Fanfic su artisti musicali > Queen
Segui la storia  |       
Autore: masquerade930    26/07/2019    2 recensioni
E' il 1973. Due comunissime ragazze italiane - Cecilia e Rossella - riescono ad ottenere una borsa di studio per proseguire gli studi all'estero. Molto diverse tra loro ma amiche per la pelle, si ritrovano da un giorno all'altro catapultate a Londra, la patria della musica.
In che modo le loro vite si intrecceranno con quelle di Freddie Mercury, Brian May, Roger Taylor e John Deacon?
La storia è ambientata negli anni '70, poco dopo la pubblicazione del primo album dei Queen.
La fantasia si sovrappone alla realtà e, per esigenze letterarie, alcuni fatti realmente accaduti sono stati anticipati o posticipati di alcuni anni.
Spero vi piaccia, buona lettura!
Genere: Malinconico, Romantico, Sentimentale | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Altri, Brian May, Freddie Mercury, John Deacon, Roger Taylor
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
 <<    >>
Per recensire esegui il login o registrati.
Dimensione del testo A A A

John e Rossella erano ancora accoccolati sulla panchina quando sentirono il campanile del Christ Church battere le 19.
- Accidenti, mi sa che dobbiamo incamminarci verso il teatro - mugugnò il bassista stiracchiandosi e  voltandosi verso Rossella - anche se preferirei di gran lunga rimanere qui - sospirò specchiandosi negli occhi della ragazza e dandole un bacio a fior di labbra.
Rossella gli sorrise dal profondo del cuore
- Anche io vorrei poter rimanere qui… - la ragazza fece una pausa come per prendere fiato - per sempre - concluse poi in un sussurro
John avvolse con il suo braccio sinistro le spalle della giovane infermiera e la strinse a se, baciandole teneramente i capelli.
- Adesso dobbiamo proprio andare - bisbigliò il ragazzo allontanando leggermente da sé Rosella - ma ti posso assicurare che ci sono dei bellissimi parchi anche a Londra - concluse facendole l’occhiolino e alzandosi dalla panchina.
- Permetti? - aggiunse poi timidamente, afferrando con estrema dolcezza la mano della ragazza.
Rossella, felice, annuì con il capo e i due si avviarono, mano nella mano, verso lo Sheldonian.

