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Autore: Lost In Donbass    28/07/2019    1 recensioni
Questa è la storia di Oliver. Oliver, che è depresso, che si taglia, che non sa come fare a salvarsi da sè stesso, che piange ma che prova a non arrendersi.
E' la storia di Denis, troppo bello per il suo stesso bene, che ama con tutta la forza del suo passionale cuore ucraino.
E' la storia di due ragazzi che si incontrano nella triste Liverpool, due anime perse che hanno smesso di credere e di sperare. E' la storia del loro amore tormentato, forse patetico, forse ridicolo, forse volgare.
Ma è anche la storia di Jenna, di Kellin, di James e di tutti i loro strani amici.
E' la storia di come Denis tenterà di salvare Oliver da sè stesso e di come Oliver darà del filo da torcere a tutti.
E' la storia dell'estate prima del college.
E' la storia di un gruppo di ragazzi disperati che non credono nel lieto fine.
E' una storia banale, è una storia d'amore.
E' la storia di Denis e Oliver, che si amano come solo due adolescenti possono amarsi.
E' la storia di questo amore che sarà la loro fine.
Genere: Angst, Commedia, Drammatico | Stato: completa
Tipo di coppia: Slash, FemSlash
Note: Lime | Avvertimenti: Contenuti forti, Tematiche delicate | Contesto: Scolastico, Universitario
Capitoli:
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CAPITOLO UNDICI: GOODBYE

And all I can hope is that you have found peace
While I journey on, your flame I’ll carry
I feel it, I feel you everywhere
[Tonight Alive – Everywhere]
 
Non mollare, Jen.
Andrà tutto bene.
Non piangere, ragazza, ci siamo noi con te.
Ti prego, resisti, ti prego.
Solo alcune delle frasi che la ragazza bionda stava udendo senza veramente sentirle. C’era solamente una cosa che in quel momento le rimbombava in testa e metteva a tacere tutto il resto: Anastasia è morta. Tre parole. Anastasia è morta. Non riusciva nemmeno a capacitarsene, da quando, quella mattina, le era arrivata la notizia che lei non ce l’aveva fatta. Era rimasta zitta, instupidita, per almeno un’ora, prima di scoppiare finalmente a piangere di un pianto liberatorio, folle, scatenato, distrutto, il pianto di una ragazza che si reggeva disperatamente all’altra, il pianto di un amore spezzato brutalmente dalla malattia. Aveva cominciato a correre per le strade in lacrime, la disperazione a trasfigurarle il viso, era corsa dai suoi amici perché sapeva che sarebbero stati gli unici a difenderla dal dolore sconvolgente che le aveva afferrato il cuore in una morsa assassina. Era scappata da loro perché la difendessero da quello shock.
Aveva perso Anastasia, la ragazza che le illuminava le giornate con i suoi capelli rossi e gli occhi malati. Aveva perso una persona che amava di un amore tenero e affettuoso, aveva perso quel sorriso pallido eppure luccicante, era rimasta da sola a combattere contro un mondo che non comprendeva, sola con la sua malattia, sola con degli amici disperati, sola e basta.
-Jen … Jen, ascoltami. Non piangere.- mormorò James, accarezzandole i capelli spettinati.
Jenna tirò su col naso e fece per respirare ma scoppiò irrimediabilmente in un pianto dirotto
-Ma … ma … perché … perché se n’è andata?- ansimò, cercando di asciugarsi gli occhi. – Io … io l’amavo ….
-Lo sappiamo, Jen.- Kellin le prese delicatamente la mano nella propria – Ed è per questo che non se ne andrà mai totalmente da te. Rimarrà ancorata al tuo, al nostro cuore.
Jenna singhiozzò forte e nascose il viso tra le mani. Rivoleva indietro la sua ragazza, rivoleva i suoi baci delicati, rivoleva le sue risatine appena accennate, rivoleva i suoi racconti e la sua mano bianca nella propria.
-Le avevo promesso che l’avrei riportata nelle Highlands, invece è morta qui, in una terra che non sentiva sua, senza di me al fianco, non le ho nemmeno potuto dire addio …
-Se … secondo … secondo me ora …  ora … - Oliver stava cercando di non mettersi a piangere anche lui, balbettando come non mai – E’ … è nelle High …. Highlands … come … come …
-Oli, non ti sforzare. Vuol dire che forse adesso si sarà involata di nuovo in Scozia, a casa sua.- tentò James, stringendo le spalle dell’amica in un abbraccio – Lo sappiamo che stai soffrendo, Jen, ma non ti abbattere, non lasciare che questo …
-Mi manca, ragazzi. Non voglio vivere senza di lei. Voglio morire subito, così andrò da lei e voleremo insieme nelle Highlands e …
-Non dirlo nemmeno per scherzo.- Denis era entrato nella stanza con un grosso vassoio pieno di babke alle fragole bollenti – Jenna, per favore. Possiamo immaginare la tua sofferenza, ma non devi arrenderti. Cosa direbbe Anastasia se ti sentisse dire queste cose? Non vorrebbe, perché anche lei ti amava e sono sicuro che vorrebbe che tu cercassi di vivere a tutto volume la tua vita. Vieni, prendi una babka, le ho appena fatte.
