“Non
so se posso dirlo...”
Ross la guardò con un’aria interrogativa,
volgendo il viso alla sua destra, dove Demelza gli giaceva accanto con
la testa
posata sul suo petto. Le dita procedevano indomite tra i ricci di
quella
capigliatura fiammeggiante, fino a quando non furono proprio le dita di
Demelza
a chiudersi come uno scrigno a custodire la sua mano.
“Perché non dovresti?” Le baciò la fronte per
incoraggiarla a parlare.
“Semplicemente
perché
ho paura che svanisca. Non mi sono capitate tante cose belle nella
vita, perciò vorrei tenerle
strette più
forte che posso e non lasciarmele sfuggire.” Si strinse sempre più forte a Ross, in modo
da cingergli la vita con entrambe le braccia e sigillare in un
abbraccio tutto
ciò
che in quel momento sentiva per lui: si trattava di qualcosa di molto
potente,
un senso di gratitudine e rispetto unito al costante desiderio che le
faceva
sentire le farfalle nello stomaco ogni volta che lo guardava.
Ross le accarezzò i capelli, procedendo
lungo il profilo della sua schiena e dei fianchi, “Siamo qui, uno accanto
all'altra. Cos'altro potremmo desiderare?”
“Beh,
forse la certezza che questo momento non finirà mai.”
L'espressione di Ross si fece più seria, “Non sai cosa darei per
potertelo garantire... Per ora facciamoci bastare quello che stiamo
vivendo e i
ricordi che abbiamo avuto, le promesse che ci siamo fatti
silenziosamente in
questi mesi.”
Le sfiorò
la punta del naso con un dito.
Demelza non poté fare a meno di
sorridere al ricordo del loro primo incontro, alla stazione di servizio
dove
lei si era fermata per accudire il povero Garrick finendo col perdere
la sua
prima giornata di lavoro ma al tempo stesso guadagnando un bene dal
valore
inestimabile: l'aver salvato la vita di quel tenero pelosetto e trovato
Ross
aveva finito col rivelarsi un riscatto per la sua stessa condizione di
vagabondaggio,
una vera e propria via d'uscita dal passato verso un nuovo punto di
partenza.
Una fortuna doppia che correva su un unico binario rappresentava la più splendida premessa
del destino e il viatico di cui aveva bisogno per affrontare finalmente
il viaggio
della sua vita da adulta.
Tutto d'un tratto, il suono di
una
notifica appena arrivata sul loro smartphone ebbe l'effetto di spezzare
la
magia di quel momento, riportandoli ai loro doveri reali. Non potevano
far
finta di niente e, dal momento che entrambi avevano dato la propria
disponibilità
per essere reperibili in qualsiasi momento, erano ben consci del fatto
che
qualcuno o qualcosa avrebbe inevitabilmente interrotto la loro
amorevole
conversazione notturna prima che arrivasse l'alba. La speranza di
rimanere
abbracciati così
per un tempo che superasse almeno il crepuscolo non tardò a infrangersi contro
l'oggettiva esistenza del mondo reale.
“Le
condizioni di Hugh si sono aggravate.” Demelza lesse il messaggio ad
alta
voce, pur consapevole che Ross avesse sotto gli occhi la stessa
comunicazione.
Afferrò
al volo la camicia da notte che era disposta sul pavimento e la infilò in un lampo.
“Dwight
pensa dovremmo intervenire subito se vogliamo che sopravviva fino a
domani.
A questo punto credo che sia meglio che tu non venga, Demelza.”
Il viso di lei esprimeva qualcosa
di
simile all'incredulità
e all'indignazione, o comunque qualcosa che in ogni caso non avesse nulla a
che fare
con la comprensione. No, non c'era assolutamente niente di comprensibile
in
quell'imposizione, camuffata sotto forma di disinteressato
suggerimento, se non
la gelosia che continuava a corrodere l'animo di Ross persino in
un'urgenza
come quella, che richiedeva l'intervento immediato da parte di tutti e
in
special modo da parte sua.
“Hugh
è
un mio paziente, come pensi che possa permettere una cosa del genere?
Starmene
con le mani in mano quando potrei e dovrei fare qualcosa per aiutarlo!”
“Te
lo ripeto, Demelza: sei troppo coinvolta. Non obbligarmi a parlarne con
Caroline.”
“Non
ho nulla da nascondere!”
“Ma
tutto da perdere... Come fai a non renderti conto che sarebbe un
rischio troppo
alto? Sono io il tuo capo, quindi sta a me decidere se farti
partecipare o
meno.”
“Bene,
immagino che non abbia scelta.”
Ross la scrutò con esitazione,
incerto se fidarsi di lei e consentirle di assistere all'operazione
oppure
fidarsi del suo intuito che continuava a suggerirgli di tenere il pugno
di
ferro. In fondo sapeva che quella era l'unica soluzione possibile, per
evitare
spiacevoli conseguenze sia a Hugh che a Demelza. Commettere un passo
falso a
causa dell'intensa partecipazione emotiva che nutriva per la condizione
del suo
paziente l'avrebbe condannata alla fine di una carriera appena nata,
questo
Demelza non voleva proprio riconoscerlo nemmeno a se stessa.
