Serie TV > Il Trono di Spade/Game of Thrones
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Autore: summers001    25/07/2019    2 recensioni
BriennexJaime | Fix-it | Multichapter breve
Dal testo:
“Oh, cammini di nuovo.”
“Ne sembrano tutti così sorpresi.”
E rubò un sorriso da Brienne. Jaime la guardava sorridere e ne rimase incantato. Non se la ricordava sorridere. O forse sì, in una di quelle tante notti a Grande Inverno, quando aveva scoperto che la barba sul collo le faceva il solletico, così tanto da farla contorcere prima di scoppiare a ridere a crepapelle.
“Siamo abituati a pensarti morto.” Brienne rispose acida con una frecciatina, lanciata apposta perché ferisse, ma non in profondità. Dopo un lungo silenzio alzò persino gli occhi per controllarlo.
“E tu hai visto anche i morti camminare, di cosa ti stupisci?”
Brienne rise di nuovo involontariamente. Si coprì la bocca per nasconderlo, ma Jaime pareva attendere proprio quella reazione con gli occhi che non la lasciavano un secondo e la controllavano. “Smettila!” lo supplicò.
Genere: Angst, Malinconico, Romantico | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Brienne di Tarth, Jaime Lannister
Note: What if? | Avvertimenti: nessuno
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- Questa storia fa parte della serie 'From beginning to the end'
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Afterwards
 
 
Quando Tyrion la portò in quella stanza, buia con una sola piccola finestra, Brienne già sapeva cosa ci avrebbe trovato. Se lo sentiva nelle viscere. L’anticipazione quasi si trasformava in ansia e quell’ansia in un tremolio delle mani che nascose nel pugno chiuso ed in incertezza nelle gambe che nascose nei passi lenti.

Jaime Lannister era in quel letto e come sentì il rumore della porta si alzò di scatto per poi portarsi una mano sul costato. La barba sfatta, i capelli lunghi, il fisico consumato. Sembrava quasi il Jaime Lannister che Brienne aveva conosciuto sotto la guida di Catelyn Stark. Tutto sembrava discordare con la sua presenza: il buio, l’assenza anche solo di un raggio di luce, il suo aspetto, il fatto che fosse Tyrion a portarla da lui. Non era come se lo era immaginato ogni notte da quando un corvo, arrivato mesi prima a Grande Inverno, aveva annunciato la sua morte. Una volta aveva addirittura sognato di rincontrarlo in un campo di margherite.
C’era odore di sangue rinsecchito, di stoffa umida, alcol e tizzoni bruciati, niente a che vedere con quello della neve fresca e del bosco d’inverno del quale si era abituata. Era strano, nonostante fosse un uomo del sud, lei lo associava sempre all’inverno.

“Tyrion,” protestò Jaime arrabbiato “ti avevo detto di non portarla qui.”

“Già, Tyrion,” gli fece eco Brienne, infastidita dalla sua presenza, dal fatto che fosse vivo, più che dalle sue parole “te l’aveva detto.”
Jaime sospirò e capì immediatamente da quelle prime battute come sarebbe andato il resto di quella conversazione ed il punto in cui sarebbe naufragata la loro relazione: di nuovo all’inizio, a quando lei lo disprezzava, a quando la sua stessa presenza la inorridiva.

“Brienne, per favore…” Avrebbe voluto chiederle poi di non fraintendere, di cercare di capirlo, forse di accettarlo, per fare non sapeva neanche lui cosa. Agì istintivamente e si mise meglio a sedere, piegando la pancia ed accartocciando le viscere e la ferita. Allungò comunque la mano per toccarla, per cercare un contatto ed il modo in cui lei si allontanò gli fece realizzare che invece erano ad un punto ancora nuovo: quello in cui lui l’aveva ferita e lasciata, lei lo guardava con dolore e disprezzo, ma lui no.
Rimase a guardarla andare via, deluso, amareggiato. Non voleva che andasse così, non sapeva neanche lui come voleva che andasse. Sapeva che aveva passato mesi di merda tra il tra il trauma cranico, la sepsi, il lutto e tutti quei cambiamenti che, uno dopo l’altro, lo mettevano alla prova. Sapeva che ormai era passato troppo tempo per chiedere scusa e stava cercando stupidamente di evitarlo, nascondendosi.
Guardò Tyrion sospirando, dandogli la colpa per com’erano andate le cose, fino a quando non fu Tyrion stesso a mandarlo a quel paese.
 
