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Autore: RaidenCold    29/07/2019    3 recensioni
Fin dai tempi del mito, i cavalieri di Atena proteggono l'umanità dalle minacce più oscure.
Gettato nel loro mondo, sotto l'egida di una severa insegnante in pochi anni Ramiel si trasforma da fragile bambino a cavaliere d'oro; all'arrivo di una nuova minaccia sconosciuta, sembrerebbe che stia per iniziare una nuova guerra, ma lui scoprirà che la posta in gioco è molto più alta di quanto il Grande Sacerdote Saga ed i suoi cavalieri possano immaginare.
Genere: Angst, Drammatico, Sovrannaturale | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Gold Saints, Nuovo Personaggio, Sorpresa
Note: AU, OOC, What if? | Avvertimenti: nessuno
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Roventi colline sconfinate a perdita d’occhio, e arbusti mediterranei sospinti talvolta dalle correnti giunte dal mare: Ramiel non aveva impiegato molto a comprendere la ripetitività del paesaggio ellenico.

Kaila spense l’automobile e si rivolse al figlioletto sul sedile accanto:

“Siamo arrivati.”

Ramiel prese quell’enorme borsone, a momenti più grande di lui, e smontò dalla vettura: si trovò dinnanzi ad un varco tra due alture, in cui era impossibile vedere cosa vi fosse oltre.

“Andiamo amore.” - lo esortò Kaila accarezzandogli la folta chioma argentea.

Ramiel scosse il capo timidamente e strinse la valigia, per poi incamminarsi al seguito della madre.

“Altolà!” - tuonò una voce cavernosa tra le pareti di roccia - “State entrando nel sacro territorio del Grande Tempio di Atene.”

Ramiel si pietrificò intimorito, terrorizzato nell’immaginarsi chissà quale orco mostruoso si nascondesse in quella buia gola, ma bastò un sorriso della genitrice a tranquillizzarlo:
“Kaila è il mio nome, e vengo su invito del Gran Sacerdote.”

La presentazione della donna echeggiò per la strettoia fino a disperdersi in un silenzio che perdurò alcuni lunghi istanti, che vennero infine interrotti dalla voce tra le rocce:
“Potete passare.”

Attraversando il varco, Ramiel vide guardando in alto come tra le varie fessure brulicassero alcune fosche figure che non riusciva bene a mettere a fuoco, ma che avrebbe giurato indossassero strani abiti con placche di cuoio ed elmi di ferro, completamente diversi da quelli che aveva sempre visto vivendo in città.

Dopo aver camminato per un po’, Ramiel si ritrovò accecato dalla luce del sole appena ebbe messo piede fuori da quel corridoio ombroso.

Dinnanzi a lui, si stagliava un paesaggio che pareva uscito da un tempo lontano e immemore: un’ampia vallata cinta da monti rocciosi, colma di capanne di pietra e scintillanti templi marmorei.

Ovunque persone vestite come quelle nella gola, intente a svolgere ogni genere di attività proveniente dai tempi antichi, dal tagliare la legna al forgiare armi di ferro, il tutto rigorosamente svolto a mano in piccole botteghe dai camini fumanti.

Ramiel osservava il tutto stupefatto: per lui era come tuffarsi nelle illustrazioni dei libri sulla mitologia greca che tanto amava leggere.

D’un tratto, mentre si scrutava attorno estasiato si accorse che un paio di grandi occhi celesti lo scrutavano attentamente: ad osservarlo era una bambina minuta vestita di bianco, il cui aspetto era in parte celato dalla penombra di alcune colonne marmoree del palazzo in cui si trovava.

Il tempo di un battito di ciglia, e Ramiel la perse di vista, come fosse stato una sorta di fantasma che non era mai stato lì.

 

Dopo aver attraversato per un bel po’ la vallata, Ramiel venne condotto da sua madre dinnanzi ad un colle imponente, sul cui declivio vi era una lunga scalinata serpentina fino alla cima, interrotta regolarmente da alcuni piccoli tempietti.

 

“Vi porgo i miei saluti, nobile Kaila.”

Sulla gradinata che conduceva al primo palazzetto vi si trovava genuflesso un giovane dal viso delicato, con una lunga e setosa chioma d’un tenue colore rosato, raccolta all’altezza della schiena da un fiocco sottile. Ma la cosa di certo più appariscente, era ciò che l’uomo indossava: un’armatura completamente d’oro che brillava splendente in ogni punto, anche senza che il sole vi ci si infrangesse.

