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Autore: Tinkerbell92    20/07/2019    1 recensioni
[Magnus Chase e gli Dei di Asgard]
SPIN-OFF PREQUEL SULLA SAGA DI MAGNUS CHASE
Di una cosa sono certa: mai e poi mai mi sarei aspettata di incappare in uno zombie assassino tornando a casa dalla parata Pride di Boston, mentre attraversavo l'Esplanade ancora avvolta nella bandiera arcobaleno. Non mi sarei nemmeno aspettata di venire caricata a forza su un cavallo di nebbia dalla sosia di Sansa Stark, per ritrovarmi poi catapultata tra i protagonisti dei miei libri di mitologia norrena.
Dèi, mostri, eroi... roba da pazzi.
Eppure eccomi qui, invischiata in situazioni più grandi di me con dei compagni d'avventura piuttosto insoliti.
Onestamente non so cosa minerà maggiormente l'equilibrio della mia psiche: se la scoperta delle mie origini o la condivisione di un terribile fardello con una sfortunata dea dal volto sciupato...
Genere: Avventura, Fantasy, Sentimentale | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het, Slash, FemSlash
Note: Lime, Missing Moments | Avvertimenti: Violenza
Capitoli:
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RILEY JENKINS E GLI DEI DI ASGARD
IL FARDELLO DI SIGYN




CAPITOLO 3

Non avrete mai la mia fottuta gamba!





Il silenzio regnò per una manciata abbondante di secondi, il che aveva dell’incredibile.
Le Norne si congedarono come nulla fosse, lasciando i presenti in preda a un’evidente crisi interiore. Il povero Lee Fukuhara ormai aveva assunto un colorito cinereo, così come la sua valchiria. Si accasciò nuovamente sulla panca, facendosi piccolo piccolo.
Finalmente, il direttore si schiarì la voce: - Bene, ehm… una sorpresa a dir poco inaspettata…
- Mi dispiace! – strillò all’improvviso la valchiria del ragazzo incriminato. – Mi dispiace, vi giuro che non avevo idea fosse…
- Lidia, calmati! – le ordinò secca Gunilla, fulminando il giovane semidio con lo sguardo. – Questo… ragazzino potrebbe averti ingannata, sappiamo come sono quelli della sua risma. Penso servirà esaminare il caso prima di prendere una decisione in merito.
- Eh? Ah, sì, senz’altro – si scosse Helgi, non appena il capo delle valchirie gli rivolse un’occhiata incalzante. – Che dire, le regole parlano chiaro: questo ragazzo non è meritevole del Valhalla e l’errore è da attribuire alla sua valchiria… tuttavia…
- Errore?
Il suono della mia voce irritata risuonò per tutta la sala. Generalmente non sono mai stata una persona impulsiva, ma in quel momento fu più forte di me: mi alzai in piedi con aria battagliera, squadrando uno a uno i volti sgomenti dei capiclan.
- Il fatto che questo ragazzo sia figlio di Loki vi porta automaticamente a credere che sia stato un errore condurlo qui? Sul serio? Vi basta questo per giudicare una persona senza darle nemmeno una possibilità?
- Riley – mi ammonì Elizabeth con voce severa, restando seduta e composta come una regina.
Stavo rischiando grosso, ma la rabbia mi offuscava ogni capacità di giudizio.
Finché le offese venivano rivolte a me potevo portare pazienza e farmele scivolare addosso, ma l’accanimento sugli altri non ero mai riuscita a tollerarlo.
- Il Valhalla dovrebbe essere una specie di Paradiso, no? – continuai. – Sulla Terra, tantissime persone vengono discriminate ogni giorno, pensavo che almeno qui fosse diverso, ma a quanto pare mi sbagliavo!
- Elizabeth – sibilò Gunilla, osservando la mia valchiria con fare irrisorio. – Hai portato qui un futuro Premio Nobel per la pace! Mi auguro non sia imparentata con questo vile ingannatore, vista la foga con cui ha preso le sue difese…
- La verità – soffiai velenosa. – è che detesto i bulli e i pregiudizi.