***
 
“Ogni volta che un forestiero giunge ad Approdo del Re si innamora di due cose: i bordelli ed il vino.” Fece una voce familiare che Brienne riconobbe subito in quella di Tyrion Lannister, mentre entrava entrò in quella fetida bettola che puzzava dell’alcol scadente nello brocche e di quello vomitato sui muri.

Sfortunatamente accanto al cavaliere c’era spazio per un altro ubriacone o un altro innamorato, a seconda dei casi. Brienne guardò lo sgabello con disprezzo. “Non ho visto bordelli in giro.” Si limitò a commentare lei, che ancora sperava che il genere umano non fosse tutto così. No, non tutti i forestieri vanno nei bordelli. Jaime no, per esempio. Ma Jaime si scopava sua sorella, aggiunse una vocina cattiva. Il pensiero di Cercei le diede così fastidio che buttò giù un’altra boccata piena di vino.

“Già,” fece lui “per questo son qui.” Si arrampicò sulla sedia, fino a quando inspiegabilmente riuscì a mettersi seduto. Ordinò del vino e si rigirò il bicchiere tra le dita, lo guardò a fondo come se dentro potesse trovarci le parole giuste per dire quello che doveva dire. “Io so perché passerò l’intera nottata in questo bar, ma tu? Al posto tuo se avessi mio fratello a disposizione…”

“Io non ho tuo fratello a disposizione.” Tagliò corto Brienne.

“E allora?” protestò Tyrion. Si fece portare l’intera caraffa, aspettò che qualcuno gli riempisse di nuovo il bicchiere e poi buttò giù di nuovo come se fosse stata acqua. “E’ vivo! Piuttosto che continuare a piangerti addosso qui puoi abbracciarlo o qualunque altra cosa tu voglia farci.”

Brienne avrebbe voluto rispondere che era proprio quello il punto: Jaime era vivo ed erano passati mesi in cui si era abituata a pensarlo morto, in cui aveva deciso di credere alla sua fierezza per continuare a sopravvivere e l’unico straccio di persona che aveva pensato che Brienne avrebbe meritato di saperne qualcosa di quello stronzo di Jaime Lannister era stata suo fratello.

“Sai perché non voleva che ti portassi da lui?” continuò poi Tyrion, un po’ per riempire il silenzio in cui si trovava a disagio, un po’ per aiutare Jaime“Io e te lo vediamo per quello che è, non per quello che crede di essere. Mio fratello crede di essere come Cercei…” e sprofondò nei ricordi della sorella prima di mandare giù un altro bicchiere.

“Lo so.” s’affrettò ad aggiungere Brienne, come a rivendicare di conoscere almeno un po’ anche lei Jaime Lannister. Se c’era una cosa che per lo meno aveva capito di lui era che se gli altri lo riuscivano a vedere oltre la maschera di sterminatore di re, Jaime non riusciva a togliersela da dosso davanti allo specchio, persino da quando aveva cominciato a stargli stretta.
“Dagli solo una possibilità.” La pregò Tyrion.
 
***
 
Era tornata allora nella stanza umida, buia e fredda che puzzava di sangue. Drizzò il naso prima di aprire la porta, per prendere tempo e farsi coraggio, sperando di poter proteggere in questo modo anche il cuore.

Come entrò, Jaime alzò gli occhi sorpreso e speranzoso. Si fece trovare seduto e spettinato come poco prima, ma aveva qualcosa di più ordinato, come se questa volta fosse preparato ad incontrarla o addirittura la stesse aspettando.
“Siediti.” La invitò lui e quella gentilezza stonava. Fino a poche ore prima non voleva neanche vederla. Le fece persino spazio sul letto perché gli si sedesse accanto. Si spostò di peso una gamba, facendo preoccupare l’altro cavaliere: che fosse rotta? Che non riuscisse a muoverla?

Brienne tentennò, indecisa se chiedergli cosa gli fosse successo, ma poi lui piegò il ginocchio e si rassicurò. Allora si guardò attorno, avanzò e si mise a sedere su una sedia dall’altro lato della stanza.

“Niente armatura?” chiese Jaime, facendoci caso adesso per la prima volta. Brienne si era presentata in casacca e senza ferro addosso. Non aveva neanche Giuramento con sé e questo la rendeva meno sé stessa, quasi fosse scoperta

“No, non credo tu possa farmi male in quelle condizioni.” Disse e la stupida ragazzina che era in lei pensò che già le aveva fatto fin troppo male dentro, era impossibile ferirla di più.

