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Autore: AleeraRedwoods    06/08/2019    1 recensioni
Dal testo:
“Tu sei nata per una ragione e il tuo cammino non può cambiare.
Ma un destino scritto è anche una maledizione.
Il tuo compito è salvare la Terra di Mezzo,
riunirai i Popoli Liberi e scenderai in battaglia.
Una prova ti attende e dovrai affrontarla per vincere il Male.
Perché la Stella dei Valar si è svegliata.
La Stella dei Valar porterà la pace.
A caro prezzo.”
(Revisionata e corretta)
Genere: Avventura, Fantasy, Romantico | Stato: completa
Tipo di coppia: Het, Slash | Personaggi: Altri, Aragorn, Nuovo personaggio, Thranduil
Note: Lime, OOC | Avvertimenti: Contenuti forti
Capitoli:
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-Il Nido delle Aquile-

 

    Ormai erano giorni che i quattro viaggiatori s’inerpicavano sullo stretto sentiero che serpeggiava sul fianco ripido della montagna e l’aria si faceva sempre più fredda e rarefatta man a mano che loro salivano di quota. La nebbia era talmente fitta che pareva appoggiarsi sulla pelle come una mano umida e le rocce aguzze erano rese scivolose dalle macchie verdi di muschi e licheni.
    Sillen si strinse il mantello addosso, rabbrividendo e Alatar le tirò in testa il cappuccio, sorridendole con il fiato corto.
    -Siamo quasi arrivati, stellina.-
    Lei annuì. Non era stanca a causa della continua scalata ma perché da qualche tempo aveva cominciato a provare uno strano senso di angoscia, che le impediva di dormire.
    Non chiudeva occhio da quando erano saliti sulla montagna.
    Prima aveva incolpato la sua preoccupazione, poi il dolore alle costole che pian piano si affievoliva, ma infondo sapeva che non era niente di tutto ciò.
    Qualcosa non andava, su quella montagna e doveva capire cosa, alla svelta. Guardò lo stregone al suo fianco, tesa, cercando sul suo volto una traccia della sua stessa angoscia, senza però vedere nient’altro che stanchezza.
    Elessar gettò la propria bisaccia su uno spiazzo abbastanza largo da accoglierli tutti e si accasciò contro la parete rocciosa, prendendo fiato.
    Legolas, più riposato degli altri, lanciò uno sguardo in alto.
    -Queste nubi non sembrano cariche di pioggia, eppure sono le più scure e pesanti che abbia mai visto.-
    Alatar seguì il suo sguardo e schioccò la lingua: -Non sono nuvole! Quella che vedi è una barriera, un nascondiglio ben progettato. Diciamo che alle Aquile non piace ricevere visite.-
    Grosse nubi scure si condensavano in un’unica parete turbolenta e lattiginosa, celando la vetta a chiunque guardasse dal basso: il Nido delle Aquile poteva essere scorto solo dall’alto e, ovviamente, nessuno sarebbe stato in grado di volare fin lassù.
    –Non fate quelle facce! Il mio potere può diradare la barriera quanto basta per permetterci di passare. Sono uno degli Istari accidenti, li abbiamo creati noi questi incantesimi.- Ridacchiò Alatar, divertito dalle espressioni scoraggiate dei compagni.
    Sillen sorrise, sollevata e fece per seguirlo, quando si voltò di scatto con i muscoli tesi. Scrutò febbrilmente il sentiero che aveva appena percorso, cercando con lo sguardo nella nebbia, ma non vide nient’altro che la nuda roccia.
    Ecco perché avvertiva la persistente sensazione di angoscia: qualcuno, o qualcosa, li stava seguendo.
    Un brivido le scosse il corpo, lasciando dietro di sé uno sgradevole formicolio che si condensò sulla sua nuca esposta.
    Guardò i tre compagni, seduti a terra per riposare e concedersi un pezzo di lembas, i visi stanchi: Sillen non voleva dare loro altre preoccupazioni, non adesso. Per questo motivo decise di non dire niente e, senza farsi notare, lanciò un flebile fischio a Lelya, appollaiata su una roccia poco lontana. Il falchetto le lanciò uno sguardo interrogativo e andò a posarsi sul suo braccio.
    -Ho bisogno della tua discrezione.- Le sussurrò Sillen.
    Quella inclinò la testa con aria contrariata ma, fissando la stella negli occhi ametistini, parve accorgersi della sua preoccupazione.
    Con un battito d’ali scocciato, Lelya si alzò in volo, sparendo in fretta nella nebbia bianchissima.
    Sillen inspirò a fondo, stringendo l’elsa della spada elfica che Legolas le aveva donato dopo il loro allenamento.
    Chiunque li stesse seguendo, avrebbe avuto a che fare con la sua lama e i suoi compagni sarebbero rimasti al sicuro.