Jenna lo guardò con le lacrime agli occhi ma annuì e prese una babka, mordendola con circospezione, prontamente imitata da Kellin e James. Oliver lo guardò con gli occhi spalancati ma non si arrischiò a fare nulla che non fosse fissare Denis. Il ragazzo ucraino sospirò rumorosamente e gli allungò una babka.
-Mangia, Oliver.
-Ma …
-Mangia.
Al che Oliver prese timidamente uno dei dolcetti ucraini e lo morse con fare mogio. Era buono, constatò, sapeva di fragole, panna, un po’ come Denis. Caldo, dolce, mielato esattamente come il corpo del suo ragazzo. Era ancora il suo ragazzo, però?
Si ritrovarono tutti e cinque con aria lacrimevole a mangiare babke appena sfornate, guardandosi a stento negli occhi.
Chissà cosa avrebbe detto Anastasia di quei dolci, pensava Jenna, smangiucchiando svogliatamente. Chissà cosa avrebbe detto di quella situazione in generale. Ma adesso la rossa se n’era andata e lei era rimasta sola a combattere la sua malattia. Voleva vivere, Jenna, voleva vivere ma adesso che le era stato inferto un colpo così basso non poteva che provare un dolore estenuante al petto. Non voleva rimanere senza nessuno, non voleva vivere quel poco che le restava senza avere al fianco la sua fata coi capelli scarlatti.
-Sono buonissime, Den, sei da sposare.- disse Kellin, finendo di divorare la babka.
Tutti sorrisero, con i loro sorrisi spenti e provati, e Oliver si chiese se sarebbe mai stato lui a sposare il ragazzo che cucinava dolci su dolci. Ora come ora, non ne era più così sicuro, non dopo che lo aveva cacciato di casa. Eppure sapeva che in qualche modo avrebbe dovuto farsi perdonare. Smetterla di ferirlo. Fargli vedere che anche lui sarebbe stato in grado di lottare, di vivere, di superare le sue battaglie.
-Io e Ana avevamo deciso di sposarci e trasferirci in Scozia.- mormorò Jenna, stringendo tra la sua la mano di Kellin.  
-Potremmo andare nelle Highlands tutti insieme.- propose James – Cosa ne dite? Per ricordare Anastasia.
-E’ … è … una b … be … bella id … idea.
-Perché no? Andiamo in camper! Cucino io.
-Oddio sì, è un’idea carinissima!
Jenna sorrise appena, cercando di fermare le lacrime che volevano di nuovo prendere a scorrere. Era una bella idea, effettivamente. Andare nelle Highlands per fare un tributo alla sua adorata ragazza, con i suoi migliori amici, su un camper, come avevano progettato di fare con Anastasia. Avrebbero voluto fuggire insieme e scappare in Scozia, lasciarsi alle spalle Liverpool e l’ospedale e morire insieme sulle infinite spiagge del nord. Ma adesso che lei se n’era andata, era compito suo portare l’ultimo saluto alle Highlands, andare lì a baciare la sabbia candida, a bagnarsi i piedi nell’oceano, a sentire le canzoni in gaelico nei pub sperduti. Sì, l’avrebbe fatto, avrebbe preso quel camper, avrebbe rinchiuso una sua foto in un medaglione e l’avrebbe affidato all’oceano una volta che fosse sbarcata a Mallaig, il paesino di Anastasia.
-Lo facciamo, ragazzi? Ana aveva ancora un conto in sospeso con la Scozia.- gemette, chiudendo gli occhi scuri.
-Lo facciamo.
-Promesso.
-Parola di ucraino.
-S … sì … ci … ci sto. Ma … ma … fa … f… freddo lassù?
 
Oliver aveva deciso.
Sì, insomma, più o meno.
Ci voleva provare.
Un po’ per tirare su di morale Jenna, un po’ perché voleva riprendersi Denis in grande stile, era giunto alla conclusione che solo la musica lo poteva aiutare. E in particolare il cantare una canzone al pub quella sera stessa.
In quel momento se ne stava impacciato sul palco a fissare ossessivamente i suoi quattro amici seduti in un tavolino. Jenna lo guardava con un sorriso triste, e Oliver pensò che non si meritava una cosa del genere. Jenna era sempre stata vita, era stata gioia, e Oliver non poteva sopportare il fatto di vederla triste, spenta. Era lui quello triste e spento, non Jenna. Non Jenna.