“Oh!” fece lui con una mano sul petto all’altezza del cuore “Me la sono meritata questa.”
Jaime era ironico e sulle sue labbra c’era addirittura l’accenno di un sorriso, finto. Jaime sorrideva quando Brienne avrebbe voluto solo correre via piangendo o urlando. Era loquace, fin troppo e Brienne si ricordò di quelle prime volte in cui lui non faceva altro che parlare: per irritarla, per salvarla, per consolarla persino. O per proteggersi.

“Jaime,” disse chiamandolo direttamente per nome, come se tra loro ci fosse ancora una confidenza che non era andata persa. “scusa, ma non ce la faccio.” Si giustificò e provò ad andare via.

“Brienne, aspetta.” La supplicò Jaime. Avrebbe voluto riuscire ad alzarsi sulle gambe e bloccare quella maledetta porta per non farla uscire e costringerla ad ascoltarlo, a parlare, per rimettere le cose apposto. Era sicuro che se lei lo avesse ascoltato, le sarebbe stato più facile perdonarlo.

Brienne si bloccò sulla porta, appesa alla maniglia. “Vuoi che faccia finta di niente?” sbottò alzando la voce arrabbiata “Che ti perdoni? E di cosa, di avermi lasciata, di avermi scopata, cosa?” Si fece rossa fino alle tempie, la faccia paonazza, gli occhi che quasi le uscivano fuori dalle orbite, le lacrime che cadevano incontrollabili lungo le guance. Si stava sfogando finalmente.

“Scop… cosa?” chiese Jaime confuso. Le urla e le lacrime, ma soprattutto le accuse fecero leva su di lui che prese a risponderle a tono e quasi si lanciò giù dal letto per raggiungerla prima che una fitta di dolore lo rimise apposto. “Che cazzo, era questo che avevi pensato? E che ti aspettavi che facessi, che vivessi felice e contento a Grande Inverno mentre la tua regina faceva arrosto casa mia?”

“Io servo solo Lady Sansa, non era la mia regina.” Puntualizzò Brienne e sembrò come tornare indietro nel tempo.

“Sì, sì, certo. Sansa-maledetta-Stark. C’ero anch’io quando è cominciato il ritornello, ricordi?”

“Che cazzo sono venuta a fare.”

“Forse a farti scopare di nuovo!” urlò Jaime, sul limite della sopportazione. Qualunque cosa succedesse tra di loro, in qualunque periodo della loro vita, finivano sempre per litigare ed insultarsi a vicenda. “Avanti, non essere timida!” le disse provocatorio allargando le braccia per accoglierla.

Per un attimo il Jaime reale, in carne ed ossa, ricordò a Brienne del Jaime di Grande Inverno, quello che profumava di neve e di pino, che era stato dolce e premuroso con lei. Lo raggiunse con due ampie falcate, gli si fermò davanti ad apprezzare soddisfatta la sua faccia terrorizzata che la guardava dal basso in alto e che non credeva che lei avrebbe mai raccolto la sfida.

Le pupille di Jaime si dilatarono per l’anticipazione, immaginandosi tutto quello che da lì a poco sarebbe potuto succedere. Stava per allungare la mano quando invece gli arrivò uno schiaffo in pieno volto, così forte e così rumoroso da farlo cadere sul fianco sul materasso, impedendogli persino di poter vedere Brienne andare via.
 
***
 
Dal primo momento in cui Jaime aveva raccontato quella storia, Tyrion non aveva fatto altro che ridere a crepapelle. Continuava a ridere e ridere, del fratello, il leone dei Lannister, il preferito di papà Twyn, che le aveva prese da una donna, che aveva persino la fama di essere la più brutta dama in tutto il continente. O il cavaliere più valoroso, a seconda dei punti di vista.
“Scusa, scusa, scusa!” cercò di supplicare Tyrion una volta che riuscì a riprendere fiato, prima di scoppiare a ridere di nuovo e ricominciare tutto d’accapo.

“Mi sono preso una coltellata allo stomaco per una donna, ho perso una mano per un’altra. Mi distruggeranno.” Fece melodrammaticamente Jaime, piombando giù sul materasso. Non era in vena di risate, non era contento di quello che era successo con Brienne, ma per qualche strana ragione si sentì più comodo in quella veste di uomo cattivo e rifiutato. Quando era a Grande Inverno invece, era come se avesse dovuto cercare di essere sempre di più, qualcuno migliore, per rispettare tutte le aspettative.

“Ah, Cercei!” sospirò Tyrion “Finalmente se ne può parlare!”