Ormai era quasi pronto per
uscire, ma
mentre si allacciava la cintura dei pantaloni provò perlomeno ad alleggerire la
tensione, “Non
mi piace l'idea di lasciarti qui da sola, comunque. Dici che possiamo
fidarci
di Garrick? Sarebbe un buon guardiano?”
“Sono
io quella di cui non dovresti fidarti...”
Ross sollevò gli occhi su di lei,
sforzandosi di gestire al meglio la sua esasperazione, “Davvero lo faresti? E
io che ti credevo una ragazza matura!”
“Lasciami
venire con te. Ti prometto che sarò una semplice osservatrice.”
Ci pensò un po' su, poi annuì quasi
impercettibilmente, “D’accordo, ma sappi che
non ti perderò
d’occhio!”
Nel cuore della notte, quando una
giovane vita minacciava di spegnersi al culmine di una malattia
ignobile, Trenwith
si stava preparando insapettatamente ad accoglierne una nuova. Verity
aveva mandato a chiamare
urgentemente Dwight Enys, per assicurarsi che sua cognata e suo nipote
ricevessero
le migliori cure possibili anche nella delicatissima fase del
travaglio,
tuttavia l’ospedale
aveva indugiato a confermarle la disponibilità del medico a causa di un’impellenza ancora più improrogabile. Certo,
avrebbero potuto inviare il rispettabilissimo dottor Choake
per seguire il parto della signora Poldark se solo Verity non avesse
rifiutato
categoricamente la sua consulenza, ben memore dei supplizi a cui aveva
sottoposto il vecchio Charles adottando i suoi soliti metodi medievali.
Quella era anche l’ennesima notte che
Francis passava fuori casa, trastullandosi chissà dove e con chi. Provare a
contattarlo
non sarebbe servito a niente, anzi forse sarebbe stato meglio che non
si
presentasse nemmeno a suo figlio nello stato in cui si trovava: ubriaco
fradicio, fuori
di sé
e irritabile nei confronti del mondo intero.
L’ultima cosa che Verity desiderava
era
che suo fratello finisse coll’imprimere nel piccolo un primo
ricordo
di suo padre così
spiacevole e alterato, perché in cuor suo sapeva che il vero
Francis
meritava di più…
Elizabeth era irriconoscibile, il
viso
contratto in smorfie di dolore che Verity non sapeva come alleviare.
Agatha, invece, era
scesa al pianterreno e ingannava il tempo divertendosi con i suoi amati
tarocchi, in camicia da notte e con un bicchiere di porto sempre pieno
posato
sull'orlo del tavolino, sperando che il nascituro sarebbe diventato con
il tempo un degno
compagno di gioco.
“Oh,
che pena vederti in quello stato Verity! Scommetto che Elizabeth sia
fresca come una rosa a confronto!” Agatha ridacchiò, finendo col tossire
a causa del liquore che stava ingerendo mentre si rivolgeva
sarcasticamente
alla sua nipote preferita.
“Nessun
medico nei paraggi che possa venire a Trenwith ad eccezione di Choake!”
La giovane
si accasciò sul
sofà in preda
allo sfinimento. Non
ricordava più
quante volte
avesse digitato il numero dell’ospedale
e della guardia medica di turno, con la speranza di ricevere la
risposta che aspettava.
Adesso
Elizabeth si trovava in compagnia di una cameriera ancora più terrorizzata di lei, mentre
Agatha pensava a sorseggiare la sua bevanda inebriante come se fosse un
sedativo per
fuggire al caos che si agitava nella casa. Possibile che fosse Verity
l’unica persona
responsabile della famiglia?
“Consoliamoci,
mia cara, pensando che il piccolo verrà
al mondo in un’atmosfera
tutta femminile. L’influenza
del nostro sesso sarà
positiva, credimi. E poi, non
trovi che gli uomini e il loro orgoglioso testosterone siano
sopravvalutati ormai?
Probabilmente Marple farà
nascere
mio nipote meglio di qualsiasi medico maschio che si vanti di aver
aiutato a far
partorire la regina in persona!”
“Zia, non si
chiama Marple… E’ Bess, la figlia del nostro
maggiordomo.”
Verity si
passò una mano
sulla fronte fradicia, alzando gli occhi al cielo.
“E’
uguale. Ma, aspetta un attimo…”
Sotto lo
sguardo stupito di Verity, stava fissando come rapita da una
rivelazione un punto indefinito oltre le finestre che affacciavano
su un paesaggio completamente buio. L’illuminazione le era
arrivata senza
nessuno sforzo, “Misericordia!
Che aspetti a chiamare Ross?”