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Autore: OnceUponADream    27/07/2009    4 recensioni
Una giovane ragazza con un problema. Un compagno che la guarda da lontano e che trova il coraggio di aiutarla. Ma lei si farà aiutare?
Modificata e corretta il 31-3-2012
Genere: Malinconico, Sentimentale | Stato: completa
Tipo di coppia: non specificato
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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Storia revisionata e corretta al 31-3-2012, ci sono alcuni cambiamente rispetto all'originale.





La pastiglia andò giù senza troppi problemi; doveva essere la terza o la quarta che prendeva, non se ne era neanche resa conto. Ormai le prendeva così, come se fossero caramelle; nessuno sapeva che continuava a prendere quelle pastiglie, nessuno sapeva che ne abusava. Sì, perché ormai aveva perso il controllo, non era più in grado di fermarsi: sua madre gliele aveva prescritte un anno prima, quando aveva avuto una forte crisi di nervi; ora invece se le prescriveva lei. Quando li finiva, rubava una ricetta alla madre e poi falsificava la firma. Era un anno che prendeva i tranquillanti; un anno, e ancora nessuno se ne era reso conto, nessuno aveva fatto caso all'abisso in cui lentamente stava sprofondando, alla spirale di dolore e sofferenza in cui era entrata; nessuno si era reso conto che era diventata una drogata.Rimise il blitz nella scatoletta, e la scatoletta in tasca; si guardò in torno controllando che nessuno potesse vederla; aveva il terrore che qualcuno si accorgesse di quello che stava combinando, che vedesse oltre alla maschera che aveva costruito e capisse che qualcosa effettivamente non andava. Fece un sospiro di sollievo vedendo che non c'era in giro nessuno: era riuscita a scamparla di nuovo; non aveva fatto caso, però, ad una figura nascosta dietro di lei che aveva osservato tutto; quella persona sarebbe stata la sua completa rovina.... Ma lei ancora non poteva saperlo......
Entrò in classe in ritardo, come ormai accadeva da mesi: i professori si erano anche stancati di farle la predica, lei non li ascoltava comunque..... quei cinque-dieci minuti le servivano assolutamente per convincersi che avrebbe potuto farcela, che avrebbe potuto affrontare un'altra giornata scolastica, fortunatamente sarebbero usciti due ore prima poiché mancava l'insegnante di matematica. Quel giorno però c'era l'insegnante di diritto, era la professoressa a cui teneva di più, e faceva davvero fatica a mentirle, non era brava ad indossare la maschera come con tutti gli altri. Infatti sospettava qualcosa, e soprattutto, era stufa dei suoi continui ritardi, perciò quando entrò disse:
-Sono felice che tu abbia deciso di degnarci della tua presenza, Selena, sarai contenta di sapere che oggi, però, non sei l'ultima, manca ancora Andrea ma ha già fatto sapere che stava arrivando.-lei chinò la testa imbarazzata e mormorò un semplice “Scusi”. La professoressa, però, non era soddisfatta e la chiamò alla cattedra.
-Allora vuoi dirmi che ti succede?- sussurrò -Non sei più tu, cara; sono preoccupata, e lo sai. Mi spieghi perché non vuoi parlarne?- Lei scosse la testa: come poteva spiegare tutto quello che le stava accadendo?
-Non è niente davvero.- L'insegnate la guardò poco convinta, ma non potendo fare niente la rimandò a posto. Mentre si sedeva si spalancò la porta: Andrea entrò tranquillamente.
-Profe, prima che inizi a farmi la predica volevo dirle che la sua nuova collana è stupenda, e che mi dispiace davvero davvero molto di essere in ritardo. Le prometto che sarà la prima e l'ultima volta, però la prego non mi faccia una predica lunga.- mentre parlava si era inginocchiato e faceva finta di pregare. Lei e gli altri alunni si misero a ridacchiare, ma non Selena: osservava la scena con sguardo distaccato; come se non le interessasse; ma ormai erano poche le cose che attiravano la sua attenzione, e un compagno di classe che faceva il buffone non era certamente tra queste.
