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Autore: EmilyG66    06/08/2019    2 recensioni
L’androide speciale della Cyberlife RK800, o più comunemente chiamato con il nome di Connor, è sulle tracce di un’AX400 accusata di aver aggredito il suo padrone e di averne rapito la figlia.
L’indagine conduce l’investigatore robotico ad un motel dove poco dopo Connor partirà all’inseguimento delle due fuggiasche. Al momento opportuno però un singolare scambio di sguardi capovolgerà la situazione facendo vacillare per la prima volta il razionale Connor.
I personaggi non appartengono a me ma alla Quantic Dream.
Fanfiction Connara.
Genere: Romantico, Sentimentale | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Alice Williams/YK500, Connor/RK800, Hank Anderson, Kara/AX400
Note: What if? | Avvertimenti: nessuno
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Data: giovedì 6 novembre 2030

Luogo: Eastern Motel nord-est di Detroit

Ora: 10:25:05

 

Kara aveva appena riavviato i suoi sistemi ed il proprio sonno indetto da un simulatore si era interrotto.

Molto lentamente la deviante si era alzata dal letto che aveva condiviso con Alice per riposare la sera prima svegliando tuttavia la bambina nel mentre.

L’androide adulta le preparò così un bagno caldo e ne approfittò per tagliarsi i capelli e rimuovere il proprio led.

Dopo che la piccola si fu data una rinfrescata lei uscì dalla camera per andare a prenderle qualcosa da mangiare, ma una volta chiusa la porta dietro di sé la donna si accorse con sgomento che una pattuglia si era appostata proprio davanti all’ingresso del motel.

Guardando meglio la robot potè vedere chiaramente un altro androide vestito come un detective dirigersi alla reception.

All’istante l’AX400 capì di non essere più al sicuro come credeva e rientrò velocemente nella stanza per avvertire Alice.

 

Era una giornata piovosa e Connor era appena sceso dall’auto con Hank per interrogare Joseph Sheldon, l’addetto alla reception dell’unico motel presente in quella zona. Con un po’ di fortuna avrebbero trovato la deviante che stavano cercando.

L’uomo fu collaborativo e grazie ad una foto proiettata sul palmo dell’investigatore lui e il tenente Anderson avevano scoperto che l’androide ricercato alloggiava nella stanza n°28.

Il duo la ispezionò ma le fuggiasche se n’erano già andate.

L’androide poliziotto era amareggiato da ciò ma non intendeva ancora arrendersi e proprio mentre si stava dirigendo verso l’auto un agente segnalò loro di avere appena visto le sospettate.

Il cacciatore di devianti non perse tempo e, favorito dalla sua forma fisica e agilità, diede il via all’inseguimento.

 

Era molto veloce, era stato progettato per questo però le sue “prede” avevano il vantaggio del tempo dalla loro parte. Connor svoltò un angolo su indicazione di un collega e corse più che potè.

Vide le due ragazze scavalcare una rete ma quando vi giunse entrambe si trovavano già al di là della recinzione, l’investigatore colpì la rete e vi si aggrappò producendo un suono metallico.

Kara alzò immediatamente lo sguardo e potè osservare bene in faccia l’androide poliziotto stavolta.

Quest’ultimo, bagnato dalla pioggia come lei, fece altrettanto.

Era un uomo indubbiamente affasciante, aveva l’aspetto curato di un trentenne, alto, capelli bruni e occhi marroni.

Lei era un’androide deviante nonostante indossasse abiti umani, Connor ne era sicuro. Non riusciva a scorgerne i capelli al di sotto del cappello ma poteva dire con certezza che fosse più bassa di lui, il volto tondo ispirava dolcezza e quegli occhi...erano di un indefinito blu.

Nessuno dei due aveva mai visto un androide con le reciproche caratteristiche e nello sguardo di entrambi c’era sorpresa e genuina curiosità.

L’investigatore percepì per un momento la sgradevole sensazione che la sua pompa di thirium stesse mettendo in circolo, nel proprio corpo robotico, più sangue blù di quanto fosse necessasio e aggrottò le copracciglia a quella stranezza.

Il loro scrutarsi durò solo qualche secondo, un battito di ciglia di cui forse nemmeno Alice si accorse ma fu sufficente ai due per imprimere l’altro nelle loro memorie.

Ad un tratto un poliziotto sbucò dal nulla.

La robot lo vide alle spalle del suo inseguitore e Connor osservandola posare gli occhi dietro di sé si voltò automaticamente e rapidamente verso l’agente.

-Non sparate! Ci serve viva! -ordinò a voce alta ma in maniera cortese dopo che il collega sollevò l’arma.

L’AX400 approfittò della sua distrazione per allontanarsi ma l’investigatore, che aveva lasciato andare con la mano sinistra la recinzione, ne colse le intenzioni. Svelto individuò un buco nella rete ed afferrò il polso di Kara per un soffio.

-Ferma! -le disse.

