Videogiochi > Kingdom Hearts
Segui la storia  |       
Autore: Calia_Venustas    23/07/2019    3 recensioni
[IN PAUSA FINO AL PROSSIMO AGGIONAMENTO DI KHUX]
C'è qualcosa che il Maestro dei Maestri non può confessare a nessuno, nemmeno a Luxu. Qualcosa che se i suoi apprendisti dovessero scoprire metterebbe a repentaglio tutto quello in cui credono. Il Maestro sa di essere nel torto, ma sa anche di essere troppo orgoglioso per ammetterlo.
----------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------
Una storia sull'origine del Maestro dei Maestri e dei Veggenti sin dall'inizio del loro apprendistato fino all'epilogo di KH3. A partire dal capitolo 18 scorre in parallelo una seconda trama che ha per protagonisti Soggetto X e Luxu, ora nei panni di Xigbar, alle prese con i retroscena degli eventi successivi a Birth By Sleep.
[Coppie: Luxu/Ava, Luxu/Maestro dei Maestri, Invi/Ira, Ava/Gula, Soggetto X/Isa, Lauriam/Elrena]
Genere: Avventura, Drammatico, Sentimentale | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het, Shonen-ai | Personaggi: Nuovo personaggio, Organizzazione XIII, Vanitas, Ventus, Xigbar
Note: Lime, Missing Moments | Avvertimenti: Contenuti forti, Furry, Spoiler! | Contesto: Altro contesto, Più contesti
Capitoli:
 <<    >>
Per recensire esegui il login o registrati.
Dimensione del testo A A A

NOTA: questo è il primo grosso salto temporale della storia. Ma non preoccupatevi, torneremo ad occuparci dei giovani veggenti molto presto... Nel frattempo, aprite la vostra copia del Libro delle Profezie al capitolo Kingdom Hearts Birth By Sleep e saltate dritti al paragrafo "due anni dopo l'inizio dell'apprendistato di Xehanort presso Ansem il Saggio". Siamo sempre a Radiant Garden, ma in un lontano futuro... buona lettura.

χ TWINKLE TWINKLE LITTLE STAR χ

Cruising miles offshore, life seems breakable,
a never ending kiss, I need to find.
'Cause I'm a fragile soul, a dandelion,
to keep me safe, I need you by my side.

[Dandelion - Ivan Torrent]

Aprì gli occhi, mettendo a fuoco il soffitto macchiato d’umidità della sua cella.

Il fievole bagliore azzurro delle lampade appannava costantemente i corridoi del laboratorio sotterraneo, non c’era nessuna finestra da cui potessero filtrare i raggi del sole e della luna e da quando i due bambini vestiti di rosso e di blu avevano smesso di farle visita, il tempo per lei aveva smesso di esistere.

Solo lo sporadico presentarsi degli scienziati con i loro asettici camici bianchi dava un ordine e un senso al lento trascinarsi delle ore.

Da un lato, attendeva il loro arrivo con trepidazione, dall’altro con profonda inquietudine. Non sapeva mai chi avrebbe oltrepassato quella soglia nè cosa le avrebbe fatto, ma persino il più doloroso dei loro esperimenti era preferibile alla solitudine in cui era intrappolata.

C’erano altre celle vicine alla sua, ma per quanto gridasse nessuno dei suoi compagni di prigionia aveva mai risposto, sempre che ci fosse davvero qualcuno intrappolato là sotto proprio come lei.

Il pensiero di essere completamente sola la terrorizzava. Cosa sarebbe successo se gli scienziati si fossero dimenticati di lei? L’avrebbero lasciata lì a morire se non si fosse dimostrata utile alla loro ricerca ? Era forse questo che era accaduto agli occupanti delle altre celle? E cosa ne era stato di quei due poveri bambini?

Non dovevano trovarsi lì, questo era chiaro.

E Lea, il più vivace tra i due, non aveva mai fatto segreto di quanto difficile fosse intrufolarsi nei sotterranei. Ovviamente lo diceva per vantarsi, ma anche per scacciare la paura che lo attanagliava ogni volta che in compagnia di Isa scendeva la scalinata buia delle prigioni per parlare con lei.