    Alatar sollevò il bastone con entrambe le mani, poi ne sbatté a terra l’estremità appuntita, formulando un incantesimo con la sua voce baritonale.
    Sul terreno roccioso si creò una crepa profonda, che corse verso l’alto, finché da essa non scaturì una raffica di vento che squarciò violentemente le dense nubi sopra di loro.
    Sillen fu la prima ad addentrarsi oltre la barriera, correndo agilmente sulle rocce. Legolas le tenne dietro, la freccia incoccata. Giunsero in fretta all’esterno e quasi vennero accecati dalla luce del sole, brillante e caldo sopra le montagne.
    Lo spettacolo che si parò di fronte a loro era il più bello che Sillen avesse mai visto: il cielo terso si incontrava all’orizzonte con le rosse fronde di Bosco Atro e il fiume Anduin si snodava tra le mille tonalità di verde della valle, al pari di un nastro scintillante.
    Legolas sorrise alla compagna, rallegrato da quella vista.
    -Benvenuta sulle alte vette degli Hithaeglir[1], Stella dei Valar.-
    Lei inspirò a fondo l’aria fresca, quasi commossa.
    In breve, anche Elessar e Alatar li raggiunsero, tra esclamazioni soddisfatte e sollevate.
    Sporgendosi oltre la cima, si poteva vedere chiaramente la barriera di nubi circondare i fianchi dell’intera montagna.
    Era davvero un nascondiglio magnifico.
    In quel momento, Lelya apparve con un veloce frullo d’ali e lo stregone alzò il braccio per accoglierla. Questa, invece, si andò a posare docilmente sulla spalla di Sillen, che sospirò sollevata: se il falchetto era tranquillo, voleva dire che non aveva individuato niente di insolito nelle vicinanze. Forse si era semplicemente suggestionata e la vicinanza con la barriera le aveva giocato un brutto scherzo, pensò la stella.
    Alatar sibilò, indispettito: -Piccola gallina ingrata.-
    Lelya gli lanciò uno sguardo falsamente innocente e Sillen rise, accarezzando con un dito il petto piumato del falchetto.
    Doveva essere da poco passato mezzodì e il sole batteva sulle loro teste, scaldandoli nonostante l’aria fredda di montagna che tirava da Nord.
    Improvvisamente, Lelya volò verso il basso, lanciando una vasta serie di versi allarmati e una grossa ombra si proiettò sopra di loro, spostandosi velocemente in circolo. In breve se ne aggiunsero altre, della stessa forma.
    I quattro viaggiatori sollevarono la testa e indietreggiarono, rapiti da quell’apparizione tempestiva: le Aquile li avevano circondati.
    Erano enormi, con un’apertura alare che superava i cinquanta piedi[2] e con lunghi becchi dall’aspetto poco rassicurante.
    Una di queste atterrò davanti ai viaggiatori con un forte tonfo delle zampe artigliate e li osservò con i grossi occhi rapaci.
    Studiò dapprima la stella, poi si voltò verso lo stregone: -È passato molto tempo, Morinehtar.- Il suo becco non si mosse ma la sua voce risuonò alta e chiara, sovrastando ogni altro rumore.
    Alatar s’inchinò profondamente: -Più di un Era, Landroval, mio vecchio amico.-
    L’aquila scrollò le piume: -Amico? Non ricordavo ci fossimo salutati con questi termini.-
    Alatar si schiarì la voce, a disagio ma Landroval si voltò svelto verso gli altri ospiti, drizzando la testa bruna: -Perché il dimenticato Stregone Blu, il Re degli Uomini, il Principe degli Elfi e una stella sono qui?-
    Elessar e Legolas si inchinarono davanti al suo cospetto come aveva fatto Alatar, mentre Sillen avanzò di qualche passo, con sguardo ammirato: -Come hai capito che sono una stella, Signore delle Aquile?-
    Lui fissò apertamente quegli insoliti occhi viola: -Ti ho vista cadere dal cielo. E il tuo aspetto non lascia molto spazio al dubbio.- Chiarì, abbassando la testa per trovarsi alla stessa altezza di lei. –Qual è il tuo nome?-
    -Mi chiamano Sillen. Sono stati i Valar a mandarmi qui.-
    A quella risposta, Landroval sembrò accigliarsi, per quanto fosse possibile dedurre dalla sua fisionomia di rapace: -Un po’ pretenziosa come storia. Io vedo molte cose da qui e so bene che i Valar non mettono becco nei nostri affari da molto tempo. Quindi, perché dovrei crederti?-
