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Autore: Napee    28/07/2019    2 recensioni
[KageHina] [omegaverse] [Sparta!AU]
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Con il cuore gonfio di gioia e aspettativa, corse fuori a perdifiato, raggiungendo la piazza dove l’esercito era appena giunto.
Vide sfilare davanti a sé i volti stremati di amici, spartani, concittadini, ma non riusciva a scorgere Tobio.
Il sangue gli si gelò nelle vene.
Tobio dov’era?
Genere: Angst, Erotico, Romantico | Stato: completa
Tipo di coppia: Yaoi | Personaggi: Shouyou Hinata, Tobio Kageyama
Note: AU, Lemon | Avvertimenti: nessuno
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          Vermiglio      






Shoyo se ne stava tremante dinanzi al fuoco torturandosi le unghie per il nervosismo.
Non aveva toccato cena, ormai non mangiava decentemente da diversi giorni e la servitù iniziava già ad agitarsi preoccupata.
Aveva perso peso. Ormai il chitone gli stava troppo largo e doveva stringerlo sempre di più in vita.
Aveva congedato la servitù già da diverse ore ed era rimasto infine solo, davanti alle danzanti fiamme del camino, rigirandosi al dito l’anello in ferro che Tobio gli aveva donato prima di partire.
Ancora lo ricordava come se fosse successo il giorno prima. Tobio Avvolto nel mantello vermiglio, con la lancia in mano, l’armatura a coprirgli l’addome e l’elmo a celare i suoi lineamenti severi.
Gli aveva porto lo scudo con la lambda scarlatta pronunciando le canoniche frasi di rito che un Omega spartano deve dire al suo Alfa.
O con lo scudo o sopra di esso.
I loro occhi si erano incontrati per un lungo ed interminabile momento che sapeva fin troppo di addio e, infine, Tobio era partito per la guerra a Platea.
Calde lacrime iniziarono a cadere dai suoi occhi al sol ricordo.
Ormai erano passati mesi interminabili. L’esito della guerra a favore dei greci era giunto lesto a Sparta.
Dunque perché l’esercito ancora non era tornato?
Eccolo lì, a struggersi d’ansia per quell’Alfa con cui suo padre aveva combinato un matrimonio fruttuoso per le sue tasche soltanto.
Chi mai avrebbe immaginato che si sarebbe innamorato perdutamente di quel marito con cui litigava giorno per giorno.
E forse erano stati proprio quei continui litigi, la consapevolezza di aver instaurato una specie di quotidianità fatta di battibecchi continui, forse la voglia di avere sempre l’ultima parola o la soddisfazione di riuscire a farlo arrabbiare avevano dato a Shoyo la capacità di riuscire a dare Tobio per scontato.
Fin dai primi giorni dopo il matrimonio, Tobio si era sempre mostrato freddo e calcolatore con lui. Mai un attimo di dolcezza aveva ammorbidito i suoi occhi cobalto.
Shoyo invece era diverso dai freddi spartani che lo circondavano. La sua indole docile e gentile restava sempre sospetta agli occhi dei più. Anche come omega risultava tremendamente strano…
La tipica fierezza spartana non in alzava mai il suo mento dinanzi agli altri greci. E ormai aveva perso il conto di tutte le volte per cui era stato brontolato prima da suo padre e poi da Tobio per questo suo comportamento fin troppo amichevole.
Forse era così che erano iniziati i loro litigi…
Shoyo ricordava ancora quel pomeriggio assolato in cui aveva convinto Tobio a trascurare l’allenamento e seguirlo nelle campagne solo per godersi un po’ di pace sdraiati sui prati sconfinati.
Ricordava perfettamente di come Tobio lo aveva preso in giro e di come aveva apostrofato quella giornata insieme ritenendola del tutto inutile. Ma Shoyo ricordava anche il modo timido in cui aveva sorriso, Tobio, di come si era rilassato sotto ai raggi caldi del sole e di come avesse modificato i suoi giorni di allenamento per ritagliarsi un pomeriggio alla settimana da trascorrere con lui.
Perché in fondo il loro rapporto strano, litigioso, sempre burrascoso, consisteva in quella strana alchimia che li costringeva ad avvicinarsi sempre di più, a fidarsi l’uno dell’altro e a cercarsi costantemente. Una perenne corsa, sempre l’uno a seguire l’altro.
E così erano scorsi i loro giorni dopo il matrimonio. Caratterizzati dai finti litigi di due innamorati che non vedono l’ora che cali la notte per potersi scaldare nell’intimità del loro talamo.
Ricordava anche l’unico vero litigio che li aveva visti davvero arrabbiati proprio qualche giorno prima che Tobio partisse. E forse, Shoyo stava così male proprio perché non erano riusciti a chiarire del tutto prima che  la guerra intervenisse a dividerli e la lontananza lo consumasse giorno per giorno come neve al sole facendogli rendere conto che Tobio gli mancava come l’aria.
Il fragore dei tamburi che scandivano il passo di marcia lo fece sobbalzare spaventato.
Una schiava accorse da lui trafelata per avvisarlo, ma lui già aveva compreso.
Con il cuore gonfio di gioia e aspettativa, corse fuori a perdifiato, raggiungendo la piazza dove l’esercito era appena giunto.
Vide sfilare davanti a sé i volti stremati di amici, spartani, concittadini, ma non riusciva a scorgere Tobio.
Il sangue gli si gelò nelle vene.
Tobio dov’era?
Iniziò a guardarsi intorno agitato.
Ovunque vedeva gli Alfa dell’esercito ricongiungersi con i propri cari.
Il cuore iniziò a galoppargli nel petto e le gambe gli divennero come gelatina.
Tobio dov’era?
Una mano si posò delicata sulla sua spalla e Shoyo trasalì spaventato prima di voltarsi ed incontrare gli occhi cerulei dell’Alfa che lo aveva fatto stare in pena per così tanto tempo.
“T-Tobio…” Uggiolò tremante, con i singhiozzi di pianto che già gli scuotevano le spalle.
Lasciò che Tobio si sfilasse l’elmo e gli saltò al collo stringendolo a sé con forza.
E pianse, Shoyo, ogni lacrima che i suoi occhi possedevano fu versata fra il collo e la spalla del suo Alfa, laddove l’odore mascolino di feromoni si faceva più intenso e prepotente.
Rimase avvinghiato a lui per minuti che gli parvero interminabili, infine si sentì sollevare da terra con fin troppa facilità.
“Sei dimagrito.” notò con una punta di risentimento il guerriero e Shoyo sbuffò una risatina nervosa in risposta.
“Non so quant’è che non mangio decentemente.” Confessò l’Omega stringendosi a lui maggiormente.
Lo sentì sospirare sconsolato e infine cingergli le spalle ricambiando l’abbraccio.
“Mi sei mancato tantissimo anche tu…”

