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Autore: AngelCruelty    29/07/2019    4 recensioni
Un anno dopo la morte del fratello, George Weasley non ha ancora ritrovato la pace. Non riesce nemmeno a mettere piede nel proprio negozio. Ma da qualche parte deve pur ricominciare. Quindi decide di partire per un viaggio alla ricerca di scherzi e burle, un viaggio che aveva programmato con Fred e che non avevano mai intrapreso. Questo percorso però, lo porterà a guardare in faccia la realtà.
Nota autrice: Questa è la seconda OS di una challenge intrapresa con le mie amiche Angels4ever, LadyPalma e NevilleLuna, il tema di questa è il doppio. Buona lettura!
Genere: Angst, Drammatico, Introspettivo | Stato: completa
Tipo di coppia: Nessuna | Personaggi: Fred Weasley, George Weasley
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Dopo la II guerra magica/Pace
- Questa storia fa parte della serie 'Challenge'
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L'altro sé

 
“Magari riesci ad abbronzarti e diventare nero come me!” esclamò George al suo amico Phil, il tassista che l’aveva accompagnato fin lì.
“Nero? Se hai la carnagione chiara come il pelo di un Demiguise!” rispose l’altro.
“Manno, che hai capito. Nero non come la mia pelle, ma come me.” Si portò la mano sul lato del volto, dove si trovava la cicatrice che gli era costata un orecchio: “perché sono un buco nero, capito?” scherzò.
Tipico di George, fare ironia sul suo orecchio perduto come se non ne sentisse la mancanza. Si congedò dall’uomo mingherlino dal sorriso sghembo e si guardò avanti: era giunto a destinazione.
Da un po’ lui e Fred avevano deciso di fare un viaggio per il mondo alla ricerca di stranezze e scherzi da cui prendere spunto per i Tiri Vispi Weasley. Dopo un anno dalla morte di suo fratello, ancora non aveva trovato il coraggio di rimettere piede nel negozio. Si sentiva male ogni volta che si avvicinava anche soltanto a quello stesso quartiere dove avevano vissuto durante i tempi bui dell’ascesa di Voldemort, portando gioia e risate in un mondo tetro e lugubre. Nessuno dei due era esente dalla paura, ai tempi. Ma il loro carattere non gli permetteva di rimanere fermi a guardare. I loro fratelli andavano avanti con le loro vite, e loro avrebbero dovuto rinunciare al loro sogno del negozio di scherzi? Non era un’ipotesi da contemplare. Al contrario, avevano lasciato Hogwarts per dedicarvici prima che fosse troppo tardi. E lo sarebbe stato. Se avessero aspettato un paio di anni in più … Fred non avrebbe mai potuto approfittare delle ragazze che venivano attirate nel negozio dai filtri d’amore e dalle puffole pigmee, non avrebbe mai rialzato il prezzo della merce quando entrava un altro Weasley, non avrebbe mai riso a crepapelle quando i ragazzini più piccoli, comprando degli oggetti per fare un dispetto a qualche fratello o amico, per sbaglio facevano scattare le trappole diventando loro stessi vittime del balocco appena acquistato. Avevano fatto bene, i gemelli, a inseguire il loro obiettivo. Ma adesso? Mai nella vita avevano pensato di perseguire quello scopo per conto proprio. E invece ora si era ritrovato da solo, un gemello senza fratello con un negozio senza rivenditore. Per farsi coraggio aveva deciso di iniziare da lì, dal viaggio che avevano programmato prima della battaglia di Hogwarts. Si trovava in Olanda, dove si diceva esistesse un Museo delle stranezze: una mostra dove babbani e maghi si mescolavano tra loro senza rendersene conto. Le esposizioni erano basate su oggetti magici e scherzi di ogni tipo, così i maghi accorrevano da ogni dove per guardarle nella speranza di poter riprodurre alcuni di essi, mentre i babbani entravano ignari del fatto che quelle stranezze non erano soltanto cianfrusaglie divertenti dal funzionamento misterioso, ma veri e propri utensili incantati. La mostra permetteva di entrare ‘in maschera’, per cui i maghi non dovevano nemmeno vestirsi da babbani, se non lo desideravano. I babbani, dal canto loro, trovavano divertente indossare un mantello per una volta nella vita. In questo maniera non c’era modo di distinguere i maghi e le streghe da i Non-magici, come li chiamavano da quelle parti. George guardò l’edificio con un sorriso nostalgico. Andarci con Fred avrebbe significato divertimento a non finire e tantissime idee nuove per sorprendere i clienti. E invece avrebbe dovuto accontentarsi della propria immaginazione e delle strette al cuore che il pensiero del fratello gli provocava in ogni singolo istante della sua vita. Mostrò il proprio biglietto all’ingresso e varcò la soglia. Sorrise nel vedere un cappello che volava via dalla testa di chi lo indossava, una penna che scriveva le parole al contrario, una caramella al peperoncino che faceva sudare in maniera smisurata. Pian piano che proseguiva iniziò a sentirsi a casa, come se Fred fosse ancora con lui e si fosse solo allontanato per tramare alle sue spalle. Fino a quando non lo vide: Fred era proprio lì. Con la coda dell’occhio l’aveva scorto, ne era certo! L’avrebbe riconosciuto ovunque ... Si voltò per incontrarlo, ma tutto ciò che vide fu uno specchio. Si avvicinò, incredulo. Quello che vedeva riflesso non era sé stesso, ma l’altro se: Fred. Era avvolto in un lenzuolo, che a malapena lasciava intravedere il suo volto pallidissimo e gli occhi rossi. Le labbra erano però increspate in un sorriso malizioso, come se anche nella morte trovasse qualcosa di spiritoso. Il cuore di George prese a battere all’impazzata. Allungò la mano verso lo specchio, ma il riflesso non si mosse. Rimase con il braccio teso finché un energumeno della sicurezza non gli disse, con tono burbero, di non toccare gli oggetti in mostra. Deluso, George ritrasse la mano con reticenza, e abbassò lo sguardo. Il cartello recitava:

 
Specchio delle Emarb, o Specchio delle Brame
Questo oggetto ha il potere di mostrarvi il vostro desiderio più profondo.
Per questo motivo ha un’influenza molto forte per le persone, dunque abbiamo apposto un allarme che scatterà se rimarrete a fissarlo per più di dieci minuti.
Cordiali saluti, lo staff

 
George sospirò. Lo specchio delle Emarb … Ron aveva detto di averlo visto a Hogwarts. Il ragazzo non aveva idea di come fosse finito nel Museo delle stranezze, ma non aveva importanza. Rimase lì a fissare il corpo inerme di suo fratello fino allo scadere dei dieci minuti, lasciando che fossero le guardie a portarlo via dopo che l’allarme aveva preso a squillare. Con l’umore ancora più basso di quando era partito, George decise che la sua visita al museo si era conclusa. Se ne andò a dormire nell’ostello accanto, tormentandosi su un solo, enorme, quesito: perché lo specchio gli aveva mostrato suo fratello morto, e non il suo sorriso contagioso di quando sprizzava vita e allegria?

Fu svegliato bruscamente da un trambusto enorme. Lì per lì saltò in piedi allarmato, ma subito dopo capì che le urla terrorizzate che stava ascoltando provenivano dal museo. Una sezione di esso era dedicato a uno spettacolo serale dell’orrore, e anche se George non aveva tanta voglia di vederlo, sapeva che Fred l’avrebbe adorato. Insieme avrebbero preso in giro i mostri incappucciati, le statue enormi e i ragni di carta pesta, perché niente potevano contro occhi che avevano visto dei veri dissennatori, giganti e acromantule. Si affacciò dalla finestra e scorse un lampo provenire dal capannone della casa stregata. Poi fissò il biglietto che aveva poggiato sul comodino. Non aveva senso continuare a dormire, quello che aveva visto quell’oggi non era altro che uno specchio, e Fred non sarebbe tornato in ogni caso. Così prese il biglietto e si recò all’evento. Le guardie non volevano farlo entrare a spettacolo iniziato, ma lui fu abbastanza abile da confonderle senza che se ne accorgessero, perciò si incamminò in un sentiero scuro e scosceso. Avevano fatto un bel lavoro con un incantesimo di Estensione Irriconoscibile. Fuori il capannone era molto piccolo, ma all’interno sembrava infinito. I mille sentieri portavano tutti allo stesso punto: il centro della stanza era immerso nel nero più totale. Si riuscivano a vedere solo persone che correvano via dappertutto e le loro urla rimbombavano e echeggiavano ovunque. Ma George camminò a passi pesanti nella direzione opposta, nonostante la donna che le passò davanti urtandolo e dicendogli: “Non andare! C’è un obscuriale!”
Arrivò alla meta, ma non vide alcun obscurus. Non vide mostri spaventosi. Ancora una volta, dopo un anno che non lo vedeva, si ritrovò davanti Fred. Nuovamente sentì la pelle tendersi, il respiro farsi difficile, il cuore impazzire, i peli rizzarsi sulle braccia … ma si avvicinò ugualmente. Se ne stava imbalsamato come una mummia nel lenzuolo che lo avvolgeva, senza vita, senza muoversi. Gli occhi iniettati di sangue lo fissarono vacui. George rimase immobile a fissarlo: perché?
Perché quell’immagine tremenda era il suo desiderio più profondo? E perché adesso aveva fatto nuovamente la sua apparizione? Poi accadde tutto molto in fretta. I bulbi oculari vitrei di suo fratello presero vita, ma non in maniera gioiosa, gloriosa, divertente e dispettosa. Non tornarono come erano un tempo … al contrario, lo guardarono con malignità, lo pugnalarono con un solo sguardo. E il sorriso con cui Fred era morto divenne meno sereno, meno rilassato, si fece perverso, oscuro. Il ragazzo morto si mosse verso il proprio gemello, non leggiadramente come un fantasma, ma ferocemente come un infero. Ma George sapeva che non si trattava di un corpo tornato alla vita come uno zombie, quel tipo di magia era bandito, e Fred riposava in pace nella tomba di famiglia. No, quell’impeto con cui il ragazzo si fiondò sul fratello, quella rabbia … George si tirò indietro, spaventato, ma il vero terrore salì dal suo basso ventre e si diramò per tutto il suo corpo un attimo dopo: quando comprese ciò che stava accadendo.