Il fatto che avessero deciso di non tornare era probabilmente la cosa migliore.

Eppure, non poteva dimenticare il bagliore che aveva visto negli occhi acquamarina di Isa mentre, con una serietà che poco s’addiceva alla sua giovane età, le aveva giurato che l’avrebbero salvata.

E stando a quello che diceva Lea, il suo amico teneva sempre fede alle proprie promesse...

Cosa sarebbe successo se le guardie li avessero scoperti? Sarebbero finiti anche loro a marcire in una cella fredda proprio come lei?

Non avrebbe mai potuto perdonarselo.

Questi e molti altri oscuri pensieri l’attanagliavano durante le lunghe ore di vuoto scandite solamente dal passo ritmico della ronda dei carcerieri. Aeleus e Dilan, così si chiamavano i due uomini dalle spalle larghe e la divisa blu notte che pattugliavano il sotterraneo senza proferire una parola e senza mai degnarla di uno sguardo.

Conosceva i loro nomi soltanto perché il capo-ricercatore Even li faceva convocare nella sala dove avevano luogo gli esperimenti affinché la scortassero di nuovo nella sua cella.

I soli ad interagire con lei adesso che i bambini erano scomparsi, erano gli scienziati. Ma lo facevano con distacco, tempestandola di domande che non comprendeva, chiedendole di ricordare cose che non aveva mai vissuto o dimenticato.

Non c’erano più risate, né il calore di una manina che s’allungava oltre le sbarre per stringere la sua e darle conforto. Solo l’orrore degli esperimenti.

Il peggiore tra gli scienziati era Xehanort. Quando arrivava il suo turno di sottoporla al test della memoria, lei riusciva a malapena a reggersi in piedi al termine della procedura. A niente servivano le sue suppliche, il ricercatore teneva gli occhi dorati fissi sui diagrammi che lampeggiavano sullo schermo, completamente incurante delle lacrime che rigavano il volto della ragazza che si dimenava sul tavolo operatorio.

Imperterrito, rovistava dentro di lei, violandola fin nei meandri più oscuri del suo animo alla ricerca di ricordi perduti, scavando così in profondità da farle desiderare di potersi cavare il cuore dal petto per non sentire più dolore.

Rabbrividendo al solo ricordo, si sedette sulla branda e raccolse le ginocchia al petto, rimboccando la manica della tunica bianca ed impersonale per rivelare i lividi bluastri che aveva attorno ai polsi.

Lea e Isa dicevano che fuori era pieno di persone, pieno di alberi e fiori, che il castello visto dall’esterno era bellissimo e circondato di fontane.

E lei desiderava credere che fosse vero. Doveva esserci qualcosa là fuori ad aspettarla, qualcuno che la stava cercando. Doveva esserci per forza.

Certe volte, quando era immersa nel dormiveglia, in bilico tra torpore e sonno profondo, un’immagine ricorrente le appannava la mente come un sogno.

Una torre alta, con due guglie e un ponte sospeso tra di esse.

E lei che guardava in sù, ai piedi di quell’edificio così imponente con quattro presenze al suo fianco. Una mano le sfiorava la spalla, un paio di occhi azzurri le sorridevano. Poi… la chiave.

Una chiave grande ed affilata come una spada. Nera come la pece.

Era lei ad impugnarla? O il proprietario di quegli occhi così blu?

E soprattutto, quanto c’era di reale in quella visione sfocata? Quanto era stato influenzato dai racconti di Lea e Isa e quanto veramente apparteneva al suo subconscio?

Scavando nella sua memoria, non trovava nient’altro che quella cella e i volti arcigni degli scienziati, niente oltre alle cinghie con cui la legavano mani e piedi, niente oltre quei corridoi interminabili fiancheggiati da dozzine di celle vuote.

Quell’immagine… quella torre, quelle quattro figure… erano solo un sogno.

Niente di più.

Trattenne a stento le lacrime.

“Possa il mio cuore…”

Un beep la fece sobbalzare.

Periodicamente, un nuovo set di indumenti puliti le veniva consegnato tramite il medesimo sportello che le recapitava i pasti e gli scienziati insistevano perché lei si prendesse cura della propria persona in modo da essere sempre pulita e in ordine nell’eventualità di un nuovo esperimento.