-Va bene, Andrea, per stavolta ti salvi, ma solo per stavolta, ci siamo intesi?- la professoressa, parlò in modo minaccioso, ma tutti sapevano che scherzava, quella donna non era mai stata una persona crudele, anzi adorava i suoi alunni. Andrea si rialzò sorridendo e fece un inchino all'insegnante, che lo liquidò con un semplice gesto della mano, era stufa di tutte quelle pagliacciate voleva continuare la sua lezione. Lui si sedette al suo posto; dietro a Selena; lei sentiva il suo sguardo perforarle la schiena, ma non disse nulla, non riusciva a capire cosa volesse uno come lui, da una come lei; cioè lui era allegro, simpatico andava d'accordo con tutti, mentre lei a malapena parlava con il suo vicino di banco.
Cerco di concentrarsi sulla lezione, inutilmente. Continuava a sentirsi osservata e questo la innervosiva e odiava sentirsi nervosa, le metteva ansia, non sapeva come comportarsi. Verso metà lezione le lanciò un bigliettino su cui c'era scritto “Dobbiamo parlare.... A ricreazione” lei non voleva andarci, cosa poteva mai volere uno così da una come lei? Ma dalla faccia del ragazzo capì che era meglio non discutere. L'insegnante, intanto, continuava a spiegare ma la ragazza non la ascoltava, non riusciva a concentrarsi, continuava a riflettere sul perché Andrea Fada volesse parlare con lei... la ragazza silenziosa e asociale della classe. Quasi non si accorse che la campanella stava suonando fino a quando il suo compagno di banco le toccò il braccio e le indicò l'insegnante. Quella le fece cenno di avvicinarsi, sospirando si alzò avviandosi verso di lei, cosa poteva volere ancora da lei? Non potevano semplicemente lasciarla tutti in pace? Non potevano lasciarla andare alla deriva? La seguì fuori dall'aula-Selena, mi dispiace, ma in qualità di coordinatrice mi vedo costretta a chiamare i tuoi genitori.- disse la professoressa appena furono lontane da orecchie indiscrete
-Perché?-
-Fai troppi ritardi, i tuoi voti sono calati, in classe non presti attenzione; noi insegnati non sappiamo più che fare. L'unica soluzione che ci rimane è parlare con i tuoi genitori. Mi dispiace, ma non ci sono alternative.- la ragazza abbassò la testa nervosa ci mancava solo quello.
-Va bene. Li chiami.- disse prima di voltarsi e tornare in classe.
Selena si risedette al proprio banco mentre entrava il professore di Italiano; Andrea continuava a guardarla, e lei si sentiva in imbarazzo, non era abituata a ricevere così tante attenzioni e non aveva la benché minima idea di come comportarsi.
Non riuscì a prestare attenzione durante le lezioni, talmente era preoccupata. Si accorse che suonò la ricreazione solamente quando Andrea si alzò di scatto, la prese per un braccio e la porto fuori: si capiva perfettamente che era arrabbiato, anche se lei non aveva la benché minima idea del perché, ma non osò dire nulla, per paura di farlo arrabbiare ancora di più. Quando furono abbastanza isolati Andrea la mollò e si voltò di fronte a lei.
-Mi vuoi dire che cazzo ti passa per la testa?- sibilò.
-Scusa di cosa stai parlando?- domandò confusa dall'atteggiamento del ragazzo: cosa poteva aver mai fatto di male ad uno come lui se non si erano praticamente mai rivolti la parola?.
-Ho scoperto perché ritardi sempre; ti ho vista stamattina.- la ragazza impallidì cercando di mantenere il controllo delle sue emozioni, come cavolo aveva fatto ad essere così stupida da non accorgersi? Ora l'unica cosa da fare era negare tutto.
-Non capisco di cosa stai parlando.- rispose dura ma lui scosse la testa esasperato, non sarebbe riuscito a cavarsela così facilmente, non era un babbeo.
-Selena, non sono stupido, è da un po' che ti osservo sai? Sei una persona interessante, sotto molti punti di vista, e io ti ho sempre considerato carina, sì magari un po' troppo introversa e solitaria, ma chissà perché ho sempre avuto la convinzione che non fosse veramente così. Però non riuscivo a spiegarmi il tuo comportamento degli ultimi mesi, e poi stamattina, è stato un caso lo giuro; non ti stavo seguendo, ti ho vista fuori dal portone, con quelle pastiglie in mano ma soprattutto ho visto quante ne prendevi. Vuoi spiegarmi perché? E soprattutto che pastiglie sono? Da quanto le prendi? I tuoi lo sanno?-
-Fada mi spieghi che cazzo vuoi? A te non devo spiegare niente!- esclamò nervosa cercando di andarsene, non era un argomento di cui voleva discutere in special modo con uno sconosciuto.
