Storie originali > Drammatico
Ricorda la storia  |      
Autore: Euachkatzl    02/08/2019    1 recensioni
Le gambe non mi reggono più. Ad ogni passo sento le ginocchia cedere, e infine mi lascio cadere a terra. Assecondo ciò che le ginocchia chiedono, e all’ennesima avvisaglia di cedimento mi lascio andare. Sbattono sul terreno ma non sento dolore. Tutto è morbido e ovattato, in questa foresta.
Partecipante al contest S come song-fic indetto da Iamamorgenstern sul forum di EFP
Genere: Drammatico, Introspettivo, Song-fic | Stato: completa
Tipo di coppia: Het
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
Per recensire esegui il login o registrati.
Dimensione del testo A A A

La partenza

Partecipante al contest S come song-fic indetto da Iamamorgenstern sul forum di EFP



 

Ground Control to Major Tom

Ground Control to Major Tom

Take your protein pills and put your helmet on

 

Corrono nell’erba alta del campo, spostano le spighe con le mani e con i corpi, con la pelle pallida del petto, sudata. Uno di loro corre con un cappello di paglia in testa; l’ha rubato dal muro di una casa incrociata sulla strada verso il loro punto nascosto. Era appeso a un chiodo, posto lì dopo una giornata di caldo lavoro sotto il sole di luglio. E lui l’aveva raggiunto con noncuranza, e aveva privato un contadino del suo riparo. Tiene per mano una ragazza, che addosso ha solo una maglietta bianca, lunga da coprirle le cosce. I capelli castani saltano ad ogni passo, si alzano nel vento. Ridono entrambi, conducono il gruppo di amici verso quel punto che tranquilli, lo conosco, ci siamo andati un sacco di volte, non ci viene mai nessuno. Ci andiamo a fare l’amore e nessuno ci ha mai interrotto, figurati se a quest’ora di notte arriva qualcuno. Possiamo fare quello che vogliamo.

Cappello di paglia crolla a terra, la ragazza lo segue, gli si getta addosso, lui la scosta. Tiene la schiena a terra, il petto si alza e abbassa in modo convulso.


Ground Control to Major Tom

Commencing countdown, engines on

Check ignition and may God’s love be with you

 

Uno dei ragazzi tira fuori dalla tasca un piccolo astuccio di metallo, quadrato, con un elaborato intarsio dorato sul coperchio, che risalta sull’argento dello sfondo. Aprendolo il metallo tintinna, il gruppo guarda ogni gesto come se stesse per spezzare il pane. I ragazzi attendono la loro eucaristia. Dalla scatolina viene tirato fuori un sacchettino di plastica, il ragazzo lo solleva e lo fa scorrere davanti agli occhi di ognuno. Versi di finta ammirazione e di reale eccitazione si spargono nell’aria. Si sente il tappo saltare dall’ennesima bottiglia di vino, che passa per le mani di ciascuno.

La bottiglia finisce in fretta, le mani sono tremanti e insicure e chiazze scure colorano la terra secca del campo. Anche la camicia di uno dei ragazzi è bagnata, puzza di vino, ma nessuno sembra farci troppo caso; un paio di persone sono concentrate sui gomiti sbucciati di una delle ragazze. Ci sono quasi; Sbrigati, che qui stiamo ad aspettare solo te; Certo che potreste darmi una mano; E bastava chiedere, dimmi cosa dobbiamo fare. Tre paia di mani soccorono quelle che già stanno armeggiando.


Ten, Nine, Eight, Seven, Six, Five, Four, Three, Two, One, Lift off.

 

Quando le mani si sono fermate, di nuovo si passa a sollevare il risultato e a farlo scorrere davanti agli occhi di ognuno, e per la seconda volta risuonano le medesime parole di approvazione e impazienza. Uno dei ragazzi, il creatore, si porta la creazione alle labbra, fa scattare l’accendino. Guarda tutti dall’alto in basso, hanno formato un cerchio attorno a lui, come in un rito. Venerato, si volta, guarda gli altri ragazzi alle sue spalle; anche loro lo stanno osservando. L’accendino si spegne, si accende qualche lamentela, un nuovo scatto zittisce tutti. Viene accesa; il primo fumo che fugge dalle labbra del creatore è bianco e lattiginoso, denso, sembra se ne possa prendere una cucchiaiata. Una ragazza allunga la mano, disperde la nuvola passandosela tra le dita. L’immobilità, ma ormai il creatore è stanco di giocare; prende un’altra boccata, poi passa la creazione alla ragazza, che ha ancora la mano tesa verso di lui. ll ritmo accelera, tutte le mani toccano la creazione, tutte le labbra ne saggiano il sapore. È dolciastro, la prima volta pizzica la gola, ma poi ci si abitua.