La piazzetta in prossimità del teatro era gremita di studenti, ma non fu difficile per la neo coppia trovare gli amici: Brian, grazie alla sua altezza non comune, risaltava tra la folla.
Mentre si avvicinavano al gruppo John si voltò verso la ragazza
- Ti va se non diciamo niente a loro? - disse abbassando il tono della voce e indicando con la testa i suoi compagni di gruppo
Sul viso di Rossella comparve un’espressione interrogativa.
- Non voglio tenerglielo nascosto, è solo che verremmo sommersi da un sacco di commenti e di domande e…e non sono ancora pronto, non questa sera almeno. Ci rovinerebbero sicuramente la serata -
- Certo, non preoccuparti - rispose Rossella stringendo un’ultima volta la mano del ragazzo.
In pochi istanti i due raggiunsero il resto del gruppo.
- Allora, si può sapere finalmente qual è la sorpresa? - domandò impaziente John
- Sono molto curiosa anch’io - disse Rossella - che cosa danno a teatro? -
- Quella piccola locandina non vi dice nulla? - ridacchiò Freddie
I due si voltarono nella direzione indicata dal cantante.
Un manifesto gigantesco faceva capolino sul portale d’ingresso del teatro
- Ma quella ragazza è Cecilia! - esclamarono all’unisono John e Rossella
Nella foto la loro amica indossava un lungo vestito nero di paillettes piuttosto sciancrato e, stretto tra le sue mani, vi era l’archetto di un violoncello, che la ragazza pareva utilizzare a mo di spada. Cecilia stringeva l’impugnatura dell’arco con le dita della mano destra mentre con la mano sinistra ne afferrava l’altra estremità. Stuart era seduto, con le gambe piuttosto divaricate, su di una poltroncina di velluto bordeaux e la ragazza lo abbracciava da dietro, appoggiando però alla gola del ragazzo l’archetto, quasi come fosse una lama affilata, pronta a tagliare da un momento all’altro il collo al suo compagno violoncellista.
Elizabeth invece sembrava in procinto di scagliare un violino sulla testa del povero Daniel che, dal canto suo, alzava teatralmente le mani come ad implorare pietà. Al centro Mark, serio, con le braccia incrociate e gli occhi rivolti al cielo.
I sorrisi sinceri e rilassati, uniti alla complicità di sguardi tra Cecilia e Stu, rendevano la foto meravigliosamente spontanea, e mettevano ancor più in risalto la sintonia che si era creata in così poco tempo tra il gruppo di musicisti.
- Certo che sembrano proprio affiatati quei due - commentò il bassista - e dire che è da pochissimo tempo che si conoscono -
- E’ quello che ho pensato anch’io non appena ho visto il manifesto - aggiunse demoralizzato Brian
John si rese conto della gaffe che aveva appena fatto, e tentò maldestramente di salvare la situazione
- No aspetta - replicò il ragazzo dai lunghi capelli castani - mi sono espresso male. E’ sicuramente il fotografo ad avergli detto di mettersi in posa in quel modo… così da sembrare ancora più affiatati, non è vero Freddie? -
Il cantante annuì con la testa mentre con lo sguardo fulminava il bassista “certe volte John era veramente un impiastro” pensò tra sé.
- Vi va se andiamo nei camerini a salutare Ceci? - domandò con impazienza Rossella nel tentativo di distrarre il povero Brian
- No - rispose secco Freddie mentre varcava la soglia del teatro - è meglio avvicinarci a lei dopo. E’ una ragazza molto sensibile e la nostra inaspettata presenza potrebbe in qualche modo destabilizzarla - concluse avanzando verso la sala.
L’auditorium, a pianta circolare, era sormontato da una particolare cupola ottagonale finemente affrescata. Le dimensioni non troppo elevate della sala creavano un’atmosfera intima e accogliente ma, grazie ai due ordini di gallerie, il teatro poteva accogliere un discreto numero di persone, circa mille.
I ragazzi presero posto proprio al centro della sala dove, secondo Brian e Freddie, l’acustica era migliore. In breve tempo il teatro si riempì e alle 8 e 15, con un canonico ritardo di quindici minuti, si aprì il sipario.
Cecilia indossava un abito nero lungo fino ai piedi; la parte superiore era totalmente di pizzo, e le maniche del vestito erano così lunghe che parevano coprirle le nocche delle dita. L’unico tocco luminoso, nella parte superiore, era dato da una piccola ma brillante collana, che le illuminava il viso e che Brian riconobbe all’istante: era la sua collana portafortuna. Una sottile e scintillante cintura dorata marcava l’inizio della parte inferiore del vestito: una gonna di tulle e seta lunga fino ai piedi, costituita da diversi strati di tessuto, dava vita ad un gioco di accattivanti trasparenze e, sul velo più esterno, vi erano dei preziosi ricami, delle delicate decorazioni realizzate in oro e argento che parevano imitare la volta celeste
- Bri, sembra che abbia scelto l’abito apposta per te - gli sussurrò all’orecchio il biondo