“Alzati ti prego.” - lo esortò dolcemente Kaila.

“Dunque è lui…?” - commentò pacatamente il ragazzo indicando con un cenno Ramiel.

“Sì, mio figlio.” - e a quel punto la donna si rivolse al piccolo - “Coraggio Ramy, salutalo, è un amico della mamma.”

“Ciao…” - si presentò timidamente Ramiel, facendo ben attenzione a rimanere nascosto dietro la madre - “Io mi chiamo Ramiel, ho sette anni…”

L’uomo con l’armatura d’oro si avvicinò e si abbassò sorridendo:

“Piacere di conoscerti Ramiel, io mi chiamo Mur.”

Dettò ciò si alzò e si rivolse nuovamente a Kaila :
“Il Grande Sacerdote non è nei suoi alloggi al momento, se vuoi posso condurti da lui.”

Kaila sospirò allietata:
“Meno male, non avevo alcuna voglia di percorrere a piedi tutte le dodici case…”

 

 

Il sole cocente rendeva la giornata di per sé sufficientemente dura da sopportare, figurarsi il trascorrerla lottando in un’arena pietrosa senza il minimo accenno di ombra.

Tutti si erano adunati attorno a una figura d’aspetto minuto, il cui volto era coperto da una maschera alabastrina ed inespressiva.

E mentre quella dozzina di giovani uomini annaspava coperta di sudore e polvere, colei che stava al centro appariva imperturbabile e neppure minimamente spostata; non un singolo capello della sua fluente chioma scarlatta pareva fuori posto.

D’un tratto i ragazzi, dopo un mutuale sguardo di assenso, caricarono tutti assieme urlando a squarciagola pronti a colpire con tutte le proprie forze: in pochi istanti, quasi senza rendersene conto, giacevano tutti a terra, senza che apparentemente la giovane mascherata si fosse mossa neppure di un passo.

 

“Basta così.” - sentenziò una voce imponente proveniente dalla tribuna più alta di quell’arena.

Apparteneva a una figura vestita con una lunga toga bianca, adornata da una stola color zaffiro pendente dalle spalle, e da varie collane ricche di pietre preziose; portava inoltre un copricapo dorato simile ad un elmo, sulla cui sommità vi era posto il simulacro di una viverna con le ali spiegate.

La giovane mascherata si mise in ginocchio, e così rapidamente tutti gli altri da lei appena affrontati scattarono per prostrarsi.

 

“Ormai è pronta per diventare un cavaliere d’oro, Saga.”

L’uomo con la toga si voltò e con sommo stupore vide giungere, assieme al cavaliere d’oro della prima casa, una figura dai corti capelli argentei, al cui seguito vi era un bimbo a lei incredibilmente somigliante.

“Grande Sacerdote.” - lo salutò Kaila con un lieve inchino del capo.

“E’ bello rivederti dopo tanto tempo; e lui dev’essere tuo figlio Ramiel…”

Il Grande Sacerdote scrutò con occhio austero Ramiel, che si sentì parecchio intimorito dal suo sguardo.

Infine l’uomo si sfilò il copricapo, sciogliendo una fluente chioma cerulea, e rivelando un viso armonioso e gentile:

“Ti somiglia in maniera impressionante; ma dimmi, hai lasciato Natalia a casa?”

“Sì, non me la sentivo di farle fare un viaggio così lungo e l’ho lasciata da alcuni amici.”

“Capisco… e in lei non hai percepito alcun risveglio?”

Kaila scosse il capo:
“No, e avrei preferito che non vi fosse stato neppure in lui…”

“Comprendo quel che provi, ma è impossibile non avvertire la vastità del suo cosmo, se lo ignorassimo in futuro potrebbero esserci conseguenze per tutto il santuario del Grande Tempio.”

“Lascia che si addestri” - intervenne Mur - “garantirò io per la sua incolumità.”

Kaila si fece scura in viso ed abbassò lo sguardo in silenzio, ma poi, vedendo che di riflesso Ramiel appariva tremulo e spaventato, si avvicinò al figlio e gli sorrise dolcemente:
“Adesso devo andare, ma sta tranquillo, tornerò a trovarti appena potrò.”

Qualsiasi altro bambino sarebbe scoppiato a piangere a dirotto in una situazione del genere, ma a Ramiel, nonostante le lacrime pronte a sgorgare, era bastato guardare i profondi occhi ebano di sua madre per sentirsi tranquillo e pronto ad affrontare ogni sfida.