    Sillen strinse le labbra: si era preparata a lungo per quell’incontro e sapeva bene che la possibilità che le Aquile le credessero sulla parola era davvero remota.
    –I Valar mi hanno creata e lasciata cadere su questa terra perché un nuovo nemico tenterà di distruggerla. Il mio compito è riunire più forze possibili per scendere in guerra. Se non credi alle mie parole, cerca tu stesso i gruppi di orchi che si stanno organizzando ad Est.-
    Landroval schioccò il becco in un suono secco e spaventosamente minaccioso: -So bene di quei maledetti, Sillen la stella. Ma tu non osare parlare con quel tono con me o userò i miei artigli per rispedirti dai Valar che con tanta presunzione sostieni ti abbiano affidato il destino del mondo.-
    Lei indietreggiò di un passo e nessuno dei suoi compagni osò parlare, tanta era la selvaggia ferocia negli occhi dell’antico Maiar di fronte a loro.
    La stella deglutì ma non demorse: -Ho avuto una visione del futuro che ci attende se non agiremo contro questo nemico, mio signore Landroval e sarà solo morte e distruzione. Ti prego di credermi!-
    -Se gli orchi attaccheranno, li cacceremo via come abbiamo sempre fatto. Non ho bisogno di una stella per sapere qual è il mio compito.-
    Sillen scosse la testa: -Non riuscirete a combattere da soli, il vero nemico è colui che sta radunando queste maligne creature, non un semplice orco. Un essere in grado di controllare intere schiere è una minaccia che non possiamo sottovalutare!-
    Landroval si mosse fulmineo, arrivando con il grosso becco a pochi centimetri dal viso della stella:   -Se quello che stai chiedendo è di metterci docilmente al tuo servizio, non ti lascerò in vita abbastanza a lungo da sentire la mia risposta.-
    Lei sostenne il suo sguardo d’acciaio, sollevando il mento: -Sei saggio, mio signore Landroval. Sai che non ti chiederei mai di sottometterti a qualcuno, tantomeno a me, poiché rispetto il popolo delle Aquile e il suo potere. Ma non posso arrendermi, ho bisogno del vostro aiuto. La Terra di Mezzo ne ha bisogno.-
    Strinse i pugni: -Se potessi, combatterei da sola questa guerra, devi credermi…- I suoi occhi si riempirono di lacrime, suo malgrado. Era vero, quel pensiero le faceva male: il suo compito prevedeva di radunare interi popoli di fronte alla possibilità di perire, combattendo una battaglia che li avrebbe potuti distruggere dal primo all’ultimo.
    Un compito ingrato, crudele. Necessario.
    Landroval si zittì per qualche secondo, soppesando le parole della stella. Stava per rispondere quando, improvvisamente, un boato giunse dalla terra sotto di loro e Sillen spalancò gli occhi: quella sensazione di angoscia e paura provata sul fianco della montagna la avvolse di nuovo, stordendola.
    Aveva abbassato la guardia.
    Qualsiasi cosa li avesse seguiti fino a lassù era passata sottoterra, lontano dagli occhi vigili delle Aquile e dell’acuta Lelya.
    La stella rimase pietrificata e dentro di sé si maledisse per non aver detto niente ai suoi compagni di viaggio.
    Adesso, erano tutti in pericolo, impreparati ed era solo colpa sua.
    Elessar, Legolas e lo stregone si affiancarono, impugnando le armi e una parte di terreno cedette velocemente, aprendo un varco nella dura roccia ad un centinaio di metri da loro.
    Landroval si sollevò in volo, richiamando le altre aquile già pronte ad attaccare per difendere il proprio nido.
    Elessar spinse Sillen dietro di sé e la stella sentì le sue mani forti tremare violentemente.
    Per lunghissimi attimi, ci fu solo silenzio.
    Poi, il varco nella roccia cominciò a vomitare fuori delle creature orrende. Era la prima volta che Sillen li vedeva ma le parve di riconoscere i goblin e gli orchi di cui Thranduil le aveva parlato a lungo, e tremò dalla paura.