Il viaggio fino a casa fu breve e silenzioso.
Al loro ingresso, la servitù aiutò il guerriero a togliersi l’armatura e gli preparò un bagno caldo.
Quando Tobio fu immerso in quelle acque rilassanti, Shoyo entrò nella stanza congedando la servitù.
L’alfa alzò un sopracciglio scrutandolo curioso.
Il ragazzo lo fissava con insistenza, giocherellando con il bordo del chitone nervosamente.
“Vuoi dirmi qualcosa?” Chiese infine Tobio spazientito da quella stupida situazione di stallo.
“Facciamolo!” Rispose di getto l’Omega, arrossendo talmente tanto da eguagliare il colorito improbabile dei capelli.
Tobio drizzò la schiena e si issò seduto.
“N-non farlo solo perché sono appena tornato… i-io…” si schiarì la voce fin troppo tremante.
“Io voglio farlo se tu lo vuoi davvero.”
“Lo voglio…” pigolò Shoyo lasciandosi scivolare il chitone addosso fino al pavimento.
Tobio deglutì arrossendo.
L’Omega raggiunse la vasca in legno lentamente, con movimenti studiatamente seducenti.
Entrò anche lui, lasciandosi lambire i fianchi dall’acqua calda e dalle mani impazienti del suo Alfa.
Le loro bocche s’incontrarono con una facilità disarmante, coccolandosi e rincorrendosi per attimi interminabili.
Tobio guidò il giovane Omega verso la sua prorompente erezione e Shoyo gemette d’aspettativa non appena la sentì sfiorargli le natiche.
Carezzò i pettorali scolpiti dell’Alfa, i suoi addominali fino a scendere sul pube riccio e a quella golosa erezione.
La indirizzò meglio e scese infine con i fianchi lasciandosi penetrare lentamente.
Tobio grugnì qualcosa di incomprensibile e gemette rumorosamente quando furono uniti completamente.
Iniziarono una danza antica che i loro giovani corpi conoscevano a memoria.
Il piacere si andava espandendo in loro come onde su una scogliera finché l’orgasmo non li travolse entrambi nello stesso momento.
Caldo, sudato e ansante, Tobio trasse a sé il suo Omega e, allungando il collo, lo morse proprio alla base della nuca.
Shoyo gemette di dolore, lasciando che una piccola lacrima abbandonasse i suoi occhi.
Era fatta, ora che era stato marchiato apparteneva solo e soltanto a Tobio.
E, contrariamente a quanto pensasse, per la prima volta si sentì completo e soddisfatto, finalmente unito al ragazzo che amava con tutto sé stesso.
Maledì in quel momento tutti quei giorni passati a litigare prima che il suo Alfa partisse. Stupido tempo sprecato che avrebbero impiegato sicuramente meglio.

Sdraiato sul letto, Tobio carezzava distrattamente la schiena del suo compagno con piccoli cerchi concentrici, divertendosi ad ammirare i piccoli brividi che il suo tocco creava.
“Perché proprio stanotte?” Chiese senza osare staccare gli occhi dal soffitto.
Shoyo alzò lo sguardo sul suo viso e sospirò accoccolandosi sul suo petto.
“Non lo so… so soltanto che avevo bisogno di sentirmi vicino a te.”
Tobio lo strinse a sé maggiormente udendo quelle parole e gli baciò amorevole i capelli ancora umidi.
“Sei sempre stato contrario a farti marchiare però.”
“Sì, lo so…” rispose Shoyo allontanandosi dal suo Alfa ed issandosi seduto.
Da sempre si erano scontrati sulla questione del marchio.
Tobio insisteva sempre, lo voleva da tantissimo ormai, fin dalla prima notte di nozze.
Shoyo invece ripudiava quell’atto di sottomissione con cui gli Alfa ribadivano la loro superiorità.
“Cos’è cambiato allora?” Chiese bisbigliando Tobio, raggiungendolo seduto per baciargli una spalla nuda.
“Posso passare sopra ad uno stupido capriccio per te.”

  
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