A quel punto, tutti i presenti in sala avevano la stessa espressione di un cerbiatto abbagliato dai fari. Helgi fece scorrere lo sguardo da me a Gunilla, che istintivamente aveva portato la mano sull’impugnatura di uno dei martelli sistemati sulla sua bandoliera. I suoi occhi azzurri sembravano lanciare lampi di odio e sdegno.
- Tu… lurida insolente, io ti…
- Basta così – s’intromise infine il direttore, riprendendo il controllo della situazione. – I nuovi ospiti sono tenuti a parlare soltanto se interpellati. Signorina, si sieda e aspetti il suo turno per parlare delle gesta che l’hanno condotta qui, nessuno ha chiesto la Sua opinione riguardo al caso da esaminare. Questo è un avvertimento: la prossima volta che ci mancherà di rispetto, ne pagherà le conseguenze.
Strinsi i pugni, dilatando le narici: ah, quindi ero stata io a mancare di rispetto a loro?
Aprii la bocca nuovamente, quando la presa ferma di Elizabeth si serrò sul mio polso, strattonandomi verso il basso e costringendomi a sedermi.
- Mi scuso a nome della mia assistita – disse quindi la rossa, lanciandomi di sbieco un’occhiata furente. – È terribilmente suscettibile. Se posso, però, vorrei poter dare un’opinione personale riguardo l’operato di Lidia.
- Finora hai mostrato ottime capacità di giudizio, Elizabeth – rispose Gunilla, apparentemente quieta. – Che cosa vorresti dire, in merito?
La valchiria inglese si alzò elegantemente, senza tradire alcun cenno di insicurezza: - Esaminando la profezia, in particolare gli ultimi due versi, si parla di una duplice possibilità per la stirpe del male: una sua scelta potrebbe portare “trista morte” o “nuova vita”, quindi abbiamo il cinquanta per cento di possibilità di ottenere un vantaggio. Per questo motivo, chiederei di non prendere provvedimenti troppo severi nei confronti della mia compagna Lidia, almeno fino a quando la profezia non sarà completa.
- Capisco. Sono in parte d’accordo con te, almeno per quanto concerne il destino di Lidia – rispose la figlia di Thor.
I capiclan cominciarono a parlottare tra loro, annuendo o scuotendo la testa di tanto in tanto.
La tensione sul volto dell’imputata aveva ormai raggiunto livelli trascendentali.
Infine, Helgi prese nuovamente parola: - Bene, ecco la nostra decisione: sospenderemo momentaneamente parte del servizio di Lidia, figlia di Tyr. Le sarà permesso seguire le proprie compagne in eventuali missioni se convocata da Capitan Gunilla, ma, fino a data da destinarsi, non potrà occuparsi della ricerca dei futuri einerjar. Detto questo, procediamo con il resto delle presentazioni: abbiamo perso fin troppo tempo con questa storia. Si alzi l’oratrice.
Obbedii meccanicamente, tra le risatine dei presenti. Accanto a me, Elizabeth mi rivolse un’occhiata di avvertimento.
Feci appello a tutte le mie forze per raccontare la battaglia contro il draugr, mettendo meno veleno possibile nel tono della voce. Non appena terminai il discorso, un feroce senso di ansia affiancò la rabbia: forse avrei finalmente conosciuto l’identità di uno dei miei genitori.
- Riley Barry Jenkins, le gesta compiute ti rendono meritevole del Valhalla. Sicuramente, molto più delle tue doti oratorie – disse Helgi.
Altro scroscio di risatine.
Gettai un’occhiata innervosita a Elizabeth, mentre il direttore proseguiva con la cerimonia. La mia valchiria non rideva: i suoi lineamenti erano congelati in un’espressione dura e stoica.
- Il Padre Universale vuole forse intercedere?