E all’inizio, lei aveva ubbidito. Non aveva alcun motivo per non farlo. A lungo aveva sinceramente sperato che gli scienziati potessero aiutarla a recuperare la propria identità… ma più il tempo passava, più la solitudine e l'angoscia si chiudevano su di lei come un paio di fauci.

Quegli esperimenti altro non erano che una forma di gratuita e crudele tortura.

Così, per pura ripicca, si era lasciata andare completamente, incurante del sudore che le inzuppava la veste e i capelli, ignorando il cibo e rifiutandosi di alzarsi dalla branda adesso che la spia gialla sulla porta della cella annunciava che era giunta l’ora di un nuovo test. L’ora di presentarsi da Ansem obbediente come un cane.

Era stufa di obbedire. Stufa di essere tenuta al guinzaglio.

Era il solo atto di ribellione che le era concesso. E dopotutto, s’era detta, cos’aveva da perdere?

Quel poco di dignità che le era rimasta, a quanto pareva.

Il capo ricercatore Even andò su tutte le furie nel trovarla ad attenderlo in quello stato, sdegnosa ed indolente. Quella era la prima volta che lo incontrava al di fuori del laboratorio. Nel suo immaginario, quell’uomo alto e segaligno faceva parte dell’attrezzatura e le era difficile immaginare che avesse una vita al di fuori di quella sala di tortura.

“Tiratela fuori.”

Ignorando le sue proteste e incassando ogni calcio, graffio e morso che lei gli stava rifilando, Aeleus la trascinò fino alle docce, serrandole i polsi in una morsa nervosa. Era chiaro che si stesse trattenendo per non farle troppo male, anzi, per non “danneggiarla”, come Even gli aveva stizzosamente raccomandato di non fare, ma lei continuò a dimenarsi e a gridare.

Un uomo della stazza di Aeleus avrebbe potuto spezzarle il braccio senza alcuna difficoltà, ma la ragazza non aveva paura, era troppo esausta e disillusa per averne.

“E dai, non abbiamo mica tutto il giorno!” protestò Dilan strappandola alla presa del collega.

Senza neppure darle il tempo di togliere i vestiti, l’uomo la spinse sotto il getto gelido della doccia, sbattendole in faccia la porta bianca del cubicolo prima che potesse tentare di svicolare fuori.

La ragazza rimase immobile e tremante sotto il sifone aperto, gli abiti ormai completamente fradici che le aderivano al corpo magrolino e acerbo. Posò lo sguardo sulle mattonelle del pavimento, guardando l’acqua scrosciare giù nello scarico tra i suoi piedi nudi e ascoltando la conversazione che si stava svolgendo nell’anticamera.

Lacrime grosse e calde le rigavano le guance mischiate al getto dell'acqua.

“Ma che diamine le è preso?”

“E che ne so. Facciamo alla svelta prima che Even si rimetta a strillare.”

Si chiese cosa accidenti s’aspettava che accadesse. Che nel vederla puntare i piedi e ribellarsi gli scienziati l’avrebbero trattata diversamente? Che assurdità.

Era sola, senza memoria, senza un perché.

“‘Rendetela presentabile’ dice lui… puah! Even lo fa sembrare facile. Cioè, dobbiamo... lavarla? Non è capace di farlo da sola?”

“Smettila di lamentarti, Dilan.”

“Ma che cazzo, possibile che in questo intero castello non ci sia un inserviente? Una donna delle pulizie? Perchè tocca sempre a noi pulire il piscio dei soggetti che se la fanno sotto?”

Soggetti… già. Era così che chiamavano quelli come lei. Non aveva neanche un nome. Solo X.

“Ma guardati Dilan, se non ti conoscessi direi che quel che davvero ti mette a disagio è l’idea di vedere una ragazzina tutta nuda…”

“Tsk, solo un vecchio porco come te potrebbe pensare una cosa del genere in un momento come questo!”

“Forse. Un motivo in più per lasciar fare a me, non ti sembra?”

“D’accordo, occupatene tu.”

“Aeleus che cazzo dici?! Non possiamo rischiare che Soggetto X-”

“Come dicevo, pensaci tu. Ma tieni le mani a posto.” rincarò Aeleus zittendo Dilan.

