7.
La strega delle api
La vecchia strega guardava tutti.
In mano stringeva gli insetti morti e tra i denti, storti e rotti, un sorriso folle: «Il tempo di Dulcamara è scaduto» garantiva «Il ronzio si è fermato! Le tue mosse sono terminate. Hai una sola cosa da fare se non vuoi finire anche tu: fuggi.»
Il Re l'aveva fissata per un lungo istante, con il mormorio dei generali a scandire i secondi, «Mai» aveva giurato.
E Brina era uscita dalla sala.
S'era divertita a fare la guerra. "Non è cosa da principesse" le avevano detto e lei, per dispetto, l'aveva fatta diventare una cosa per sé.
La battaglia era sangue, rancore e sudore. Era strategia, attesa e agilità. Era forza, potere e gloria. E lei si era beata della forza, era stata inondata dalla gloria e aveva gioito del potere.
Ma ora basta, quel gioco l'aveva stancata.
Suo padre bramava il regno, un impero enorme e ricco.
Lei adesso voleva un bel castello, svegliarsi con il profumo del pane tostato e qualcuno che le scrivesse poesie. E lo desiderava per sempre.
Era stata una principessa e una guerriera e in altre circostanze sarebbe diventata anche una regina, ma Velio aveva perso il senno, questo Brina lo sapeva. L'impero stava per crollare, la vecchiaccia aveva ragione.
E lei non ci teneva per niente ad essere maestà di un mondo in rovina.
Quindi, quella notte stessa, se ne andò. Lasciò l'accampamento, la contrada e suo padre senza nemmeno un ripensamento. Scomparve in un incantesimo, in un sortilegio antico e meticoloso.
E non importò quanto tentarono di trovarla. Perché sì, la cercarono.
Velio si disperò.
Perlustrarono palazzi e boschi, inseguirono tracce e scie, interrogarono incantatrici e veggenti.
Ma nessuno la trovò.
In mano stringeva gli insetti morti e tra i denti, storti e rotti, un sorriso folle: «Il tempo di Dulcamara è scaduto» garantiva «Il ronzio si è fermato! Le tue mosse sono terminate. Hai una sola cosa da fare se non vuoi finire anche tu: fuggi.»
Il Re l'aveva fissata per un lungo istante, con il mormorio dei generali a scandire i secondi, «Mai» aveva giurato.
E Brina era uscita dalla sala.
S'era divertita a fare la guerra. "Non è cosa da principesse" le avevano detto e lei, per dispetto, l'aveva fatta diventare una cosa per sé.
La battaglia era sangue, rancore e sudore. Era strategia, attesa e agilità. Era forza, potere e gloria. E lei si era beata della forza, era stata inondata dalla gloria e aveva gioito del potere.
Ma ora basta, quel gioco l'aveva stancata.
Suo padre bramava il regno, un impero enorme e ricco.
Lei adesso voleva un bel castello, svegliarsi con il profumo del pane tostato e qualcuno che le scrivesse poesie. E lo desiderava per sempre.
Era stata una principessa e una guerriera e in altre circostanze sarebbe diventata anche una regina, ma Velio aveva perso il senno, questo Brina lo sapeva. L'impero stava per crollare, la vecchiaccia aveva ragione.
E lei non ci teneva per niente ad essere maestà di un mondo in rovina.
Quindi, quella notte stessa, se ne andò. Lasciò l'accampamento, la contrada e suo padre senza nemmeno un ripensamento. Scomparve in un incantesimo, in un sortilegio antico e meticoloso.
E non importò quanto tentarono di trovarla. Perché sì, la cercarono.
Velio si disperò.
Perlustrarono palazzi e boschi, inseguirono tracce e scie, interrogarono incantatrici e veggenti.
Ma nessuno la trovò.
Animale e simbolo scelti: castoro - raggiungere gli obiettivi
Parole 283
Note: Su questo capitolo non ho molto da dire, la storia sta volgendo alla fine, spero che un po' vi stia piacendo :-) Cari lettori vi ricordo che mi farebbe molto piacere ricevere una vostra recensione, così da poter capire cosa ne pensate.
A martedì ^.^
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