Lo scranno di Odino rimase vuoto.
- Molto bene. Venga avanti la vala.
La donna incappucciata ripeté il rito delle rune. Serrai i pugni talmente forte da conficcarmi le unghie nella carne.
I capiclan si sporsero, aggrottando la fronte con fare confuso: mi resi conto che la loro attenzione era concentrata su una delle piccole pietre, liscia e azzurra, con un simbolo semplice composto da due singole linee:



- Laguz, la runa dell’Acqua… - mormorò Helgi. – Njord…
 Si levarono diversi mormorii, le facce degli ospiti si tinsero di espressioni perplesse. Elizabeth storse il naso, non senza tradire un velo di delusione.
“Cosa c’è che non va, adesso?”  pensai esasperata. Frugai nei cassetti della memoria per trovare qualche informazione sulla divinità appena nominata: Njord, dio del mare, padre di Freyr e Freya…
All’improvviso capii il motivo di tanta perplessità: Njord era una divinità Vani. Da quanto avevo letto, il Valhalla era generalmente riservato ai discendenti degli Asi, mentre per quelli dei Vani c’era Folkvanger, il giardino governato da Freya.
- Beh… questa è senza dubbio una sorpresa… - mormorò infine Helgi. – Questa serata è stata piena di sorprese. Tuttavia… le rune hanno dato un responso positivo: Riley Jenkins, figlia di Njord, nonostante tu non possegga il sangue degli Asi, dimostrerai grande valore durante il Ragnarok. Domani, alla tua prima battaglia, sopravvivrai, ma con una gamba in meno!
Mi lasciai cadere sulla panca, ascoltando a malapena gli applausi dei presenti. Mi sentivo stordita e confusa, e di certo non per la questione della gamba…
L’ultimo a parlare rivelò di essere un semidio figlio di Thor, il che bastò a sollevare il morale dei thanes e degli altri ospiti dell’hotel.
Per quanto mi riguarda, rimasi in stato semi-catatonico fino alla fine del banchetto; una volta fuori dalla mensa, seguii meccanicamente Elizabeth, che mi condusse nuovamente alla mia stanza.
Rimanemmo entrambe in silenzio, fino a quando la mia valchiria chiuse la porta, rivolgendomi uno sguardo furente: - Sbaglio o ti avevo chiesto di comportarti bene? – sbottò, scuotendomi dal mio torpore. – Si può sapere cosa ti è saltato in mente? Hai intenzione di far licenziare me e finire a fare i lavori più degradanti fino al giorno del Ragnarok? Hai una vaga idea di quello che hai rischiato?
- Io mi sarei comportata male? – ribattei, alzando leggermente il tono. – Quel branco di idioti ignoranti si è accanito contro un poveretto che ha soltanto avuto la sfortuna di avere un padre psicopatico! Avrei dovuto starmene zitta e guardare mentre facevano i bulli con lui? È questo il vostro senso di onore e giustizia?
- Non ho mai detto che sia giusto!
Gli occhi azzurri della valchiria parevano capaci di trafiggere con schegge di ghiaccio: - Lo so quanto sia deplorevole e sbagliato tutto questo! Non credere che io sia d’accordo, Riley. Ma purtroppo è così che funziona: loro sono i capi e possono sbatterti nel fango con una semplice parola. Inimicarseli e dare pubblicamente della bulla al capitano delle valchirie non ha aiutato quel ragazzo in nessun modo. Non cambieranno idea su di lui.
Mi sedetti su una poltrona, stringendo i pugni: - Quelli là non sarebbero in grado di governare nemmeno una schiera di gabinetti! Sono ignoranti e stupidi: la punizione che hanno dato a Lidia è totalmente insensata e controproducente! Una valchiria inattiva non può portare nuovi einerjar all’hotel. Per fare tutto quell’assurdo teatrino contro Lee Fukuhara, si sono praticamente boicottati da soli! E noi dovremmo affidarci a gente del genere?