This is Ground Control to Major Tom

You’ve really made the grade

And the papers want to know whose shirts you wear

Now it’s time to leave the capsule if you dare

 

Tutti piuttosto euforici, i ragazzi si guardano sottecchi, si scrutano senza farsi notare dall’oggetto del loro sguardo. Nessuno esterna l’euforia che rode, la schiena si piega, sembra così sciolta, gli angoli della bocca si sollevano da soli. A tutti va di ridere, ma nessuno vuole iniziare. Una ragazza si lascia cadere, abbassa la schiena finché con un tonfo secco tocca terra. Un paio di rumori simili la seguono. Le stelle sanno di zucchero filato, mormora lei, alza un braccio e indica qualcosa nel cielo. “La vedete, ragazzi?” “Cosa dovremmo vedere?” “Sì, io la vedo” “È la stella dove andremo a vivere quando la Terra sarà morta”. Il momento di ammirazione generale dura poco, a nessuno interessa poi molto delle stelle; piuttosto lo zucchero filato li ha intrigati, e qualcuno già inizia a sentire voglia di dolcezza. Qualcuno ha cibo? Ma ti pare che qualcuno ha cibo, Filippo? FIlippo non ne è contento, inizia a mugolare, nessuno lo bada, quindi si alza e muove qualche passo dove le piante sono alte più delle persone.


This is Major Tom to Ground Control

I’m stepping through the door

And I’m floating in a most peculiar way

And the stars look very different today

 

La cima delle piante è sopra la mia testa. Alzando un braccio riesco a sfiorarne alcune, ma altre sono troppo alte, e posso solo accarezzarle senza mai giungere alla fine. E sono solo piante. O forse sono altissimi alberi, e io sono un esploratore nelle selvagge terre ancora sconosciute. Agisco per conto della regina, e in suo nome conquisterò questa terra. Più proseguo più la natura si rivela ostile all’uomo: le piante sono tanto fitte che impediscono alla luce della luna di scivolare tra le fronde, l’oscurità regna in questa parte della foresta. Attorno a me il silenzio. Ma dietro, da dietro vengono dei passi. Le foglie si smuovono. Svicolo verso sinistra, mi acquatto, attendo che il mio inseguitore passi oltre. Poco lontano da me corre un paio di gambe, con jeans chiari che lasciano scoperte le caviglie. I piedi sono scalzi, un rumore attutito ogni volta che toccano terra. Allungando un braccio potrei afferrarne uno. Ma passano oltre, e riprendo a respirare: sono stato preda per un momento, ma ora posso tornare ad esplorare.

 

For here

Am I sitting in a tin can

Far above the world

Planet Earth is blue

And there’s nothing I can do

 

Le gambe non mi reggono più. Ad ogni passo sento le ginocchia cedere, e infine mi lascio cadere a terra. Assecondo ciò che le ginocchia chiedono, e all’ennesima avvisaglia di cedimento mi lascio andare. Sbattono sul terreno ma non sento dolore. Tutto è morbido e ovattato, in questa foresta. Di nuovo il rumore morbido dei piedi scalzi che avevo sentito poco fa. Si avvicina, si allontana, si avvicina di nuovo. Chiudo gli occhi per concentrarmi sulla direzione del suono, quando non lo sento più da un po’ torno a guardare attorno a me. Alla mia destra un paio di giganteschi piedi riposano. Non sono attaccati a nulla, sono solo enormi piedi posati a terra, in riposo. Il resto del corpo sarebbe ritto ma rilassato, le braccia scenderebbero lungo i fianchi, le lunghe dita delle mani schiuse. Ma qui ci sono solo i piedi. Gattonando mi avvicino a loro, ma non mi azzardo a sfiorarli. Mi spaventano, sembra che da un momento all’altro possano alzarsi e schiacciarmi, come faccio con gli insetti che trovo in camera. Filippo, mormorano i piedi, o forse mormora il vento, Filippo. Filippo è il mio nome.


