell'animale, e quando lo vide chiamò altri suoi compagni.

In poco tempo Mik fu assalito da domande come: “ma è tuo? Dove l'hai preso? Sei un Guardiano della Notte? Come si chiama il lupo? È maschio o femmina?”

 

Mik non rispose e cercò invano di zittire quei curiosi, e rispose alle loro domande con un'altra domanda: “dove si trova il lord comandate?” Quella domanda ebbe lo stesso effetto che può avere vedere qualcuno morire: zittì tutti.

 

Il Guardiano che aveva accolto Mik si impose: “il lord comandante non può vedere nessuno, quindi ora ci aiuti a scaricare i viveri e poi te ne vai.” Mik sentì l'ira crescergli dentro a dismisura e ribatté allontanando quel tizio dal carretto spingendolo : “sta a sentire, io non ho: preso tre dardi in corpo, ucciso mio cugino, sfidato un'intera guarnigione, attraversato il nord per arrivare fin qui. Solo per scambiare quattro chiacchiere con un miserabile attendente. Chiaro!?”

 

L'uomo lo guardò, subito sembrava intimorito ma poi si mise davanti a Mik guardandolo come un ufficiale superiore guarda un soldato disobbediente: “farai quello che ti ho detto... Chiaro?” Aggiunse con tono di sfida. D'un tratto il meta lupo iniziò a ringhiare rivolto verso l'uomo in nero, che indietreggiò piano.

 

“Tienimi lontano quell'animale o sarà peggio per te!” Mik fu sul punto di sguainare la spada... “Ed!” S'impose una voce sulle altre, tutti alzarono lo sguardo. Il lord comandante era lì: dietro il parapetto del corridoio esterno alla sua camera. Guardava i suoi uomini con il classico sguardo da comandante. Sembrava che il meta lupo attirasse particolarmente la sua attenzione ma solo un occhio abile se ne sarebbe accorto.

 

“Lascialo passare.” Disse il lord comandante. Il guardiano della notte, che a quanto Mik aveva capito si chiamava Ed, si fece da parte e lo lasciò passare.

Mik si mosse e il lupo e gli tenne dietro. Raggiunse il lord comandante e gli si affiancò, questi si rivolse nuovamente ai suoi uomini, nel cortile. “Scaricate i viveri da quel carro e stivateli.” Gli uomini si misero al lavoro mentre il comandante faceva un cenno a Mik indicandogli di entrare nei suoi alloggi.

 

Mik entrò, ed entrò anche il meta lupo. Un altro meta lupo era nella stanza: il suo pelo, bianco come neve, i suoi occhi di un rosso acceso, aveva decisamente l'aspetto di un fantasma. Le due bestie si fissarono per qualche istante, poi corsero l'una incontro all'altra, e quando si raggiunsero si salutarono con mille e più effusioni. Era da parecchio tempo che non si vedevano, e ora finalmente ritrovati: fratello e sorella erano felici come mai in vita loro. “Quella è Nymeria.” Disse il lord comandante, “c'è anche Arya con te?” Chiese, poi con tono curioso e nel contempo preoccupato. “No signore” disse Mik, “L'ho trovata mentre venivo qui. Anzi in realtà... È stata lei a trovarmi.” I due interlocutori posero ancora gli occhi sui meta lupi, che ora si erano sdraiati in un angolo a scambiare leccate affettuose. “Chiamami Jon. E siediti pure.” Disse il lord comandante indicando una sedia davanti alla sua scrivania. Mik si sedette e così anche Jon: dietro la scrivania, davanti a Mik. “Allora” esordì Jon, “a cosa devo questa visita?” Mik si sistemò meglio a sedere e parlò: “mi conosci vero?” Chiese per essere sicuro che non ci fossero problemi di quel genere. Jon annuì: “sei Mikarion Karstark, figlio di Arthor Karstark, i tuoi fratelli si chiamavano: Brandon e Rudolf.” Mik rimase parecchio sorpreso, “venivate spesso a Grande Inverno presso mio padre, io mi ricordo tutto.” Concluse poi Jon. Mik annuì ed introdusse: “Jon, vengo per conto di tuo fratello...” L'espressione di Jon Snow cambiò: sembrava decisamente più attratto ed interessato dalla conversazione. “Avrai saputo quello che è successo...” Continuò Mik cercando di avere più tatto possibile. Jon annuì piano, la sua espressione era cambiata, ora lasciava trapelare tristezza e sgomento. “Poco tempo prima di morire, tuo fratello mi disse di consegnarti questa.” Disse Mik porgendogli la lettera che Robb gli aveva dato alle Torri Gemelle.

 

Jon la prese ed iniziò a leggerla, Mik si guardò intorno: la stanza era piccola ma abbastanza confortevole, almeno per gli standard del Castello Nero, solo un letto, un tavolo da lavoro, ed un mobile come una mensola.