Elizabeth si lasciò cadere sul divano, portando le mani giunte davanti al viso. Sospirò a occhi chiusi e all’improvviso mi sembrò estremamente stanca.
- Mi rendo conto di tutto quello che non funziona, qui. E non sono l’unica. Ma al momento non si può fare nulla per cambiare le cose… o meglio, di certo non riusciremo a cambiare nulla facendo piazzate davanti a tutti. E forse ti suonerà egoista ma… questo lavoro è importante per me e non hai idea di quanto abbia dovuto faticare per ottenere la fiducia e la stima delle mie compagne. Non tutti hanno la fortuna di essere figli dalle divinità più acclamate…
La sua ultima frase mi riportò alla mente quanto accaduto poco prima, quando una semplice pietruzza aveva rivelato una delle informazioni più importanti della mia vita.
Avevo finalmente un nome, un indizio, un’identità. Un padre.
Provai per un istante l’impulso di chiamare Dayo per dargli la notizia, avvertendo una morsa allo stomaco non appena realizzai che ogni tipo di contatto con lui  era ormai off-limits, e che lo stesso valeva per mia madre.
Mi passai una mano tra i capelli, mentre con l’altra sfilavo gli occhiali, strofinando gli occhi lucidi contro il polso.
- Njord – mormorai. – Sei… delusa? Voglio dire, il fatto che mio padre sia uno dei Vani…
Elizabeth piegò appena l’angolo destro delle labbra verso l’alto: - No, non mi sono pentita di aver portato qui una figlia di Njord. Io non ho pregiudizi sui genitori altrui.
- Al banchetto mi era sembrato diversamente…
La valchiria drizzò la schiena, scuotendo la testa: - Visto quanto era accaduto poco prima, speravo saltasse fuori un genitore divino popolare, per quietare gli animi dei capi. Per fortuna, il responso della vala ha confermato che ti trovi nel posto giusto. Finora non mi sono mai sbagliata sul valore di coloro che ho portato qui. Ecco perché Gunilla ha una buona considerazione di me, nonostante…
Si bloccò, mordendosi la lingua con fare nervoso. Mi sporsi appena verso di lei.
- Elizabeth… hai fatto fatica a guadagnarti la loro fiducia per via del tuo genitore divino?
La rossa sospirò; capii di aver fatto centro.
- Nel caso te lo stessi chiedendo, non sono figlia di Loki – rispose. – Però… non scorre comunque un buon sangue nelle mie vene… preferirei evitare questo argomento.
Prima che potessi replicare qualcosa, si alzò, lisciando le pieghe dell’abito bianco: - Ti conviene riposare, ora. Domani ti aspetta una lunga giornata impegnativa.
- Già… – borbottai. – Non vedo l’ora di ritrovarmi a saltellare su una gamba sola…



- Ti basta una barretta di cioccolato? Sul serio?
Sitala Tel’ula osservò la mia misera colazione a occhi sgranati, imitata da buona parte dei miei compagni di piano.
Diedi un’alzata di spalle: - Dovremo affrontare una battaglia, no? Non voglio appesantirmi e rischiare di vomitare ovunque.
- Come succede spesso a qualcuno… vero Jace? – punzecchiò Lilly, gettando un’occhiata al piatto del rosso, stracolmo di uova e bacon.
- Non so di che parli – replicò lui con un ghigno furbo, per poi volgere gli occhi chiari verso di me. – Dunque, figlia di Njord: qualche commento a caldo?
Il suo volto aveva un che di famigliare, ma ero ancora troppo stordita per darci peso.
- Sovraccarico di informazioni ed emozioni – replicai. – E il sistema amministrativo qui fa schifo.
- Come più o meno ovunque – sorrise la ragazza bionda, passando ad Alviss una bustina di infuso ai mirtilli, che il giovane stralunato posò all’interno di una tazza, dove poi versò dell’acqua bollente.