-Aspetta, Cristo! Sono preoccupato per te, vuoi capirlo? Cerchiamo di risolvere questa cosa insieme!!- lui la bloccò cercando di farla ragionare, non voleva che se ne andasse via così ma lei si liberò in fretta, non voleva ascoltare altro; lui non aveva prove non poteva accusarla di nulla.
-Lasciami in pace!! Non voglio essere aiutata, ne da te, ne da nessun altro; posso cavarmela benissimo da sola.- non aveva ancora finto di parlare che lui l'aveva abbracciata; rimase così scioccata dal gesto che non fece nulla, cosa avrebbe dovuto fare poi? Lei non era abituata a gesti del genere, non aveva la minima idea di come comportarsi. Quando finalmente Andrea si staccò fece un sospiro di sollievo, che durò poco, il tempo di vedere cosa aveva in mano; inorridì mentre lui osservava la scatola curioso; ormai non aveva più speranza di sfuggire, almeno fino a quando non avrebbe riavuto le sue pastiglie, ne aveva bisogno per superare indenne la giornata.
-Tranquillanti eh? Da quanto tempo li prederesti scusa?- domandò rigirando la scatola tra le mani, non riusciva proprio a capire il perché una ragazza della sua età dovesse prenderli.
-Non sono affari che ti riguardano, dammela.- disse furiosa cercando di riprendere la scatola, ma lui spostò la mano in alto, evitando di fargliela prendere. Lei cercò di abbassargli il braccio, senza risultato: era troppo forte.
-Fada, dammi quei tranquillanti. Ora!-sibilò lei; si stava infuriando sul serio, ma lui non demordeva; non le avrebbe permesso per nulla al mondo che lei si riappropriasse della scatola. Nascose le pastiglie e le bloccò il bracciò per poi prenderla per mano e mormorare:
-Sta suonando la campanella, andiamo.-
-Aspetta, per favore ne ho davvero bisogno- era davvero disperata ma lui scosse la testa: non si sarebbe fatto ingannare così facilmente.
-Ascolta, oggi vieni a pranzo da me, va bene? Così discutiamo un po'; ah guarda che se rivuoi le tue pastiglie sei obbligata a venire.- lo guardò furente, aveva una gran voglia di prenderlo a schiaffi, ma si trattenne, non avrebbe risolto niente alla fine comportandosi come una bambina e alla fine non era da lei. Lui la trascinò in classe e si sedettero ognuno al proprio posto; Selena cercò di ascoltare le lezioni ma era troppo arrabbiata e non sapeva come sfogare la rabbia; guardò le forbici nell'astuccio ma scosse la testa: sua madre le controllava ancora le braccia ogni tanto, non poteva rischiare; se solo notava un altro segno sulle sue braccia l'avrebbe rinchiusa in casa fino alla maturità. Aveva ancora le cicatrici e sua madre si incazzava ogni volta che le vedeva. Nessuno a parte loro due, ne era conoscenza, sua madre aveva fatto in modo che rimanesse un segreto e lei l'aveva coperta, soprattutto perché si vergognava di quello che aveva fatto.
Appoggiò la testa sul banco, tanto avevano la professoressa di inglese e quella non si accorgeva se si addormentava talmente era distratta, avrebbe potuto scoppiare la terza guerra mondiale nella sua aula e quella sarebbe andata avanti imperterrita a spiegare. Sbadigliò e chiuse gli occhi, non sapeva quanto sarebbe durata quella strana tranquillità e non voleva nemmeno saperlo in realtà, le ricordava tanto la quiete che c'era prima di una tempesta; non aveva la forza di affrontare la tempesta sotto forma del suo compagno di classe se ne rendeva perfettamente conto. Perse la concezione del tempo, iniziando a riflettere sul da farsi, ma ben presto la sua mente fu invasa da altro, ricordi idee... fantasie.... si rintanò nel suo mondo. Stava iniziando finalmente a rilassarsi quando qualcuno le picchiettò piano sulla spalla; era pronta ad incenerire chiunque fosse stato, ma si bloccò: Andrea la stava fissando e le porgeva una mano. Alzò la testa e vide tutti i suoi compagni dirigersi verso la porta: l'ora era finita e lei non se ne era nemmeno resa conto. Si stiracchiò e mise via le sue robe in silenzio, cercando di impiegare più tempo possibile: prima finiva prima doveva andare via con Andrea; per poi prendere riluttante la mano del ragazzo; lui l'aiutò ad alzarsi e tenendola stretta a sé uscirono dalla classe. Uscendo due ore prima la gente non era molta, e forse anche per quello che il suo compagno la tenne stretta a sé; probabilmente aveva paura di vederla scappare. Quando varcarono il portone della scuola Andrea allentò un po' la presa ma in modo che comunque Selena non scappasse.