“Non vi garantisco niente. E’ carina?.”

“Vai a farti fottere, Braig.”

“Anche tu Dilan. E adesso lasciatemi passare così possiamo farla finita con questa pagliacciata.”

Incapace di trattenere oltre i singhiozzi, la ragazza si abbandonò contro la parete della doccia. Parlavano di lei come se non fosse presente, come se fosse un guscio vuoto senza dignità e un cuore che batte.

La porta laccata di bianco si aprì, rivelando una figura in controluce. Lei tenne lo sguardo fisso sul pavimento.

“Hey.”

La voce graffiante dell’uomo la fece sobbalzare.

“Datti una mossa, Stellina. Non ho tutto il giorno.”

Indugiò con lo sguardo sulle punte lucide degli stivali della guardia.

Stellina...?

L'uomo fece un passo avanti, lasciando che la porta si chiudesse dietro di lui e allungò una mano guantata verso la manopola, aumentando gradualmente la temperatura dell'acqua. Il getto adesso lo colpiva di riflesso, rimbalzando sul capo e sulle spalle della giovane.

“Fai la brava, datti una ripulita. Se non collabori sarò costretto a toglierti i vestiti e i miei colleghi potranno andarsene in giro dicendo con cognizione di causa che sono un vecchio porco. Vediamo di non dare questa soddisfazione a quei due idioti, okay?”

Fu solo allora che la ragazza realizzò di non aver mai udito la sua voce prima d’ora. Doveva essere uno dei nuovi assunti, oppure era semplicemente stato assegnato a quella sezione per la prima volta. Le guardie con cui era familiare sembravano conoscerlo piuttosto bene.

Si decise finalmente ad alzare lo sguardo.

L’uomo era a meno di un passo di distanza da lei, la mano ancora sulla manopola. Indossava la medesima divisa blu e bianca dei suoi colleghi con l’aggiunta di un vistoso foulard rosso attorno al collo. A differenza di Aeleus e Dilan, era decisamente meno muscoloso e piazzato, ma non per questo aveva un’aria meno minacciosa.

In effetti, la ragazza si trovò a pensare che sembrasse il più pericoloso dei tre. C’era qualcosa di crudele nei suoi lineamenti, forse l’arco deciso delle sopracciglia o il bagliore famelico del suo unico occhio giallo.

“F-faccio da sola.”

Lui sogghignò. E Soggetto X rabbrividì alla vista delle due file di denti seghettati rivelati da quella smorfia.

“Brava Stellina, adesso fa quel che ti dico e ti prometto che ti farò uscire di qui.”

Nell'udire quelle parole, la ragazza sobbalzò. Doveva essere uno scherzo. Una bugia per approfittarsi di lei. Sicuramente le avrebbe chiesto di fare qualcosa di riprovevole soltanto per poi sbatterla di nuovo in cella. Se persino Aeleus e Dilan erano così prevenuti nei suoi confronti, un motivo doveva pur esserci. Quel tipo non avrebbe sfigurato tra gli avventori di un locale losco dove si gioca d’azzardo e si abbordano giovinette poco sobrie. Sembrava uno sciacallo pronto a spolparle la carne dalle ossa.

Leggendo la diffidenza nei suoi occhi, lui sospirò, aumentando ulteriormente la pressione dell'acqua così che il rumore coprisse le sue parole. "Senti, ho un conticino in sospeso con la persona che ti sta cercando. E tu mi porterai da lei."

X schiuse le labbra come per dire qualcosa, ma all'ultimo istante decise di tacere. Che fosse stato mandato da Lea ed Isa? Le avevano promesso che sarebbero venuti a salvarla…!

Ma la guardia aveva detto… ‘lei’.

Una donna.

Soggetto X non conosceva nessuna donna.

"Non hai niente da perdere. Di solito io sono quello che i soggetti li porta dentro, non fuori. Sai, come il nostro caro ragazzone prodigio…”

Lei lo fissò, sempre più diffidente.

"Si, insomma, Xehanort, no? L’ho trovato io. E adesso che sai di avere a che fare con l’accalappiacani di Ansem, e che ti sta sinceramente offrendo una chance di uscirne viva, dovresti coglierla al volo.”

