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Autore: AlekHiwatari14    22/07/2019    1 recensioni
Margaret non è una ragazza comune. Ha avuto un dono quand'era molto piccola e quello stesso dono si propaga crescendo a macchia d'olio negli anni. Tiene nascosto ciò che ha visto e ciò che sa.
Seguendo l'ombra del padre naturale, scoprirà che la sua natura è tutt'altra così come il suo nome. Iris.
Il tempo la metterà a dura prova, così come la sua giovane età e un amore un po' particolare, ma non solo. Si presenterà nella sua vita Deamon, un affascinante diavolo, figlio del demonio in persona, che sconvolgerà ogni cosa che Tenebra, uno shinigami che le ha salvato la vita, le ha insegnato e tutto ciò la porterà ad essere la giustiziera dei deboli.
[La storia contiene: Gender Bender/ Tematiche delicate / Possibile FemSplash e/o Splash]
(Non perdetevi il sequel intitolato Iris Nube - Il tempo continua a scorrere.)
Genere: Generale, Introspettivo, Sentimentale | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het, FemSlash
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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La bandiera nera, simbolo di morte e di libertà, svolazza negli abissi dello spazio profondo. Le lame ardenti delle spade e le armi galattiche intrise di stelle e sangue, utilizzate da quella ciurma, spianano la strada verso mondi nuovi.

Un nome, una realtà, fa tremare lo spazio profondo e si espande fino ai confini della fantasia.

Un uomo avvolto dall'oscurità che prende sulla sua nave i più deboli nel nome della libertà.
Tutti vogliono varcare quel cancello di fantasia e salpare a bordo di questa nave, ma nessuno può farlo se non è spinto dall'unica cosa che li accomuna.
La libertà. Nome futile che potrebbe essere inteso in tanti tipi di libertà come quella d'amare, di pensare, di volare, di sognare, di scegliere e di esplorare. Sono tutte diverse, ma comunque sono libertà.
Probabilmente conoscerete già il capitano di questa nave spaziale, anche se sotto aspre critiche, ma poco importa. Dopotutto le critiche fortificano le persone e le rendono più note.
Purtroppo, pochi lo sanno, ma questo vascello pirata spaziale ha una verità alquanto scomoda. Il capitano mente alla sua ciurma. Lui non è solo come fa credere. Tutte queste tenebre e questo mistero servono ad adescare coloro che vogliono entrare sulla nave, ma chi non supera il test, viene liberato ugualmente, donandogli la morte.
Modo abbastanza strano, ma serve solo per una ragione. Vuole persone fidate che non tradiscano il suo nome così temuto.
Ormai sapete già di chi sto parlando.

Parlo del temutissimo Capitan Harlock, capitano noto a tutti i nerd, gli appassionati di anime e non solo, ma questa è tutt'altra storia. Non voglio focalizzarmi su di lui, ma su di me, perché questa storia è la mia.

Mi chiamo Margaret in questa dimensione e se dico in questa è solo perché noi abitiamo nella settima fascia dimensionale di un universo multiplo ed esteso a migliaia di azioni che si rincorrono nel tempo e che sviluppano nuove fasi, nuovi mondi e realtà parallele.
So che tutto questo sembra assurdo, ma è così. L'ho visto con i miei stessi occhi, perché mi è stato insegnato tanto tempo fa.

Ricordo che avevo solo cinque anni quando accadde...


*Flashback*

Un silenzio tombale seguito da un rumore di un piatto che cade e si frantuma in mille pezzi al contatto col pavimento insieme ad urla strazianti che disturbano il suono della quiete. Il pianto di una madre che sta per perdere la propria figlia in preda ad una crisi febbrile molto alta. Un cuore spezzato, la paura regna in quella stanza.
Attimi di puro terrore che però non mi sfiorano. Sono soltanto una bambina e non mi rendo conto della situazione. Non ho più vista e sento solamente il passaggio di mani sulla mia pelle, seguito dal tocco delle coperte del letto in cui vengo appoggiata.
Lo strano odore di alcool etilico mi disgusta, ma non posso nulla. Il tremore del mio corpo non cessa, anzi aumenta. Sono andata in convulsione e la testa sento che va al vento.

È tutto troppo confuso. Fatico a respirare.