La fece salire sull'autobus l'autobus, e Selena si guardò intorno confusa: era l'autobus che prendeva lei per andare a scuola, ma non aveva mai visto Andrea, era così distratta nemmeno da accorgersi che facevano la strada insieme? E poi a che fermata scendeva lui? Non fece in tempo a formulare quel pensiero che scesero alla sua fermata.... Era sempre più confusa, non riusciva a capire; sospirò l'unica possibilità era che abitasse anche lui in quella zona, ma come aveva fatto a non notarlo? Lui camminò per un po', in direzione di casa sua fino a quando non si fermò qualche porta più avanti della sua; prese le chiavi e aprì il portone della villetta facendola poi entrare per prima. Non voleva ammetterlo ma era curiosa in fondo, voleva cercare di capirlo un po' di più. La fece passare dal soggiorno: era molto semplice, con un tocco d'antico ma carino. Lui la precedette in cucina e lei lo seguì; era molto moderna, non mancava niente! Lui la fece accomodare e si mise ai fornelli e lei lo osservò stupita: era veramente bravo; però a stare ferma si sentiva inutile, non era abituata a starsene con le mani in mano anche perché la faceva pensare... e non voleva pensare a quanto le piacesse che Andrea Fada stesse cucinando per lei, quindi gli chiese:
-Hai bisogno di una mano?- lui si voltò a guardarla e sorrise annuendo.
-Puoi tagliare i pomodori?-
-Certo- avrebbe fatto qualunque cosa pur di distrarsi e non pensare al suo compagno quindi si lavò le mani e si mise accanto a lui. Le passò un piatto di pomodori e Selena si mise all'opera; Andrea la osservava di sottecchi: era davvero molto bella, ma non una di quelle bellezze finte tipo modella, una bellezza vera ma non capiva perché non se ne rendesse conto da sola.
Si sentiva un po' osservata, ma non voleva controllare se era solo una supposizione o la verità, non voleva farsi trovare lei a fissarlo, che figura c'avrebbe fatto? Non voleva sembrare una cretina, e probabilmente lui lo stava facendo solo per pietà. Finì di tagliare i pomodori in silenzio e poi passò il piatto ad Andrea lui le passò una ciotola e un po' di frutta; diede una rapida pulita al coltello per poi rimettersi all'opera.
-Puoi apparecchiare ora? I piatti e i bicchieri sono nel secondo sportello in alto a destra mentre le posate nel cassetto- annuì e fece come le era stato chiesto, quando finì si voltò a guardare il suo “carceriere” aveva finito pure lui. Le fece cenno di sedersi e lei si accomodò ma prima di accingersi a parlare servì entrami.
-Buon appetito- Selena rispose borbottando qualcosa di strano sempre guardando il piatto, non aveva il coraggio di guardarlo negli occhi, lei solitamente non guardava nessuno negli occhi, era un brutto vizio da cui non riusciva a separarsi. Giocò un po' con il cibo, non aveva molta fame ma le bastò guardare un attimo Andrea per capire che era obbligata a mangiare, aveva perfettamente capito che sarebbe stato capace di imboccarla se serviva. Sospirando iniziò a mandare giù con fatica il cibo, il ragazzo annuì soddisfatto e riprese a mangiare pure lui; stufo del silenzio, però, le domandò:
-Posso sapere perché hai iniziato a prendere tranquillanti?- lei deglutì e iniziò a raccontargli la sua storia, senza che riuscisse a trattenersi, era una sacco che aveva bisogno di parlarne ed era bastato la minima spinta per farlo. Iniziò con il dirgli di come aveva iniziato a perdere il controllo, di come impazzì lentamente, di come per poco non tentava il suicidio. Gli fece notare il periodo in cui era stata assente da scuola: l'anno precedente dove tutti professori avevano continuato a ripetere che si era beccata la mononucleosi, lei in realtà si trovava ricoverata in un ospedale, dopo che le avevano ricucito i polsi. Si lasciò completamente andare dicendogli di come si sentiva di merda, di quanto avesse bisogno di parlare con qualcuno e nessuno con cui potesse farlo, la madre non la controllava granché, praticamente non la calcolava, ma a causa del suo carattere chiuso e timido non era mai riuscita a farsi delle amiche vere. Per la prima volta parlò veramente di se stessa, senza nascondere nulla e dopo si sentì bene, e anche molto. Però non aveva il coraggio di guardarlo in faccia non dopo che le aveva raccontato tutta la sua vita.
