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Autore: steffirah    26/07/2019    2 recensioni
A causa del lavoro del padre Sakura verrà ospitata a casa di una sua cugina, in una cittadina dal nome mai sentito prima, nell'estremo nord del Paese. Qui farà nuovi incontri, alcuni dei quali andranno oltre la sua stessa comprensione, mettendo a dura prova le sue più grandi paure. Le affronterà con coraggio o le lascerà vincere?
Una storia d'amore e di sangue, di destino e legami, avvolta nel gelo di un cielo plumbeo, cinta dalle braccia di una foresta, cullata dalla voce di un lupo.
Genere: Angst, Dark, Sovrannaturale | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Eriol Hiiragizawa, Sakura, Sakura Kinomoto, Syaoran Li, Tomoyo Daidouji | Coppie: Shaoran/Sakura
Note: AU | Avvertimenti: nessuno
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Scoperte

 

Eravamo tornati a Reiketsu già da una settimana. Le lezioni trascorrevano in maniera tranquilla e in ambito scolastico non ci furono eventi importanti, eccetto il fatto che mi accorsi che Syaoran-kun e Meiling-chan trascorrevano non più il loro tempo da soli o con Tomoyo-chan ed Eriol-kun esclusivamente, bensì cercavano di mostrarsi amichevoli con tutti. Persino Feimei-chan si avvicinò a noi, presentandosi anche ai miei amici, salutandoci ogni volta che ci vedevamo a inizio e fine giornata.
Come ormai era loro consuetudine continuavano ad andarsene da qualche parte ignota durante il pranzo, sparendo per quei minuti, lasciandomi ancora a chiedermi dove si nascondessero. Soltanto un giorno rividi Syaoran-kun comodamente appollaiato su un ramo poco distante dalla finestra della nostra aula, mezzo nascosto dalle frasche. Lo fissai stupita – ma quindi qualche settimana fa non avevo avuto un’allucinazione! – e rallentai nel mangiare, preoccupata. Non era pericoloso starsene lassù? Ripensando a ciò che avevo scoperto da poco, tuttavia, immaginai che non dovessi allarmarmi tanto.
Quando si accorse che lo avevo notato mi rivolse un piccolo sorriso e fece cenno di silenzio, svanendo; sogghignai tra me, abbassando gli occhi sul mio bentou, sentendomi il cuore fare le capriole al pensiero che avrei dovuto aggiungere quello alla lista dei suoi segreti che dovevo assolutamente mantenere. Erano qualcosa che soltanto noi due condividevamo, qualcosa che ci univa, ci rendeva complici, separandoci dal resto delle persone che ci circondavano. A quell’idea mi esaltai, vedendomi saltellare nella mia mente, troppo su di giri.
Giorno dopo giorno non facevo che scoprire nuove cose su di lui, e tra queste quella che mi rincuorò in maniera totale fu il fatto che non avesse alcuna malattia: mi spiegò che quando stava male era dovuto semplicemente all’influsso della luna che lo rendeva più “umano” e, di conseguenza, più debole. Quel discorso fu piuttosto confusionario, ma mi accontentai di quella breve spiegazione, certa che prima o poi avremmo avuto modo di parlarne più a fondo.
In realtà, l’occasione di farlo giunse prima del previsto. Quello stesso sabato mi chiese se potessimo incontrarci dalla mattina per stare un po’ fuori, approfittando del “bel” tempo – ovviamente si faceva per dire, visto che le nuvole persistevano a velare il cielo – e dell’assenza di vento, rendendo un po’ più sopportabili i cinque gradi percepiti. Lassù, nel nord del Paese, si ghiacciava se non si stava accorti nell’abbigliamento, il che ci portava tutti inesorabilmente a riempirci di strati e strati di vestiti, competendo con quelli delle cipolle.
Dopo quella richiesta feci difficoltà ad addormentarmi, riempiendomi di aspettative, strapazzando Kero-chan di coccole, rotolando con lui su tutta la superficie del letto prima di scaricarmi del tutto e crollare; ciononostante, mi svegliai sorprendentemente presto e ne approfittai per prepararmi, mal celando la trepidazione. Forse non lo era affatto, trattandosi unicamente di un invito offerto con uno scopo ben preciso, però da un lato lo si poteva considerare come una sorta di appuntamento, no? E se tale si fosse rivelato, sarebbe stato il primo in assoluto della mia vita!