"Chi… chi sei?"

"Il mio nome non ha importanza."

"Le guardie ti hanno chiamato 'Braig'."

"Peccato non sia il mio vero nome, Stellina. Ma fa lo stesso, puoi chiamarmi così se vuoi. Ora, vuoi uscire di qui, sì o no?"

X si morse il labbro inferiore.

“Ho già rischiato molto per arrivare a te. Rubare il tuo fascicolo dall’archivio non è stato semplice. Ma dovevo assicurarmi che fossi una di loro.”

“Una… di chi?”

“Non c’è tempo per spiegare-”

“No, rispondimi!” Mossa da un istinto che non seppe spiegarsi, la ragazza lo afferrò per il braccio. “Sai chi sono?!”

L’uomo le premette una mano sulla bocca “Sssh!”

“Senti…” sospirò poi, con fare esasperato “Se dico 'Possa il mio cuore-', tu cosa rispondi?”

Lei sgranò gli occhi ambrati, mentre le dita velate dal guanto ormai fradicio le scivolavano via dalle labbra.

“...essere la mia chiave guida.” mormorò a mezza voce.

“Brava Stellina. Offre conforto come nessun'altra frase al mondo, eh?"

“Come fai a-”

"Conoscerla? Oh, potrei averla letta nei rapporti di Even e usata solo per accattivarmi le tue simpatie. Pare che tu non faccia altro che ripeterla nel sonno. O magari, qualcuno l'ha detta anche a me, tanto tempo fa. Ma sai che cosa significa veramente?" Fece una pausa. "Significa libertà di fare ciò che si vuole e al diavolo tutto il resto. Una celebrazione dell’egoismo nella sua forma più pura. Ma nel tuo caso, di chi altri dovresti preoccuparti? Ci sei solo tu. E tu vuoi andartene da questo postaccio, vero?"

Lei annuì ripetutamente. Nonostante l'acqua che la colpiva adesso fosse tiepida, la ragazza tremava visibilmente. Forse per la paura, forse per l'emozione. Braig non avrebbe saputo dirlo.

"Allora fa come ti dico. Lavati in fretta, vestiti, vai da Even. Ti sottoporranno di nuovo alla procedura. Stringi i denti. Non fare o dire niente di sospetto. Quando ti riporteranno in cella, verrò a prenderti.”

Era sicuramente una trappola. L’ennesima bugia. Soltanto il nuovo modo escogitato dai ricercatori per torturarla. Doveva esserlo.

Eppure, qualcosa scattò dentro di lei. Tutta l’angoscia che s’era tenuta dentro, quella che non aveva mai condiviso nemmeno con Isa e Lea, si riversò giù dai suoi occhi in un pianto convulso.

"Non ce la faccio più..." gemette, affondando le dita nella stoffa della divisa del suo interlocutore "Se mi aprono di nuovo il cuore per guardarci dentro- si spezzerà. Mi ucciderà-"

"È possibile, non lo nego. Nessuno ha sopportato tanti test quanto te. E’ perchè sei speciale, Stellina, scelta tra migliaia."

“...scelta da chi?” ansimò, senza fiato, le spalle scosse dai singhiozzi.

“Dalla stessa persona che ha scelto me.” Sulle sue labbra s’aprì di nuovo quel ghigno da sciacallo.

“Da un grandissimo figlio di buona donna.”

°°°
 

“Dov’è X?” lo freddò Dilan non appena ebbe messo piede fuori dal disimpegno del bagno.

“Si sta lavando da sola, proprio come volevi.” Brag si tolse i guanti bagnati. “So essere molto persuasivo se voglio.”

“Con la faccia che ti ritrovi non dev’essere difficile.”

“Almeno io ho le palle di vedermela con una ragazzina che fa i capricci.” soffiò l’altro, caustico.

Aeleus li raggiunse nel corridoio, interrompendo quella che si presagiva come l’ennesima accesa discussione condita di insulti gratuiti “Braig, Re Ansem vuole parlarti nel suo ufficio.”

“Perchè non sono sorpreso?” sbuffò lui alzando al cielo il suo unico occhio. “Vado, vado! E voi date a Soggetto X cinque minuti di tregua, è pur sempre una signora, ha il diritto di farsi attendere.”

