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Autore: AidenGKHolmes    21/07/2019    4 recensioni
“Ficcare il naso?” Ripeté Judy, fissandolo in un misto di sgomento e incredulità: davvero si trattava dello stesso Nick con cui fino a poco prima aveva riso e scherzato come se nulla fosse?
“Nick, io sto cercando di aiutarti, tutto qui”
“E io ti ringrazio, Carotina... ma magari sono io a non voler essere aiutato. Ci hai mai pensato, a questa eventualità? Oppure, secondo il tuo punto di vista, ogni abitante di questa città deve accettare a prescindere qualunque aiuto non gradito?”
[Tematiche delicate | Violenza]
Genere: Drammatico, Introspettivo, Triste | Stato: in corso
Tipo di coppia: Nessuna | Personaggi: Judy Hopps, Nick Wilde
Note: nessuna | Avvertimenti: Contenuti forti, Tematiche delicate, Violenza
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WHAT'S LEFT BEHIND

Capitolo 5 - Ciò che è morto non muoia mai



***

“Beh? Che è quella faccia? Non sei felice di rivedermi?”

Hudson Wilde era ad un passo da Nick, con il braccio di Nick agganciato al suo in una ferrea stretta che impediva ogni tentativo di fuga del figlio. Non che potesse realmente provare a scappare, in realtà: Nick era rimasto paralizzato ed aveva smesso di provare veri e propri sentimenti, tutti sostituiti da una sola emozione che annichilì tutte le altre: il terrore.

L’unico blando tentativo di divincolarsi da quella morsa fu uno strattone non troppo convinto che ebbe come unico effetto il rafforzamento della presa di Hudson su di lui.
Sul volto del padre, la cui figura si stagliava più in alto di almeno una quindicina centimetri rispetto al figlio, era inciso un leggero sorrisetto beffardo, ma da quegli occhi color castagna non traspariva alcun tipo di autentica felicità, ma solo un sincero senso di soddisfazione.

Nick non faticava ad immaginare quale fosse il motivo di quell’appagamento capace di inebriarlo come il più raffinato dei vini. In fondo, di momenti per fantasticare su come sarebbe stato il loro successivo incontro ne aveva avuti più che in abbondanza, negli ultimi vent’anni… e Hudson aveva tutta l’aria di essere fermamente intenzionato a godersi ogni singolo secondo, mentre portava a compimento il suo piano.

“Una gioia, come sempre. Scusa, ma sto per perdere il treno, ci vediamo”

Nessuna delle parole contenute in quella frase fu preparata: l’istinto di Nick cominciava a prendere il sopravvento e a spingerlo a scappare verso la libertà… ma anche un comportamento innato può essere soppresso in molti modi.

E Hudson scelse un’opzione calibro 45.

Nick percepì la canna della pistola premuta contro il suo fianco attraverso il trench color sabbia indossato dalla grossa volpe dagli occhi castani, che facendo finta di nulla sibilò “Ho paura che dovrai rimandare”.
Di fronte a ciò, Nick percepì il sangue confluire verso la sua gola, rendendola secca come Sahara Square nella giornata più calda d’agosto. Non poteva fare nulla: se avesse lanciato anche solo un’occhiata d’aiuto a qualcuno dei passanti, si sarebbe beccato una pallottola prima di poter fare qualsiasi cosa e lo stesso finale si sarebbe prospettato in caso avesse tentato di darsela a gambe.

In quelle situazioni, neppure l’addestramento di un poliziotto era in grado di suggerirgli cosa fare per tirarsi fuori dai guai e la rassegnazione di essere fottuto s’impadronì di Nick. Non era mai stato un tipo passivo, ma di fronte ad una situazione senza via d’uscita, l’unica cosa saggia da fare era attendere e cogliere eventuali sviluppi a lui favorevoli… se mai si fossero presentati.

“Cammina, forza” Ordinò Hudson, tenendo Nick sottobraccio e costringendolo a spostarsi assieme a lui verso l’uscita della stazione, sotto gli occhi indifferenti degli ignari passanti.

Attorno al piazzale, il viavai di automobili proseguiva senza sosta, producendo un brusio sommesso che andava a formare un tutt’uno con quello delle voci di ogni singolo mammifero nel raggio di un centinaio di metri.
A guidare la coppia durante quell’amichevole “passeggiata” fu Hudson - com’era ovvio che fosse -, che si fece largo attraverso quel bagno di folla senza destare il minimo sospetto e trascinando il figlio verso un vecchio furgone parcheggiato sul lato est della piazza.

Hudson lo costrinse a sistemarsi al posto del passeggero, in modo da, testuali parole, “poterlo controllare meglio”. L’odore di tabacco all’interno era al limite del nauseante e di certo la sua combinazione con l’aroma di patatine al formaggio e di olio per motori non rendeva l’abitacolo profumato come una violetta di campo.

Una volta saliti a bordo, il veicolo si rimise in moto con un rumore sferragliante e meccanico e andò a mischiarsi con le auto imbottigliate nel traffico. A quel punto, divenne un mezzo di trasporto come tutti gli altri.