“Quando mai non se n’è potuto parlare.” Rispose l’altro, cercando di mantenere un tono scherzoso per non dover scendere in profondità con suo fratello. Ecco, sì, così era a suo agio.

“Come ti senti?” chiese l’altro allora a bruciapelo.

Jaime sospirò. Come voleva che si sentisse? Come se avesse perso una metà del suo corpo. Come se lui fosse la mano destra ed avesse perso la sinistra. Come se non avesse potuto proteggere nessuno dei suoi figli ed adesso neanche la loro madre, incinta di nuovo. Come se stesse imparando a camminare malamente di nuovo e fallisse ad ogni tentativo. A tal proposito poggiò i piedi a terra e provò a tirarsi su, sotto lo sguardo attendo e preoccupato di suo fratello. Raggiunse la finestra e guardò le macerie su cui la gente di Approdo del Re aveva cominciato a ricostruire. Era così sbagliato che il resto del mondo andasse avanti senza di lei.
“Non mi importa del perdono di Brienne se è servito a stare con lei almeno alla fine.” Considerò Jaime con lo sguardo perso. Gli occhi gli caddero poi verso il mare. Era blu, pulito, limpido.

“Stronzate.” Rispose subito crudo Tyrion. “Hai provato a salvare nostra sorella, lo capisco, sai?” gli fece retorico come se fosse sorprendente tale affermazione. “Ci ho provato anch’io ed amavo la nostra famiglia nonostante tutto. Avrei voluto fare di più, avrei voluto conoscere quello splendido nuovo marmocchio concepito dai miei splendidi fratelli.” E sorrise ed aspettò che anche Jaime sorridesse prima di continuare “Ma ammettere di tenere ad un’altra persona non significa dimenticare o disonorare Cercei. Anzi, se lei avesse avuto un po’ di senno avrebbe voluto che andassi avanti.”

Eccola la verità. O almeno una parte della verità. Jaime si girò verso Tyrion, che quasi s’aspettava di esser attaccato con delle scarse argomentazioni ma esposte in maniera colorita. “Pensa che io sia un brav’uomo.” Sussurrò invece l’uomo, riferendosi questa volta a Brienne e lo disse come se fosse anche questo sorprendente.

“Lo sei.” Gli confessò Tyrion con le lacrime agli occhi. Era stupido come non riuscisse a vederlo solo considerando gli stupidi problemi che si facesse.

“O almeno lo pensava.”

“Lo pensa ancora.”

“La mia guancia la pensa diversamente.” Accennò allora Jaime toccandosi la guancia incriminata, su cui poteva ancora contare i segni delle dita. Si massaggiò sopra alla barba come se potesse sentirla.

Tyrion allora riprese a ridere di nuovo. Sbraitava qui e lì ancora una volta parole come “leone”, “cavaliere” e “damigelle”, prima di ritrovare il contegno e formulare una frase intera. “Esattamente quante donne hai sedotto finora?”

“Nessuna.” Rispose allora l’uomo con una punta di soddisfazione nella voce, mentre suo fratello lo guardava con espressione scettica. “Non ne avevo bisogno.”

“Già, si vede.”
 
***
 
“Si può?”
Nei giorni successivi Jaime si era sforzato di mettere i piedi a terra qualche volta di più e ricominciare a camminare. Con l’aiuto di due stampelle infilate sotto le braccia riusciva a bazzicare da una parte all’altra del castello, o almeno di quel che ne rimanesse.

Brienne, che aveva riconosciuto sia la sua voce che la sua andatura zoppicante, si voltò e si guardò attorno. Si trovava su di un balcone a guardare dall’alto il nuovo porto di Approdo del Re e le nuove navi in costruzione. Scrollò in risposta le spalle, come a dirgli che comunque non avrebbe potuto impedirgli di avvicinarsi.

“Posso scusarmi adesso, propriamente, come conviene?” le chiese. Un passo dopo l’altro la raggiunse fino alla balconata, poggiò via le stampelle e s’appoggiò al muretto di pietra rovinato e polveroso per tenersi dritto. “Mi dispiace. Davvero.” Disse solo guardandola negli occhi e lì all’aperto non poteva fare a meno di pensare che il colore delle sue iridi rispecchiasse quello del mare e del cielo.

“Non c’è bisogno.” Rispose solo lei evitandone lo sguardo. Si fissò su tre uomini che trasportavano una lunga trave di legno. Erano piccoli come formiche, così piccoli che quasi poteva non provare pietà nel bruciarli con un drago. Da quella prospettiva sembrava tutto piccolo, ininfluente.