Mentre la guardia si allontanava, Aeleus rientrò nella sala docce lasciando fuori Dilan a borbottare tra sé e sé.

Dalla fessura sotto la porta del cubicolo, poteva scorgere i piedi nudi della ragazza sulle piastrelle fradice d’acqua insaponata. Così, si sedette su una delle lunghe panche in legno dello spogliatoio e aspettò.

Braig aveva ragione, si meritava un pò di tranquillità.

°°°
 

“Pensi davvero che interferire col ruolo della Maestra Ava sia una buona idea?”

Braig si strinse nelle spalle, procedendo con tutta calma lungo il corridoio fievolmente illuminato “Non ricordo nemmeno quand’è stata l’ultima volta che ho avuto una buona idea.”

“Beh, l’importante è esserne consapevoli.”

“E poi scusa, com’è che quando è lei a sgarrare non dici niente ma se lo faccio io mi salti subito alla gola?”

“Perchè sei sotto la mia tutela, ecco perché.” gli rimbrottò seccata la vocina squillante. “E non voglio che tu ti metta nei guai!”

“Rilassati, palla di pelo. Sai meglio di me che non potrei mandare all’aria il piano nemmeno se volessi. E poi cosa c'è, è proibito fare una buona azione di tanto in tanto?”

Una testolina rotonda coperta di soffice stoffa striata fece capolino da dietro le sue spalle in uno sbuffo di fumo colorato “Certe volte non sono sicuro di voler sapere cosa ti frulla in testa, ragazzino.*”

“Potrei sorprenderti.”

“Ne dubito. Ti sei persino preso il merito di aver sottratto i documenti dall’archivio quando invece ha fatto tutto il sottoscritto! ”

“Vorrà dire che la prossima volta mi sceglierò un contenitore piccolo abbastanza da passare per i condotti di aerazione.”

“Spiritoso. Dovresti prenderti più cura dei tuoi contenitori, altrochè.” gli rimbrottò l’animaletto, agitando le zampe dalla punta bianca.

“Ma se mi lavo i denti tutte le sere…” rispose Braig, fingendo un’espressione profondamente ferita.

L’altro sospirò “Sei sempre il solito.”

“Perchè invece di lagnarti non vai a dare un’occhiata a come se la sta passando Stellina?”

“Oh? Sei… preoccupato?”

“No. So riconoscere una combattente nata quando ne vedo una. Non la spezzeranno. Ma di certo non vorrei essere nei suoi panni in questo momento.”

°°°

La capsula della memoria si richiuse attorno a lei, avvolgendola nella sua soffocante oscurità.

Soggetto X strinse i denti, preparandosi all’ormai fin troppo familiare fitta di dolore al petto. Le cinghie che le tenevano immobilizzate mani e piedi alla sedia già le tagliavano la carne.

Sentì il marchingegno caricarsi d’energia, un pulsante alone blu che andava a poco a poco a diffondersi attorno a lei, rivelando le intersezioni dei ‘petali’ che componevano il bozzolo in cui era stata avvolta. Se non fosse stato per il dolore che quella diavoleria le provocava, X l’avrebbe considerata persino bella. Vista da fuori, quando era aperta, sembrava un fiore d’alabastro.

Ma altro non era che una pianta carnivora pronta a sciogliere quel poco che restava di lei nel suo nettare acido.

“Brava Stellina, adesso fa quel che ti dico e ti prometto che ti farò uscire di qui.” le parole dell’uomo con la benda sull’occhio le tornarono alla mente mentre la capsula prendeva a ronzare.

Stellina.

Per qualcuno senza nome e senza ricordi come lei, persino un nomignolo come quello era qualcosa a cui aggrapparsi.

E X fece proprio questo, con tutte le sue forze, quando un colpo dritto al centro della cassa toracica le mozzò il respiro come un affondo di lancia, facendola accasciare contro lo schienale in uno stato catatonico. Gli occhi sbarrati e vitrei, fissi davanti a lei, la bocca storta e aperta in un grido silenzioso mentre il flusso d’energia della macchina andava a focalizzarsi su uno specifico ricordo sepolto nei meandri del suo cuore.