Quel manto bianco che lo avvolgeva non era un lenzuolo, ma una camicia di forza.
Nell’impeto il cappuccio calò, lasciando la testa interamente scoperta e colpendo la consapevolezza di George come uno schiaffo in pieno viso: quello non era suo fratello, era lui stesso.
Infatti, quell’altro sé non possedeva più un orecchio, proprio come lui. George venne scaraventato a terra. Si batté dimenandosi, tirò calci, pugni, ma l’altro sé era più forte di lui. Com’era possibile?
E all’improvviso un ricordo gli balenò alla mente. Quell’atmosfera apocalittica l’aveva già vissuta …

George combatteva con ferocia, difendeva i suoi amici, difendeva la sua famiglia, la sua vecchia scuola. Tutt’a un tratto però, un dolore lancinante gli squarciò il petto facendolo barcollare. Un solo pensiero gli attraversò la mente: Fred. Non sapeva come, ma sapeva che era accaduto qualcosa di brutto a suo fratello. Si voltò freneticamente, continuando a scagliare maledizioni a più non posso, senza nemmeno mirare un bersaglio preciso. Non gli importava di quanti incantesimi proibiti stesse lanciando, voleva solo trovare suo fratello, salvarlo … e se per farlo avrebbe dovuto far fuori chiunque lungo il suo cammino, l’avrebbe fatto. In un attimo però, vide tutto nero. Qualcosa, o qualcuno, l’aveva tramortito.
Durante il suo breve sonno senza sogni una voce, un sussurro, prese a riempirgli la testa.
Era Lord Voldemort che parlava, che dava una tregua ai battaglieri finché Harry Potter non si fosse consegnato.
George si rialzò qualche secondo dopo il discorso del Signore Oscuro, barcollante, con la stessa sensazione di perdita e pericolo che aveva avvertito poco prima. Non sapeva cosa fosse accaduto, ma non gli importava. Voleva continuare la sua ricerca … ma mentre si trascinava al riparo, vide delle ciocche viola tra i detriti. Con il cuore in gola si inginocchiò e iniziò a scavare con veemenza, in fretta e furia, senza curarsi delle unghie spezzate e il sangue che gli colava dal naso. Ma non aveva bisogno di rinvenire quel corpo senza vita per capire: lì giaceva la loro amica Ninfadora Tonks, senza vita. Al suo fianco … sì, quello doveva essere Lupin … ingoiò la saliva con un singulto e il panico lo avvolse. E se …
No, non poteva essere … eppure …
Se fosse stato lui a lanciare l’Avada Kedavra che aveva tolto loro la vita? Ne aveva urlate così tante di maledizioni, tra la folla impazzita, senza curarsi di chi venisse colpito … in quell’istante gli era sembrato di essere lui contro il mondo intero … ma non era così, aveva ancora amici, famigliari … e se lui avesse contribuito a ucciderli? Non poteva rimanere lì ancora a lungo, così fece levitare i corpi dei suoi amici e li portò al sicuro nella sala grande, sperando di non essere un assassino. Non voleva essere così … l’avevano chiamato in tanti modi: teppista, perditempo, mascalzone … ma non assassino.
Vi prego, no.
Teddy sarebbe rimasto orfano … era colpa sua? Una volta nella sala grande, vide ciò che più aveva temuto al mondo: sua madre e suo padre erano stretti al corpo inerme di Fred. Allora era vero, lui l’aveva avvertito: suo fratello era morto.
Lasciò scendere a terra i cadaveri di Lupin e Tonks e corse verso di lui. Poi pianse, pianse tutte le sue lacrime, tutta la sua disperazione, e dimenticò la terribile ipotesi dell’assassinio. Non ci pensò più, la rinchiuse nei meandri più profondi della sua mente e gettò via la chiave, terrorizzato dal doverne affrontare le conseguenze.