    Questi si riversavano all’esterno con i pesanti elmi calati sugli orrendi ghigni deformi e stringevano tra le mani scure ogni tipo di arma possibile.
    –Perché gli orchi escono al sole? Non dovrebbero esserne spaventati?- Urlò la stella, terrorizzata.
    Riscuotendosi dalle proprie emozioni, Legolas cominciò a bersagliare i goblin, man a mano che questi fuoriuscivano dal buco, abbattendone intere fila con le sue rapide frecce.
    -Non lo so, è così strano!-
    Le creature emanavano un forte odore di fango e putridume ma la cosa che più sconcertò i viaggiatori fu il loro più assoluto silenzio: niente ringhi, urla, sbraiti o ululati, solo un innaturale e gelido silenzio.
    Alatar sfoderò la sua spada e, seguito a ruota da Re Elessar, avanzò per occuparsi dei nemici che sfuggivano ai dardi dell’elfo.
    –Elessar, dov’è il loro capo?- Gridò lo stregone, per sovrastare il metallico rumore provocato dalle armi che cozzavano tra loro.
Il Re si guardò intorno, confuso: -C’è qualcosa di strano, si muovono come se fossero un’unica entità.-
    Sillen strinse i denti: non era possibile, gli orchi possedevano un’indole confusionaria e irascibile, non si potevano muovere in modo tanto ordinato senza ricevere ordini precisi.
    Sfoderò la propria spada ma Legolas si parò di fronte a lei, continuando a coprire i compagni con le proprie frecce: -Tu ci servi viva. Resta indietro, ce la possiamo cavare da soli.-
    La stella gli rivolse un’occhiataccia: -Le tue frecce finiranno presto e quegli esseri non sembrano voler diminuire.-
    Alatar spazzò via una decina di goblin con una folata di vento del suo divino bastone ma subito ne apparvero altri venti, uscendo dalla voragine come tante formiche composte e ordinate.
    Come se non bastasse, gli esseri abbattuti si stavano rialzando, come se i dardi di Legolas non avessero infilzato la loro carne da parte a parte.
    L’elfo fece per prendere altre frecce ma la sua faretra era quasi vuota. Lanciò uno sguardo contrariato alla stella ma, con un sospiro, sfoderò anche la propria spada: -Va bene, andiamo. Ma stammi vicina.- Lei annuì, seguendolo nella mischia.
    Landroval seguì la stella con lo sguardo, poi fece segno alle sue aquile ed esse si precipitarono in picchiata a difendere il loro nido. I grandi Maiar fendettero i gruppi di goblin con le loro grosse zampe artigliate, tentando di disgregarli e disperderli sulla montagna assolata.
    In breve però, le schiere si riordinarono nuovamente, come mosse da fili invisibili. Parevano inarrestabili.
    Sillen combatteva con precisione letale, senza sprecare energie, seguendo i movimenti dell’elfo al suo fianco.
    Poco più avanti, Alatar ed Elessar non accennavano a rallentare il ritmo. Dopotutto, non potevano fare altro che continuare.
    Poi, dalla voragine vennero fuori creature diverse, più grosse e, senz’ombra di dubbio, più letali dei goblin. Essi si disposero velocemente l’uno accanto all’altro, con gli scudi sollevati e le lance in resta, in modo che le aquile non riuscissero ad avvicinarsi.
    Alatar spalancò gli occhi, arretrando: -Uruk-hai!-
    A quell’urlo, a Legolas gelò il sangue nelle vene e il Re degli Uomini sentì il proprio cuore mancare un battito.
    Non di nuovo, non di nuovo.
    I suoi occhi grigi scrutarono tra gli scudi neri e sudici e individuarono le possenti figure degli Uruk-hai, seppure il loro orrendo volto fosse celato dagli elmi neri. Anch’essi erano muti, immobili come statue e perfettamente coordinati.
    Nella confusione, un goblin con una grossa mazza colpì violentemente il costato dello stregone, che volò all’indietro, vicino a Legolas e la stella.
    Il Sindar cercò di coprire i compagni al suo fianco come meglio poteva, affidandosi alle ultime frecce rimaste: -Aragorn, tira ten’ rashwe! (stai attento)-  
    Lo sguardo di Sillen corse velocemente ad Elessar, rimasto solo di fronte agli Uruk-hai e vide le aquile avvicinarsi in sua protezione.
