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Autore: Relie Diadamat    06/08/2019    1 recensioni
[Raccolta di drabbles e flash-fic | L&Watari | Parentship]
1. È la prima vera mano che stringe, quella di Watari.
2. L sembrava un angioletto con gli occhi chiusi e i capelli neri scompigliati sul cuscino.
3. Tre settimane dopo l’arrivo del bambino in orfanotrofio, L e Watari furono costretti a separarsi per la prima volta.
4. Quella fu la prima vera carezza che L riservò a qualcuno.
5. Era bastata la prima pagina di un giornale comprato per qualche moneta, un tè con sette zollette di zucchero e una stupidissima domanda. E L era diventato un mostro.
Genere: Fluff, Malinconico, Slice of life | Stato: in corso
Tipo di coppia: Nessuna | Personaggi: L, Watari
Note: Missing Moments, Raccolta | Avvertimenti: nessuno
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II. Promesso
 
Because love is not an emotion.
Love is a promise.

- Doctor Who



Il rumore dei passi di Watari risuonò nei corridoi dell’orfanotrofio rompendo il silenzio religioso che vi aleggiava. Le lezioni andavano avanti ormai da ore, e il sole picchiava contro i vetri della Wammy’s House con gentilezza.

Rallentò l’andatura solo una volta dinanzi alla stanza di L. Non poteva permettersi atteggiamenti bruschi col bambino, nemmeno se dettati da un’immensa preoccupazione. Prese fiato, incamerandolo nei polmoni nel tentativo di calmarsi.
Adagiò delicatamente la mano sulla maniglia e l’abbassò.


La stanza era immersa nella penombra, le lunghe tende oscuravano le vetrate e le luci erano spente. L’unico sprazzo di luce proveniva dalla finestra più lontana dal letto.
Watari si richiuse la porta alle spalle senza fare rumore, avvicinandosi piano alla figura esile sdraiata sul materasso e coperta fino al mento dalle lenzuola. A quella vista,  le labbra di Quillsh s’ incurvarono in un sorriso intenerito.

L sembrava un angioletto con gli occhi chiusi e i capelli neri scompigliati sul cuscino.
Allungò una mano verso la fronte imperlata di sudore del piccolo, scoprendola ancora bollente. Lasciò scivolare le dita lungo le ciocche scure, accarezzandogli quella testolina troppo brillante e cocciuta.


Erano mesi che L aveva preso la brutta abitudine di dormire al massimo tre ore per notte; restava sveglio fino a tardi, rannicchiato in un angolo della stanza, ad esaminare fascicoli su fascicoli rubati in classe la mattina precedente.
Lo ritrovava così, Watari, una mezz’ora dopo l’alba. Il pollice portato alle labbra e gli occhi stanchi.
Quello era l’unico vizio che non avrebbe mai appoggiato.


Prese posto su una poltrona, osservandolo dormire. Si soffermò su quel respiro affannoso, sulle palpebre calate e vinte dalla febbre…  Una parte dell’uomo avrebbe voluto che L non crescesse mai, che restasse al sicuro in quelle quattro mura, ma sapeva che non sarebbe mai stato possibile.

L era destinato ad altro, alla grandezza.


E al pericolo.


Un mugugno e la manina del piccolo spuntò dalle lenzuola bianche, sforzandosi di raggiungere il tessuto nero della giacca del suo mentore. «Freddo».
Watari si sporse sul letto, permettendo ad L di stringergli la stoffa della manica destra tra le dita. Lo vide aprire di poco gli occhi lucidi per l’influenza e cercarlo con lo sguardo.
«Passerà presto», lo rassicurò, accarezzandogli di nuovo la fronte. «Promesso».
Una carezza, poi un’altra e un’altra ancora.
Per quanto L potesse essere intelligente e speciale, rimaneva pur sempre un bambino. Piccolo, indifeso e fragile. E Watari non aveva nessuna intenzione di lasciarlo solo, nemmeno per un attimo. Gli sarebbe restato accanto finché gli fosse stato possibile, fino alla fine dei suoi giorni.


Promesso.



L dormì per dieci ore filate senza lamentarsi.


 


[434 parole]


Premetto che nella mia testa era mooolto meglio. 
L'idea mi è venuta un po' per caso, curiosando tra varie fanart su internet. Watari tiene ad L più che a chiunque altro. Forse tiene a lui più della sua stessa vita. 
L'ho sempre immaginato a ingoiare la preoccupazione, sempre con la morte nel cuore ogni volta che il suo pupillo si esponeva troppo. 
Come potrebbe non morire dalla preoccupazione con un L piccolo e indifeso? E malato, per altro.
Io lo immagino lì, seduto al suo capezzale per tutta la notte. Pronto ad accarezzarlo per rassicurarlo - e per rassicurarsi.
Io li amo troppo. 

Grazie a chi è arrivato fin qui e a chi ha inserito la raccolta nelle seguite. Mi rendete una ragazza felice!

 
   
 
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