“Ma voglio farlo.” Tagliò subito Jaime. La guardò starsene in piedi, appoggiata anche lei allo stesso muretto, con gli occhi spenti. Avrebbe voluto prenderle le mani, farle capire quanto davvero gli dispiacesse, supplicare per il suo perdono che sapeva di non meritare o fare qualunque cosa per tirarla su. Gli mancava la naturalezza del suo contatto. “Brienne…” cominciò sperando che pian piano gli venissero le parole.

“Jaime,” lo interruppe lei ed all’improvviso si girò per guardarlo negli occhi, congelandolo lì sul posto, inchiodandolo peggio di quanto avesse fatto l’intera fortezza rossa franandogli addosso “non ti biasimo per aver scelto lei. Era tua sorella, la tua famiglia. Il fatto che tu ti sia sacrificato per lei è stata l’unica cosa che mi abbia aiutato in questi mesi.” spiegò con la chiarezza di chi aveva avuto troppo tempo per pensarci “Ce l’ho con te per esserti nascosto come un topo, avermi fatto soffrire facendoti credere morto sapendo quanto tenevo a te.”

Jaime avrebbe voluto riaprire un discorso, dire che no, non lo sapeva quanto ci teneva, quello che provava, perché non glielo diceva allora? Poi c’era il fatto del topo e sapeva che avrebbe dovuto prima aggiustare quello. “Mi vergognavo” confessò prima di poter cambiare idea.

“Non mi importa.” Bisbigliò Brienne fredda, prima che la sua voce venisse tradita da un fiotto di lacrime bugiarde.

Jaime la guardò piangere. Si sentì impotente: avrebbe voluto consolarla, avrebbe saputo come farlo, come in quelle notti a Grande Inverno. Avrebbe voluto allungare la mano, abbracciarla, lasciarla piangere sulle sue spalle traballanti ed invece era la sua stessa presenza a farle quell’effetto. Non si rese neanche conto di aver cominciato a piangere anche lui. Strinse i pugni, due ancora ne sentiva, batté il palmo sul muretto, strusciò la pelle e si ritrovò tanti piccoli graffi che gemevano sangue a piccole e gonfie gocce.
“Ti lascio sola. Scusa per il disturbo.” Le fece, forzando una fredda cordialità che era nuova nel loro rapporto.

Quelle poche parole fecero breccia in Brienne. Avrebbe voluto urlargli di insultarla o baciarla, tutto ma non quella cortese indifferenza. Si voltò a guardarlo andare via goffamente con quelle stampelle. Avrebbe voluto chiamarlo e baciarlo, ma le parole le morirono sulle labbra dove stavano le sue lacrime che stava ingoiando.
Stupida, stupida Brienne! Stupido Lannister, stupido cuore.


 



Angolo dell'autrice
Pardonne moi, quando sono in periodo particolarmente ispirato pubblico senza neanche rendermene conto. 
Questo vorrebbe essere il seguito di Before/After. La storia sarà comunque alquanto breve, penso di chiudere in 3 capitoli circa. Ovviamente questo mi ha tolto un po' di tempo per continuare "Nodi", ma non vi preoccupate se mi state seguendo. Non l'abbandonerò.
Dunque che dire, ritorna l'Angst che tutti amiamo (sì, dai, lo so che piace anche a voi!) e questo capitolo ne è pienissimo. Non vi anticipo ovviamente cosa accadrà nei prossimi. Mi è piaciuto molto scriverlo proprio per questa ragione. Ho cercato poi anche di dare un senso alle scelte di Jaime, che devo dire ho apprezzato al contrario di molti. Io penso che quando aveva capito che Cercei aveva una qualche chance di vincere, fosse andato ad Approdo del Re per cercare di fermarla (non ucciderla, ma sapendo che sarebbe molto probabilmente morto nel tentativo), dopo ovviamente per salvarla. In fondo era sua sorella, la madre dei suoi figli, incinta. Era tutta la sua vita, tutto il suo passato. Io credo che le parole dette a Brienne siano quello che lui crede di sé stesso, che lui creda che lei lo veda migliore di quanto sia, che voglia vedere quello che vuole vedere. Penso che cercasse un po' di espiare anche le sue colpe, che si è visto sbattere in faccia dal suo arrivo a Grande Inverno. Questo capitolo voleva essere il succo di tutto ciò. 
Bene, non mi dilungo oltre, parleremo di Brienne nel prossimo capitolo. Fatemi sapere quello che ne pensate con una recensione e se effettivamente ho interpretato la serie correttamente. 
  
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