-Non volevo sommergerti con le mie lamentele scusa- mormorò tristemente, si stava già pentendo amaramente di avergli raccontato tutto, però vide una mano coprire la sua. Alzò lo sguardo e vide Andrea che la guardava con dolcezza.
-Grazie.- le disse -Grazie di esserti aperta con me, mi hai fatto un regalo bellissimo.- lei arrossì, non riusciva a credere a quello che le aveva appena detto, e mormorò:
-Davvero non ti ha dato fastidio?-
-No, Selena no. Vorrei che capissi questo: io voglio che tu ti apra con me. Non vorrei che fossimo solo amici, è un po' che non ti vedo solo come amica o conoscente, ma preferisco non correre soprattutto vedendo come stai. Quindi direi che per il momento potremmo essere amici, che ne dici?- lei arrossì ma annuì incerta, in realtà non sapeva nemmeno bene cosa voleva.
-Che ne dici se facciamo un po' di compiti?- le chiese vedendola un po' in difficoltà, non aveva la benché minima intenzione di metterle fretta, non dopo che lei si era aperta così con lui.
-Si va bene, però ecco io...- come dirgli che erano giorni, o meglio settimane, che non segnava un compito? O che non si curava di studiare o semplicemente seguire una lezione?
-Lo so, non stai segnando i compiti, per tua fortuna io si. Su aiutami a sparecchiare poi ci mettiamo a fare qualcosa.- disse perentorio, non era così stupido che non si era accorto che quella ragazza si era lasciata completamente andare e che si presentava a scuola solo per non cacciarsi in guai peggiori? No... lui osservava e vedeva tutto. Lei fece un saluto militaresco e scoppiarono entrambi a ridere; sparecchiarono il tavolo chiacchierando, Selena si sentiva leggermente più a suo agio dopo avergli raccontato quello che le era successo, per poi ci sparpagliare sopra libri, quaderni, fogli e astucci. Selena non era mai stata una persona molto ordinata; ci provava ma non le piaceva avere dello spazio libero sul ripiano di lavoro: doveva essere tutto occupato. Andrea le lanciò un occhiataccia, lui era l'esatto opposto: ordinato, preciso, quasi maniacale. Lei gli lanciò un occhiata di scuse però già faceva fatica a concentrarsi se poi doveva anche tenere il tavolo in ordine andava a finire che non faceva più nulla; lui parve capire e rassegnato tirò fuori anche lui le sue cose; recuperò il diario e disse:
-Allora, per domani, abbiamo tre problemi di mate, studiare inglese e storia.-
-T-tre problemi di mate? Parli di quelli di analitica? Retta e parabola.- iniziò ad andare in iperventilazione: non era in grado di fare quei problemi, non ci riusciva. Conosceva a memoria tutte le regole e le formule, ma appena leggeva il testo andava in tilt e non capiva più nulla, si faceva prendere dal panico paralizzandosi. Anche nell'ultima verifica aveva preso 4 e si era sentita malissimo, sua madre non ne era stata contenta. Andò in panico al solo pensiero e non aveva le sue pastiglie. Eccolo; di nuovo, l'istinto di tagliarsi. Doveva tranquillizzarsi, ma come? Le unghie si conficcarono nel palmo della mano e creando piccole mezze lune rosse.
-Selena.- mormorò Andrea prendendole una mano, spaventato dal comportamento della giovane -Calmati ci sono qua io.- lei scosse la testa, non ci riusciva. Sentiva le lacrime salirle agli occhi ma non voleva piangere, non poteva piangere. Andrea si alzò e l'abbracciò stretta cercando di tranquillizzarla.