Probabilmente per questo quella mattina ci misi molto impegno nel rendermi presentabile e mia cugina mi aiutò parecchio, dandomi abiti che erano non solo caldissimi ma anche adorabili da vedere. Mi fece infatti indossare una canottiera in flanella al di sotto di un lungo maglione morbidissimo di lana, color crema, che mi arrivava fino a metà coscia, con delle calze scure pesanti, stivali neri alti fin sopra il ginocchio e un chiaro cappotto svasato con un fiocco sul fondoschiena, abbinandolo alla sciarpa che mi avevano regalato le ragazze, un basco di lana con due fiori bianchi realizzati all’uncinetto su un lato e guanti bianchi. Mi consigliò inoltre di mettere una crema sulla pelle scoperta del viso, sia per ammorbidirla che per evitare si seccasse al gelo, e fare una passata di balsamo sulle labbra affinché non si screpolassero.
Una volta pronta salutai mia cugina ed Eriol-kun, avviandomi allegra verso il portone, facendo dondolare la borsa. Dopo il ritorno dalla gita entrambi avevano capito che qualcosa era cambiato, soprattutto perché io e Syaoran-kun eravamo praticamente diventati inseparabili, ma naturalmente non feci assolutamente parola con loro di ciò che era successo. Dissi soltanto che ci eravamo avvicinati un po’ di più e nessuno dei due fece domande per investigare più a fondo, mostrandosi invece entrambi contenti. In realtà, avevo sempre l’impressione che al di là dei loro sorrisi perfetti ci fosse un minimo di preoccupazione, per cui tentavo di rassicurarli come potevo, mostrandomi costantemente gaia. Era un dato di fatto ormai che per quanto mi mancasse la mia vecchia casa, la mia vecchia città e i miei vecchi amici, anche qui mi ero ambientata, cominciando a sentirmi a mio agio. E, soprattutto, felice.
D’altronde, a Tomoeda non era rimasto più molto: le foto della mamma le avevamo portate con noi, dividendocele, mio padre era in Africa, mio fratello in Europa, e oltre loro l’unico parente più prossimo che avessi era il mio bisnonno. Per il resto non avevo instaurato forti rapporti con nessuno in particolare: ero amica di tutti, ma vi volevo bene allo stesso modo. Fino a quel momento non c’era mai stata una persona cui mi sentissi particolarmente legata. Soprattutto non nel modo con cui mi sentivo in compagnia di Syaoran-kun.
Sorrisi raggiante scorgendolo accanto al muretto in strada e affrettai il passo, salutandolo pimpante quando si voltò a guardarmi. Uscii dal cancello e mentre ricambiava il saluto notai il suo abbigliamento, dalle tinte molto dark. Che io fossi troppo luminosa con queste stoffe chiare?
Quando sollevai lo sguardo sul suo viso lo trovai a scrutarmi allo stesso modo da capo a piedi, sembrando contrariato.
«Distruggi i miei piani» mi rimproverò.
«Hoe? Che piani avevi?»
Lo affiancai per incamminarci, attraversando la strada deserta.
«Volevo mostrarti la zona.»
Lo guardai perplessa. In realtà, avevo già avuto modo di vedere tutto il paesino, piccolo com’era, e in ogni caso non capivo come lo stessi intralciando.
«Intendo, la parte non abitata» precisò, sorprendendomi.
Abbassai gli occhi sugli stivali, capendo.
«Non avrò difficoltà» assicurai. «Fammi strada.»
Parve pensarci un po’ su, ma poi scavalcò la recinzione che ci separava dal bosco, protendendo una mano per aiutarmi. Lo imitai senza difficoltà e lasciai che mi guidasse in mezzo agli alberi e le felci.
Mi guardai intorno, restando sempre più senza parole quanto più ci inoltravamo in esso. Sebbene i colori fossero piuttosto spenti per l’assenza del sole, le larghe fronde si estendevano al di sopra di noi, creando quasi una cupola dal profumo d’autunno, con qualche goccia d’inverno.
Sorrisi inalandolo, calpestando foglie, terra, pietre e legnetti, ammirando le folte chiome attorno a noi che sfumavano da un verde scuro ad un giallo-arancio tendente al marrone, intervallandosi. Qui l’aria era abbastanza fresca, ma non per questo sentivo freddo – e forse ciò era dovuto anche al fatto che, sebbene ci fossero i guanti a separarci, continuavo a tenergli la mano.