 

Mik vide una caraffa sul tavolo, la indicò chiedendo a Jon se poteva bere, questi annuì non staccando lo sguardo dal foglio, che sembrava averlo ipnotizzato.

Mik si verso un po' di birra nel boccale, ne mandò giù due sorsi e poi la sputò sul pavimento... Jon sorrise: “Tutti questi anni, e i Guardiani della Notte ancora non sanno fare una birra decente.” Mik sorrise e risistemò il boccale e la caraffa. Jon smise di leggere. Rimase con lo sguardo fissato il pavimento, Mik era immobile in attesa di un responso, anche i meta lupi erano fermi come se avessero capito cosa stava accadendo. Jon esitava ancora, la tensione era palpabile, Mik era proteso in avanti come per incoraggiare il lord comandante a parlare... Jon esitò ancora... Poi parlò: “Non posso...” Mik ritornò nella vecchia posizione rialzandosi, “come sarebbe a dire?”Chiese incredulo, e deluso. Jon respirò profondamente, “sono stato nominato da poco, ho appena preso il comando, i Guardiani della Notte hanno bisogno di una guida. Mi dispiace... Ma non c'è niente che possa fare.” E detto questo si alzò e uscì dalla stanza. Mik gli andò dietro, “Jon! Non puoi abbandonarci.” Il lord comandante stava uscendo per coordinare le operazioni del castello, Mik non sapeva se lo stesse facendo perché effettivamente era una cosa che andava fatta, o se lo stesse facendo solo per evitare lui.

 

“Jon! Hai una vaga idea di cosa ho rischiato per venire qui!?” Disse Mik, mentre il giovane guardiano dava disposizioni precise ai lavoratori che stavano costruendo delle difese supplementari sulle mura. Jon si voltò verso Mik: “questa non è la mia battaglia.” Disse piano, poi alzò il tono della voce, “Era la battaglia di Robb ma lui l'ha persa, e tutti quelli che combattevano con lui ora hanno perso. Non siete riusciti a salvarvi e ora rimproveri me perché non faccio quello che mi è stato chiesto da una autorità ormai estinta!? Perché non mi getto a capofitto in una causa persa!?”

 

Mik rimase impassibile: “nessuna causa è persa finché ci sarà anche un solo folle a combattere per essa.”

 

Jon annuì: “continua a raccontartela.” Poi si rivolse ad Ed: “Ed, fai avere al nostro ospite una camera.” Poi guardò Mik, e sempre rivolgendosi ad Ed disse: “ci ha aiutati... È giusto che gli ricambiamo il favore.” Poi se ne andò.

 

 

 

Mik era veramente stanco, si tolse la spada ed il mantello e si gettò di peso sulla branda della piccola stanza che i Guardiani gli avevano preparato. Non aveva mangiato niente a cena, aveva provato in tutti i modi a convincere Jon ma questi sosteneva che non aveva importanza quella guerra. Anzi che nessuna guerra ora aveva più importanza. Sosteneva che era in arrivo un nemico ben peggiore, un flagello per l'umanità, e che Mik, Harry, il re, Ramsay. Erano solo bambini che litigavano fra loro.

Mik stava lì sdraiato a pensare a cosa potesse essere questo nemico. Aveva sentito delle storie, storie che gli raccontava la sua nutrice per spaventarlo. Storie di Estranei, non morti, e altre bestie, che avevano seminato il terrore e la morte durante la lunga notte, e che sarebbero tornati più numerosi. Pronti per portare l'eterna notte... L'eterno inverno sui regni degli uomini.

Mik con il tempo aveva cessato di credere a quelle storie. E Jon Snow usava quelle favolette per giustificare la sua codardia. No! Mik non l'avrebbe tollerato.

 

Si alzò in fretta, tanto non riusciva a prendere sonno, si vestì prese la spada, se la mise a tracolla e si avviò verso la torre del Lord Comandante. La maggior parte dei Guardiani stava a dormire, fuori si trovavano solo le sentinelle. La notte era caratterizzata da un silenzio spettrale. Mik non riusciva a sentire altro che i suoi passi, mentre procedeva verso la sua meta.