Le due volpi rimasero in un silenzio di tomba per diversi minuti, anche se per ragioni assai differenti: Hudson era troppo impegnato ad assaporare quella prima vittoria per scambiare quattro chiacchiere da ora del tè con il suo adorato figlioletto, mentre Nick si stava rendendo conto di quanto poco attentamente avesse osservato le strade di Zootropolis; la grossa arteria stradale che stavano attraversando in quel momento era una di quelle che la volpe dagli occhi verdi aveva frequentato più e più volte, durante le uscite serali con Finnick.

Il pub “La lontra e il quadrifoglio”, il club “Alive Dodo”, la discoteca “Hookfang”… tutti posti che Nick vedeva scorrere attraverso il finestrino, come frammenti di una vita prossima alla conclusione. Se in una di quelle serate avesse saputo di star bevendo l’ultima birra o giocando l’ultima partita a biliardo assieme a Wolfard o Grizzoli, forse si sarebbe goduto quei momenti con maggior attenzione…

“Allora, Nicholas, Nicholas, Nicholas… ho sentito che hai fatto carriera, eh?”

La frase di Hudson lo colpì come un pugno allo stomaco, non tanto per la scoperta in sè, di certo non degna dei migliori investigatori, quanto per ciò che essa comportava.

“Quindi? Che t’importa?” Replicò asciutto Nick.

A quella domanda Hudson non rispose, proseguendo imperterrito nel proprio discorso.

“Vuoi sapere che cosa abbia fatto io negli ultimi anni, invece? Ho riflettuto”

Di fronte ad una simile affermazione, perfino uno come Nick non potè evitare che il proprio volto si contorcesse in un’espressione sbalordita, ma quella reazione fu un fuoco di paglia.

“Già, ho riflettuto. Su come trovarti una volta evaso di prigione, chi andare a trovare per chiedere informazioni… e cosa fare con te. L’ultimo punto della lista è ancora in via di preparazione e non so bene come gestirlo, ma vedrai che tra poco troveremo una soluzione, che ne dici?”

Per la prima volta da molto tempo a quella parte, Nick provò paura, quella autentica, in grado di penetrare dentro le ossa di un mammifero e di scuoterlo come un cipresso nel bel mezzo d’una tempesta.
Non gli aveva riservato alcuna pietà, quando era più piccolo e, ne era sicuro, la galera non l’aveva certo reso più magnanimo.

Nella voce di suo padre, Nick poteva percepire la stessa spietatezza che aveva manifestato nei suoi confronti negli ultimi anni di convivenza con lui e sua madre: lo odiava ancora, anzi, se possibile ancor più di quando era stato incarcerato e il fatto che fosse stato il suo stesso figlio a spedirlo dietro le sbarre – anche se inconsapevolmente – gli forniva una duplice motivazione per rivalersi su di lui.

La paura, per le volpi come Nick, rappresentava una debolezza e qualcosa da combattere, contro cui innalzare un muro di scudi.
Talvolta, però, essa rappresenta l’unica emozione in grado di tramutarsi in un’arma e spingere a decisioni estreme e rischiose. Tuttavia ha ugualmente bisogno di una specie di “impulso” per far sì che i meccanismi di difesa si attivino davvero.

Nel caso di Nick Wilde, fu sufficiente che le sue dita sfiorassero lo schermo di vetro del cellulare, ancora conservato nella tasca della felpa. Suo padre, per quanto crudele fosse, non aveva la minima idea di come gestire un ostaggio, per lo meno non durante il trasporto verso chissà quale destinazione.

Doveva farlo. Judy non gli avrebbe mai perdonato di essere scappato in quel modo così meschino e vigliacco, ma una remota parte del suo cuore gli gridava che in realtà tutti i suoi amici stessero tentando di rintracciarlo in ogni modo. Pur sapendo di non poter più far tornare le cose com’erano prima della sua fuga, avrebbe quantomeno evitato di far soffrire la coniglietta per un motivo ancor più grave: la propria morte.

Se era vero che tutti lo stessero cercando, allora il suo cellulare era stato messo sotto controllo, senza ombra di dubbio… e lui non aveva gettato la SIM.

Aveva pensato di sbarazzarsene appena prima di salire sul treno, come estremo saluto alla vita che voleva abbandonare, ma visti gli sviluppi successivi non ne aveva avuto l’occasione.

Nick trattenne il respiro e, muovendosi più lento di un qualsiasi bradipo, raggiunse il pulsante d’accensione con l’indice, mantenendolo premuto per qualche istante.
Un fiume di pensieri attraversò la sua mente: quanta batteria gli restava? Si trovava in una zona con un minimo di ricezione, sufficiente per permettere all’equipe tecnica di triangolare la sua posizione? Qualcuno avrebbe davvero localizzato la sua posizione?

Tutte quelle domande smisero di avere importanza quando percepì la leggera ed appena percepibile vibrazione del suo telefono solleticargli i polpastrelli.

Aveva fatto la sua parte, ora tutto era in mano ai suoi amici.

 
***

Note dell'autore: yeeee, sono già tornato! Visto? Avevo promesso di non sparire di nuovo e ho mantenuto v.v
Che dire, iniziano le grandi rivelazioni e i primi colpi di scena! 
Ora sono davvero curioso di scoprire se quelli di voi che avevano sviluppato qualche pensiero iniziale sull'identità dell'individuo apparso nel precedente capitolo ci avessero preso o meno xD 
Come sempre, se vi fa piacere lasciate pure un commento o una critica, entrambi sono sempre ben accetti!

Alla prossima! ^^


GK







 
   
 
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