In lontananza udii di nuovo quello scroscio d’acqua che avevo sentito la notte di Halloween, per cui mi guardai intorno, cercandone l’origine. Quasi leggendomi nel pensiero Syaoran-kun si inerpicò su un sentiero celato tra castagni e querce, e dopo poco mi mostrò un sottile ruscello. Ci avvicinammo ad esso ed io mi inginocchiai, togliendomi un guanto per immergere la mano in quelle acque cristalline, giocando coi sassi piatti sul fondale, prendendone qualcuno per sfiorarne la superficie levigata. Dopo che li posai creai per diletto delle piccole interruzioni nella spuma formatasi dalla corrente, sennonché mi accorsi di essermi persa nel mio mondo di fascino, ignorando totalmente Syaoran-kun.
Mi voltai a guardarlo con uno sguardo di scuse, ma piuttosto che risentito lo trovai rasserenato.
Si accovacciò accanto a me, chiedendo: «Vuoi vedere dove finisce?»
Annuii intrepida, rialzandomi immediatamente.
Seguimmo il suo corso verso ovest finché poi, al di là di numerosi platani, trovammo un piccolo specchio d’acqua. Spalancai le labbra dinanzi ad una tale meraviglia. Tutt’attorno era di un verde smeraldo, riflettente la luce degli alberi, mentre giusto al centro aveva un cuore di un turchese brillante, come se sul fondo vi fossero incastonati lapislazzuli. L’acqua era così limpida da mostrare muschio, rocce, piante acquatiche e residui di alberi caduti, che coi loro rami e tronchi creavano una fitta rete, una mappa da seguire dagli animali che quella sorta di irregolare laghetto ospitava.
Ero totalmente colma di meraviglia, mi sembrava una creazione divina per il come riluceva senza sole, per il come riflettesse le foglie che lo abbracciavano e lentamente, poco alla volta, vi scivolavano sopra, galleggiando e cullandosi sulla sua superficie.
«Ti piace?» domandò tenuemente Syaoran-kun, quasi temesse di spezzare la quiete del momento.
In risposta gli mostrai i miei occhi luminosi, sperando parlassero per me.
Distese le labbra vedendomi e mi disse: «C’è anche un altro posto che rientra tra i miei preferiti. Vuoi che ti ci porti?»
Confermai immediatamente. Certo che volevo! E poi, così era come se mi mostrasse anche tanti piccoli sprazzi di sé! Non mi era difficile immaginarmelo mentre vagava solitario nei boschi, immergendosi in così tanta calma e silenzio. Nulla si udiva, eccetto lo sbattere d’ali di qualche uccello, il lieve stormire delle fronde sui rami e i passi di qualche animale. Chissà di quale si trattava.
«Che animali ci sono qui?» mi interessai mentre proseguivamo.
«Lupi, volpi rosse, scoiattoli, cervi, alci…» cominciò ad elencare, per poi interrompersi. «Ti fanno paura?» domandò timidamente.
«Per niente, adoro gli animali!» negai, speranzosa di poterne incontrare qualcuno.
«Nella foresta di conifere all’altro lato, verso la casa di tua cugina, si possono scorgere anche razze rare, come gli ezo momonga e lo shima-enaga.»
Sapevo che il primo fosse una specie di scoiattolo volante, ma il secondo non l’avevo mai sentito. E, purtroppo, non mi era ancora capitato di vederli.
«Cos’è lo shima-enaga?»
«Un tipo di codibugnolo, talmente piccolo da sembrare un batuffolo d’ovatta.»
Cercai di capire cosa fosse, visto che neppure quel nome mi era familiare.
Leggendo forse la confusione sul mio volto soppresse una risata, spiegando: «Si tratta di un uccello simile ad un passero e una cinciallegra.»
«Wah! Vorrei tanto vederlo!»
«Se ci tieni, un altro giorno potremmo andare in esplorazione.»
«Oh! Sì, per favore andiamoci!» esultai come una bambina, gioendo già all’idea. Potevo immaginarmelo, con lui che mi istruiva in tutte quelle cose in cui ero ancora ignorante e io che mi riempivo di nuove scoperte, stando al suo fianco!
«Prometti?»
Gli feci uno sguardo da cucciola, ma mi resi conto che non fosse necessario visto che aveva già deciso. Per cui annuì solennemente, al che esultai vistosamente. Tentai comunque di contenermi, proprio per timore di far scappare involontariamente qualche abitante del loco.
«Tu bazzichi spesso queste zone?» mi incuriosii, facendo dondolare le nostre mani giunte.
Confermò con un cenno della testa, rivolgendomi un’occhiata di sbieco.
«Tu, invece, dovresti evitarle da sola.»
Trattenni una risatina, pur ritrovandomi d’accordo con lui.
«Dico sul serio» insistette, arrestandosi.
Mi fermai pochi passi più avanti, dandogli la mia parola.