    Un bagliore catturò la sua attenzione e scorse con orrore diverse file di Uruk-hai abbassare gli scudi e puntare le balestre verso di loro.
    Il tempo, per lei, parve fermarsi.
    Elessar e le aquile sarebbero stati bersagliati da una pioggia di frecce e non avrebbero trovato scampo.
    Nella mente della stella rimbombò chiara la voce dello stregone: “tu potrai anche uccidere qualche orco ma la verità è che non sarai in grado di proteggere nessuno.”
    Era tutta colpa sua.
    Lasciò cadere la spada e si lanciò in avanti.
    Si parò dinanzi al Re nell’esatto momento in cui gli Uruk-hai scoccarono le loro mortali frecce nere e, con un gesto deciso, la stella alzò un braccio di fronte a sé.
    I suoi occhi brillarono di pura luce bianca, com’era accaduto nella Sala delle Udienze, e una luce altrettanto forte scaturì dal ciondolo che da sempre portava al collo.
    Una violenta corrente fece cadere Elessar a terra e scosse ogni cosa attorno a loro, ostacolando il volo delle aquile e costringendo tutti a coprirsi gli occhi.
    Poi, le frecce si fermarono a mezz’aria e il mondo parve immobilizzarsi con esse. Un’altissima barriera violetta s’innalzava verso il cielo come un solido muro di pietra e le aquile, protette da essa, ne approfittarono per ritirarsi velocemente, stridendo sconvolte.
    Un attimo dopo, la stella caricò con forza tutta la sua energia nel braccio destro e con un rapido movimento rispedì le frecce al mittente, abbattendo in un secondo tutti gli Uruk-hai balestrieri.
    Elessar tenne gli occhi spalancati fissi sulla stella, incapace di muoversi o parlare.
    Poco più indietro, Alatar si tirò a sedere, con il volto tanto raggiante da sembrare delirante: -Eccolo! È questo il vero potere della Stella dei Valar!- Legolas si voltò verso la giovane, deglutendo. Era un potere spaventoso.
    Landroval guardò la stella con gli occhi gialli fissi e seri, mentre questa avanzava lentamente verso i nemici.
Sillen, con il volto imperturbabile, puntò lo sguardo di luce sugli Uruk-hai, che non accennavano comunque a indietreggiare. Sembravano incuranti di qualsiasi cosa, rigidi e silenziosi come orrende statue. Con un unico, violento gesto del braccio, la stella fendette l’aria e le creature oscure cozzarono a terra, squarciate, dalla prima all’ultima.
    Uno strano bagliore bluastro si sollevò da uno degli Uruk-hai a terra e scomparve nel nulla, con un lieve sibilo.
    E nessuno parve accorgersene.
    Quando finalmente tutto tacque, Sillen volse lentamente verso i suoi compagni, che indietreggiarono involontariamente.
    La collana smise di brillare, tornando del suo solito colore e la stella barcollò, come un ramoscello al vento.
    Chiuse gli occhi e sentì le forze abbandonarle il corpo bruciante, poi cadde a terra priva di sensi.
    In tutta la montagna tornò a regnare la tranquillità e un flebile vento fresco tornò ad accarezzare le rocce grigie.
    Elessar si alzò velocemente e corse al fianco della stella, tastandole il polso: il battito era forte e regolare.
    Sillen, per fortuna, era solo svenuta.
    Alatar lo raggiunse, camminando storto per via della contusione al torace e sospirò di sollievo quando la vide respirare. Superò il Re e la stella e raggiunse le orride creature riverse a terra.
    Si chinò su di loro, tastando e osservando. Poi calciò uno degli elmi per vedere l’Uruk in viso e subito fece un passo indietro.
    Legolas lo raggiunse a sua volta e, a quella vista, aggrottò le sopracciglia: -Aragorn, tula sinome, en! (vieni qui, guarda)-
    L’altro lanciò uno sguardo oltre le spalle dell’elfo. L’Uruk aveva l’orrendo volto completamente putrefatto, tanto che le ossa fuoriuscivano vistosamente dalla carne, e i bulbi oculari erano già decomposti e spariti da tempo.
    –Cosa significa?- Chiese, cercando una risposta dallo stregone.
Alatar scosse la testa: -Non ne ho idea. Ma tutto questo è strano, molto strano. Non promette nulla di buono.-