Ci arrivò. Bussò alla porta, “avanti” sentì, fece un respiro profondo e poi entrò. Chiuse la porta e si pose davanti a Jon. Il giovane guardiano alzò gli occhi su di lui: “so perché sei qui. Ma io non cambierò idea.” Chiarì Jon. Mik esitò un'istante, poi parlò: “Avevo una famiglia... Un tempo.” Il silenzio era assoluto, addirittura spaventoso, “avevo una moglie, un figlio.” Mik guardò in basso e scosse la testa, “sono morti ora.” Di nuovo silenzio, “spariti. Sai, le persone, per la guerra, non sono niente. Un morto in più, uno in meno; non importa.” “Quando fanno il conto dei morti in una battaglia, guardano sempre i numeri: sono morti mille soldati, ne sono morti duemila, diecimila!” Mik mantenne lo sguardo fisso sul lord comandante. “Ma cosa è peggio? Morire? O vivere con la morte costantemente al fianco?” Mik non aveva formulato quella domanda pretendendo una risposta. “La verità è,” proseguì, “che non contano mai il numero di famiglie cui la guerra ha portato via qualcosa: mogli che perdono i mariti, madri che perdono figli, fratelli che perdono fratelli...

 

No... A quelli non pensa mai nessuno.” “Ho visto di persona come la guerra riduce la gente... Quelle persone, sono stanche della guerra. E lo sono anch'io. Ma devo proseguire perché ho giurato a tuo fratello, alla mia famiglia, che li avrei vendicati. Che avrei portato la pace a nord. Intendo mantenere la mia parola.” “ E con o senza il tuo aiuto lo farò!” Detto questo rimase immobile ad aspettare la replica di Jon.

Passò qualche minuto, Spettro e Nymeria iniziarono a ringhiare e ad agitarsi, Mik non aveva idea di cosa avessero. Jon li ignorò.

 

Poi si sporse più in avanti e scosse la testa: “non capisci... Quando i morti verranno a cercarci di notte... Credi che importerà qualcosa chi siede sul Trono di Spade!?”

 

D'improvviso un grido. Mik si girò di scatto e corse fuori seguito da Jon. Quello che vide lo fece restare paralizzato: “Ma che diavolo...” “Uomini! Armatevi! Al cortile principale! Le armi in vetro di drago! Muoversi!!” Jon Snow gridava come un ossesso, i guardiani erano visibilmente traumatizzati da quella vista, e riuscivano a stento ad eseguire gli ordini del comandante. Mik vide due cose sfrecciare verso il nemico: erano Spettro e Nymeria. Ecco perché ringhiavano prima: avevano capito che qualcosa non andava.

I guardiani della notte convogliarono tutti in un punto del cortile, di fronte alla truppa nemica. Mik sguainò la spada e si pose a fianco di Jon. Anche i meta lupi si erano disposti: Spettro al fianco sinistro di Jon e Nymeria al fianco destro di Mik.

 

Il lord comandante diede l'ordine: “All'attacco uomini!!”

 

Mik corse verso l'orda di non morti! Non riusciva a crederci stava per scontrarsi contro una leggenda, contro qualcosa a cui non credeva. Ma non era il momento di pensare. I non morti si schiantarono contro i vivi. Mik ne attaccò uno e con un fendente lo colpì al collo troncandogli di netto la testa, un altro nemico lo attaccò da dietro Mik si girò abbassandosi, poi lo colpì al corpo, il nemico parò il colpo, Mik continuò a colpire, prima di punta poi di taglio ma sempre il non morto riusciva a parare o a schivare, Mik provò un affondo, il non morto lo deviò, Mik allora si spostò piroettando prima a destra poi a sinistra, riuscì a trovare un angolo scoperto e lo colpì, uccidendo il nemico. Cercò Jon e lo vide impegnato contro uno di quei mostri, mentre un altro lo stava per colpire da dietro, “Jon dietro di te!” Gridò Mik, il lord comandante fece appena in tempo voltarsi per colpire a morte il suo assalitore. “Grazie Mik” Gridò Jon. Mik riprese la sua danza di guerra con la morte, la sua spada sembrava come un prolungamento del suo arto. La faceva roteare colpendo a morte chiunque gli si avvicinasse. Vide Nymeria azzannare un non morto, strappandogli un braccio. Spettro invece combatteva a fianco del suo padrone.

 

Mik si gettò di nuovo nella mischia, fu attaccato da un non morto: parò colpo dopo colpo ma fu spinto a terra. La creatura stava per infilzarlo, Mik rotolò di lato, il suo avversario piantò la spada nel terreno, Mik allora conficcò la sua nel collo del mostro. Il giovane Karstark si rialzò, la confusione era incredibile: i guardiani della notte erano in superiorità numerica, ma i loro nemici erano più spietati, più veloci e senza ombra di dubbio più terrificanti. Mik corse verso un nemico e lo colpì roteando con un calcio saltato. Poi lo trafisse, moltissimi altri caddero sotto i suoi colpi. Raggiunse Jon e i due si misero schiena contro schiena, insieme uccisero tutti i non morti che si avvicinavano loro.