«Se non fosse stato per te che mi aiutasti ad uscirne non so cosa avrei fatto, quindi ti ringrazio e ti garantisco che non proverò più ad avventurarmici senza avere idea di dove andare e come tornare.»
Lui fece un sonoro sospiro, per poi voltarsi e puntare un dito davanti a sé, mostrandomi una vasta distesa d’erba alta. Lasciai la sua mano per spostarmi lì e quando mi ci avvicinai mi accorsi che si trattava di innumerevoli steli dalle sommità giallastre, con piccioli da cui partivano dalle cinque fino alle nove foglie ovali oblunghe, di un colore a metà tra il verde e l’argento.
Mi inoltrai tra esse, inginocchiandomi al centro di quel cerchio che si apriva tra gli alberi, togliendo entrambi i guanti per passare le dita sulle foglie, spostandole a destra e sinistra.
Dopo non molto Syaoran-kun mi si accomodò di fronte a gambe incrociate, rivelando: «Sono lupini, ma non è la stagione più giusta per ammirarli.»
«Come sono quando fioriscono?»
Chiusi gli occhi, immaginandoli mentre mi raccontava di quella distesa gialla e viola. Scommettevo che era bellissimo stare lì in estate.
Non appena tacque riaprii le palpebre, trovandolo a guardare tutto l’ambiente con un affetto smisurato, che si poteva rivolgere soltanto a qualcosa di estremamente caro.
«Sembri trovarti a tuo agio, qui.»
«Perché mi permette di essere me stesso. Non sono tenuto a nascondere la mia vera natura.»
La sua vera natura…. Deglutii, decidendo che fosse giunto il momento di affrontare quell’argomento, una volta per tutte.
«Syaoran-kun, come… come mai ti trasformi nelle notti di luna piena?» domandai debolmente, sperando di non essere indelicata. «Insomma, come è successo?»
«Sono nato così.»
Giocherellò con i lembi del suo pantalone sulle caviglie, mentre io assimilavo quell’informazione.
«Quindi sei un…» Scavai nelle profondità del mio cervello, alla ricerca del termine giusto. «Un… lupo mannaro?»
Cose simili esistevano davvero, quindi?
Scosse la testa, sembrando indeciso. Sviò lo sguardo, sussurrando: «Meiling mi ha detto che hai paura del soprannaturale.»
«È così» confermai, aprendomi in un piccolo sorriso. «Ma non ho paura di te.»
«Sei un paradosso, Sakura.» Fece una breve risata sommessa, spostando poi gli occhi sulle foglie tra le mie mani. «Non saprei da dove cominciare.»
«Parti dalle origini» suggerii, volendo capire di più del suo mondo.
«Potrei traumatizzarti.»
«Syaoran-kun, non temere. Io desidero sapere ogni cosa, desidero che tu mi renda partecipe della tua vita.»
Cercai di spronarlo come potevo e lui aggrottò le sopracciglia, guardandomi come se non si capacitasse delle mie parole.
«Perché?»
Arrossii, col batticuore. Non potevo dirgli di certo così, di punto in bianco, che era per quel caldo sentimento che provavo verso di lui che lo desideravo.
«Pe-perché…» temporeggiai, torturandomi le dita, agitata. Come glielo dicevo? E se lo avessi confessato, cosa avrebbe pensato di me?
Percependo forse il mio cambiamento d’umore lasciò perdere, giungendo ad un compromesso con se stesso.
«Ti parlerò di me e se alla fine dovessi spaventarti ti prometto che ti riporterò a casa sana e salva. Poi svanirò del tutto dalla tua vita. E se non dovessi riuscirci da solo, chiederò alle persone che mi conoscono di aiutarmi… di aiutarci a tenerci lontani.»










 

Angolino autrice:
Buonsalve! Finalmente la sessione estiva si è conclusa e posso ridedicarmi alla scrittura e alla pubblicazione - anche se farò sicuramente delle pause, la prima a inizio agosto (visto che partirò) e la seconda non appena ricomincerò a studiare per i prossimi esami. Ciononostante, cercherò di essere più presente (anche perché non posso più interrompermi, i prossimi capitoli sono strettamente connessi gli uni con gli altri). Da qui in poi ci saranno tutta una serie di rivelazioni, come potrete ben immaginare. Posso solo consigliare alle persone sensibili di preparare i fazzoletti, nei prossimi due capitoli si potrebbe piangere. 
Detto ciò, vi ringrazio per esserci ancora e auguro a tutti buone vacanze!

  
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