Ben diede una spolverata di zucchero a velo sul proprio cornetto, gettando di sottecchi un’occhiata alla sedia vuota accanto a sé: - La prima battaglia è la più dura, solitamente. I veterani adorano accanirsi sui novellini, ma noi ti daremo tutto l’aiuto possibile.
- Comunque, puoi sentirti relativamente tranquilla – soggiunse Jace. – Te la caverai con una gamba mozzata. Poteva andarti peggio.
- Non lo metto in dubbio.
Alviss abbozzò un mezzo sorriso: - Oggi è sabato. Ci scateneranno contro la furia degli elementi. Ci sarà da divertirsi.



Immaginavo che l’idea di divertimento per gli einerjar fosse un tantino estrema, ma, ancora una volta, il mondo norreno riuscì comunque a sorprendermi.
Prima di quel fatidico giorno, potevo vantare come massima esperienza in combattimento lo scontro in cosplay con armi finte durante una fiera a tema Il Signore degli Anelli, avvenuta due anni prima – io interpretavo Legolas.
Figurarsi come potessi sentirmi in mezzo a un enorme campo di battaglia, con lenti a contatto fastidiose in sostituzione degli occhiali e circondata da orde di einerjar assetati di sangue. Poteva essere una semplice paranoia, ma avevo l’impressione che molti di loro fossero ansiosi di contendersi l’onere di compiere la profezia sulla mia gamba. Mi domandai cosa ne avrebbero fatto, forse un trofeo da appendere in camera, un personalissimo remo per guadare il fiume che scorreva in mezzo al campo, una mazza per giocare a croquet… magari l’avrebbero usata per picchiarmi…
- Tieni alta la guardia!
La voce di Sitala mi scosse, portandomi ad alzare istintivamente lo scudo davanti al volto, appena in tempo per parare una freccia scagliata da chissà dove.
La giovane nativa sorrise soddisfatta, per poi scagliare un’accetta contro un avversario, atterrandolo all’istante.
Osservai i miei compagni piuttosto colpita: Lilly pareva divertirsi un mondo, agitando a destra e a manca un’enorme mazza chiodata, più grande di lei; Alviss faceva stragi con una lunga frusta argentata, lanciando terrificanti grida di battaglia; Jace pareva possedere una scorta inesauribile di coltelli, che scagliava a ripetizione contro chiunque si avvicinasse troppo, mentre Ben bersagliava i nemici con i dardi di una balestra dall’aria leggera ma resistente.
In mezzo a un gruppo simile, non era difficile individuare l’anello debole, l’incapace che si limitava a scansare o parare i colpi e ad agitare con poca convinzione una spada un po’ troppo corta.
Per rendere le cose più difficili, l’intero cortile interno disponeva di chissà quale meccanismo magico che scatenava in modo  casuale la furia dei quattro elementi. Giusto un istante prima, una colonna di fuoco era piombata dal cielo, atterrando a pochi metri da noi e incenerendo una decina abbondante di combattenti.
Tentai di rendermi utile individuando un senso logico nei cataclismi che si scatenavano qua e là, ma le dimensioni del campo e la confusione della battaglia mi rendevano l’impresa assai difficile.
Decisi quindi di andare per gradi.
- Avviciniamoci al fiume! – suggerii. – Vorrei verificare una cosa.
 - Alto rischio di tsunami! – replicò Jace, per poi piegare le labbra in un sorriso furbo. – Sempre meglio delle colonne di fuoco.
Un rumore secco fu seguito da un fiotto di sangue caldo che mi schizzò dritto in faccia. Gridai.
Alviss barcollò, imprecando: la lama affilata di un’ascia era conficcata nella metà destra del suo volto, attraversando la zona tra fronte e zigomo e dividendo l’occhio in due.
Prima che avessi il tempo di reagire, il mio compagno cadde in avanti, dissolvendosi come una statua di sabbia al vento.
Ci mancò poco che rimettessi sul prato la barretta di cioccolato ingerita poco prima.  