La donna si voltò verso di lui con gli occhi sbarrati e impauriti ma l’espressione dell’uomo, per quanto determinata, sembrava anche insolitamente gentile.

-Ti prego, non ho alcuna intenzione di farti del male. -affermò più pacatamente.

Come poteva fidarsi?

La robot guardò Alice con la coda dell’occhio e l’androide poliziotto usò ciò a suo vantaggio per convincerla di essere in buona fede. Era bravo anche in questo.

-Ne a te, ne alla bambina. -ammise -Voglio solo delle risposte. -rivelò.

Non fu in grado di stabilire il livello di stress dell’androide che aveva davanti poiché sprovvista di led, ma sperò vivamente di averla persuasa a collaborare.

Mentre parlava la pelle sintetica della mano sinistra di Connor che avvolgeva il polso dell’AX400 fu rimossa senza alcuna ragione apparente, questo sì che era strano.

Kara si sarebbe potuta facilmente liberare da quella presa e scappare ma qualcosa le diceva che altrettanto facilmente l’investigatore sarebbe riuscito ad inseguirla e raggiungerla. Meditò dunque sulle sue parole.

Se erano delle risposte che lui voleva per lasciarle in pace allora lei gliele avrebbe fornite.

Con un po’ più di sicurezza ed un pizzico di fiducia ruotò appena il polso, lasciando che le proprie dita scivolassero leggere sul braccio dell’investigatore e ne trovassero i punti di connessione. Dopodichè disattivò a sua volta il rivestimento sintetico della mano destra sotto gli occhi attenti dell’uomo.

Il collegamento fu istantaneo e sorprese entrambi.

 

Il cacciatore di devianti navigò tra i file di memoria della donna ed il proprio led cominciò ad emettere da prima una luce azzurra lampeggiante per poi divenire di colore giallo. Stava elaborando.

Fu quasi come essere sopraffatto dalle informazioni, come sondare una memoria ma in maniera più...calma.

Come per istinto le dita della robot scivolarono su quelle dell’investigatore e ciò fu permesso dalla stretta di Connor che si era volutamente allentata, lui ruotò il palmo della mano in modo che ogni parte delle loro mani combaciasse perfettamente.

Il detective vide ciò che voleva vedere.

La deviante che aveva di fronte si chiamava Kara, la piccola Alice ed entrambe erano legate da qualcosa di irrazionale che l’androide poliziotto non sapeva spiegare.

Una simulazione di un sentimento umano che non era tale e che a lui era sempre sfuggito...fino ad ora.

Vagò ogni ricordo che Kara gli stava offrendo: Todd, il suo alcolismo, la sua violenza, l’uso ed il commercio di Red Ice ecc…

Ora aveva abbastanza prove per mandarlo in prigione per anni. L’androide e la “figlia” erano innocenti.

Tali informazioni sarebbero bastate al cacciatore di devianti ma non comprendeva perché: più ricordi otteneva e più desiderava sapere. Era curioso per natura ma questo era completamente diverso, come se ne avesse bisogno, come se fosse importante e non potesse sottrarvisi.

Anche la robot stava sperimentando un’esperienza simile. Riuscì a vedere la “vita” di Connor: il salvataggio della bambina sul tetto, il suo lato umano nell’aiutare il poliziotto ferito, l’interrogatorio di un sospettato, il suo lato intimidatorio, il modo in cui poi l’aveva difeso, il rapporto burrascoso con il tenente Anderson ecc…

Non aveva bisogno che lui le mostrasse nulla, eppure i loro dati continuavano a fluire fra i due come a voler completare uno l’esistenza dell’altro.

Rivivettero le emozioni intrise in quei ricordi che non gli appartenevano fino ad ora e i loro palmi premuti insieme emisero una luce blu sempre più intensa.

Fu per entrambi come aprire gli occhi ancora una prima volta.

Quell’androide...era una parte di sé ormai, sentivano entrambi che era così ma nessuno sapeva di volerlo, l’aveva chiesto o programmato.

A dividerli solo una rete.

Alla fine l’AX400 interruppe il contatto troppo profondo ed intimo spaventata da ciò che di ispiegabile stava accadendo.

L’investigatore agitato a sua volta e con il led lampeggiante tentò di riprendere il pieno controllo di sé e il proprio contegno, osservando tuttavia il palmo della propria mano robotica che si ricopriva nuovamente di pelle sintetica.

Ora conosceva tutto di lei, proprio tutto.

Stava ancora piovendo e dopo un primo attimo di smarrimento l’androide poliziotto si rese conto dell’agente dietro di sé della ragazzina ancora presenti sul luogo che li guardavano in attesa.

Loro non si erano resi conto di niente e dovevano essere passati poco più di due minuti.

Più diplomaticamente il detective chiese dunque a Kara: -Potreste...hem seguirci in centrale? -avrebbe dovuto ordinarlo. Possedeva l’autorità per farlo, invece si ritrovò a domandarle il permesso.