-Ora calmati.- mormorò -Ci sono qua io con te. Per quanto mi è possibile ti aiuterò. Non preoccuparti, puoi piangere se vuoi, se serve a tranquillizzarti.- e lei lasciò che finalmente dopo tanto tempo le lacrime scorressero sul suo viso.
Quando finalmente i singhiozzi si tranquillizzarono lui si scostò un attimo; iniziò ad asciugare le lacrime con i pollici, poi con dei baci. Arrivò all'angolo della bocca e la guardò in attesa di un rifiuto che non ricevette, non voleva negargli quel bacio, non poteva negarglielo, perché in fondo lo voleva anche lei. Appoggiò dolcemente le labbra su quelle della ragazza: erano salate per colpa delle lacrime versate poco prima. Le poggiò una mano alla base della schiena per avvicinarla di più a sé; avevano entrambi bisogno di quel contatto fisico per assicurarsi che non fosse solamente un sogno, un'illusione. Lei aprì un poco la bocca e lui non si lasciò sfuggire l'occasione, non avrebbe mai immaginato che sarete stata lei a prendere l'iniziativa e lui ora non si sarebbe tirato indietro. Infatti fu lei a fermarsi poco dopo, abbassò lo sguardo e mormorò:
-Scusa.- mormorò.
-E perché dovrei scusarti?- chiese Andrea. La costrinse ad alzare il viso e a guardarlo negli occhi, non riusciva a capire cosa stesse prendendo alla ragazza, fino ad un attimo prima andava tutto bene. Lei alzò le spalle e mormorò:
-Non lo so nemmeno io. Per averti dato l'impressione sbagliata credo.- lo sguardo di Andrea si indurì, e adesso dove voleva andare a parare? Per essere sicuro chiese:
-Che impressione scusa?-
-Della ragazza facile.- lui si mise a ridere: come poteva pensare una cosa del genere? L'abbracciò e le disse:
-Non potrei mai pensare questo di te. Stanne certa, però ora voglio una risposta seria, vuoi stare con me?- lei si morse un labbro: non sapevo cosa rispondere. Andrea le piaceva? Si questo era certo. Però aveva paura di starci male ma per una volta poteva rischiare no? Annuì piano e lui le sorrise. Le presa la mano e le diede un piccolo bacio. Poi mormorò:
-Dobbiamo uscirne da quella cosa lo sai vero? Non puoi continuare a drogarti, perché è quello che stai facendo Selena.- le posò un casto bacio sulle labbra per tranquillizzarla -Insieme possiamo farcela te lo assicuro.- lei annuì piano incerta. Lui le sorrise e tornarono a studiare.


*

Passò un anno. Selena riuscì, a fatica, ad uscire da quella spirale, dalla sua dipendenza. Però ce la fece; soprattutto grazie all'aiuto di Andrea, che la sostenne in ogni momento della disonticcazione, anche in quelli più bui. Il rapporto con la madre, però, non era cambiato, aveva continuato ad ignorarla, facendo finta di niente anche quando le parlò dei tranquillanti, semplicemente smise di parlarle. Non aveva nemmeno accettato Andrea, lo credeva responsabile, o almeno era quello che pensava la giovane.
Selena sbuffò scendendo le scale: era stufa della sua famiglia, la guerra fredda con sua madre la stava portando all'esasperazione. Per fortuna aveva Andrea. Uscì dalla porta di casa e lo vidi fermo dall'altra parte della strada che l'aspettava; gli fece un cenno con la mano e sorrise correndo in strada, dopo aver controllato che non ci fosse nessuno. Un sorriso che durò poco: una macchina, sbandava e non si capiva perché ma la stava puntando e lei non riusciva a muoversi. Chiuse gli occhi si era resa conto ormai era finita. L'impatto fu forte, sentiva male ovunque. Aprì piano gli occhi ma faticava ad ogni minimo gesto. Era sdraiata si sentiva la testa bagnata, portò faticosamente una mano lì e poi la guardò: sangue, tanto sangue. Alzò terrorizzata lo sguardo; vedeva sfuocato, ma riuscì a vedere il viso di Andrea che la fissava preoccupato.
-Selena?- mormorò.
-Ti amo Andrea davvero.- chiuse gli occhi.
-Ce la farai vedrai. L'ambulanza sta arrivando resisti.- lei annuì piano, mentre si addormentava, non riusciva a rimanere sveglia voleva solamente dormire.


FINE.


  
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