- Stasera tornerà come nuovo – mi assicurò Lilly. – Allontaniamoci da qui, presto!
Cominciammo a correre verso il fiume, schivando per miracolo l’assalto di un’orrenda quercia ambulante – niente a che vedere con gli Ent di Tolkien – ma non avendo altrettanta fortuna con un tornado impazzito. Lilly, che si trovava un po’ più avanti rispetto il gruppo, venne risucchiata e portata via.
Saremmo stati assorbiti tutti quanti, se non fosse apparso all’improvviso uno strano portale magico: saltammo dentro senza pensarci due volte, ritrovandoci a diversi metri dal punto di partenza, proprio sulle rive del fiume.
- Ma cosa…
Sita mi rivolse un ampio sorriso, scoprendo i denti bianchi e perfetti: - I vantaggi di essere figli di Heimdall.
Un gigantesco ragazzone barbuto si lanciò contro di noi, roteando due enormi asce. Sitala diede un’ulteriore prova del proprio potere, allungando la mano verso di lui e aprendo un nuovo portale: l’energumeno ci finì dentro dritto dritto. Pochi istanti dopo, lo vidi riapparire a mezz’aria, proprio sopra il fiume: cadde in acqua con un tonfo, imprecando e sputacchiando.
- Stupido berserkr – sghignazzò Jace, giusto un secondo prima di finire decapitato da una mannaia rotante.
Ben indietreggiò, caricando la balestra: - Riley, ora che siamo vicini al fiume, hai un piano o qualcosa di simile?
- Qualcosa di simile – replicai, provando ad allertare al massimo i sensi. Mi sentivo un po’ stupida, ma la curiosità aveva ormai preso il sopravvento: ero figlia di Njord, una divinità legata all’acqua… forse, forse…
Rinfoderai la spada e tesi una mano sopra le sponde del fiume.
“Okay, come funziona? Devo gridare qualcosa? Devo fare un balletto?”
I miei compagni superstiti parvero intuire le mie intenzioni, infatti si schierarono per coprirmi le spalle.
Dapprima non avvertii nulla: restai immobile e con la mano testa come un’idiota. Poi, però, una specie di formicolio cominciò a solleticarmi le dita, insinuandosi all’interno delle mie vene e pervadendomi l’intero corpo.
Vagai con la mente alla ricerca di un ricordo che credevo di aver rimosso… era già successo, molto tempo fa… credevo si fosse trattato soltanto di un sogno, e invece…
Per poco non caddi a terra per la sorpresa non appena mi resi conto di udire una specie di voce, simile a uno scampanellio, o forse a uno strano flusso di coscienza. Percepivo l’essenza dell’acqua corrente, riuscivo a indovinare la profondità, la velocità del flusso, persino la temperatura, senza il bisogno di toccarla. E allo stesso modo, riuscii a percepire un imminente mutamento…
- Tsunami tra trenta secondi! – urlai.
Ben non ebbe il tempo di reagire: una lancia lo colpì al petto, passandolo da parte a parte. Sitala riuscì invece a respingere un avversario, voltandosi poi verso di me: - Vuoi provare a sfruttare i poteri di Njord?
- Io… non so se mi riuscirà…
- Decidi in fretta: posso aprire un portale per allontanarci da qui prima che colpisca.
Cominciai a ponderare rapidamente la mia decisione: in quel momento riuscivo a sentirmi connessa con le acque del fiume, ma non ero sicura che fosse sufficiente per controllarle, considerato soprattutto che era la prima volta che tentavo consapevolmente una simile impresa. Potevamo però sfruttare il potere di Sita, attirando verso di noi vari avversari e poi fuggire, lasciando che venissero travolti al posto nostro.
Non volendo rischiare, aprii la bocca per comunicarle la seconda opzione, quando un dolore lancinante alla gamba sinistra trasformò le mie parole in un grido. Qualcuno esultò, mentre crollavo a terra bocconi, priva di un perno.