La donna sollevò lo sguardo nella sua direzione, anche lei ripresasi dall’inaspettato episodio. Non sapeva come mai ne perché ma quegli occhi marroni così comuni e quella voce registrata le trasmettevano sicurezza. Posò gli occhi su Alice. Doveva pensare innanzitutto alla bambina e al suo bene, continuare a scappare, mentire, rubare o essere continuamente ricercate dalla polizia solo per essersi difese non era affatto il meglio per lei.

Ora la osservava con occhi da cucciola, le strinse con fare incoraggiante la mano dopodichè rispose al cacciatore di devianti.

-Va bene. -disse sicura la robot ed aiutò la ragazzina a scavalcare nuovamente la recinzione.

Connor con un sorrisetto soddisfatto intimò al collega con un gesto di abbassare l’arma e supervisionò la discesa della piccola oltre la rete.

Quando si fu ormai arrampicata dall’altra parte e fu a portata di braccia l’investigatore si offrì di aiutarla allungando le mani per sostenerla e lei le accettò ringraziandolo una volta che ebbe toccato nuovamente terra.

Kara fu piacevolmente colpita dal suo gesto anche se sapeva che, come ogni androide, era bravo a prendersi cura degli altri. Scacciò quel pensiero e risalì la recinzione.

L’androide poliziotto non le tolse gli occhi di dosso neanche per un secondo ed Alice lo osservò con curioso ed ingenuo interesse per ciò.

 

Poco dopo la voce di Hank risuonò dal fondo del vicolo e l’agente che era con Connor gli si fece in contro correndo.

Spiegò la situazione allo scettico tenente e di come l’androide fosse incredibilmente riuscito a far cambiare idea alla deviante senza l’uso della forza. Era stato a dir poco impressionante.

 

Nel frattempo la bambina attese tranquilla accanto all’investigatore gentile che Kara tornasse da lei. Il tenente Anderson li osservò a distanza incrociando le braccia al petto, era contento di vedere che la piccola stava bene ma non voleva perdere altro tempo. Desiderava chiudere quella storia al più presto ed andare a farsi un goccetto.

 

L’androide femminile adulta si calò dalla rete e quando toccò il suolo scambiò un’altro sguardo con l’androide poliziotto.

Quest’ultimo non disse una parola e la ragazzina tornò docilmente e ubbidientemente al fianco della sua mamma.

Connor avrebbe voluto esporre a voce le proprie perplessità riguardo al modo in cui lui e la donna avevano interagito ma non trovò che fosse il momento opportuno, così avviò una conversazione partendo dalle semplici basi.

-Io sono Connor. -si presentò allungando la mano destra prima verso la robot adulta e dopo averla stretta verso la piccola.

Con altrettanta calma Kara la strinse.

-Kara, e lei è Alice. -disse.

Nessuno dei due aveva bisogno di presentarsi perché possedevano già quelle informazioni, tuttavia sembrò la cosa più umana da fare in quel contesto.

Inoltre la bambina era all’oscuro di tutto.

Mentre stringeva la mano della deviante l’investigatore quasi si aspettò che il contatto di poco prima riprendesse e lei doveva averlo pensato a sua volta.

 

Trascorsero ancora diversi minuti prima che Hank perdesse la pazienza notando i due immobili ad osservarsi sotto la pioggia come in un cavolo di romanzo rosa.

Era evidente che il suo collega si fosse preso una sbandata per quella lì.

-Per l’amor di...Connor! -lo chiamò gridando mentre fastidiose gocce d’acqua picchiettavano insistenti sulla sua persona.

Non scomponendosi l’androide poliziotto voltò appena la testa verso di lui.

-Arrivo tenente! -rispose ubbidiente tornando però a focalizzare la sua attenzione sulla donna e a guardarla negli occhi.

La robot sembrò riscuotersi e con gentilezza prese per mano la ragzzina.

-Andiamo Alice. -la esortò incamminandosi verso agenti.

Il cacciatore di devianti le lasciò passare continuando la sua muta indagine con gli occhi.

Lui semplicemente osservava sempre tutto.

Dopo qualche metro l’AX400 dovette percepire ancora l’interesse del detective puntato su di sé o più semplicemente che non si era mosso e si voltò.

L’espressione di Connor era così assorta che Kara si ritrovò a distogliere lo sguardo mentre camminava e le proprie guance si tinsero di una leggera tonalità di blù.

L’investigatore smise finalmente di atteggiarsi come un’essere privo di intelletto alla pari di un pesciolino rosso e si raccomandò di eseguire un’auto-test il prima possibile.

La sua pompa di thirium doveva proprio essere difettosa, stava riscontrando lo stesso malfunzionamento di prima e non era sottoposto a nessuno sforzo fisico.

Con finta disinvoltura l’androide si annodò la cravatta che però trovava insolitamente stretta e s’incamminò seguendo la bella AX400 dagli occhi blù.

Fine.

  
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