    Legolas si avvicinò ad un’aquila poco più avanti, poi si voltò verso di loro: -Dicono che la galleria è enorme e percorre tutta l’altezza della montagna. L’apertura è sul fianco a Est, all’altezza di Dol Guldur.-
    -Dol Guldur? È impossibile, fa parte delle terre bonificate dagli elfi del Reame Boscoso! Come possono averla sfruttata i nemici?-
Legolas strinse le labbra fino a farle sbiancare: -Forse usano il sottosuolo per spostarsi senza essere notati. In questo modo, possono arrivare ovunque.-
    Alatar batté il bastone a terra, nervosamente: -Ma perché qui? Come potevano sapere che ci saremmo diretti al Nido delle Aquile? Non possono aver scavato la montagna nello stesso tempo che noi impiegavamo a scalarla!-
    -Non lo so! Sto solo riportando quello che hanno detto le aquile!-
    Elessar alzò una mano per placarli: -Calma, Legolas. Non possiamo questionare ora, dobbiamo portare Sillen in un posto più sicuro.-
    Lo sguardo di tutti si posò sulla giovane stella stesa al suolo.
    Elessar tornò da lei e la sollevò tra le braccia.
    Sennonché, Landroval gli sbarrò la strada prima che potesse imboccare il ripido sentiero lungo la montagna: -Dove credi di andare, Re degli Uomini?-
    Elessar gli rivolse uno sguardo duro e regale, chinando appena la testa per congedarsi: -Porto la stella a Gondor.-
    L’aquila, per nulla colpita, non si spostò di un singolo passo.
    -Non vi ho ancora concesso di lasciare il mio dominio.-
    Il Re si spazientì e strinse la presa sulla stella: -Con il tuo permesso, Signore delle Aquile, ma non m’importa. Abbiamo dei problemi più urgenti da risolvere. Sillen è venuta sino a qui per chiedervi aiuto e voi glielo avete negato, chiusa la faccenda.-
    Landroval gonfiò le penne con fare minaccioso e Legolas affiancò velocemente l’amico, temendo che fosse in pericolo.
    Tuttavia, invece che attaccarli, la grossa aquila rilassò le ali frementi e abbassò la testa alla loro altezza.
    Parve quasi sorridere: -Non andrete via da qui. Non senza di noi.- Le altre aquile lanciarono grida di assenso, planando in circolo sopra di loro. Elessar vide gli occhi gialli del Signore delle Aquile addolcirsi. -Sono in debito con lei e, a dirla tutta, è stata piuttosto convincente: ella è davvero la Stella dei Valar e, considerate le stranezze che sono appena successe, le concederò la mia fiducia e il mio aiuto. Almeno per ora.-
    Legolas sorrise ad Elessar, posandogli una mano sulla spalla con una smorfia di sollievo stampata sul viso affilato.
    -Suppongo ci offrirete un passaggio allora.- Commentò Alatar invece, con fare baldanzoso. Landroval gli riservò un’occhiataccia: -Non mi fido ancora di te, Morinehtar. Dunque non pensare che ti perderò di vista.- Lo stregone si grattò la nuca, distogliendo lo sguardo con un sorriso forzato e attirando quello interrogativo dei due compagni.
Poi l’aquila si chinò fino a toccare terra con il petto piumato: -Ma date le circostanze, è il minimo che possiamo fare per la stella. E per chi la sta coraggiosamente aiutando.-
    Il Re s’inchinò, grato per quell’onore che in rarissime occasioni un’aquila aveva concesso a un uomo e si issò sul dorso piumato di Landroval, stringendo Sillen in modo da non farla cadere.
    Legolas e Alatar salirono su altre aquile e altre ancora si apprestarono a planare giù dalla montagna, rialzandosi in volo con i tre cavalli spaventati stretti tra le zampe artigliate.
    Alatar sbatté le palpebre con fare stranito, poi sussultò nel vedere Lelya comodamente posata sulla sua spalla.
    Si guardò attorno, costernato: -E tu quando diamine sei tornata?-


 
 
[1] Hithaeglir è il nome Sindarin delle Montagne Nebbiose.
 
[2] Cinquanta piedi corrispondono a circa quindici metri.
 


N.D.A

Ciao e ben ritrovati! Grazie a tutti quelli che sono arrivati fino a qui :) Le cose si fanno più movimentate, vero? XD Fatemi sapere se questo capitolo “d’azione” vi è piaciuto! Alla prossima,

Aleera

 
   
 
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