Fece scivolare lo sguardo su Denis, bellissimo come al solito, che lo ignorava e sentì un piccolo dolore al cuore. Doveva riprenderselo indietro, a tutti i costi, doveva fargli capire che sì era un caso perso, ma non del tutto. Doveva … doveva lottare.
Forza, Oli, si disse, fai vedere al mondo chi sei. Fai vedere a Denis che ha scelto il ragazzo giusto.
Prese con mani tremanti il microfono, e si rese conto che quella bruttissima camicia a righe forse non era esattamente la scelta più adeguata per riconquistare il proprio ragazzo, ma doveva fregarsene anche di quello. Era lì per cantare. Era lì per chiedergli scusa. Era lì per convincere Jenna che non avrebbe dovuto mollare. Quindi al diavolo la camicia. Datti una mossa, Griffiths, si disse, imponendosi di calmarsi.
E poi, cominciò a cantare quella canzone di Christina Aguilera che lui odiava ma che sapeva che Denis adorava. Lo vide voltarsi, immediatamente e incontrò i suoi occhi ambrati che lo fissavano con aria interrogativa. Sentì le gambe tremare furiosamente e l’ansia cominciare a salire rapidamente, ma qualcosa dentro di lui gli urlò che non avrebbe dovuto cedere in quel momento.
-I’m sorry for blaming you, for everything I just couldn’t do …
Cantò, e aveva la voce tremante, mentre fissava le reazioni di Denis. Lo vide girarsi e guardarlo con un’espressione indecifrabile dipinta sul viso angoloso. Guardò i suoi amici, e li vide fargli non molto discreti gesti di incoraggiamento. Gli sembrò che Jenna sorridesse, e questo gli scaldò il cuore.
Prese un po’ più di coraggio e cantò con più decisione quelle parole che lui non aveva mai considerato ma che sembravano adattarsi perfettamente a lui e a Denis.
-You told me how proud you were, but I walked away …
Per la prima volta in vita sua, i tagli sulle braccia non sembravano più bruciare contro il tessuto della felpa, e lui non si sentiva il solito Oli disperato e solo, che balbettava, si impappinava e piangeva per un nonnulla. No, adesso si sentiva come un Oli più forte, più coraggioso, pronto a imporsi, a lottare per un qualcosa che ormai un nome ce l’aveva, e se era per quello anche un viso, un odore, e una voce.
Ingoiò le lacrime già pronte a sgorgare e continuò a cantare, lasciandosi trasportare dalla musica di quella canzone che fino a quel giorno aveva odiato ma che adesso stava adorando.
Guardava Denis, e nelle luci soffuse del locale gli parve che sorridesse, e questo gli diede la forza di concludere la canzone senza andare in crisi.
-And I’ve hurt myself, by hurting you …
La sala del pub rimase per un momento zitta, prima che un applauso scrosciante non rimbombò nel silenzio. Oliver si ritrovò ad arrossire selvaggiamente, ancora appeso all’asta del microfono. Gli girava la testa per quello che aveva appena fatto, per quella specie di dichiarazione cantata come nelle peggiori sitcom americane. Sentì le lacrime bruciargli gli occhi e lasciò che qualcuna scendesse mentre si arrischiava a dire un’ultima cosa.
-Qu… questa … ca … canzone è … è … per … per te, Den. È per te. Scu … scusami per … per quello che … per quello che ti ho fa … fatto.
Si rese però conto con un certo orrore che Denis si era alzato e lo aveva raggiunto sul palco, senza un sorriso, senza un’ombra di indulgenza nei grandi occhi slavi. Oliver spalancò gli occhi. E adesso cosa sarebbe successo? Lo avrebbe preso a schiaffi? Lo avrebbe lasciato? Lo avrebbe …
-Oli.- la voce di Denis suonava molto determinata e il ragazzo inglese si nascose istintivamente sotto il ciuffo. – Oli, guardami.
Oliver si arrischiò a lanciargli un’occhiata terrorizzata da sotto i capelli.
-Non provare più a scusarti per una cosa del genere.
Poi, come se nulla fosse, lo afferrò per la collottola di quell’orrenda camicia e righe e lo baciò, così, di fronte a tutti e Oliver pensò che quel bacio fosse stato il migliore di tutti. Si aggrappò a Denis e lo strinse a sé, mentre la sala fischiava e applaudiva, ma per la prima volta in vita sua Oliver non ebbe vergogna. Perché era con Denis, era tra le sue braccia, e tutto sarebbe andato per il verso giusto.
  
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