- Roggie, questa come ti è venuta in mente? - replicò il ricciolo sgranando i suoi bellissimi occhi nocciola
- E dai, non fare il finto tonto! Non sono costellazioni quelle decorazioni che ha sul vestito? - incalzò il batterista
Il chitarrista gli sorrise e annuì con la testa.
Per più di un’ora i ragazzi suonarono un vasto programma di musica classica che ripercorreva la storia della musica dall’età barocca fino al primo novecento.
- Riconosci Poulenc? L’abbiamo sentito oggi nel cortile del college - bisbigliò il ricciolo all’orecchio del batterista
Roger fece cenno di sì con il capo.
- Quindi era lei che questo pomeriggio suonava in cortile? - domandò poi, dopo qualche istante, in un sussurro il biondo
- Mi pare evidente, Watson! - replicò il chitarrista mentre con dolcezza dava un colpetto sulla fronte dell’amico
- Come sei antipatico - sbuffò fintamente scocciato il batterista
Brian era davvero affascinato; non aveva distolto nemmeno un attimo lo sguardo dal palco. E Roger era davvero soddisfatto della sua sorpresa.
Quando nell’aria risuonarono le note finali dell’ultimo brano inserito nel programma, uno scroscio di applausi, seguito da qualche urlo, inondò la sala.
Il rettore salì sul palco e, dopo aver ringraziato i giovani musicisti, annunciò il piccolo omaggio ai Beatles che i giovani musicisti avevano preparato; vennero prima eseguite le tre trascrizioni e, quella di Cecilia, era di gran lunga la più interessante in quanto la ragazza era riuscita a coniugare le tipiche melodie beatlesiane a sezioni dal carattere più improvvisativo tipiche della musica jazz.
Dopo essersi complimentato con i tre compositori il rettore, che per la serata ricopriva anche le veci di presentatore, annunciò l’omaggio canoro al quartetto di Liverpool segnalando che, per questo ultimo intervento musicale, i ragazzi si avvalevano della collaborazione con il dipartimento universitario di Arte Drammatica, che aveva pensato alla gestione delle luci e di eventuali effetti scenici.
I ragazzi iniziarono cantando a cappella Blackbird: Daniel era il solista, raddoppiato da Mark, mentre Elizabeth, Stuart e Cecilia si occupavano dei cori e della parte ritmica. Buio totale in sala con cinque spot a luce fredda puntati sui musicisti. Un brano solo vocale che sorprese molto positivamente il pubblico [https://www.youtube.com/watch?v=Y0PLClBlE1Y]
Dopo fu la volta di Mark, accompagnato al pianoforte da Cecilia. Interpretazione eccellente di Let it be, che però non presentava grosse variazioni rispetto al capolavoro beatlesiano originale. Questa volta i ragazzi del dipartimento di arte scenica optarono per delle luci viola e, grazie all’utilizzo del ghiaccio secco, crearono suggestivi effetti di fumo, così da rendere l’atmosfera onirica.
Fu quindi il turno di Elizabeth, che non si limitò a cantare l’allegra From me to you, ma creò anche delle piccole coreografie. Luci colorate a intermittenza per la ragazza, che si avvalse anche della collaborazione del pubblico, chiedendo a quest’ultimo di interagire battendo le mani. Una performance energica che però, un po’ come per Lei it be, non si discostava molto dal brano originale.
- Ceci, tocca a te - bisbigliò Daniel all’orecchio della ragazza
- Potrei svenire, lo sai? - rispose preoccupata la giovane musicista
- Nel caso ti prendo io al volo - sussurrò sorridente Stuart intromettendosi nel discorso e aggiunse - io e Dan saremo proprio accanto a te, stai tranquilla -
La ragazza lo guardò con occhi imploranti
- Non fare così Ceci, hai una voce meravigliosa. Oggi in prova mi hai profondamente commosso - concluse il ragazzo dai capelli castani.
Cecilia raggiunse il centro del palco, accompagnata dai due ragazzi.
Stuart imbracciò il suo violoncello e si sedette su di una sedia alla sinistra della ragazza mentre Daniel, dal canto suo, prese la chitarra e si sedette ai piedi di Cecilia, leggermente spostato sulla destra.
Buio totale in sala e una luce diffusa calda sui tre ragazzi, che sembravano creare un tableau vivant.
- Quando vuoi - disse infine il violoncellista accompagnando le parole con un occhiolino e colpendo con l’archetto la ragazza sul sedere
Cecilia sorrise, “che Dio me la mandi buona, speriamo solo di riuscire a controllare le corde vocali” pensò tra sé e sé, prima di rivolgere un ultimo sguardo ai due amici seduti proprio accanto a lei.
La ragazza chiuse gli occhi e mentre con la mano destra afferrava il microfono, si portò la mano sinistra sul petto e strinse con con tutta la forza che aveva il ciondolo di Brian.
Dopo qualche secondo di esitazione, iniziò a cantare sottovoce, quasi parlando, la romantica If I Fell. [https://www.youtube.com/watch?v=P5zcHGv2ZhE]
I primi versi sembravano una sorta di invocazione, sostenuti solamente da note gravi affidate al violoncello.