- Riley!
 Cercai di sollevarmi sulle braccia, volgendo indietro lo sguardo con orrore: la mia gamba, ancora avvolta nel pantalone jeans blu, giaceva a pochi centimetri dal mio corpo, recisa all’altezza della coscia.
- Maledizione…
Strisciai di lato, afferrandola, mentre Sitala continuava a proteggermi, come una leonessa con il proprio cucciolo.
- Ce la fai ad alzarti? – gridò, spaccando con un pugno la mandibola a una ragazza bionda, che si era scagliata su di lei agitando un grosso martello. – Se resteremo qui, verremo travolte dallo tsunami!
Uno spaventoso gorgoglio fece eco alle sue parole: le acque del fiume si gonfiarono paurosamente, trasformandosi a velocità disarmante in una terrificante onda anomala.
In preda alla disperazione, tesi nuovamente la mano in avanti: con mia somma sorpresa, l’intento diede i suoi frutti, almeno per una manciata di secondi.
La grande massa fluida si abbatté sulla terraferma, descrivendo però un arco sufficiente a lasciare me e la mia compagna all’asciutto. Mollai la presa sulla mia gamba, tendendo anche l’altra mano. Il mondo attorno a noi si tinse di verdeazzurro; diversi corpi scuri si dibattevano disperatamente all’interno di quelle pareti liquide e turbolente.
Mi resi conto di star perdendo lentamente il controllo quando la bolla protettiva che avvolgeva me e Sitala cominciò a rimpicciolirsi.
- Sto cedendo! – gridai. – Portaci via da qui!
Uno squarcio quadrato si aprì tempestivamente sotto di me, facendomi precipitare.
Contai uno, due, tre secondi, poi, colpii duramente il terreno. Tutto si fece buio.



- Sopravvivere alla prima battaglia non è cosa da poco. Dovresti sentirti fiera di te stessa, lo sai?
Elizabeth aveva uno strano sorrisetto dipinto sul volto, non riuscivo a capire se fosse compiaciuta o divertita. Mi aveva appena prelevata dall’infermeria, dove mi avevano miracolosamente riattaccato la gamba – o forse mi era semplicemente ricresciuta, non saprei dirlo, visto che ero stata semi-incosciente per quasi tutta la durata dell’operazione – e ci stavamo dirigendo con passo tranquillo al Piano Ventitré.
Alzai gli occhi al soffitto: - Sono stata protetta per tutto il tempo dai miei compagni, mi hanno tagliato una gamba e poi sono svenuta. Sai che gran bella soddisfazione!
- Sita mi ha detto che hai tentato di utilizzare i poteri di Njord...
- Ci sono riuscita soltanto per pochi secondi.
- Beh che pretendi? Ti devi esercitare, era la tua prima volta.
Entrammo insieme nell’ascensore, mentre continuavo a tormentarmi nervosamente le dita delle mani tra loro.
- In realtà… - mormorai.- Ci avevo già provato. Tanto tempo fa, quando ero bambina. Avevo finito di leggere il primo libro di Harry Potter e mi ero messa in testa di fare magie. Così ho aperto l’acqua del rubinetto e… per un attimo ero riuscita a curvare la traiettoria del flusso. Col tempo, mi convinsi si fosse trattato di un sogno… e poi sai, io e mia madre siamo sempre state persone estremamente razionali…
- Sì, immagino. Comunque, ti consiglio di addestrarti con la piscinetta di acqua salata che si trova nella tua stanza. Njord è legato al mare, quindi dovresti far meno fatica. E ti suggerirei anche di studiare in modo approfondito la figura di tuo padre, in modo da individuare altre potenziali capacità soprannaturali.
Le porte dell’ascensore si spalancarono, offrendoci la vista famigliare del corridoio Ventitré.
Gli unici presenti tra i miei compagni erano Sitala e Jace, che chiacchieravano allegramente davanti alla porta della stanza di Alviss.
