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Autore: AnAngelWithBrokenWings    01/08/2019    3 recensioni
Genere: Sentimentale | Stato: completa
Tipo di coppia: Het
Note: Missing Moments | Avvertimenti: nessuno
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Non si sentiva esattamente a suo agio nel vaporoso abito in tulle che Thorn le aveva fatto confezionare per il Ballo d’Inverno, le sembrava molto ingombrante. Non era abituata a gestire così tanta stoffa. Le mancava la comodità della sua amata sciarpa e dei suoi guanti da lettrice, che per quella sera avrebbero riposato sul davanzale della specchiera intarsiata in legno pregiato.
L’unica cosa che le permetteva di riconoscersi come la solita Ofelia erano gli inseparabili occhiali che le scivolavano continuamente dal naso. Non riusciva proprio a separarsi da loro.
Era visibilmente imbarazzata e preoccupata e gli occhiali se ne accorsero, perché avevano già assunto un colore rosso vermiglio.
Davvero avrebbe dovuto concedere anche un solo ballo al suo non voluto né desiderato futuro marito?
Il tempo del fidanzamento stava scadendo e i rapporti tra Thorn ed Ofelia non erano andati esattamente lisci come l’olio, tante volte si erano trovati in contrasto l’uno con l’altra, per la palese indifferenza e il manifestato atteggiamento di superiorità di lui, o gli sporadici scatti di rabbia di lei. Ma come darle torto? Si ritrovava in un’arca che stava imparando a conoscere giorno dopo giorno e dalla quale si stava abituando a difendere, doviziosa com’era di inganni ad ogni angolo, splendente di illusioni al di fuori, ma marcia all’interno. I sorrisi falsi della corte, i Miraggi e i loro insulsi giochi illusionistici, persino lo stesso Faruk, le facevano ribrezzo: ciò che lui approvava, la corte approvava; ciò che a lui disgustava, alla Corte disgustava; ogni suo capriccio doveva essere seguito dalla condiscendenza dell’intera assemblea. Per essere lo Spirito di Famiglia di un’arca così grande e imponente, era davvero ridicolo.
 
Tra tutti quelli che avevano avuto a che fare con Faruk, solo Thorn manteneva un certo contegno. Certo, era pur sempre costretto ad assecondare ogni suo capriccio e sentenza, ma non si abbandonava mai a salamelecchi o protrusioni di falsa cortesia di fronte a lui. Almeno, questo, Ofelia lo apprezzava.
“Nipote mia, sei bellissima! Per tutte le pergamene, sembri un fiore!”
Zia Roseline fece capolino nella stanza e la allontanò da quei pensieri persi nel tempo passato. Ofelia tornò alla realtà: “Grazie zia, ma non sarà per molto. È solo in occasione di questa festa, finito il ballo tornerò ad essere la vostra normale e noiosa nipote” e così dicendole le rivolse un sorriso sincero che fu ricambiato in modo complice dalla donna, che le accarezzò una guancia tinta di un rosa leggerissimo.
In fondo però la zia aveva ragione, Ofelia era così diversa dal solito che quasi lei stessa non si riconosceva, guardandosi e rigirandosi davanti alla sua immagine specchiata. Il tulle rosa chiaro della gonna – definito dallo stilista stesso rosa dell’innamorato – le ricadeva morbido come una nuvola punteggiata da piccoli brillanti, descrivendo una dolce ruota che accarezzava il pavimento. Il corpetto, della stessa tonalità, le avvolgeva alla perfezione la vita sottile e accoglieva due graziosi seni chiari in uno spaccato a cuore, rivelando una celata femminilità che Ofelia non era avvezza a mostrare. Si chiese se anche quel vestito non fosse un’illusione. Le spalle e le braccia scoperte terminavano con un paio di guanti bianchi merlettati, che quella sera avrebbero sfiorato le mani del suo fidanzato e sposo promesso.
 Il viso, liberato dai capelli sempre intenti a nasconderlo, era appena sfiorato dal trucco, tanto quanto bastava ad Ofelia e alla sua scarsa abitudine a maneggiare rossetti e ciprie: in effetti, sembrava proprio una bambolina di porcellana con quel po’ di lucido sulle labbra e il blush sulle guance, data anche la sua corporatura minuta e la carnagione chiara, punteggiata da piccole lentiggini. Due morbide e voluminose trecce erano acconciate a mo’ di corona sopra il suo viso e rivelavano una sottile collana di perle bianche che giravano attorno ad un collo chiaro come la luna. Era stato Thorn a fargliele trovare in camera sua. Assieme alla confezione, era abbinato solo un biglietto che diceva:
 
INDOSSATELI PER IL BALLO DI DOMANI SERA, PER FAVORE
THORN
 
“Noiosa tu?” chiese la zia abbandonandosi a una fragorosa risata “Grazie a te ci siamo cacciati in un bel po’ di avventure, mi sembra. Non avevo un periodo così spericolato da quando il tuo padrino mi chiese di revisionare tutti i registri del suo archivio!” Ad un tratto la donna, come se avesse dimenticato qualcosa di importante, affondò una mano in una tasca del suo abito di velluto verde smeraldo per estrarne un fermacapelli chiaro, ornato di perle dalla parte del manico. Lo incastonò come meglio poté tra i riccioli ben sistemati della nipote le disse: “magari ti porterà fortuna” e, complice, le strizzò l’occhio.
Ofelia quella sera ne aveva veramente bisogno, di fortuna! Le poche volte in cui aveva ballato con i suoi cugini pretendenti di Anima – tutti rifiutati, nemmeno a dirlo – aveva dato loro più pestate ai piedi che gioia nel ballare con lei. Col tempo ci perse le speranze e non andò più nemmeno alle festicciole di famiglia, in cui basta qualche saltello per mettersi a ballare – ad Agata piacevano tanto quelle feste, pensò.
E poi, cosa avrebbero pensato quei venduti della Corte? Avrebbero sparso dicerie sul suo conto per metterla ancora in cattiva luce? Eppure non stava facendo nulla di male, o almeno così pensava. Thorn era un funzionario di Stato, lei una piccola redattrice di un museo polveroso lontano mille miglia; inoltre ormai tutti conoscevano Ofelia e il suo aspetto, come dire, non proprio appariscente. Cosa avrebbero pensato se l’avessero vista così ben agghindata? Tentativo di seduzione nei confronti della corte? Nei confronti di Faruk?
Ma in fondo non le importava.
In fondo, voleva soltanto pensare a stare bene. E quella sera si sentiva un po’ bella, finalmente.
Pensò perfino…
Pensò perfino che forse, in quelle vesti, Thorn l’avrebbe vista con occhi diversi.
   
 
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