Così, Kaila abbracciò e baciò il figlioletto un’ultima volta, ed infine si voltò e, accompagnata dal cavaliere d’oro, fece per tornare alla gola da cui erano giunti.

Saga pose le proprie mani sulle spalle di Ramiel, il quale in silenzio osservava la genitrice andarsene, e poco prima che potesse perderla di vista, lei si voltò e gli lanciò un ultimo amorevole sorriso.

“Vieni.” - lo esortò il Grande Sacerdote, al ché Ramiel prese il proprio borsone e lo seguì.

 

 

Nel frattempo Kaila, entrata nel varco roccioso, ed accertatasi che il suo piccolo non potesse vederla, mutò il proprio sorriso e scoppiò in lacrime, dilaniata da un incolmabile senso di colpa.

 

 

“C’è una persona che vorrei presentarti Ramiel.” - disse Saga mentre accompagnava il giovinetto dietro l’arena, all’ombra di alcuni alberi sempreverdi; là vide, intenta a rinfrescarsi presso un ruscello che sgorgava tra le rocce, la ragazzina dell’arena, la quale a differenza di poco prima non indossava la propria maschera, e Ramiel notò una somiglianza inequivocabile tra lei ed il Sacerdote, nonostante il colore contrastante delle loro chiome, rispettivamente blu violaceo e rosso acceso.

Vedendo giungere i due, la giovane d’istinto fece per prendere la maschera, ma Saga le fece cenno di non disturbarsi, e lei si limitò a inchinarsi:
“Saluti, nobile Grande Sacerdote.” - disse lei colma di riverenza.

L’uomo le fece cenno di alzarsi, e poi si rivolse al bambino:
“Lei è mia figlia, Zenovia, ha tre anni più di te.”

Ramiel guardò entrambi confuso.

“So cosa stai pensando, ma vedi, non sono quel tipo di sacerdote… e in ogni caso, Zenovia è nata prima della mia investitura, ovvero quando ancora ero un cavaliere di Atena.

E a tal proposito, immagino che tua madre ti abbia parlato di ciò…”

Ramiel rispose scuotendo il capo con assenso.

“E riguardo al cosmo?”

“Anche: dice che è quell’energia che sento dentro di me, e che le altre persone però non avvertono…”

“Ottimo, dunque sai per quale motivo ti trovi qui, giusto?”

“Io… devo diventare un cavaliere…”

A quel punto Saga si inginocchiò davanti a lui e lo guardò dritto negli occhi:
“Ciò che più conta è: tu vuoi diventare un cavaliere?”

Ramiel non rispose, limitandosi ad abbassare lo sguardo ammutolito.

“Immagino tu sia pieno di dubbi, e anche spaventato, ma ti assicuro che sei una persona molto speciale, e che sei destinato a grandi gesta. Sono sicuro che col tempo, troverai le risposte da te.

Zenovia...”

“Sì, padre?”

“Vorrei che tu gli dessi i precetti fondamentali della cavalleria; te la senti?”

“Certamente.” - accettò lei senza alcuna esitazione.

“Sai vero” - si rivolse nuovamente al piccolo - “da dove prendono forza i Cavalieri di Atena, Ramiel?”

“Dalle costellazioni…?”
“Proprio così, e sai che cos’è lo Zodiaco?”

“Più o meno…”

“Per noi lo Zodiaco rappresenta il gruppo di costellazioni più importante, tanto che delle tre caste di cavalieri, bronzo, argento, e oro, sono proprio questi ultimi ad appartenere alle dodici costellazioni zodiacali. Mur, che hai conosciuto poc’anzi, è cavaliere d’oro dell’Ariete, ed occupa il primo palazzo dello Zodiaco; io appartengo alla costellazione dei Gemelli, ma ora che sono Grande Sacerdote ho rinunciato al mio titolo e Zenovia si sta addestrando per ottenere l’armatura d’oro di Gemini. Quanto a te, sai già a quale ruolo sei destinato?”

“Sì: io devo diventare il Leone.”

Saga annuì e si alzò in piedi:

“Benissimo allora, possiamo iniziare.”

Nonostante si mostrasse soddisfatto, Saga rimaneva dubbioso per via dell’elusività delle risposte di Ramiel: le sue risposte erano incentrate sul dovere, ma non accennavano minimamente al volere.

Fin da subito Ramiel si fece conoscere per l’enigmaticità del suo carattere.




 

   
 
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