Though I’m past one hundred thousand miles

I’m feeling very still

And I think my spaceship knows which way to go

Tell my wife I love her very much she knows

 

Una macchia rossastra aleggia a pochi metri da me, forse solo un metro. O forse addirittura ad un chilometro, ma sono troppo fatto per calcolare le distanze. Sono fatto. E inizia a girarmi la testa. Anche prima mi girava, il vino ha questi effetti, ma girava bene. Adesso gira male. Allungo una mano ma non arrivo a toccare la macchia rossastra; allora non è a un metro da me, allora è ad un chilometro. Inizio a gattonare in quella direzione, mi alzo in piedi, sono troppo lento, cammino sempre tenendo fisso di fronte agli occhi l’obiettivo. Le piante mi schiaffeggiano, mi graffiano, ma la macchia rossastra, la macchia rossastra quando ci arrivo alla macchia rossastra forse in realtà sto sbagliando l’approccio. Guardo il cielo e la macchia rossastra è lì. Guardo a terra e la macchia rossastra è lì. Filippo, mi chiama ancora il vento. “Stai bene?” La ragazza è alta e magra, è bellissima. “Filippo, sono io” insiste, “Stai bene? Avevi detto che dovevi solo stenderti, non ti abbiamo più trovato, che problema hai?” È davvero magnifica. La preoccupazione rende i suoi occhi lucidi. “Amore, dimmi qualcosa. Vuoi stenderti?” Annuisco, non so con che movimento riesca ad arrivare a terra. Poi un pensiero: “In fondo, respirare non ti è così fondamentale”.


Ground Control to Major Tom

Your circuit’s dead, there’s something wrong

Can you hear me, Major Tom?

Can you hear me, Major Tom?

Can you hear me, Major Tom?

Can you…

 

Tornata nello spiazzo dove gli amici ancora stavano, chi steso, chi accoccolato contro qualcuno, la ragazza chiede aiuto, perché Filippo sta male, ha vomitato, non si alza più. Guarda in particolare un ragazzo, sa che non abbandonerebbe Filippo in una situazione del genere, per quanto lui se la sia cercata e non ci sia da stupirsi che sia finita così, glielo avevano detto che non doveva mescolare, che era meglio se avesse mangiato qualcosa prima. Ma Filippo queste cose mai le ascolta, e butta giù anche il vino peggiore, perché tanto “Ho bevuto di peggio”.

Il ragazzo si alza senza pensarci un momento, con lei si muove rapido a soccorrere l’amico. Le piante sono piegate dove è passato Filippo, in un punto sono schiacciate a terra, creano uno scomodo giaciglio per il ragazzo, che riverso nella sua alcova governa il piccolo mondo nella sua testa. “Lo mettiamo seduto” decide il ragazzo, ma lei ci ha già provato, Filippo non ne vuol sapere. “Lo tiro su io”. Ma quando con la forza è riuscito a metterlo dritto, Filippo prende a dimenarsi, a urlare, si butta a terra, opponendosi alle mani che continuano a combattere.

“Amore, smettila” sussurra la ragazza. “Amore è per il tuo bene”, ma Filippo blatera a voce alta, grida a tutti di stare zitti.

“Senti Filippo, hai rotto i coglioni” risponde a tono l’amico, ma Filippo ancora continua e non vuol sentir ragioni. Dopo l’ennesimo strattone per metterlo a sedere, ancora una volta lui si lascia cadere a terra, ma non parla più, resta immobile. Lei lo abbraccia, si getta su di lui, non sente il suo respiro.

Cazzo Filippo cazzo amore rispondimi ti prego amore dimmi qualcosa amore


Here I am floating round my tin can

Far above the Moon

Planet Earth is blue

And there’s nothing I can do

 

Nessuno dei due si decide a tacere e lasciarmi in pace, devono alzarmi, devono annegarmi nell’acqua, devono stare a toccare e parlare. Quando lei mi abbraccia però è piacevole, mi sento amato. Mi sento prezioso. È tutto buio, c’è puzza di vomito, ma sento ancora il suo profumo. Mi piace così tanto, il suo profumo. Sei meravigliosa, amore mio, e mi sento così protetto tra le tue braccia in questo momento. Mi stai chiamando angelo e mi stai chiamando amore, e anche il mio amico è venuto ad aiutarmi, non me l’aspettavo da lui, fa sempre lo spaccone ma ora è qui a mettere le mani nel mio vomito. Lo capisco che state cercando di aiutarmi, ma ogni volta che mi muovete è un dolore troppo grande. Lasciatemi fermo. Lasciatemi dormire. Continua ad abbracciarmi e a dirmi parole dolci, amore mio, cullami finché non sono più cosciente. Sto controllando il mio respiro, è l’unica cosa che riesco a fare. Ogni tanto lo fermo, non mi serve più l’aria, perché arrivano le tue parole. Mi stringi ancora più forte quando non respiro, mi sussurri nomi ancora più dolci. Il mio corpo dice che non mi serve respirare: sto bene.




 
  
Leggi le 1 recensioni
Ricorda la storia  |       |  Torna su
Cosa pensi della storia?
Per recensire esegui il login oppure registrati.
Torna indietro / Vai alla categoria: Storie originali > Drammatico / Vai alla pagina dell'autore: Euachkatzl