 

Uno arrivò correndo menando un fendente alla testa, Mik si abbassò e lo colpì al petto di taglio. Jon stava combattendo contro un altro, che portava addosso un mantello nero: strappato ma ancora riconoscibile. Il comandante parò un colpo dopo l'altro, poi attaccò lui ed anche il nemico parò i suoi colpi. Ne menò uno alla testa, un altro al ventre, un altro ancora alla gola: tutti parati. Si abbassò, schivò e contrattaccò finché non lo trafisse al petto.

 

Ne uccisero altri ancora, finché non ce ne furono più. Jon era furibondo: come era possibile che i non morti avessero raggiunto il Castello Nero senza che nessuno se ne fosse accorto!? Mik respirava affannosamente, aveva visto i non morti, le leggende erano vere, Jon aveva ragione. Era così affranto, non gli aveva creduto. Doveva scusarsi assolutamente. Ma per tutto il resto della notte non fu in grado di parlargli, il lord comandante era troppo impegnato a ripulire quel macello. Così Mik tornò nella sua stanza accompagnato da Nymeria, ma non riuscì a prendere sonno.

 

“Quindi hai deciso di partire?” Chiese Jon, con tono di chi fa una domanda di cui conosce la risposta. Mik respirò a fondo: “Sì. Ho fatto una promessa.” Jon annuì, si girò verso spettro e gli grattò piano l'orecchio, “ È un peccato. Potresti esserci utile, combatti bene.” “Avevi ragione Jon. C'è una sola guerra che conta: la grande guerra... Ed è arrivata!” “Ed è per questo che devo riprendere il nord per gli Stark, i Bolton non ti aiuteranno.” Detto questo Mik uscì dall'alloggio del lord comandante e si avviò al cortile principale, sempre seguito da Nymeria.

 

Il suo cavallo era già stato preparato, aveva deciso: doveva riconquistare il nord. E una volta fatto sarebbe tornato alla Barriera per combattere la grande guerra.

Stava sistemando la borsa con l'acqua e i viveri sul cavallo quando sentì: “Dove andrai ora?” Si voltò: Jon lo aveva raggiunto, e con lui c'era anche Spettro. “Ci deve essere sempre uno Stark a Grande Inverno. Se Nymeria mi ha trovato è segno che voleva che facessi qualcosa.” Detto questo si chinò e accarezzò la femmina di meta lupo. Poi si alzò e rivolto a Jon disse: “mi guiderà da tua sorella.” Jon replicò: “ammesso e non concesso che Arya sia ancora viva e che tu riesca a trovarla, come convincerai i lord del nord a schierarsi con lei?”

 

Mik sorrise fiducioso: “non lo farò io, ma lei. E poi ho degli amici a sud. Mi aiuteranno anche loro.” E strizzò l'occhio a Jon. Questi annuì poco convinto, “non ti fermerò, spero che tu riesca a trovarla.” E detto questo porse la mano a Mik, “Jon, quando avremo riconquistato il nord torneremo qui e combatteremo di nuovo insieme. Fianco a fianco.” Replicò Mik mentre gli stringeva la mano. “Mik, mi dispiace per la tua famiglia.” Disse Jon con tono di sincero rammarico. “Anche a me.” Rispose il giovane Karstark.

 

Poi montò a cavallo e si avviò verso il portone, ma prima di varcare la soglia si girò verso Jon... Il suo amico. “Sei un brav'uomo Jon Snow. Tuo fratello lo diceva sempre.” Jon sorrise e salutò Mik con la mano: “A ddio Mikarion!” “Arrivederci Jon!” E detto questo proseguì cavalcando verso l'alba!

 

 

 

 

Riesco a sentire i rumori della gente che mi sta attorno, non li posso vedere ma provo ad immaginarmi dove possono andare e le attività in cui si cimentino. Il mondo è totalmente diverso, percepito con quattro sensi. Le giornate non sono un granché ma potrebbero essere peggio. Una ragazzina cieca agli angoli delle strade fa sempre un certo effetto alle persone. E riesco ad accorgermi quando qualcuno si avviccina a me con l'intenzione di rubarmi qualche moneta.

 

 

“Se una ragazza dirà il suo nome, quest'uomo le darà da mangiare.” Rispondo senza esitare: “una ragazza non ha nome.” “Se una ragazza dirà il suo nome, quest'uomo le darà un posto per dormire.” Di nuovo non esito: “una ragazza non ha nome.”

 

“Se una ragazza dirà il suo nome, quest'uomo le ridarà i suoi occhi.” Rimango immobile e non rispondo, so che finalmente potrei rivedere ma ho deciso di intraprendere questo cammino. Lo devo portare a termine! “ Una ragazza non ha nome.” Rispondo

 

 

Valar Morghulis ragazzi, e bentornati per un nuovo episodio. La storia continua, gli scenari cambiano, nuovi personaggi vengono introdotti. The North Remembers prosegue. Vi ringrazio e vi saluto!!

   
 
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