Un boato assordante, la terra che trema, una mano tesa per afferrare la sua.

Le dita si sfiorano, vede il proprio riflesso negli occhi blu di fronte ai suoi, per una frazione di secondo pensa di essere salva, che lui non la lascerà andare.

Il mondo intero si dilania intorno a loro e il cielo screziato dei colori dell’alba si tinge di un grigio crepitante, come il disturbo statico di una vecchia televisione.

Niente è reale... ma allora perchè fa così male?

L̫̫̺̗̹̫͖ͅo̫͙ ͙̦̤͚̻ͅd̠̠͙͙̖e̖c̯̬̭̤̳͈͚i̩͓̖ḓ̮o̹ ̖͓̮͕ͅi̫͚̹o̦̙͎̬̖̹̞̜ ̥̺c͇̲̭͉ͅo̙̙̬͉̟͈͈s̰͔͖̬͎’͍̰̱̲̪̘ͅè̺̻̰̙̺ ̩͇̻r̙̖͙e̹̺̫͍̠͉̟a̺̼̯l̙̜̳e͈̙̻ ̜̯̗̤̜̘͎e͔̠̳͖̖̱ ̝͇͉c͖̼o͔̮͈s̘̭̼͓̩̭a̖̝͈̮̝̦̹ ̖̤̫̙̱̻͕͇͇ṇ̲̞̜̯͓͖̗o̗̤͈̝.͈̘̭ ̭̼̯̫U͙͈͚̻̮͚n̠̫ͅ ̯̙c͙̟̩̣̥̲̖̻͙u͍o̗̠̱̯͓r͙̬e͙͍ ͔p͎͈̳̤͈̦̘u̲̼̼̬̖ͅò̫̼̹ ͔̖͎͎̟̭v̤͓̣̪ị̟̱v̹̳̼e͓͚̯̝͎̟̺̱r͍͈͙͎̣̫̝̤ḛ̹̼̳ ̪̳̠ͅo͎̦̗̣̼̲͉v͇͔̩̦̩u͍̤͇͚͎n͖̣͕ͅq̮u͎̬̟͙͚̲͈̝̹e̠̠͎̻͈͓ͅ.̝̺

Il livello dell’acqua continua a salire. L’intera città sta sprofondando.

Gli occhi blu sono scomparsi, sostituiti da uno solo.

Grande, sbarrato, ma non saprebbe dire se per il terrore o una folle esaltazione.

Chi sei?

Una musica lontana riecheggia sopra le strade e gli edifici sommersi.
E’ familiare, ma distorta, contaminata. Non c’è niente di melodioso nelle sue note.

I͕̼o̱͔ͅͅ ̙̯͚̬͍͚͕s͔͔̪̫̥̺o̟̫no͈͖̳̯͉̠̞ ͈̰̟̹̙͎ͅi̜̯̞̣l̮̝̫͚̼͙ ̝̲̥f̬̤̠̻̫͓͔u͈̰̲̖̫͔̬t̖̥̘̣͓̙ͅu̹͓̬̻̲̰̬͚r͎͓o̳̭̲̯̩̣̱.͈̘̯͎̻̘̙̮
 

------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------

* Ragazzino ('Kiddo'): Chirithy chiama il giocatore 'kiddo' molto spesso e Xigbar fa lo stesso con Roxas in 358/2 Days.

Luxu, che ragazzaccio che sei diventato! O:
Eccoci qua alla fine del primo flashforward... che è, ironicamente, il primissimo capitolo che ho scritto oltre due mesi fa.
Mi sono presa la libertà di cambiare la scena in cui Soggetto X (che è Skuld, già ve lo anticipo tanto ormai lo sappiamo tutti) incontra Braig in modo che abbiano una vera e propria conversazione prima che lui la porti via. Ho grandi piani per questi due!
Al prossimo capitolo :3

   
 
Leggi le 3 recensioni
Segui la storia  |        |  Torna su
Cosa pensi della storia?
Per recensire esegui il login oppure registrati.
Capitoli:
 <<    >>
Torna indietro / Vai alla categoria: Videogiochi > Kingdom Hearts / Vai alla pagina dell'autore: Calia_Venustas