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Autore: Antogno    21/07/2019    0 recensioni
E Zeus scagliò sullo sventurato pargolo una delle sue saette, portagli prontamente dal fido servitore Ermes. Non era una folgore vera e propria, bensì qualcosa di più grande e potente: una maledizione. Perché il padre degli Dei avesse voluto maledire così un innocente pochi realmente lo sanno, siccome gli dei fanno sì che il proprio volere rimanga confinato tra le mura granitiche dei palazzi dell’Olimpo...
Genere: Avventura, Fantasy, Generale | Stato: completa
Tipo di coppia: Nessuna
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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E Zeus scagliò sullo sventurato pargolo una delle sue saette, portagli prontamente dal fido servitore Ermes. Non era una folgore vera e propria, bensì qualcosa di più grande e potente: una maledizione.

Perché il padre degli Dei avesse voluto maledire così un innocente pochi realmente lo sanno, siccome gli dei fanno sì che il proprio volere rimanga confinato tra le mura granitiche dei palazzi dell’Olimpo, che si dice risplendano di luce propria.
Non bisogna credere ai ciarlatani che dispensano di giorno in giorno frottole spacciandole per vere in tutta la Grecia, parlando di una punizione frutto di un dispetto amoroso o di chissà quali affari, perché la verità è che Zeus agì mosso dall’invidia.
Non c’è da stupirsi che gli uomini siano bruti, vigliacchi, accidiosi o malvagi, poiché quelle qualità sono ereditate ironicamente da coloro che ancora dimorano sulle alte vette dell’Olimpo, talvolta a spese di chi vi sta sotto. Tutte le qualità degli dei, infatti, sono quelle degli uomini e l’unica differenza tra gli uni e gli altri sta nella vita eterna di cui godono i primi, che mal si concilia, peraltro, con quelle loro qualità, per così dire, umane.
Eppure, se gli dei non hanno di che invidiare, in apparenza almeno, agli uomini o a qualsiasi creatura vivente, c’è qualcosa che essi non possono domare, più vigorosa delle folgori di Zeus e più devastante del vaso di Pandora: il Fato.
Imprevedibile, scaltro e imparziale, il Fato non vanta padrone nemmeno tra gli dei più potenti quali Ares, il temibile dio della guerra, o Poseidone, dio dei mari, né tantomeno Zeus, padre di tutti gli dei, colui che evirò Crono per sedersi sulla vetta più alta tra le vette.
Allora Zeus decise di giocare al Fato uno scherzo gagliardo, scagliando su un innocente pargolo una folgore maledetta, nelle cui spire infuocate erano racchiusi tutti i mali della terra, raccolti avidamente dal dio Ade e dai suoi fedeli servitori. Donò a quel bambino tutto ciò di malvagio che potesse esistere nelle terre ai piedi dell’Olimpo, aspettando con avidità il momento in cui il pargolo, cresciuto, avesse maledetto il Fato per i suoi sfortunati doni, invocando il nome delle Parche perché facessero di lui un infelice ricordo. Allora il Fato si sarebbe piegato al suo volere.
Eppure, Zeus conobbe l’onnipotenza del Fato.
Il bambino crebbe, malato e gracile. Stretto nei morsi dei più devastanti morbi infernali, conobbe momenti disperati i quali, come voleva Zeus, gli fecero maledire il Fato. Si disperò, e sarebbe menzogna dire che non desiderò più volte che Thanatos lo abbracciasse e lo trascinasse con sé negli inferi.
Ma il Fato aveva riservato al ragazzo doni ben più gloriosi di tutti quelli dispensati dal misericordioso padre degli dei.
Gli anni passarono, e il ragazzo imparò a combattere tutto ciò che vi fosse di male al mondo in tanti modi differenti quanti erano i mali che lo tormentavano. Imparò a guardarsi dalle malattie, dal dolore fisico e morale, imparò ad aggirare le delusioni, a rialzarsi dopo esser stato gettato nella polvere, coltivando appieno le proprie facoltà fisiche e intellettive.
Prima bambino malato e gracile, poi uomo vigoroso.
E allora riconobbe tutti i mali, che credeva gli fossero stati donati dal Fato, una sfida che aveva saputo affrontare e superare, e ne fu grato. Zeus conobbe così la sconfitta e la ancor più scottante beffa e, infuriato, decise di mettere a segno un ultimo colpo di mano.
L’uomo ricevette il dio in casa, e il padre degli dei vi parlò affabilmente, lasciando che l’uomo comprendesse che i mali che aveva affrontato fossero in realtà un suo dono, dispensatogli quando era ancora nella culla, e non un dono del Fato.
Ma l’avido padre degli dei conobbe ancora la sconfitta, questa volta infertagli da un uomo, e tornò sull’Olimpo, ove tutt’ora ancora risiede.

Nessuno conosce le parole che l’uomo rivolse al Dio, ma si dice che quest’ultimo, nell’interminabile corso della sua vita immortale, non abbia mai più osato sfidare il Fato.
 
   
 
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