Ho tanta voglia di piangere nel vedere tutta quella disperazione intorno a me, ma non escono. Le lacrime non riescono ad uscire.

«Margaret!» Urla mia madre in preda all'ansia, mentre mio padre cerca di soccorrermi inutilmente... o almeno chi credevo essere i miei genitori lo fanno.
Quegli sguardi su di me non mi sono mai piaciuti.
Avrei preferito andarmene in quel momento. Stavo terribilmente male, ma non potevo lasciare tutto. Non mi è mai piaciuto veder piangere le persone, soprattutto se per colpa mia.
Per un attimo, forse, mi abbandono. Soffoco e la vista è ormai andata. Qualcuno cerca di farmi la respirazione bocca a bocca, ma non so chi né tantomeno mi interessa al momento. Ormai è finita per me. La mia vita è al limite e chiunque è presente in quella stanza se ne rende conto.

Tutto diventa troppo confuso. Altre urla, altre mani, altri rumori di passi come una corsa tra le scale e lo sbattere di una porta dell'auto. Un clacson che suona fastidiosamente e per un attimo mi porta ad aprire gli occhi, vedendo il volto di mia madre in preda alla disperazione. Le sue lacrime sono sempre state un dolore profondo per me. Non ho mai voluto farla piangere. Non ho mai chiesto che mi accadesse questo.
Per un po' cerco di aggrapparmi a quella vita, ma non ci riesco. Sono troppo debole e vulnerabile al mio destino. Il cuore scappa dal mio petto. Lo sento battere così velocemente, mentre perdo i sensi e mi ritrovo su di una barella con degli infermieri che urlano: «Codice blu! Presto! Codice blu!»
Il soffitto di quell'ospedale freddo e il distacco dai miei mi fa abbandonare.
Il mio cuore cessa di battere mentre, chiudendo gli occhi, sento un'infermiera sbraitare:  «La stiamo perdendo!»

Non so cosa stia succedendo in realtà. L'unica cosa che percepisco è leggerezza.

Sono così leggera da poter volare. Incuriosita, guardo in basso e vedo il mio corpo su quel letto. Non ho avuto paura nemmeno un po'.
La cosa strana è che mi è sembrato quasi una liberazione staccarmi da lì. Ho voglia di giocare e sento un richiamo alle mie spalle.
Non è una voce. È qualcosa di percepibile con i sensi, ma non a parole.
È come parlare con gli animali. Capisci ciò che vogliono dai gesti e da ciò che trasmettono quando stanno accanto a te.
Mi volto con disinvoltura, guardando quella immensa luce bianca e calda, così pura da volerne essere avvolta. Mi sento al sicuro da tutto.
Non faccio resistenza. Mi lascio trascinare da quella luce che mi inghiottisce, diventando un immenso tunnel di stelle.

La meraviglia nei miei occhi è fin troppa.
Non posso credere che mi stia accadendo tutto questo.
Sinceramente, non so quant'è durato il viaggio, né quanto tempo ci sto lì, ma è stato abbastanza per capire tutto il procedimento della vita e del karma. Bene attrae bene e male attrae male. Tutto abbastanza semplice, direi.
Alla fine del viaggio, mi ritrovo in un luogo diverso.
È completamente distinguibile da dove provengo.
Piante, erba, luce, radure, ruscelli... tutto così fantasioso.
Inoltre è un luogo di mezzo, un luogo che è bene e male allo stesso tempo.

È abitato da immense creature simili a draghi, alti, forti e sputano fuoco, ma non solo. Ci sono porte e arcate ogni cento metri, nascosti dietro alberi, nelle profondità del mare, nelle grotte e quant'altro, ma non sono semplici porte e arcate. Sono portali che conducono a dimensioni diverse, anche parallele tra loro, ma strettamente connesse a ciò che accade nella realtà della mia dimensione Terra.