If I fell in love with you
Would you promise to be true
And help me understand
'Cause I've been in love before
And I found that love was more
Than just holding hands

Non appena Daniel iniziò a pizzicare le corde della chitarra, creando un accompagnamento più delicato, la voce della ragazza cambiò radicalmente, diventando sempre più acuta e raggiungendo un registro vocale in cui era difficilissimo controllare le variazioni di dinamica. Cecilia tuttavia pareva non avere alcuna difficoltà, riuscendo a modulare perfettamente il suono mantenendo una dolcezza e una leggerezza disarmanti. Sembrava la voce di un angelo.

If I give my heart to you
I must be sure
From the very start
That you would love me more than her

E fu proprio mentre la voce della ragazza iniziava la sua scalata verso le note più acute che i ragazzi alle luci crearono una sorta di volta celeste, di cielo stellato mobile: si trattava di un omaggio non solo all’interpretazione sognante della ragazza ma anche, e soprattutto, a Christopher Wren, l’architetto autore dello Sheldonian Theatre che aveva iniziato i suoi studi a Oxford studiando però astronomia e dove, qualche anno dopo, divenne professore della stessa disciplina.
Il cuore di Brian batteva all’impazzata e dei brividi percorsero tutto il suo corpo
- Tutto bene Bri? - domandò Roger quando le ultime note della canzone risuonarono nell’aria
Il ragazzo, ancora con la bocca semiaperta, si voltò verso l’amico
- E’ stata…è stata pazzesca. Questa voce così eterea…ho la pelle d’oca - disse sottovoce il chitarrista, il volto insolitamente colorito e gli occhi lucidi
- Anch’io - rispose il batterista sbottonandosi il polsino della camicia e mostrando all’amico il braccio, che presentava tanti piccoli rilievi cutanei.
- Ma dimmi - proseguì il biondo dopo alcuni secondi di esitazione - sei sicuro di avere solo la pelle d’oca? - soffiò all’orecchio del ricciolo con fare ammiccante mentre con lo sguardo gli fissava il cavallo dei pantaloni
Il chitarrista accavallò rapidamente le gambe e si voltò imbarazzato
- Lo sapevo! - continuò soddisfatto Roger mentre il volto di Brian avvampò definitivamente.
I due furono interrotti da uno scroscio di applausi, a cui si aggiunsero grida e apprezzamenti da parte di numerosi ragazzi.
Quando gli applausi si fecero più fievoli, Stu prese il microfono, si inginocchiò ai piedi di Cecilia e iniziò a cantare, con il solo sostegno musicale di Daniel, I’ve just seen a face. Il ragazzo si alzò progressivamente da terra fino a trovarsi faccia a faccia con la ragazza e, quando con la sua mano destra le sfiorò il viso, i due cantarono assieme il ritornello.
Stuart, da vero fenomeno da baraccone quale era, percorse poi ad ampie falcate il palco ammiccando a più ragazze che si trovavano tra il pubblico, scatenando la gioia di queste ultime; Cecilia invece si spostò al violoncello, dove fu raggiunta da Mark e Elizabeth, e i tre iniziarono a pizzicare le corde sugli strumenti ad arco.
Conclusa anche questa esibizione, i ragazzi diedero vita ad un gioco di inchini e il pubblico, entusiasta, applaudiva e gridava con foga. Tuttavia Brian sembrava assente; le sue mani si muovevamo ritmicamente per applaudire ma la sua testa era sicuramente altrove. Il chitarrista pareva come ipnotizzato.
- Terra chiama Brian May, terra chiama Brian May! Bri…non ti senti bene? - domandò apprensivo Roger
Brian dischiuse lentamente le labbra
- The White Queen walks and the night grows pale - sussurrò il ricciolo
- La regina bianca? - commentò il biondo spalancando i suoi grandi occhi azzurri - ma se è vestita di nero - proseguì il ragazzo appoggiando sconsolato la testa allo schienale della poltrona
- Non è l’abito che indossa, è la sua anima che è bianca, candida e pura. Il mio cuore ogni volta che vede quella ragazza muoversi, ogni volta che la sente parlare…. sembra alleggerirsi. Quando sorride, Roggie, il mio cuore vibra all’unisono con il suo. E questa sera, mentre cantava, la sua voce, che risuonava così limpida e delicata in questa sala, mi ha accarezzato l’anima; e più cantava, più dentro di me scompariva quel buio, quel tormento che troppo spesso mi accompagna. E’ una sensazione strana Roger, non mi era mai successo -
Il biondo poggiò una mano sul ginocchio dell’amico
- Brian Harold May - disse poi con tono solenne -  hai finalmente scoperto cos’è l’amore -.

  
Leggi le 2 recensioni
Segui la storia  |        |  Torna su
Cosa pensi della storia?
Per recensire esegui il login oppure registrati.
Capitoli:
 <<    >>
Torna indietro / Vai alla categoria: Fanfic su artisti musicali > Queen / Vai alla pagina dell'autore: masquerade930