- Già in piedi, Jenkins? – sorrise lui, a mo di saluto. – Ti hanno rimessa in fretta!
- A quanto pare – borbottai. – Dove sono gli altri?
- Oh, vedrai che faranno in tempo tutti a riprendersi per l’ora di cena.
- Basta che non perdano la testa, giusto Jace? – s’intromise Elizabeth, sfoderando, per la prima volta, qualcosa che somigliava vagamente al senso dell’umorismo.
Il ragazzo le fece una smorfia: – Gnè gnè, sei simpatica come un calcio in faccia, Lizzie.
- Non incominciate – li riprese Sitala, rivolgendomi un sorrisetto esasperato.
C’era qualcosa di strano nel modo in cui la  valchiria e il mio compagno di piano interagivano, ma non ebbi modo di indagare, visto che la rossa decise di dileguarsi.
- Sentite, io ho un impegno urgente da sbrigare, ci rivedremo per cena.
- Uuuh dove vai Lizzie, hai un appuntamento? – la punzecchiò Jace, battendo le ciglia.
La ventenne lo fulminò con lo sguardo: - Piantala, idiota. È una faccenda importante.
Gli occhi scuri di Sitala si ridussero a due fessure: - C’entra forse… quella persona?
Elizabeth annuì: - Sono riuscita a parlare con Lee Fukuhara, in infermeria. Ho finalmente una pista.
- Lee? – domandai. – Il figlio di Loki? Si può sapere di che state parlando?
- Fatti spiegare da loro. Ci vediamo più tardi.
Osservai a occhi sgranati la valchiria dalla chioma fulva che si allontanava a passo spedito lungo il corridoio, poi mi voltai verso i miei compagni: - Perché Elizabeth ha dovuto parlare con Lee Fukuhara?
Sita e Jace si scambiarono un’occhiata eloquente.
- Ecco – cominciò la ragazza Miwok. – Da circa tre anni Elizabeth è impegnata a dare la caccia a un semidio molto pericoloso...
- Più che impegnata, diciamo che ne è ossessionata – la corresse Jace. – Presente il capitano Achab con Moby Dick? O Javert con Jean Valjean? O Zenigata con Lupin?
- Capito – replicai. – Come mai questo semidio è tanto pericoloso?
- Beh, sono anni che provoca disordini sulla Terra, sfuggendo continuamente alla giustizia e obbedendo agli ordini del proprio padre…
Sitala Tel’ula emise un grosso sospiro: - Quando Lee Fukuhara ha menzionato un fratello maggiore durante il proprio racconto, ieri sera, Elizabeth ha pensato potesse trattarsi di lui… e forse ha colto nel segno. Il nome di questo semidio è Dimitri Lagerfelt, figlio di Loki. E per quanto ne sappiamo… - la sua voce si abbassò di un tono. – potrebbe anche essere coinvolto nella sparizione di Mia.





***
Angolo dell’Autrice: Non so come sono riuscita ad aggiornare. Spero mi venga ispirazione anche per le altre storie. O per questa, magari per avere un capitolo in più in tempi accettabili.
Mi auguro che questo sia stato perlomeno godibile e che non ci siano incongruenze o errori.
Allora, ho un po’ scelto di prendermi licenze poetiche riguardo i poteri dei semidei, visto che non ho trovato molte informazioni a riguardo. E mi piaceva l’idea dei figli di Heimdall che aprono portali, anche se a determinate condizioni.
Per quanto riguarda Riley, dovrà lavorare parecchio per imparare a gestire i propri poteri, integrarsi e diventare un’einerji degna di tale nome.
Nel caso ci sia un po’ di confusione riguardo il nome del fratello di Lee Fukuhara, specifico che i due sono fratelli soltanto da parte di padre, ma sono nati da madri diverse e in diverse parti del mondo.
Per il momento è tutto.
Grazie per aver letto,

Tinkerbell92

  
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