La nostra dimensione non è altro che un grosso buco abitato da tre milioni, se non quaranta miliardi di ragni che tessono un enorme ragnatela tutta loro e si riversa qui, in questo posto e come la nostra dimensione ce ne sono altre a me sconosciute. Ah, già. Ovviamente i ragni citati siamo noi e le ragnatele sono ciò che facciamo o creiamo.
Praticamente, anche esteticamente, è un immenso paradiso questo posto.
Ruscelli, fiumi, laghi, distese di praterie, pecorelle che saltellano avanti e indietro insieme a conigli e cerbiatti. Tutto è in armonia e che nulla può rompere quella pace. Lì, ogni cosa considerata leggendaria, esiste realmente.
Peccato che non è arrivato il mio momento.
Uno Shinigami si presenta dinanzi a me. È un mietitore d'anime, ma è strano. È completamente diverso dall'immaginario collettivo che abbiamo noi. Ha un abbigliamento molto diverso da come è stato raccontato. Sembra un impiegato con giacca e pantaloni neri, camicia bianca e in stile antica. Sembra provenire da un'altra epoca. È bello, estremamente bello. Ha capelli lunghi fino al sedere e argentei, di sesso maschile, occhi a mandorla di un color verde smeraldo luminescenti e fisico impeccabile e palestrato. È alto circa un metro e novanta. Chiunque vorrebbe un tipo del genere al suo fianco. Anch'io, che sono una bambina di cinque anni, me ne innamoro.

Mi viene vicino, accovacciandosi a pochi metri da me. Mi guarda attentamente negli occhi, dicendomi: «Margaret, non è posto tuo questo.»
La meraviglia è così tanta che non posso far almeno di chiedere: «Chi sei? Come sai il mio nome?»
 «Non sei nel registro. Devo portarti a casa.»
Scuoto la testa in segno di protesta: «Non voglio andare a casa.»
 «Ma la mamma e il papà piangeranno se non ti vedranno più.» Tenta di convincermi con fare dolce.
È strano. Forse è il colore della lucentezza dei suoi occhi e il grande carisma che emana o magari solo perché sono una bambina, ma riesce a convincermi.
Lo vedo alzarsi e tendermi la mano. È fredda e per nulla accogliente. Il pallore della sua pelle è qualcosa di magnetico e quell'alone di mistero mi ipnotizza.
Mi ritrovo nuovamente in quella stanza, con i dottori che cercano di rianimarmi e con mia madre che entra nella sala, urlando: «No, non può morire! Fate qualcosa! Vi prego!»
La disperazione nei suoi occhi è profonda. La vedo toccarsi il petto, quasi come se stesse avendo una ferita al cuore o qualcuno l'avesse pugnalata e quel qualcuno sono io.
Dal dolore profondo, la vedo svenire.
Comincio a piangere nel vedere quella scena.
 «Torna...» Sento il sussurro dell'uomo misterioso che mi ha condotta lì.

Mi volto e lo vedo estrarre qualcosa dalla tasca dei pantaloni che si trasforma in un bastone e al tocco con il pavimento diventa una falce. I suoi occhi si illuminano, mentre sorride. Mostra i suoi canini aguzzi. Sembrano i canini di un vampiro, ma non lo è.

Egli è uno Shinigami e a confermarlo è l'aurea nera che fuoriesce da dietro di lui. Ha qualcosa di inquietante che assomiglia molto a Slenderman, ma non ne sono sicura. Forse è quell'alone che ha dietro di lui. Comunque sia, mi spinge con la mano destra libera verso il mio corpo, facendomi cadere al suo interno.
 «Mamma... » Chiamo, non appena apro gli occhi.
Quell'uomo è ancora lì. Riesco a vederlo, ma non sono mai riuscita a dirlo.
Lui se ne accorse e, con un gesto del dito indice portato alla sua bocca in segno di silenzio, mi zittisce. Mi fa l'occhiolino, scomparendo tra le mura di quella stanza.

*Fine Flashback*


Tutto è incominciato così. Da quel giorno ho scoperto di potermi staccare dal mio corpo volontariamente e viaggiare per altri mondi.

Durante uno di questi viaggi ho scoperto che il mio vero nome è Iris Harlock, ma non ne sono del tutto sicura.
Si dice che il caro capitano abbia avuto una figlia con Maya e che, in realtà, la stessa Maya sia morta partorendo.
Non so questa storia fin quanto sia vera, ma il mio viaggio in quella dimensione continua attraverso quella ricerca disperata di mio padre. Sempre che quello sia il mio vero padre e non sia solo una menzogna, ma mai avrei immaginato ciò che realmente la vita mi stesse per offrire un dono, come una maledizione, che mi avrebbe sconvolto l'intera esistenza.

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