Fino a quel momento.
Ora riconobbe quell’alterego che cercava di soffocarlo: era lui stesso, lui in preda alla follia che lo aveva assalito durante la battaglia di Hogwarts, quando aveva capito che non avrebbe più rivisto Fred. Aveva le sue mani alla gola, il suo corpo lo schiacciava, pesante come un macigno. Per un attimo, preso dal senso di colpa, pensò di doversi lasciare andare. Forse doveva morire, riunirsi a Fred, pagare per il crimine che, forse, aveva commesso. Ma poi capì che c’era solo un modo per pagare davvero. Doveva vivere, confessare, chiedere perdono, e soprattutto: mai dimenticare. Fingere di essere innocente, fingere di essere una vittima, lo aveva trasformato nell’ombra di ciò che era quando ancora aveva accanto suo fratello, ma adesso non più.
Quello che aveva visto nello specchio delle Emarb non era Fred, ma il suo desiderio più recondito: vedere morta la parte di sé che era emersa durante la battaglia di Hogwarts, quella pazzoide, quella omicida.
Quello che vedeva ora era sempre quella stessa immagine, ma era viva perché non si trattava di un desiderio, ma una paura. Lo stava aggredendo un semplice, mostruoso molliccio, e lui sapeva esattamente cosa fare. Non lottò più e invece cercò di raggiungere la bacchetta. La prima volta che allungò la mano la mancò per un soffio, la seconda, nonostante il suo colorito stesse diventando viola e il fiato gli mancava a tal punto da far emergere un formicolio lungo tutto il corpo, la afferrò. Vi si aggrappò, la sua unica speranza di salvezza …
Riddiculus! Pensò intensamente, puntando la bacchetta contro il molliccio.
All’improvviso la cosa che lo attaccava cambiò forma, smise di strangolarlo ma non si spostò da sopra il suo corpo. Adesso il suo colorito era roseo, sano. Il suo sorriso tornò ad essere sereno, spiritoso, gli occhi ridenti: era Fred. Quello lo spintonò, gli diede un pugno amichevole e i due iniziarono a rotolarsi a terra. George passò in vantaggio, poi nuovamente Fred. Si tirarono i rossi capelli, si fecero la linguaccia, e soprattutto: risero fino a quando le lacrime che non si era accorto di avere non si asciugarono. Lui e l’altro sé.

 



Ciao a tutti e grazie per aver letto fin qui!
Questa OS è nata come gioco tra me e altre mie amiche di EFP (Angels4ever, LadyPalma, NevilleLuna), è una challenge, per cui potete unirvi nella scrittura o leggere le fanfiction delle altre per 'votare' quale vi piace di più!
Il prompt per questa è, ovviamente, il doppio. I fandom e le ship sono libere!
Prossimamente pubblicherò altre tre OS per la challenge, per cui se vi va di seguirmi fate pure.
I promts sono: viaggio nel tempo, se ci fossimo incontrati, L'addio!
A presto (spero)! - AngelC
  
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